Capitolo 20
Erik
Il dolore per una perdita a volte è in grado di distruggere. In tutta la mia vita ho perso molte persone, eppure, non mi sono mai sentito così triste.
Il sapore del suo sangue mi martirizza il palato sfrigolando come olio bollente.
Ho bisogno di andare a casa. Forse parlare un po' con Stefan mi farà bene.
Entro nell'appartamento stampandomi un sorriso sul viso, non voglio intristire Martina con questa storia, ha altro a cui pensare.
"Ciao Erik!" Stefan mi viene incontro sorridente.
Indossa un paio di pantaloni eleganti e una camicia nera.
"Uscite?" domando guardando l'orologio.
"Sì, mi ha praticamente ricattato, vuole che la porti a ballare" spiega divertito e chiede "come è andato il tuo appuntamento?"
"Avrei bisogno di parlarti" dico seriamente, ma nello stesso istante spunta Martina con indosso un abito sfavillante.
"Come sto?" chiede piroettando su se stessa.
"Una favola!" rispondiamo all'unisono.
Osservo il suo viso solare e mi sento in colpa. Non posso rovinarti la serata, non fai altro che allenarti, meriti di vivere! Penso ampliando il sorriso.
"Andiamo?" chiede a Stefan avvicinandosi alla porta.
Lui mi guarda dispiaciuto, ma gli regalo un sorriso tranquillo mentre mi tolgo la giacca.
"Divertitevi!" auguro salutandoli per andare in salotto e sedermi sul divano.
Sento la porta chiudersi e sul suo rumore ricominciano i miei pensieri.
Sono pensieri tristi, carichi di talmente tanta malinconia che sembra opprimermi sul petto e bloccarmi il respiro.
L'angoscia ha uno strano effetto anche su quelli come me. Lo sapevo, ma volevo credere che non potesse più colpirmi. Un unico sospiro fuoriesce dalle mie labbra, spero faccia uscire questo umano malessere, ma l'unica cosa che ottengo e altrettanto dolore.
Pochi secondi dopo sono nuovamente in strada.
Una leggera brezza mi colpisce il viso, un misto di birra e salsedine s'intrufola nelle narici mentre cammino nel Porto Antico. Mi muovo con passi lenti, mentre i pensieri tumultuosi dei giovani rimbalzano caotici nella mia testa, per non pensare ho deciso di lasciare aperta la mia mente e assorbire la loro confusione.
Un pensiero svolazzante e di sincero malcontento cattura la mia attenzione.
Sposto lo sguardo nella sua direzione e, seduta svogliatamente sullo schienale di una panchina, trovo Asia.
Faccio scorrere inconsciamente lo sguardo sul suo corpo esageratamente esibito, dai sandali dorati con tacco al mini top con paillettes fino a fermarsi sul suo viso.
Non appena i nostri occhi si incontrano sento il petto alleggerirsi, mentre un sorriso spontaneo mi si dipinge sulle labbra e riflette chiaramente il suo.
"Scusatemi un attimo!" informa i suoi amici balzando giù dalla panchina per venirmi incontro.
L'immagine che offre questa sera di sé, è veramente incredibile. Senza neanche rendermene conto il mio sguardo è scivolato nuovamente sui suoi polpacci fasciati in un intreccio dorato per poi risalire lungo le cosce tornite e lasciate in bella mostra dalla minigonna in pelle nera che indossa. Una gonna talmente corta, che mi ha concesso di scorgere anche il pizzo nero del suo intimo.
"Salvami!" mima con le labbra, mentre stringe le mani davanti al cuore.
"Sei inseguita da qualche orrendo mostro?" scherzo, cercando di non soffermare lo sguardo sul suo decolleté.
"Sul serio, non ne posso più, mi sento in trappola", ammette, "e ridicola vestita così!"
"Ti assicuro che nessuno di loro pensa che tu sia ridicola" la tranquillizzo passando in rassegna il pensiero dei tre suoi amici.
E come potrebbero, sei uno schianto! Penso confuso dai miei stessi pensieri.
"Potrebbero scambiarmi per una meretrice" scherza sul termine e supplica "ti prego!"
"Renderai infelici tre uomini" l'avverto serio.
"Uomini", ride di scherno, "non arrivano neanche ai diciotto anni" spiega portandosi una mano a coprire l'ombelico.
"Non ti sei vestita così per fare colpo su di loro?" domando leggermente infastidito. Non conoscere la verità sui suoi pensieri mi rende nervoso.
"Figuriamoci" allontana l'idea con la mano "dovevamo andare a ballare, ma non li hanno fatti entrare e quindi, eccomi in giro alle tre del mattino come un..., non so neanche trovare il termine."
"Va bene", concordo divertito, "ma sappi che non accetteranno la semplice scusa sono stanca."
Sospira affranta e sussurra aggrappandosi al mio avambraccio "Reggimi il gioco."
Lo stringe così forte che inevitabilmente il suo seno sfiora la pelle nuda del mio braccio. Lancia uno sguardo carico d'intesa alla sua amica e poi ne rivolge a me uno del tutto nuovo, che mi destabilizza. Due profondi pozzi neri si tuffano nei miei con un chiaro messaggio di seduzione. Le sue morbide labbra si schiudono a pochi centimetri dalle mie, invitanti e malvagiamente sensuali.
Che diavolo mi prende? Chiedo al mio corpo immediatamente in ansia.
"Direi che possiamo andare" sussurra dolcemente sulle mie labbra.
Il suo respiro caldo s'intrufola nella mia bocca facendomi desiderare che le nostra labbra si incontrino e mi ritrovo a deglutire a vuoto prima di riuscire a sospirare un andiamo non del tutto convinto.
La pressione del suo seno sul mio braccio è ancora insistente, ma devo costringermi a non pensarci, non ora e non lei.
Quando siamo a distanza di sicurezza, si allontana da me ringraziandomi e aggiunge ridendo "Se la sono proprio bevuta, che idioti!"
"Beh, non sarebbe così strano se due come noi si frequentassero" replico un po' infastidito dalla sua reazione.
"Tu dici?" ribatte con un risolino ironico, "Comunque forse hai ragione. Non sapendo del nostro odio segreto è normale che ci abbiano creduto. In fin dei conti sei abbastanza carino."
"Carino?" replico inarcando un sopracciglio.
"Preferisci passabile?" continua ridendo.
"Ti stai divertendo?" domando fermandola per un polso e la mia mano brucia a contatto con la sua pelle.
"Un po'", risponde mordendosi il labbro inferiore, "mi hai salvata dalla noia, quindi mi sento ben disposta nei tuoi confronti."
"Che onore!" rido lasciando la presa per mettere le mani in tasca, "Comunque, pensavo che la fase dell'odio l'avessimo superata."
"Certo che l'abbiamo superata", conferma fermandosi davanti al portone della sua nuova abitazione, "però, sei più suscettibile del solito, stasera."
"Non sono suscettibile, sono solo stanco" ammetto, credendo che il mio turbamento sia dovuto a quello che è accaduto con Serena.
"È andata male anche la tua serata?" chiede come se mi leggesse nella mente.
"Non era un appuntamento galante" rispondo senza pensare. Come se dovessi darle una spiegazione.
"E cos'era?" domanda iniziando a salire le scale davanti a me.
Non dovrei, ma il mio sguardo si posa sul suo fondoschiena magnificamente fasciato e ogni gradino è un sinuoso movimento che mi toglie il respiro. Mi sembra di morire a ogni passo, ma nonostante questo non riesco a staccarle gli occhi di dosso.
"Allora?" domanda voltandosi a guardarmi da sopra una spalla.
"Sono andato a dare l'estremo saluto a una vecchia amica", spiego spostando lo sguardo sui gradini e immaginando che si sia accorta di dove stavo guardando, "in realtà le ho portato la bramata morte."
"L'hai uccisa?" chiede fermandosi all'improvviso.
Il mio volto si ferma a pochi centimetri dal suo.
"Mi ha supplicata di farlo...", tento di spiegare, "non volevo, ma lei stava per morire e mi ha chiesto aiuto..." resto in silenzio per un istante, mentre il dolore e un vago senso di colpa mi colma gli occhi, "e adesso ho il rimorso" ammetto con tristezza.
"Deve essere stato orribile!" esclama abbracciandomi.
Un abbraccio inatteso, caldo e assolutamente necessario. Sento il suo corpo premere sul mio e tutta l'angoscia svanisce come se non fosse successo nulla, come se esistessimo solo noi e questo momento.
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