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❝ I can't breath. ❞

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Sehyoon non aveva idea di cosa stesse facendo. Eppure, era cosciente del rischio che stesse correndo.

Il biondino avrebbe potuto essere
tranquillamente una spia, e lui lo stava ospitando in casa sua?

Gli stava offrendo un tetto dove restare per ciò che rimaneva di quella nottata, un luogo in cui sentirsi al riparo. Ma quanto avrebbe potuto sentirsi al riparo in quel posto, in casa con la stessa persona che un paio di giorni prima lo stava per ammazzare?

Tuttavia, l'altro non sembrava starsene preoccupando affatto, così come non si era preoccupato di cosa avrebbe comportato ritornare in quel covo di lupi.

L'aveva fatto e basta, con una sicurezza tale che aveva disorientato il moro più di quanto qualsiasi altra cosa fosse mai riuscita a fare.

Il suo visetto da bambola di porcellana, in fondo, doveva essere soltanto la trappola con cui catturava crudelmente le sue prede, la tela di un ragno infame. 

La bellezza è un'arma affilata;
un'arma a doppio taglio.

Più ne hai, più potere puoi esercitare sugli altri.

Più ne hai, più potere essa esercita su di te. Distruggendo tutto ciò che di umano trova sulla sua via.


Quel ragazzo sembrava proprio così: un vaso di Pandora meticolosamente ornato di incantevoli decorazioni, ma pieno di emozioni distruttive che sfociavano in un emblematico carattere cinico, superbo, egocentrico,

e triste.

S

i notava dal modo in cui orchestrava ironicamente le sue domande.

Si capiva dal fervore dell'egocentrismo che trapelava dalle sue risposte.

Ti ricorda qualcuno, Sehyoon?

《 Perché lo stai facendo? 》

Gli aveva chiesto il biondo, quando lui stesso gli aveva portato una coperta.

Era quasi estate, certo, ma quell'appartamento era interrato e faceva freddo, soprattutto a quell'ora, dal momento che le finestre presenti erano piccole e poste troppo in alto perché i raggi del sole riuscissero a riscaldare le stanze.

Il più piccolo aveva accettato quella coperta un po' allibito.

Non se l'aspettava.

Ma che si aspettava?
Credeva che fossi un mostro?

Probabilmente era quella l'impressione che Sehyoon dava di sé, ma non era qualcosa che aveva voluto.

Era venuta da sé.

A causa di quei luoghi, di quel lavoro, di quelle persone... L'unico modo per stare bene e farsi rispettare era innalzarsi su un piedistallo di brutalità.

Non è forse questo il meccanismo
dell'intera umanità?

E a nessuno importava della gentilezza, della bontà, della carità, in quel posto.

Era una fossa senza via d'uscita, in cui per disperazione, ci si sbranava a vicenda.

E lui lì era quello che avrebbe dovuto tenere in pugno tutti gli altri, eppure forse era la più debole e la meno motivata tra quelle bestie.

《 Perché mi assomigli. 》

Pronunciò, senza pensarci molto.

Un sospiro senza emozione lasciò le sue labbra.

《 ...Non mi conosci. 》

Ripeté quello, ancora una volta. E non aveva torto.

A guardarli sembravano un angelo e un demone, ma anche Lucifero era stato un angelo, prima di essere scaraventato all'inferno da un Dio troppo superbo.

Forse aveva esagerato a paragonarsi a qualcun altro così facilmente, ma per certi versi avevano dei tratti in comune, di quello ne era sicuro.

L'aveva capito guardandolo negli occhi la prima volta. Aveva la sua stessa paura di morire.

E chi ha paura di morire non è in pace con se stesso.

《 Dormi. 》

Gli intimò senza aggiungere altro e liquidando il discorso. Poi gli diede le spalle, lasciandolo da solo su quello scomodo sofà in salotto.

Non era mai accaduto prima che qualcuno avesse ricevuto un trattamento così magnanimo dal corvino.

Eppure a qualcuno lo doveva, forse.

Junhee era stato il primo ad accettarlo davvero. Sin da quando l'aveva conosciuto si era comportato sempre in maniera così benevola e premurosa.

Nemmeno aveva mai capito perché, ma alla fine non aveva potuto fare a meno di affezionarsi a quel ragazzo.

Junhee era una persona diversa.

Non avrebbe dovuto essere costretto a stare in quel posto per reietti. Lui meritava molto di più.

E, in fondo, Sehyoon aveva sempre cercato di alleviare le sue sofferenze, sebbene non ne fosse affatto capace.

Si era sorbito i suoi pianti notturni, i suoi problemi di dipendenza, la sua insicurezza caratteriale, per anni.

Finché non era arrivato Donghoon, almeno.

Donghoon sapeva capirlo di più, gli riusciva così semplice consolarlo quando aveva i suoi attacchi di panico.

Nella sua semplicità, lui, riusciva a fare tutto ciò che Sehyoon non poteva, neppure se si fosse impegnato sul serio.

Perché, di base, se non si ha mai ricevuto qualcosa, come si può pretendere di donarla a qualcun altro?

Sehyoon non sapeva apprezzare senza sputare malizia, non sapeva amare senza fare sesso, non sapeva proteggere senza contrarre gelosia, non sapeva combattere senza usare violenza, non sapeva vivere senza provare nostalgia.

Ci annegava in quella nostalgia.

La nostalgia di un passato che non aveva mai vissuto e di un futuro che non avrebbe mai avuto.

Non era mai stata sana la sua vita.

Nella sua infanzia non aveva visto amore. Aveva vissuto soltanto odio.

Odio svenduto come se fosse la cosa più normale del mondo.

Forse è così che siamo fatti?

Forse l'amore è per pochi spiriti eletti, mentre il resto dei tristi disgraziati che respira l'aria putrida di questa Terra è costretto a odiarsi vicendevolmente finché la morte non se li porti a marcire altrove.

Ci credeva, da qualche parte.

E l'altra parte sperava, in realtà, il contrario.

A volte avrebbe voluto essere diverso anche lui. Avere un cuore diverso, emozioni diverse, una vita diversa.

Poteva essere invidia da un lato. Dall'altro era soltanto un deluso sconforto rispetto ai 24 anni della sua intera vita che aveva trascorso sperimentando nient'altro che la mera tragicità dell'esistenza.

Junhee aveva ancora qualcuno da amare, almeno. Sua sorella, lei aveva bisogno di lui, la sua sorellina.

Lui si era fatto coinvolgere da quella merda proprio per questo. Doveva racimolare soldi per pagare le cure di sua sorella per mantenerla in vita. Era l'ultimo membro della sua famiglia che gli restava.

Junhee la amava, così come lei amava suo fratello.

E mentre lei cercava di guarire, lui si ammalava con le droghe.

Fino a che punto poteva essere crudele quel destino manipolatore? Sarebbero mai riusciti ad essere felici insieme?

Il corvino aveva paura di no, eppure troppe volte aveva dato una pacca sulla spalla al suo amico, rassicurandolo che tutto si sarebbe concluso con un lieto fine, che lui avrebbe smesso, che lei si sarebbe ripresa, che non avrebbero più avuto bisogno di quel lavoro sporco, un giorno.

L'aveva fatto. Tante volte.

Era un bugiardo.

Lo avevano imboccato con troppe bugie a fin di bene e lui ormai faceva lo stesso con Junhee. Ne era stanco, era stanco di tutta quella falsità.

Eppure nemmeno lui riusciva a comportarsi diversamente quando cercava di consolare Junhee.

Forse l'uomo è fatto per mentire?

Così miserabile come l'essere umano tenti ad ogni costo di dipingere un'arma, quale la menzogna, con i colori della positività.

Per non fare del male, ci si passa a vicenda il coltello dalla parte del manico, cosicché nessuno riesca più a squarciare il velo che oscura la verità.

E stringere quella lama, con le proprie dita, conficcandola nel proprio palmo, ferisce lo stesso. Più di quanto non lo farebbe se fosse qualcun altro a infliggere il colpo.

Allora cosa rimane di buono?

C'è qualcosa in cui l'uomo
può ancora riporre speranze
dentro questa cortina di tristezza?

Sehyoon avrebbe risposto di no.

Eppure quando guardava gli occhi del suo primo e unico amico pensava di starsi sbagliando.

Qualcosa di buono poteva esserci ancora. Junhee ce l'aveva.

Era l'amore, forse, quella cosa che lo spingeva ad andare avanti.

Era la soddisfazione di andare in ospedale e abbracciare sua sorella, vedere il suo sorriso, sentirsi ringraziare.

Era la consapevolezza che stesse rischiando la vita per un motivo.

Invece, Sehyoon stava solo piangendosi addosso per non aver avuto una famiglia normale.

Senza ambizioni, svuotato delle sue speranze e riempito fino all'orlo di paure e rimpianti. Questo era lui.

Un burattino che faceva la parte del burattinaio.

Poi un urlo strozzato trapassò i suoi timpani vibranti.

Dovevano essere passate già due o tre ore. Come sempre, la sua insonnia non accennava ad abbandonarlo per cui era ancora sveglio a rimuginare.

Le sue gambe si trascinarono giù dal letto. I piedi scalzi calpestavano senza indugi il pavimento freddo della casa semibuia.

Qualcosa, nella scena che si ritrovò davanti quando raggiunse il salone, gli annodò un groppo in gola.

《 Non... riesco a... respirare... Non riesco... 》

Il ragazzino che aveva portato a casa era lì: annaspava, si stringeva le mani al collo. Piangeva senza singhiozzi.

Tremava. Raggomitolato in un angolo della stanza, poco lontano dal divano sul quale Sehyoon l'aveva lasciato.

Il corvino si era avvicinato, gli aveva preso le mani, allontanadole dalla sua gola, dove i graffi delle sue stesse unghie avevano lasciato il segno.

《 Cazzo. 》

Imprecò. La sua freddezza gli stava gelando il sangue.

O forse era la sua incapacità di reagire, quella.

《 Calmati... 》

Sussurrò la cosa più ovvia del mondo.

In quel momento gli parve di rivedere Junhee, nelle condizioni in cui versava anni addietro, dinanzi ai suoi occhi.

Era colpa sua. Lo sapeva.

Quella era evidentemente una crisi da astinenza ed era tutta colpa sua.

Aveva condannato una persona innocente, a causa della sua paura. Era così codardo.

Ma che si aspettava, d'altronde? Che in ospedale potessero guarirlo? Purtroppo non esisteva una cura: una volta imboccata quella strada era impossibile tornare indietro.

Allora fece l'unica cosa che aveva imparato a fare bene nella vita. Riempì una siringa con le stesse droghe di quel giorno, il giorno in cui aveva visto quel ragazzino per la prima volta. Ma ne diminuì la dose.

Rimorsi di coscienza?

《 Sta' fermo, ora ti passerà. 》

Gli prese il braccio. Lo stesso in cui gli era rimasto quel brutto ematoma che gli fece storcere il naso solo a guardarlo.

Per la prima volta Sehyoon si chiese se fosse stato doloroso, anche se il ragazzino sembrava non averci dato troppo peso.

Di solito non si interessava in alcun modo ai mali degli altri, preferiva tenerli lontani dalla sua già malconcia esistenza, ma in quel momento provava qualcosa di simile alla pena.

《 Che cos'è? 》

La voce del biondo era molto più flebile della sera prima.

Tanto che fece bloccare il maggiore a guardarlo, quasi chiedendosi se fosse la cosa giusta da fare o meno.

Una domanda stupida. Quella era ormai l'unica soluzione da poter prendere in considerazione se non avesse voluto lasciarlo a morire in preda a orribili crampi.

Il danno era fatto.

Ne aveva viste di persone ridursi in corpi deboli e senza più nemmeno la facoltà di pensare lucidamente.

Ne aveva viste così tante che non riusciva più a contarle.

E sapeva che quel ragazzino, prima o poi, sarebbe stato un altro nome su quella lista.

《 Per ora, l'unica cosa che può tenerti in vita. 》

Rispose col solito tono distaccato, minato da un destabilizzante tremolio nella voce.

Abbassò lo sguardo, quegli occhi facevano male.

E svuotò il contenuto di quella siringa nella vena del braccio del più piccolo.

Poi, come un automa, aiutò il biondo ad alzarsi per farlo rimettere sul divano. Sistemò ciò che aveva preso e nascose ogni traccia di quello che era appena successo.

Se solo fosse stato così facile 
cancellarlo anche dalla memoria...

《 Non mi lasciare da solo... 》

Quel mormorio gli ricordava le lagne dei gatti in calore.

E proprio come se fosse soltanto uno stupido gatto in cerca di attenzioni, si costrinse ad ignorarlo.

Le sue mani tradivano i fremiti di terrore cui la sua mente non lasciava spazio. Aveva tremendamente paura e stare vicino alla causa di quella paura lo avrebbe portato a impazzire.

La vita di un innocente era finita erroneamente tra le grinfie di un assassino, in quel mondo in cui l'assassino era lui.

L'istinto di rivolgere un ultimo sguardo al biondo venne soppresso bruscamente mentre si conficcava le unghie nei palmi delle mani, serrandole a pugno.

Allora se ne andò, lasciandolo solo. Di nuovo.

Non era capace di stare a ciò che gli chiedevano gli altri, era un completo fallimento quando si trattava di accontentare desideri non suoi.

Forse un po' un mostro allora,
in fondo lo era davvero.




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Scusate il ritardo ;; ❤️

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