Capitolo 9

~Perché per troppo tempo ho scelto te.~
Marco Mengoni.

La musica troppo alta mi perfora i timpani, le luci mi infastidiscono gli occhi, la gente mi spintona da una parte all'altra. Come se neanche esistessi. Non che sia molto diverso dal solito, ma vabbè, non sono qui per autocommiserarmi.

Dopo una ventina di minuti di disperata ricerca, ecco che lo trovo. È lì, in mezzo alla pista improvvisata che balla e sembra così felice. Ho quasi paura ad avvicinarmi, perché so che questa felicità verrà spezzata.
Alla fine, però, prendo coraggio e mi avvicino lentamente.

Quando mi ritrovo davanti a lui e quando mi nota, sbarra gli occhi.

«Ehi Jake, so che sei arrabbiato, so che mi odi, so tutto, ma devo parlarti, ora.»

Ammetto che la paura che mi dica che non vuole neanche ascoltarmi c'è, ma poi lui mi sorride e capisco che forse non è tutto perduto.

«Allora cosa aspetti?»

Sorrido e usciamo da quella casa insieme.

*****

«Non ci credo...mi hai portato alla scogliera.
Mi ricordo quand'eravamo piccoli e sognavamo di imparare a volare, lanciandoci da qui.»

Faccio un piccolo sorriso nostalgico a quei ricordi, che ormai sono fin troppo lontani.

«Ero qui quella notte...»

Jake si siede e guarda l'orizzonte.

«Lo avevo immaginato.»

«Io...»

«Josh smettila di fingere, sappiamo entrambi la verità.
Sei sempre stato troppo egoista, avevo bisogno di te quella sera, avevo bisogno di te perché sei sempre stato l'unico con cui io riesca a sfogarmi e sei sempre stato l'unico che conosce la situazione della mia famiglia.
Avevo bisogno di te e tu non c'eri. Eri qui, a guardare delle cazzo di stelle.
Hai preferito guardare le stelle. Come potevo pensare che a te freghi qualcosa del nostro rapporto?
Non potevo farlo.
Ti giuro, sono rimasto lì, in quel cazzo di parchetto, ad aspettarti fino all'alba, sperando che tu arrivassi.
Non sei mai arrivato.
Ho pianto talmente tanto quella notte da non avere più la forza di farlo ancora, ho esaurito le lacrime.
Ho capito che per te non ero poi così importante...
Ho accettato di venire qui solo perché mi annoiavo e volevo sapere quali cazzate avresti tirato fuori.

Sono rimasto colpito quando mi hai portato in questo posto, per un solo secondo, mentre guardavo l'orizzonte, ho pensato che volessi veramente aprirti con me, chiedermi scusa e propormi di ricominciare da capo, e io ti avrei anche detto di sì.
Ma ancora una volta, sei rimasto in silenzio, mi hai illuso, ancora.»

Jake si alza, mi guarda, sta in silenzio.
Io lo guardo, sto in silenzio, dentro di me ho un turbine di parole, le ho sulla punta della lingua, vorrei dirgli tutto quello che lui significa per me, ma non ci riesco. La voce non esce dalla mia gola.

Lui mi guarda, fa un piccolo sorriso e poi mi supera.

È mentre lui si sta allontanando, che io cado.

Cado metaforicamente, perché è tutta colpa mia, lo è sempre stata.

Ma non mi arrendo, non voglio buttare tutto, non oggi, non con lui.

Avevo già messo in conto questo suo comportamento e non ho intenzione di demordere.

«Io non ti ho ancora detto la mia.»

Sento i passi fermarsi, non mi giro ma so che si è fermato, lo percepisco.

Mi sta guardando, però non fa un passo verso di me.

Così, parlo. Forse per la prima volta, parlo realmente e non quello che serve solo per non sembrare un fantasma che cammina.

«Non mi dimenticherò mai di tutte quelle volte in cui, seduti su questa esatta scogliera, passavamo il tempo a raccontarci le storie dei miti delle stelle.
Non mi dimenticherò mai di quelle volte in cui mi hai capito e hai detto anche quello che volevo dire io, ma che non avevo il coraggio di dire.
Non mi dimenticherò mai di tutte quelle volte, in cui semplicemente eravamo noi stessi, senza forzature.

Pensi che io abbia dimenticato tutte le cose che abbiamo passato insieme?

Non me ne sono dimenticato neanche una, non ci riuscirei neanche se volessi farlo con tutto me stesso.

Perché è grazie a te se io conosco la parola amicizia, è grazie a te se non ho mai dato importanza agli altri che non mi volevano neanche parlare.

Non posso dimenticare l'unica persona che mi ha salvato, l'unica persona che ha avuto il coraggio di avvicinarsi, l'unica persona che mi ha fatto sentire veramente speciale.

Quella sera, io sono venuto al parco, ma era già l'alba, tu te ne stavi andando, e io non ho avuto il coraggio di avvicinarmi.

Perché la nostra amicizia si era sempre basata sui gesti, non sulle parole e pensavo che a te andasse bene così.

Solo quella mattina ho capito realmente quanta importanza tu dessi alle parole che non pronunciavo, perché non ne sono mai stato in grado.

Mi sono maledetto in mille lingue.
Perché è a causa mia se è successo tutto.
Perché non sono capace di dire quello che vuoi sentirti dire, perché ho troppa paura di legarmi troppo profondamente.

Perché se poi tu te ne andrai, io rimarrò fregato.

Ma ormai, non può fregarmene nulla. Perché tu sei il mio migliore amico, che io te lo dica o meno.

Per cui scusa per tutte quelle volte in cui ti ho fatto male, scusa per essere un cattivo amico, scusa per le cazzate che farò.
Sappi, però, che non può esserci persona più importante di te, per me.»

Quando finisco di parlare, mi volto e vedo Jake in lacrime.

«Dimmelo ora.
Dimmi che per te sono importante, che non mi sono illuso, che sono veramente il tuo migliore amico. Dimmi che mi vuoi bene. Per favore, cura le mie ferite.»

Ma io rimango in silenzio.
Ancora.

Lui scoppia a ridere in modo isterico e posso sentire la sua delusione.

«Come immaginavo, non sarai mai capace di volere realmente bene.
Non ne posso più, ho messo troppe volte prima te e poi me.
Ora basta.»

Ma io non ci sto, non oggi, non dopo tutta la fatica che ho fatto per tirare fuori quello che ho detto, e agisco.

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