Capitolo 4
Quando Elsa si svegliò, il sole era già alto. Si guardò intorno, cercando Jack con lo sguardo, ma non lo trovò. Rimase spaesata per qualche istante, poi le venne in mente la promessa che le aveva fatto. Probabilmente era già ad Arendelle alla ricerca di Anna. Come avrebbe fatto a trovarla, e a trarla in salvo? Come avrebbe fatto a non spaventarla? Dove l'avrebbe portata, poi?
Elsa aveva ancora addosso l'abito di lustrini di Jack. Sfiorò i punti in qui le sue mani lo avevano abbellito, e sorrise. Il sole insinuatosi dalle finestre rendeva il vestito ancora più luccicante di quanto sembrasse il giorno prima. Elsa posò il suo sguardo sul paesaggio bianco che si intravedeva a malapena fuori dalle fessure, e le vennero in mente le parole di Jack "È questo il segreto per domarlo, lasciarlo andare!". Senza pensarci, con un gesto della mano fece apparire davanti a sè un grande blocco di ghiaccio, alto all'incirca quanto lei. Con rapidi movimenti, diede piano piano vita a quel blocco informe: gli fece un busto, due gambe, e una testa. Faceva tutto senza pensarci: due grandi occhi, il viso allungato e le labbra sottili. Piano piano si rese conto che stava scolpendo nel ghiaccio la figura di Jack. E che le piaceva davvero tanto, il risultato. Sorrise, senza un preciso motivo.
«Ma chi devo prendere in giro?» Disse scuotendo la testa. Con un rapido gesto della mano cancellò i lineamenti di Jack dal volto della figura. Le emozioni dentro di lei erano in continuo conflitto, lottavano per uscire fuori. Ma dentro Elsa, questa volta, c'era una sensazione sconosciuta. Non la solita rabbia o frustrazione, ma qualcosa di nuovo. Era uno strano miscuglio tra la felicità e qualcos'altro. Qualcosa che le mandava in subbuglio la mente, qualcosa che le faceva battere il cuore. Qualcosa che la faceva sentire viva.
«Elsa.» La ragazza si voltò di scatto. Jack era davanti l'uscio della porta, che però era rimasta chiusa. Come se ci fosse passato attraverso. Aveva il fiato corto, come se fosse tornato di corsa.
«Già di ritorno?» Elsa si affrettò a coprire la scultura di ghiaccio che aveva appena realizzato, anche se senza una motivazione precisa.
«Anna non è più ad Arendelle.» Disse Jack ancora con il fiatone «L'ho cercata ovunque. Non c'è traccia di lei.» Elsa non sapeva cosa pensare. Non sapeva se essere spaventata, in ansia o terrorizzata, o se essere sollevata. Dove poteva essere? Elsa lo sapeva. Non voleva ammetterlo, ma conosceva la sorella.
«È venuta a cercarmi...» Disse con un filo di terrore nella voce.
«Sarei dovuto partire ieri sera, io lo sapevo!»
Lei non ebbe il tempo di rispondere, che una voce femminile, proveniente dall'atrio d'ingresso del palazzo, chiamò il suo nome. Elsa rabbrividì, e impallidendo cercò con lo sguardo il sostegno di Jack. Ma lui era già scomparso.
«C'è nessuno? Elsa?» La voce di Anna si faceva sempre più vicina. Elsa ebbe una stretta al cuore, quando si ritrovò la sorella davanti.
«Wow, Elsa, sei...cambiata. In meglio, davvero. E questo posto...È meraviglioso.»
«Grazie.» Elsa provò ad essere il meno fredda possibile «Non mi rendevo conto di quanto fossi in grado di fare.»
«Scusa per quanto è successo, se avessi saputo, io...»
«No no no, va tutto bene, non devi chiedermi perdono.» La interruppe Elsa. «Ma dovresti andar via, ti prego...»
«Ma sono appena arrivata!» Disse Anna in tono di protesta.
«Il tuo posto è ad Arendelle.»
«Anche il tuo!»
«No, Anna! Il mio posto è qui...» Elsa riflettè un attimo, indecisa se dire la verità o no su Jack alla sorella «Da sola.» Qualcosa le disse che sarebbe stato meglio non dirle nulla. L'avrebbe forse convinta ad andare, in questo modo. «Dove posso essere me stessa, senza fare male a nessuno.» C'era del vero, in quest'ultima frase. Non avrebbe mai potuto fare del male a Jack. Eppure si sentiva sempre più una bugiarda, a ogni parola che diceva.
«Veramente, a proposito di questo...» Anna stava per aggiungere qualcos'altro, ma qualcuno irruppe nella stanza. Elsa lo guardò meglio: non era un essere umano, non era più alto di un metro, e saltellava invece di camminare: era un piccolo pupazzo di neve animato.
«Ciao, io sono Olaf, e amo i caldi abbracci!» Si presentò il buffo pupazzo. Ad Elsa quella frase non sembrava nuova, come se l'avesse già sentita in passato.
«Olaf?» Ad un tratto ricordò del buffo pupazzo che costruiva ad Anna quando ancora giocavano insieme. Era proprio identico.
«Sì, mi hai fatto tu. Ricordi?» Disse la piccola figura.
«E sei vivo?» Il pupazzo annuì. Per un attimo il cuore di Elsa si scaldò nel realizzare che era stata lei a dargli vita.
«Sembra quello che abbiamo fatto da piccole.» Continuò Anna.
«Sì...» Elsa abbozzò un sorriso.
«Elsa, eravamo così unite...Possiamo esserlo di nuovo!»
Elsa avrebbe voluto correre incontro alla sorella ed abbracciarla, ma d'un tratto le tornò in mente quando l'aveva quasi uccisa, da piccola. Non voleva che la sorella rischiasse di nuovo la vita per lei. Se lo era ripromesso mille e mille volte, e non aveva intenzione di ricredersi.
«No, non possiamo.» Disse Elsa cercando di trattenere le lacrime. «Addio Anna.»
«Elsa, ti prego, non escludermi di nuovo dalla tua vita, per favore!»
Il tono di Anna si era fatto supplicante.
«Basta, Anna...» Elsa sentiva di nuovo quella sensazione sgradevole allo stomaco, e le emozioni, quelle brutte, fare a pugni per uscire sottoforma di...ghiaccio.
Anna continuava ad implorarla di tornare, ma ogni parola che diceva peggiorava la situazione in Elsa.
«Ho detto basta!» Con un brusco movimento involontario della mano, Elsa mandò un gettò di ghiaccio nella direzione della sorella, ma non si accorse di averla colpita. Si allontanò via mentre la sorella si ostinava a voler discutere con lei.
Jack aveva assistito a tutta la scena. Si era reso conto di quanto Elsa fosse distrutta, e di quanto si sentisse in colpa per la sorella. Non voleva che Anna insistesse. Voleva che non tornasse più, e si convincesse che era la cosa giusta. Voleva solo aiutare entrambe. Così reagì d'impulso: creò un enorme pupazzo di ghiaccio e neve, alto circa quindici metri, e gli ordinò di mandar via Anna, e i suoi strani accompagnatori. Era ovvio che non avrebbe mai fatto loro del male, anche se all'inizio sembrava il contrario, ma pensò che forse li avrebbe spaventati e motivati a non tornare.
Ma quando Elsa si accorse del gigante di ghiaccio inorridì:
«Jack! Jack, potrebbe ferirli! Cosa stai facendo, smettila!» Gli ulrava.
«È solo per spingerli a non tornare, non gli farà del male.» Ma nemmeno Jack era troppo convinto delle sue parole.
«Oh no! Sono precipitati! No! Che cosa hai fatto?!» Urlò la ragazza. Jack fissava sbalordito i due ragazzi che precipitavano da un ripido burrone, con il gigante alle calcagna. L'orrore si scolpì sul suo volto, e si guardò le mani, come se avesse appena commesso un omicidio. Era questo che pensava. Ma poi li videro muoversi piano nella neve, segno che stavano bene. Jack tirò un sospiro di sollievo, ma Elsa sembrò più arrabbiata di prima.
«Avresti potuto farle del male! Non c'era bisogno di arrivare a questo, ma che cosa ti prende?!»
«Volevo solo aiutarti!» Ribattè Jack per difendersi.
«Tutti qua vogliono aiutarmi. Io non ho bisogno di nessuno! So cavarmela da sola! E anche tu, Jack. Siamo troppo pericolosi, io e te insieme. Non possiamo...» Elsa non riuscì a trovare una parola con cui finire la frase. «Non possiamo. Ho bisogno davvero di stare da sola. O farò del male a qualcuno.»
«Elsa, io...»
«Và via, Jack.» Lo interruppe. Jack aprì la bocca per dire qualcosa, ma poi la richiuse. Il suo sguardo divenne tutto d'un tratto cupo, ed estremamente gelido.
«Se è quello che desideri.» Jack si librò in aria senza staccare quegli occhi gelidi da Elsa, e in un attimo era già scomparso. In quel momento, Elsa non riuscì più a trattenersi. Cominciò a singhiozzare, in preda alla rabbia, mandò potenti attacchi di ghiaccio dove le capitò, distruggendo con colpi violenti il blocco di ghiaccio che aveva scolpito poco prima. Poi si lasciò cadere per terra, esausta, in preda alle lacrime.
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