Day 2 1/3

Il telefono continuava a squillare. Aprii gli occhi e restai a guardare il soffitto per un po'. Come mai ero lì? Perché io? Non avrei dovuto fare qualsiasi cosa avessi fqtto per ritrovarmi lì. Se non l'avessi fatto, ora non sarei qui, in una casa di una donna morta, senza vestiti da cambiare, con nessuna applicazione e il telefono che continua a squillare ininterrottamente. Realizzai solo poco dopo quello che avevo appena pensato. Mi capovolsi in modo da avere la faccia girata verso il comodino ed allungai la mano verso il cellulare. Lo afferrai e controllai la schermata, Luciel mi stava chiamando. Accettai la chiamata e mi portai il telefono all'orecchio. <Non mi hai dimenticato, vero?> cosa stava blaterando quell'idota? Ci conoscevamo da meno di un giorno e credeva già che lo avessi dimenticato? Forse pensava che soffrissi di effetti collaterali causati dalla mia perdita di memoria. <Ricordo ancora il tuo profumo, il tuo calore...> Okay, si era ubriacato alle 8:43 di mattina e stava dicendo cose a caso. <Dillo che mi ricordi! Voglio sentirtelo dire!>o mi stava prendendo per il culo, o mi stava prendendo per il culo. Decisi di ricambiare con la stessa moneta. <Non ti ho dimenticato, mio Romeo> Ci furono dei secondi di silenzio, secondi di tensione. Secondi che sembravano non finire. Magari davvero mi ero dimenticata di qualcosa, magari erano passati giorni, ma io non li ricordavo, o magari non ricordavo nulla di settimane, o mesi. E qualcosa mi diceva che era così... avevo dimenticato qualcosa di fondamentale. Poi un colpo di tosse. <Oh Giulietta, ne sono felice! Sei cascata nel mio trabocchetto! Era uno scherzo telefonico, in una puntata di "The Boss Girl" c'è uno scherzo simile. Anche se all'inizio avrei voluto farti provare a dire "Ti voglio bene mama!" come nella pubblicità dei RuMi Mama, ahah> accennai un sorriso e le mie preoccupazioni svanirono. Luciel aveva un qualche potere curativo. mi misi a pancia in giù e piegai le gambe <non ti dimenticherei maaaaaai.> ridacchiai, era divertente chiaccherare con Luciel. <Aw, che carina che sei, Giulietta> <Siamo nel ventunesimo secolo, non possiamo essere Romeo e Giulietta!> <Allora basterà modernizzare tutto! Un'opera di Shakespeare nello spazio! Un astronauta bellissimo che si innamora di una bellissima aliena goffa!> Appoggiai il palmo della mano sulla mia guancia. Scottava. Probabilmente ero arrossita. <Francine?> <Abbiamo un parroco disponibile alla stazione spaziale 087!> risi mentre pronunciavo quelle parole, era divertente immaginare Seven dall'altra parte del telefono e quale reazione potesse aver avuto alle mie parole. <Ehy, anche io voglio sposarmi alla stazione spaziale!> <Non eravamo noi Romeo e Giulietta? > <Effettivamente... ora però il tuo Romeo deve andare a fare cose da agente segreto 707! Qui Seven Zero Seven, difensore della giustizia, passo e chiudo!> E attaccò. Restai un paio di minuti a fissare il telefono che avevo in mano, finchè la notifica di una chat room comparve sullo schermo del cellulare. Aprii la chat room in un millisecondo, erano presenti Jaehee, Yoosung e Jumin.
Salutai tutti per poi cercare di prestare attenzione ai messaggi, cosa che non riuscii a fare pienamente.
La mia mente era altrove, a pensare a cosa mi sarebbe successo, cosa avrebbe pensato Kyori quando le avrei detto che nemmeno quella sera sarei tornata a casa? Cosa avrebbero pensato i miei amici? E la mia famiglia? Ma soprattutto pensavo ad un modo per uscire da lì. Non volevo restare in un appartamento che non era il mio per tempo indeterminato... avevo tante cose da fare, tanti luoghi da visitare... magari un giorno sarei potuta uscire da quel posto, ma quando? Magari non avrei rivisto il mondo esterno per giorni, o anche settimane, e non potevo basare le poche certezze che mi rimanevano su degli sconosciuti. Perché era quello che i membri dell'RFA erano. Degli sconosciuti. Non sapevo nulla di loro, non sapevo chi erano. Quello che sapevo era poco più di zero, conoscevo soltanto il nome, l'età e l'occupazione, e non con certezza. Non avrei affidato il mio futuro a degli sconosciuti.
Appoggiai il telefono sul comodino e mi alzai, mi riavvicinai alla porta e provai ad aprirla. Sapevo che non si sarebbe aperta, ma non c'era altro modo. Spinsi la maniglia, ma ovviamente non successe nulla. Provai anche a tirare con tutta la mia forza verso di me. Tutto vano. Mi girai verso il lato opposto della camera e appoggiai la schiena alla porta e guardai la stanza in cerca di un'altra via di uscita. Le mie iridi ambrate vagavano sulle pareti dello spazio. Mi chiedevo come mai Rika avesse deciso di stare in un posto così ristretto. L'appartamento infatti non era molto grande, e, anche se appena arrivata mi era sembrato confortevole, ora non riuscivo a non pensare al suicidio di Rika. Il suo corpo non era mai stato trovato... però magari lì era successo qualcosa, in questo appartamento ristretto... tra questi muri, gli unici testimoni di quello che era successo davvero a quella donna... o così supponevo. Magari, la cugina di Yoosung, si era tagliata le braccia più volte nel piccolo bagno dove ero stata il giorno precedente, o magari si era pugnalata in cucina, sparata alla testa in salotto, o andata in overdose. Magari si era impiccata proprio nella mia camera, e, i pensieri riguardanti la sua misteriosa morte mi perseguitavano in quasi tutti i momenti della giornata da quando ne ero venuta a conoscenza. I membri dell'organizzazione non mi sembravano propensi a parlare di quell'argomento, soprattutto V e Yoosung, che cercavano sempre di sviare il tutto su altro. Yoosung sembrava avere dei sentimenti contrastanti verso V, il quale ritenevo il meno affidabile tra tutti i nuovi arrivati nella mia vita. Era molto misterioso, così misterioso che a momenti sapevo più cose su Luciel che su di lui. E non sapevo praticamente niente. I miei occhi intanto continuavano a vagare per la stanza, finchè non si posarono su un particolare che ancora non avevo realizzato fosse presente in quella stanza, la finestra.
Un barlume di speranza si riaccese dentro di me.
Mi avvicinai alla scrivania e presi in mano il cellulare, decisi di partecipare un po' alla chatroom prima di tentare la fuga da quel posto.
Yoosung aveva preparato un'omelette di riso, che sembrava anche abbastanza buona, se non si contava il ketchup che ci aveva aggiunto.
Stranamente seguii tutti i messaggi fino alla fine della chat, quando, tutti si dileguarono, compresa me.
Appoggiai il telefono vicino alla tastiera del computer e camminai verso la finestra, la aprii e guardai giù.
Il vento mi arrivava in faccia con tutta la sua potenza e con lui i capelli.
Una ciocca mi finì in bocca e dovetti sputacchiare per un po' prima di riuscire a toglierla. Finalmente riuscii a vedere la distanza che mi separava dal suolo... enorme.
A occhio e croce l'appartamento si situava all'ultimo piano e io non potevo di certo saltare giù. Non ero immortale e nemmeno un gatto come Elizabeth the 3rd. Cercai con lo sguardo qualcosa che poteva aiutarmi a scendere a terra, ma non scorsi nulla. La mia unica speranza per riuscire a fuggire da quel posto era finita anche prima di cominciare e io non avevo risolto assolutamente niente.
Mi allontanai dalla finestra e la richiusi di scatto, quasi senza ritegno, come se, anche se si fosse rotta, non mi sarebbe importato.
Ripresi il telefono tra le mani, ma, un nuovo pensiero si fece largo nella mia mente.
E se Rika si fosse buttata dalla finestra da cui mi ero appena sporsa?
Io avevo paura.
Avevo davvero paura.
Avevo paura di fare la stessa fine di Rika, di morire. Anzi, di suicidarmi. E questo potrebbe risultare abbastanza stupido. Io avevo paura di suicidarmi, di odiare la vita, avevo paura di soffrire e di stare male e questo mi rendeva sempre nervosa e tesa.
Un dolore lancinante si fece strada nel mio petto, un dolore straziante che mi era già capitato di provare. Scivolai a terra facendo cadere il telefono e mi appoggiai al pavimento. I miei palpiti stavano aumentando e dei brividi percorrevano la mia spina dorsale, entrando nelle mie ossa, insediandosi nelle mie viscere e scuotendomi dall'interno. L'aria cominciò a mancarmi poco dopo. Iniziai a boccheggiare sul pavimento, come per cercare ossigeno. Un peso opprimente mi schiacciava il petto e le mie gambe iniziarono a tremare e con loro il mio respiro si fece affannato. Avevo improvvisamente caldo, ma contemporaneamente i brividi continuavano a muoversi dentro di me e a farmi tremare come una foglia. Iniziai a piangere disperatamente, buttando giù tutte le mie difese. Non volevo morire, non ora. Potevo fare tante altre cose, volevo farle. Volevo salutare Kyori, i miei amici. Una vampata mi assalì e i tremori continuarono perpetui. Mi sentivo morire. Credevo di star morendo. Ad un certo punto la porta si aprì.
<Francine!>
Una voce familiare mi chiamava e una figura corse verso di me dopo aver chiuso la porta.
Due braccia mi avvolsero, calmando i brividi. Chiusi gli occhi, non guardando nemmeno chi era la persona che era riuscita a entrare nell'appartamento.
<Francine, oh dio.>
Era la voce di Luciel.
Il peso sul petto sembrò alleggerirsi.
<Luciel?>
Smisi di piangere e, continuando a tremare leggermente, aprii gli occhi, incontrando quelli ambrati del ragazzo, che mi guardavano preoccupati.
<Stai meglio, Giulietta?>
La sua voce mi rilassò un pochino, smisi di sudare e mi calmai un po' di più.
<Ora sì>
Provai ad alzarmi e, barcollando un po' ci riuscii. Mi sedetti sul letto e respirai lentamente.
<Mi succede, a volte>
Dissi poi, alzando lo sguardo verso Seven, che si era rimesso in piedi e mi guardava con uno sguardo carico di preoccupazione.
<Era un attacco di panico?>
<Sì>
Feci segno a Luciel di sedersi vicino a me.
Il ragazzo si avvicinò al letto e, si sedette al mio fianco, appoggiando le mani al materasso.
Ero ancora un po' scossa, ma volevo chiedere diverse cose al ragazzo, che fortunatamente era riuscito ad arrivare... ma come?
<Luciel, io in realtà vorrei chiedert->
Il ragazzo mi interruppe, non lasciandomi finire la frase.
<L'appartamento è disposto di telecamere, Rika le aveva fatte installare ai tempi, e, vedendo che stavi male sono corso qui. Io e V abbiamo lavorato tutta la volta sul come aprire la porta. Ti ho visto in difficoltà e sono arrivato, scusa se non ti ho detto nulla. Capirò se dovessi essere arrabbiata con me.>
Invece io non fui per nulla arrabbiata, anzi, gli ero inmensamente grata.
Se non fosse stato per lui, probabilmente sarei ancora a contorcermi sul pavimento come un pesce fuor d'acqua, e, per la questione delle telecamere, ero solo un po' turbata, ma non arrabbiata. Non con Luciel.
<Grazie>

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