Capitolo 16

Asia

Nella speranza che senta tutto il mio disappunto urlo a gran voce: "Stupido idiota!"

Il silenzio che risponde però, gela per un attimo la mia ribellione, facendomi sentire terribilmente sola.

Siamo in perenne disaccordo, è vero, ma sapere che era nella stessa casa, aveva placato le mie paure.

Lo stomaco continua a rumoreggiare con i gorgoglii della fame, mentre la testa mi scoppia per la rabbia.

"Che motivo aveva di andarsene in quel modo?" domando al cielo stellato con una punta di delusione, "È proprio odioso, altro che bandiera bianca" impreco poco dopo aver inspirato l'aria fresca dalla finestra aperta.

Arpiono le mani al davanzale digrignando i denti "Ma se crede di potermi trattare così, si sbaglia" rapita dal nervoso, corro sul terrazzo a prendere la mia roba ancora zuppa e, senza ripensamenti, la indosso.

Ogni passo segna il pavimento con piccole goccioline, ma sono ben decisa a non dargliela vinta. Appendo la camicia sulla cappelliera e, per un attimo, fisso con indecisione la porta che mi separa e protegge dall'esterno.

Se esco, mi butto dritta tra le braccia del Barone! Penso con un brivido di raccapriccio, mentre le immagini del pub mi si ripropongono, nitide e terrificanti come nell'esatto istante in cui sono accadute.

Forza, Asia! M'incoraggio appoggiando una mano sulla maniglia, Non farti intimorire. Sei più forte di così!

Con un movimento rapido faccio scattare la serratura e ruotando la maniglia, apro la porta affacciandomi sul pianerottolo inaspettatamente occupato da un'imponente figura.

"Stai uscendo?" la voce potente di Erik mi blocca sulla soglia come la sua presenza.

"Ci sto provando" ammetto sollevando lo sguardo per guardarlo negli occhi.

"Devi sempre fare di testa tua", mi rimprovera serio, "non puoi essere come le donne normali."

"Ecco, adesso sono anche anormale" replico stizzita, sento i nervi tendersi sotto la cute per il nervosismo.

"Non intendevo questo" spiega affranto e la sua espressione afflitta ha qualcosa di divertente.

"E cosa, allora?"

"Posso entrare in casa mia?" chiede indicandomi l'appartamento.

"Scusa" mi mortifico lasciandolo passare.

"Dovresti toglierti quella roba di dosso. Rischi che ti venga la febbre" consiglia posando un sacchetto sul tavolinetto bianco che c'è nell'ingresso.

"Non preoccuparti per me" ribatto ostile.

Con un gesto distratto apre la busta e, un profumino di brioche appena sfornata, colpisce le mie narici con il suo delizioso aroma. Senza che possa evitarlo, il mio stomaco cede al richiamo vocalizzando un inno al cibo.

"Vedo che hai ancora fame" ironizza, guardandomi da sopra una spalla.

"È per me?" domando sorpresa dal gesto.

"Come sai io non ne mangio" risponde andando in camera sua.

"Non me lo aspettavo" ammetto, seguendolo con il sacchetto tra le mani.

"Non sono sempre stato un mostro" dichiara togliendosi le scarpe.

"Mi hai fatto credere che fossi arrabbiato con me" gli faccio notare, mentre inspiro l'invitante profumo.

"Mi dispiace avere un così brutto carattere", spiega lasciandomi sgomenta, "ora, puoi toglierti quella roba, il tappeto..." mi mostra la macchia circolare sul tappeto.

"Vado" rispondo mortificata e, cambiandomi rapidamente, torno dalla brioche.

"Fatto in fretta!" esclama nel vedermi entrare.

"Ho una fame" spiego tuffandomi sul divano.

"Sei un tornado" dice ridendo.

"Pensa che mi sto trattenendo" fingo addentando questa prelibatezza.

"Come no!"

"Perché sei serio?" domando notando la sua espressione mutevole e indecifrabile.

Non riesco a comprenderlo. Ogni volta riesce a spiazzarmi, sia nel bene che nel male. Lui è imprevedibile e oltremodo complicato, ma non è cattivo e questa è l'unica certezza che sento di avere su di lui.

"In strada è cambiato tutto", m'informa appoggiandosi allo schienale, "ci sono pattuglie ovunque."

"Non servono a molto le pattuglie" borbotto spostando lo sguardo dal dolce ai suoi occhi.

"Già, ma troveremo il modo per fermarlo" mi promette con un accenno di sorriso. È strano da vedere sul suo volto, ma quelle poche volte che capita, il viso si trasforma e i suoi lineamenti sembrano risplendere.

Asia! Ma cosa diavolo stai pensando?

"Ne sono sicura", sospiro ingoiando l'ultimo boccone e aggiungo per mitigare i miei pensieri, "ma quante persone dovranno ancora morire, prima di riuscirci?"

Un rumore in lontananza cattura la sua attenzione.

"Cosa c'è?" domando vedendolo scattare verso la finestra.

"Stanno sparando" m'informa mettendosi in acsolto.

"Sono lontano?" chiedo raggiungendolo.

"Non tanto, posso farcela" dice correndo dalle scarpe e, senza neanche accorgermene, è già uscito.

Con tristezza sposto lo sguardo all'orologio, le lancette segnano quasi le cinque.

Ci manca solo che si bruciacchi al sole! Penso sentendomi stranamente in colpa.

Guardo fuori e per l'ennesima volta questa notte desidero uscire. Infilo nuovamente i jeans ed esco.

In strada regna un caos mai visto. Il popolo della notte mi corre incontro, vuol dire che è dalla loro provenienza che c'è il male.

"Non andare là" mi grida un ragazzo mentre mi sorpassa.

Urla concitate date dal panico, persone che cadono per la corsa ed altre che le scavalcano incuranti. Una ragazza crolla sulle ginocchia, esausta, i suoi amici la oltrepassano senza preoccuparsi che sia rimasta indietro. Vedo le lacrime sul suo volto e, davanti alla sua paura, ritrovo il coraggio. Mi avvicino per prestarle soccorso.

"Forza, alzati" la incito sollevandola da sotto le braccia.

"Mi si è rotto il tacco" singhiozza disperata.

"Corri a piedi nudi", consiglio spingendola via, "se non corri ti raggiungeranno" rivelo come se realmente la sua corsa potesse salvarla.

Ma in fondo è la speranza il motore che fa girare il mondo e fa avere la voglia e il coraggio di vivere.

I suoi occhi chiari si sgranano impauriti "Sono dei mostri, stanno facendo una strage" singhiozza disperata mentre muove i primi passi incerti seguiti da altri più sicuri.

"Corri" insisto incurante della mia follia e, voltandomi, continuo ad andare contro corrente.

Le gambe si muovono per inerzia, ma sono rapide per quanto possibile e, nella desolazione dei vicoli che mi attendono, posso seguire solo gli spari.

Piazza Corvetto mi accoglie nel silenzioso caos della morte.

Corpi smembrati o dissanguati fanno da asfalto alle strade, mentre sotto l'imponente monumento riconosco il vecchio e a pochi metri da lui, Erik.

Con movimenti furtivi mi avvicino.

"È un piacere rivederti" dice il Barone con la sua voce gracchiante.

"Non posso dire lo stesso, Steino" ribatte acido.

"Non ti si allietano gli occhi a una simile vista?" domanda indicando i cadaveri con una delle sue dita ossute.

"Mi viene la nausea, a dire il vero."

Una figura si muove rapida nel buio e feroce lo blocca da dietro. La presa delle sue mani s'incide sulle braccia di Erik affondando nella carne e torturando le sue membra.

Sento il suo gemito di dolore e una fitta di apprensione mi blocca il respiro. Osservo il vecchio, il suo viso è teso come ogni muscolo del suo corpo avvizzito. Sta muovendo le mani, i gesti sono inquietanti come il suono della sua voce infernale.

A quel suono il corpo di Erik sembra indurirsi, devo fare qualcosa.

Il vecchio gli sta facendo un incantesimo di irrigidimento Penso perplessa e, scavando nella memoria, trovo la frase rituale giusta.

Spero tu possa sentirmi, penso speranzosa, provo a proteggerti dal suo incantesimo!

Mi nascondo dietro al monumento, a pochi metri da loro, sento le loro chiacchiere, ma cerco di concentrarmi sulla formula.

Le parole magiche corrono nella mia mente per poi posarsi sulla mia lingua stregata.

"Prendila" urla il vecchio, nello stesso istante in cui Erik ha dato una testata al suo compare, liberandosi.

Vedo Erik che tenta di fermarlo, ma il Barone si scaglia su di lui iniziando uno scontro che però non posso seguire, perché nel tempo di un respiro il Vampiro è davanti a me.

Lo stesso della sera prima, a dire il vero, riconosco gli occhi inespressivi e il grugnito diabolico.

"Adesso morirai" promette schizzando sangue dalla sua bocca infernale.

"Prima fallo e poi gioisci" ribatto senza timore, so che posso farcela, almeno lo spero.

Usando tutte le formule che conosco gli lancio un dardo infuocato. Nel punto colpito si crea una profonda ferita che non si rimargina e allora ne approfitto continuando a lanciarne. Lentamente, colpo dopo colpo, lo vedo indietreggiare fino a cadere.

Se qualcuno me lo avesse detto non ci avrei mai creduto, stavo vincendo uno scontro con un vampiro.

"Dedalo, vieni subito qui, sta per sorgere il sole" ordina il vecchio, ma il vampiro muove solo distrattamente gli occhi senza mostrare realmente di aver capito.

Lancio un ultimo dardo dritto al cuore, immobilizzandolo e, in ansia, corro da Erik.

"Sei ancora vivo?" domando trafelata.

"Non lo sono da un bel po' di tempo", risponde alzandosi in piedi, "sta per sorgere il sole."

"Devi correre a casa" dico guardando il cielo schiarirsi con i tiepidi colori dell'alba.

"Dobbiamo" risponde avvicinandosi.

"Non ci pensare, sei ferito" mi allontano per sfuggire alla sua presa.

"Non ti lascio in mezzo a questo" spiega prendendomi in braccio e rapido mi porta a casa.

Sbattendoci la porta alle spalle corre in camera sua, dove le tende accostate creano un penetrante buio artificiale.

I miei piedi toccano il pavimento della stanza e, per un millisecondo, lo sento muoversi sotto di essi.

"Grazie del passaggio!" ironizzo senza poter vedere il suo viso.

"Grazie per avermi salvato la vita."

"Era il minimo che potessi fare. Non potevo certo lasciarti morire. Poi chi l'avrebbe allenata Martina" dico per non mostrargli il piacere che ho provato nell'udire le sue parole.

Un sorriso ironico vibra nell'aria e suona con una melodia gradevole.

"Non avevo dubbi, strega!" mormora con tono leggero, "Ma adesso ho davvero bisogno di dormire, altrimenti domani sarò uno straccio" m'informa, mentre sento il rumore del tessuto della maglietta che viene sfilata via.

"Magari dormicchio anche io un po'" ipotizzo dandogli le spalle e, uscendo con il rumore della zip dei jeans che si apre, richiudo la porta.

Sono molto stanca adesso quindi, ne approfitto per stendermi sul divano e, al caldo di un roseo raggio di sole, trovo un inquietante ma necessario riposo.

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