I
Kirishima Eijirou camminava in tutta fretta lungo i corridoi della sua scuola, tenendo stretto in mano un fazzoletto di carta stropicciato e cercando di mettere insieme le idee alla svelta.
La cartella blu sobbalzava contro la sua schiena ad ogni suo passo, ed al suo interno, libri e quaderni venivano sballottati senza ritegno.
Il passo svelto del ragazzo si tramutò in fretta in una corsa leggera, resosi conto di essere in ritardo, cercò di premere un po' sull'acceleratore.
Ma non riusciva a staccarsi dalla mente quella visione.
Il motivo per il quale aveva tardato.
E se qualcuno mi avesse visto?
Si chiese.
Se avessero visto...quello che mi è successo?
Scosse il capo.
Doveva stare sul pezzo.
Doveva raggiungere la sua classe, e alla svelta.
Ma più di qualsiasi altra cosa, doveva calmarsi, seguire le lezioni come chiunque, fare merenda come chiunque, tornare a casa come chiunque.
Era essenziale evitare di attirare troppo l'attenzione.
E per fare ciò non doveva pensare alla pozza di sangue che aveva vomitato sul marciapiede.
Fece il suo ingresso in classe letteralmente un secondo prima del professore, e corse al proprio banco senza guardare in faccia nessuno.
Appoggiò con noncuranza la cartella sul banco e si sedette, si ficcò in tasca il fazzoletto e tirò un profondo respiro di sollievo.
Il professore entrò, salutò la classe e gli alunni ricambiarono educatamente.
Il professor Aizawa, come ogni mattina, si avvicinò alla lavagna, prese il gessetto ed iniziò la propria lezione.
Kirishima passò il resto del proprio tempo a cercare di ignorare gli sguardi interrogativi, insistenti ed ostinati di Sero e Kaminari.
<<Hey che ti succede?>> Gli chiese Kaminari quando giunse la pausa.
<<È tutta la mattina che mi giro cercando di attirare la tua attenzione, ho pure rischiato una strigliata.>>
Kirishima alzò gli occhi. Non rispose. Supplicò silenziosamente che gli venisse concessa un po' di pietà.
Non la ottenne.
<<Allora?>> Lo incalzò Sero.
<<Volevo solo seguire la lezione in pace, ragazzi.>> Rispose infine, scocciato.
I due si scambiarono un'occhiata perplessa.
<<Da quando sei uno studente modello?>>
<<Da quando gli esami sono alle porte. A proposito, dovreste darvi una svegliata anche voi.>> Rispose lui, <<O volete finire come all'ultima gita? Dove i poveri scemi come noi sono stati costretti a seguire corsi supplementari mentre gli altri si divertivano?>>
Un'altra occhiata, poi entrambi alzarono le spalle.
<<Beh...allora come vuoi.>> Disse Kaminari, lievemente indispettito.
In ogni caso, non era il tipo da legarsela al dito e Kirishima sapeva che in un paio d'ore gli sarebbe passata.
Quando le lezioni finirono, Kirishima sentiva impellente la necessità di vomitare.
Non salutò anima viva quando suonò la campanella, si limitò ad impacchettare le sue cose e scappò via, così com'era arrivato quella stessa mattina: senza dire una parola.
Tornò a casa in fretta e furia, quasi trattenendo il respiro, ed una volta arrivato si chiuse in bagno, senza nemmeno passare dalla propria camera per lasciare la divisa.
Si buttò in ginocchio accanto al cesso, e ci vomitò dentro l'ennesimo fiotto di sangue.
Impallidì di colpo, spaventandosi a morte, ma poi vide qualcosa galleggiare a pelo d'acqua: un petalo, anch'esso rosso.
Hanahaki, pensò, e capì di essere in pericolo.
Tutti conoscevano quella malattia e tutti sapevano che non lasciava superstiti.
Si abbandonò, sconvolto, contro la tazza del cesso.
Gli salirono le lacrime agli occhi.
Aveva solo diciassette anni...ed era già costretto ad arrendersi.
Pensò alla morte precoce e dolorosa che lo attendeva, soffocato dal suo stesso sangue, ucciso da rovi e fiori che gli avrebbero stritolato il cuore.
Strinse i pugni in preda alla rabbia.
Alla sua età non poteva mollare.
Era troppo presto per darsi per vinti.
Corse in camera propria, lanciò la cartella sul letto ed accese il computer.
Attese che il programma si avviasse, e cercò informazioni relative alla tanto famigerata malattia, ed ai modi per contrastarla.
Nel giro di breve tempo avrebbe dovuto capire in compagnia di chi, i sintomi della malattia si attenuavano.
Avrebbe dovuto setacciare tutte le sue amicizie, ma era disposto a farlo, ci sarebbe riuscito.
La sua vita era appesa ad un filo.
E colui o colei che egli amava, volente o nolente, teneva in mano il coltello.
~
Spero per ora vi stia piacendo.
Domani verso le 16 il prossimo cap.
Buona serata :)
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