Capitolo 13
Dedalo
Osservo la sua tetra figura e immancabilmente un senso di timore s'intrufola nel mio animo crudele. Seduto sul suo trono ottocentesco c'è il mio Signore. I gomiti ossuti sono appoggiati al tavolo dai finimenti dorati, le bianche e gracili dita si muovono scomposte, giocando in modo maniaco con alcuni capelli biondi. I suoi occhi neri appaiono privi di espressione, anche se sono fissi sull'alacre lavoro delle sue mani.
"Dedalo" la sua voce tuona potente nell'ampio salone, mentre i suoi occhi si spostano all'improvviso su di me, attenti e vigili come non mai.
"Sì, mio Signore" rispondo, balzando in piedi.
"Che cosa secondo te, mi ha reso la leggenda che sono?" domanda in modo chiaro.
Se fossi ancora umano sicuramente suderei copiosamente, l'incertezza su quale sia la risposta corretta mi secca la gola.
"Allora?" insiste spazientito.
"La vostra rinomata cattiveria" rispondo con voce roca "le vostre gesta hanno destato terrore e paura per diversi secoli."
"Esatto!" concorda appoggiandosi all'alto schienale "le stragi sono state sempre il mio punto di forza e ora dimmi, da quanto tempo non godo di un po' di sadismo?"
"Sono trascorsi diversi decenni" rispondo con la voce sempre più roca, una sillaba sbagliata e la decapitazione è assicurata.
"Decenni?" ripete inclinando il capo a destra e a sinistra "quando?" inquisisce ancora e la sua voce è un vero e proprio boato.
"Quando vivevate in Germania mio signore e il vostro fedelissimo servitore era il Fuhrer."
"Vero" concorda picchiettandosi una tempia "bei tempi quelli" si complimenta con se stesso "ma sono troppo lontani."
Con violenza batte i pugni sul tavolo e alzandosi di scatto dalla sedia, corre verso la giovane vittima.
Con violenza le afferra i pochi capelli che le sono rimasti e, tirandole indietro la testa le domanda
"Credi che dovrei trovare il mio Hitler qui in Italia, adesso?" ghigna "Sono molti gli uomini potenti con la sua stessa indole."
La giovane continua a frignare in modo penoso "Ti prego lasciami andare, ti supplico."
Il mio signore la schiaffeggia con violenza "Ti ho fatto una domanda, esigo la tua risposta" insiste continuandola a strattonare per i capelli.
"Non so cosa dire" ammette disperata.
"Dimmi cosa può far tremare il tuo paese?"
"Non lo so" ripete la giovane continuando a singhiozzare.
Giuro che le stroncherei la vita all'istante da quanto è fastidiosa.
"Potrei uccidere i vostri capi di stato?"
"Non fregherebbe niente a nessuno" risponde dando per la prima volta un senso alle sue parole.
"Allora potrei uccidere e basta" afferma con un lampo di accesa ira negli occhi e finalmente la dissangua.
Sollevando la testa riconosco l'incarnato rosato di chi ha appena fatto un pasto "È stato di vostro gradimento?" domando muovendomi freneticamente sulla sedia.
"Ho voglia di altro sangue" sibila a denti stretti "forza, andiamo a fare una strage di innocenti" mi invita sicuro.
La gioia di questo invito è troppo grande e con enorme gioia lo ringrazio.
"Dimostrami la tua gratitudine uccidendo molte persone, che domani Genova si alzi sopra un massacro" annuncia e, rapidi come il vento, usciamo in strada.
La notte ci accoglie con una leggera brezza calda che ci scompiglia i capelli lunghi e fa turbinare il suo lungo mantello. Adora rimanere ancorato alla sua epoca.
"Trovami un luogo affollato" ordina.
Per un breve istante chiudo gli occhi e, inclinando la testa all'indietro annuso l'aria.
L'odore di sangue e il suono di alcune risate si presentano forti e insistenti ai miei sensi.
"Seguitemi" consiglio umilmente e al suo assenso inizio a correre.
I nostri movimenti sono fulminei e nonostante all'apparenza lui possa sembrare un povero vecchio, nel momento dell'azione dimostra di essere in assoluto il signore del male. In pochi minuti abbiamo percorso oltre venti chilometri, ma finalmente siamo arrivati.
"Che posto è questo?" mi chiede fissando l'insegna luminosa.
"Un pub, mio Signore, il più frequentato questa sera."
"Sento molti cuori battere" afferma con un sorriso compiaciuto sul viso antico.
"Novantatre, mio Signore."
"Bene, direi che è un buon numero per iniziare e siccome è un luogo pubblico possiamo fare tranquillamente il nostro ingresso" ghigna allegro.
"Volete che sia discreto?" domando, non capendo quale sia il suo scopo finale.
"No, mio caro Dedalo" ghigna dandomi piccoli schiaffi sul viso "voglio una strage!"
Un sorriso malefico appare sul mio viso, non lo vedo, ma lo sento allargarsi sulla mia pelle tirata
"Sarà fatto" prometto e rapidamente entriamo iniziando la festa.
Grida piacevoli echeggiano sulle note potenti dei Kiss. Corse inutili e pianti disperati di questi insignificanti umani. Senza pietà e godendo del loro orrore, affondo i miei canini nella loro carne succosa, ingoiando piacevolmente il loro fresco sangue.
"Aiuto!" questa è la supplica più ripetuta, ma non c'è scampo per queste persone.
Una giovane sfugge per ben tre volte dalla mia presa, come sia possibile lo ignoro.
"Di qua non esci" l'avverto, bloccando l'uscita e leccandomi il labbro insanguinato.
"Una via d'uscita c'è sempre" ribatte indietreggiando di alcuni passi.
"Sei un'umana non puoi sopravvivere, morirai come gli altri" spiego sicuro.
"Cosa succede, Dedalo?" la voce del mio padrone mi fa sussultare, noto l'ira nel suo timbro.
"L'ultima vittima la cedo a voi, Signore" rispondo cercando di cambiare il mio impedimento in estrema fedeltà.
"Cosa c'è, non ce la fai tu e mandi il vecchio?" mi affronta la ragazza con sfida.
"Vecchio?" ripete il mio signore divertito "in quasi otto secoli mi sono stati dati molti nomi, ma mai Vecchio."
"Forse perché nessuno ha mai avuto il tempo di dirtelo" riprende la donna, sfacciata.
"Non ti manca certo il coraggio" dichiara lui con occhi sorpresi, erano secoli che nessuno osava sfidarlo e in effetti, le sue vittime non hanno molto tempo prima di morire.
La risata del mio padrone suona potente nel locale ormai morto.
"Dedalo, cattura per me la ragazza" ordina con il suo tono autoritario.
"È un piacere" rispondo mentendo a me stesso, ma non posso fare altrimenti.
Con un movimento fulmineo l'agguanto, ma dopo pochi istanti diventa nuovamente incandescente e sono costretto a lasciarla.
"Cosa combini?" domanda il mio padrone.
"Signore, è troppo calda" mi giustifico e subito mi rendo conto di rovinare il nostro rapporto.
"Ha solo preso un po' di sole" borbotta infastidito "sbrigati."
L'agilità non mi manca, ed è di nuovo nelle mie mani, ma la scena si ripete per la quinta volta e non posso fare a meno di liberarla.
"Inetto" m'insulta e rapido si getta su di lei.
Le sue unghie lunghe si infilano nella giovane carne, stillando in dieci piccoli rivoli rossi. Con violenza la sbatte contro una parete, frantumando un quadro che era appeso. Vedo prima la fronte della giovane corrucciarsi e poi sento il ghigno del mio padrone.
"Patetica" le dice divertito "e morta."
Lo vedo chinarsi lentamente su di lei. I suoi bianchi canini brillano alla fioca luce delle lampade ancora intere. Leggeri si posano sul suo collo, iniziando la dolce discesa che precede il lauto pasto.
Sparita. La giovane è svanita tra le sue mani in una cascata d'acqua.
"Maledizione!" impreca il mio padrone.
Il suo sguardo è carico di stupore e rabbia mentre segue il liquido con lo sguardo.
"È tardi", impreca, "adesso dobbiamo rientrare. A lei ci penseremo domani!"
Velocissimi e silenziosi svaniamo prima che sorga il sole, ma ho percepito bene nel suo timbro una dirompente furia che da secoli non provava.
*Mio spazietto*
Grazie a tutti voi che leggete, votate e commentate questa storia. :-D Avete visto la prima apparizione del Barone, chissà se ce ne saranno altre? Alla prossima!
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