Capitolo 10
Quel giorno, ad Arendelle regnava la gioia. Era una fresca giornata primaverile, una delle prime dopo il lungo inverno, e il sole splendeva già alto in cielo. Voci mormoravano allegre: "È nata! L'erede al trono, la principessa! Si dice che sia ancora più bella della madre."
Jack, come al solito, si preparava ad andare via, a una lunga Estate di riposo, e a dire addio, almeno fino all'anno successivo, ai suoi giochi e alle sue burle di ghiaccio. Ma quella volta, il suo istinto che non lo portava mai a fare qualcosa di buono, e la sua estrema curiosità, lo avevano portato ad intrufolarsi nella camera della principessa appena nata, deciso a constatare lui stesso se quelle voci dicessero davvero la verità , prima di andare via definitivamente. La bambina era posta in una culla e dormiva beata, le ciocche color rosso carota che le ricoprivano appena la testa le ricadevano sul volto. Jack le si avvicinò sempre più, allungando una mano, timoroso quasi di toccarla. Era davvero una bella bambina, i cittadini avevano ragione, Jack ne era intenerito e quasi incantato. Ma un improvviso bussare alla porta lo fece sussultare, e per lo spavento, senza controllarlo, liberò accidentalmente una scia di ghiaccio che colpì il cuore della bambina. L'ultima cosa che vide prima di scappare furono i suoi capelli rossi tingersi completamente di un chiarissimo biondo, e i suoi grandi occhi blu spalancati, seguiti da un acuto vagito. Da quel momento, per l'errore di non esser riuscito a controllare il suo potere, quella bambina sarebbe stata condannata ad una vita di sofferenze, a causa del potere che le era stato conferito.
La stretta di Jack sul braccio di Elsa era fredda, ma meno del solito. Una buona metà del suo potere era andata distrutta, insieme al suo bastone, ora ridotto a due vecchi pezzi di legno scuro e senza vita. Si guardò intorno e poi poggiò lo sguardo su Elsa:
"Sono morto? Sì, sono morto. Non potrebbe essere altrimenti."
Elsa gli sorrise: "Non sei morto. Sei solo potente la metà." Ma Jack continuò senza ascoltarla: "E tu sei un angelo. Un angelo del paradiso."
Elsa inarcò le sopracciglia, assumendo un'espressione preoccupata.
"Sto scherzando" Rise, al che anche Elsa sorrise. Stava bene, ed era di nuovo lui.
Jack interruppe bruscamente la propria risata con una domanda che sputò fuori senza preavviso:"Tu non ricordi nulla, non è vero?"
"Cosa?" Elsa non capì a cosa Jack si riferisse.
"Non ricordi, prima, quando...Oh no, Elsa, il tuo vestito! Cosa ti ha fatto?"
"Quando? Quando cosa?" Elsa ignorò la domanda di Jack.
"...Niente." Scosse la testa.
"No davvero, stavi dicendo qualcosa"
Insistette.
"Lasciami perdere, non distinguo più la realtà dalla fantasia." Jack si passò una mano tra i capelli argentei.
Quello che continuava a vedere nella sua mente, però, erano frammenti illegibili di un qualcosa di vero, di reale. Ricordi, che qualcuno aveva cancellato. La bambina che cantava attraverso la porticina. La promessa di un'amicizia eterna. I suoi dubbi cominciarono a sciogliersi; Elsa riusciva a vederlo, da piccola. Solo, non lo ricordava.
"Hai distrutto il demone..." Disse sussurrando, cambiando improvvisamente discorso.
"Sì, almeno credo. In un certo senso, credo che ormai mi appartengano e che posso distruggerli quando voglio." Jack guardò malinconico il suo nuovo aspetto, odiando se stesso con tutto il cuore per aver permesso a Pitch di impadronirsi del potere di Elsa.
"Cosa pensi che se ne faccia uno come Pitch di un potere del genere?"
"È ovvio, Elsa." Rispose Jack senza esitare:"Vuole essere più potente. Avranno tutti paura di lui, perché diventerà reale per loro. E avranno paura anche di Jack Frost, adesso..."
"Significa che ora lui ha tutto il mio potere unito al suo?" Elsa si morse un labbro.
"Il mio potere, Elsa." Si lasciò sfuggire, ripensando improvvisamente a quel sogno rappresentante la realtà che aveva fatto poco prima, mentre era quasi morto. Solo ora ricordava quel fatto, accaduto anni prima.
"Che vuoi dire, Jack?" Elsa assunse un'espressione sospettosa.
"Devo confessarti una cosa..." Jack staccò gli occhi dal pavimento, per guardarla in viso. Anche se non riusciva a sostenere il suo sguardo.
"Io...Tu..." Jack non sapeva come diglielo.
"Io...?"
"Non sei nata con questo potere."
A quella frase, si poteva sentire volare una mosca, tanto era il silenzio. Elsa lo guardava con gli occhi sbarrati, senza riuscire ad aprire bocca.
"Quando eri piccola...Qualcuno ti ha dato questo potere...Ero io! Non avrei voluto, Elsa, è stato un incidente."
"Tutti questi anni, tutte quelle giornate passate in solitudine perché...eri tu?" Elsa aveva un tono deluso e amareggiato.
"Se potessi solo liberarti da questo peso che ti opprime, giuro, lo farei. Perdonami, io..."
"Perché non me lo hai detto subito?" Elsa era sull'orlo di un crollo emotivo.
"Lo avrei fatto, ma non lo ricordavo! Ultimamente ho dei ricordi improvvisi, dei flashback, che non sapevo di aver vissuto, e mi tormentano!" Ma Elsa non gli credeva più:"Mi fidavo di te, io mi fidavo di te!"
"Ti prego, ascoltami, non deve essere per forza un errore, insomma guarda! Sei capace di fare grandi cose con questo potere, vuoi davvero essere un'umana qualsiasi?" Tese una mano verso di lei per provare a tranquillizzarla
"Non toccarmi!" Aveva la rabbia nella voce: "Non. Provare. Un'altra volta. Ad avvicinarti a me!" Disse scandendo bene le parole e facendo due passi indietro.
"Elsa ti prego, prova solo a..."
"No! Mia sorella ha sofferto per anni, perché io l'ho allontanata, è stata sola, per tutti questi anni, io ho sofferto per anni, costretta a stare chiusa in una stanza, immobile, al buio. E tu eri l'artefice di tutto questo. Ma dov'eri? Non ci sei mai stato, nemmeno per un istante."
"Ti sbagli, io c'ero, ero lì, solo che non lo ricordi!"
"Smettila di mentirmi!"
"Non sto mentendo, Elsa, ti prego, ascoltami, solo un momento. Guarda nei tuoi ricordi, nella tua memoria, provaci! Non è possibile che tu non riesca a ricordare..." Jack cercava di restare il più calmo possibile.
Elsa provò a ricordare; vide buio, ghiaccio, lacrime. Anna. Gli intensi momenti di felicità provati con lei. E una scheggia di ghiaccio che colpiva dritta la sua testa. Di nuovo tutto buio.
"Basta, Jack." Disse allontanandosi provata.
"Elsa ti prego, non rinunciarci così presto, devi provarci almeno!"
"Hey, hey hey. Ma cos'è tutto questo trambusto? Avete disturbato il mio riposino quotidiano." La voce di Pitch alle spalle di Jack sembrava assonnata. Il solo fatto di averla sentita smosse in Jack quel qualcosa che finora lo aveva portato a rimanere calmo, e perse completamente la pazienza.
"Vattene via, Pitch!" Urlò minaccioso.
"Jack. Ancora tu? Certo che non molli, eh." Disse con aria annoiata.
"Ti avevo detto di stare lontano da Elsa!" L'odio nella sua voce e nei suoi occhi si accentuava sempre di più.
"Vediamo di calmare i bollenti spiriti, che ne dici? Anche perché adesso ho io il tuo potere. Ma guardati, ti reggi in piedi a malapena!" Disse in tono di scherno, ma Jack non rispose alla provocazione.
"Che cosa devo fare con te, Jack? Mi farai impazzire, così. Ti faccio un incantesimo complesso che ti fa il lavaggio del cervello, un demone s'impossessa della tua anima, rischi la pelle più volte...E sei ancora qua?" Pitch mutò il suo tono in esasperazione. Jack stava per dire qualcosa, ma Elsa lo precedette prima che potesse aprire bocca.
"Pitch!" Esclamò brusca.
"Parlate pure, mia signora." Pitch fece anche un piccolo inchino, mostrando un rispetto in realtà falso, probabilmente per far innervosire ancora di più Jack.
"Portalo via da qua. Non fargli del male. Fa in modo che non torni più da me."
Pitch sollevò un sopracciglio; apparve sorpreso da quella richiesta, ma sembrava molto incline ad esaudirla.
"Come desiderate!" Poi sfoderò un largo ed inquietante sorriso.
"Elsa, no! Ti prego, non lasciarglielo fare!"
"Sbarazzatevi pure di lui, fatene quello che volete. Basta che non torni al palazzo." Sussurrò Pitch ai suoi demoni a forma di destriero, che non esitarono ad obbedire agli ordini.
Una lacrima scese involontaria lungo la guancia di Elsa, nel vedere Jack che veniva trascinato fuori da quelle ombre nere.
"Promettimi che non gli faranno del male." Disse in tono sommesso.
"Ma certo che non gli faranno del male." Rispose Pitch con un sorriso rassicurante.
Jack fu risucchiato dall'oscurità. Per la prima volta, pensò qualcosa che non aveva mai pensato prima: "È la fine." Jack poteva essere annientato, solo se da forze di gran lunga superiori a lui. E i demoni di Pitch lo erano. Non Pitch, ma loro sì. Era grazie a loro che era così potente, altrimenti Jack lo avrebbe potuto già sconfiggere da tempo.
"Sarà breve e indolore" Pensava, mentre quelle forze oscure lo scaraventavano giù dal castello. Rimase illeso, atterrando sulla neve morbida. Ma si aspettava che i demoni venissero a risucchiargli l'anima da un momento all'altro. Aprì gli occhi che fino a quel momento aveva tenuto chiusi, e se li ritrovò proprio davanti. Ma non avevano l'aria aggressiva, né minacciosa. Avevano l'aspetto di cavalli neri posizionati a schiera, alti e imponenti, ma avevano tutta l'aria di cuccioli obbedienti pronti a servire il padrone.
Jack si rimise in piedi, indietreggiando e cercando una via di fuga. Ma i destrieri continuarono a fissarlo con occhi obbedienti. Jack era confuso, non sapeva come prenderli.
Uno dei demoni-cavalli, il più grande, gli si avvicinò lentamente, sbuffando e tendendo il muso. Con cautela e non tanta sicurezza, Jack allungò una mano verso di esso, esitando a lungo prima di sfiorargli il muso. Il demone nitrì.
"Vuoi che...?" Jack lasciò a metà la frase, guardando nella direzione degli altri demoni. Sembravano tutti coordinati e sincronizzati gli uni con gli altri. Tutti facevano "sì" con il capo. Ancora incredulo, Jack si avvicinò al cavallo, e dopo un momento di esitazione salì in groppa. Pensava si sarebbe ribellato, invece si lasciò domare tranquillamente. Tutti gli altri demoni nitrirono all'unisono, entusiasti. Jack sorrise:"Va bene. D'accordo." Era di nuovo sicuro di sè.
Il cavallo su cui era in sella emise uno strano verso, che Jack, senza sapere come, seppe tradurre.
"Destinazione?" Chiese sorpreso. Al che il cavallo emise di nuovo lo stesso verso. Mentre pensava a un posto in cui andare, un nuovo nitrito lo distrasse. Apparteneva a un altro demone, di dimensioni un po' più piccole, che teneva tra le fauci le due metà del suo bastone spezzato.
"Il mio bastone!" Jack prese i due pezzi di legno tra le mani, senza sapere cosa farne. Il cavallo nitrì qualcosa, che Jack capì nuovamente.
"Unire le estremità? Ne sei sicuro?" Chiese un po' scettico. Il demone non gli rispose, non gli restava che provare. Unì le due parti del bastone, e si concentrò con tutta la forza che aveva. Dopo due, tre tentativi, vide le due estremità ricoprirsi di ghiaccio e fondersi tra loro, tornando a formare un bastone vero a proprio. Jack si sentì rigenerato, come dopo un risveglio da una lunga dormita, come un sorso d'acqua dopo una faticosa camminata. Si sentì rinascere, e i suoi poteri tornare. Era di nuovo potente.
Esultò, e dopo si rivolse nuovamente al destriero.
"Sì, ce l'ho una destinazione." Affermò in tono sicuro; il cavallo tese un orecchio.
"Palazzo di Dentolina. Devo trovare i ricordi di Elsa, e fare in modo che sappia." Obbediente agli ordini, il cavallo partì al galoppo, seguito dalla scia nera di tutti gli altri demoni. Jack si sentiva invincibile, niente lo avrebbe fermato, adesso. E ora che aveva i suoi demoni, il suo obiettivo finale era sconfiggere Pitch una volta per tutte, e riprendersi Elsa.
"Dunque è così, Pitch. Io un po' di ghiaccio a te, tu un po' di demoni a me. Sarà una bella sfida, non vedo l'ora." Diceva tra sè e sè. Chiuse gli occhi, sorridendo. "E che vinca il migliore. Sto venendo a salvarti, Elsa."
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