Capitolo 6

La città, di notte, aveva un gusto speciale, strano, alieno da quello del giorno e della sua routine.

Le strade sembravano totalmente diverse da quelle che (Nome) conosceva la mattina, il pomeriggio, a prima sera: uscire fuori di casa, nel weekend, andare in giro per la città, nelle strade maggiori e in quelle laterali, più grandi e più piccole, più popolate e più nascoste, più illuminate e più oscure era una sensazione che non avrebbe scambiato con nessun'altra.

Guardare la città che, di notte, aveva una vita totalmente diversa, stupirsi per quelle strade così diverse sotto il volto della luna, guardare le strade illuminate dalle luci arancioni, dalle luci bianche, dalla coda di fanali delle auto, dalle insegne dei bar e dei ristoranti.

Una notte tutta da vivere, da sentire dentro e fuori.

I monumenti illuminati, i giovani che parlavano, che si raccontavano, che mangiavano un gelato, risate che si rincorrevano, che non la smettevano mai, il batticuore delle coppie che si baciavano negli angoli nascosti e poi il sorriso nato dopo il tanto atteso 'ti amo'.

Le strade libere la cullavano nel loro andare, e la notte le dava quel senso di serenità, di sicurezza, di armonia, che il giorno, con i suoi clacson, i suoi continui rumori, non riusciva a regalarle: stare lì, godersi il paesaggio, rilassarsi, ma soprattutto parlare, parlare di tutto e di tutti, raccontarsi, ridere, riflettere, commentare ciò che si vedeva.

La musica proveniente dai locali notturni che non sovrastava mai le parole, ma si fondeva in un perfetto connubio tra i racconti e le sensazioni.

Si guardò intorno, e pensò a quanto fosse bello emozionarsi per cose semplici. Era bello pensare che la città, di notte, cambiasse completamente volto, e si trasformasse in una creatura che pochi conoscevano: erano pochi coloro che riuscivano a trovarne la vera essenza, che riuscivano a vederla nel suo splendore, semplice, puro, unico a suo modo.

Non si pensa a niente, non si ha meta: si guarda soltanto la strada davanti a sè, e non si sa dove porterà, dove ci si perderà, se si volterà a destra o a sinistra: ogni curva era una storia diversa, un paesaggio che non conosceva, un pezzo di città che le era stata totalmente sconosciuta fino a quel momento.

Accanto a lei scorrevano i negozi, i marciapiedi, la gente seduta ai tavolini, la vita nascosta nelle borgate poco illuminate, nei vicoli, negli anfratti. Era tutto perfetto.

Cercò le dita di Dabi e le intrecciò alle proprie, la familiare sensazione di calore proveniente dalle sue mani la fece sentire protetta.

"Mi farò perdonare, ok?"

La guardò di sbieco con i suoi profondi occhi turchesi, non era più arrabbiato con lei per averlo cacciato di casa la sera della festa, ma vedendo l'entusiasmo sul viso della ragazza decise di tenere la bocca chiusa.

D'altra parte, (Nome) non riusciva a togliersi dalla testa l'espressione contrariata sul suo volto quando lo aveva avvisato che quella notte non avrebbe potuto dormire con lei come aveva fatto nelle precedenti due settimane.

'Non ci penso nemmeno ad andare a dormire da quel feticista delle mani'

Lo aveva dovuto quasi buttare fuori a forza. Era per il suo bene, non avrebbe mai rischiato che uno dei suoi compagni lo vedesse.

'Mi sto rammollendo a furia di avere a che fare con quella gente' pensò.

"Dov'è che mi staresti portando?"
Le accarezzò il dorso della mano con lenti movimenti circolari.

"È una sorpresa" rispose enigmatica, "da quando sei tornato passiamo così poco tempo insieme"

La mattina lei doveva andare a scuola presto e per l'ora che tornava a casa Dabi era già uscito per conto dell'Unione, finché tornava la sera (Nome) stava dormendo o era troppo impegnata con lo studio. Vivevano sotto lo stesso tetto eppure le sembrava di passare più tempo con i Villains o gli Hero della 1-A.

"Mi stai dicendo che ti manco ragazzina?"

Si chinò alla sua altezza, mentre con le braccia creava una gabbia che la intrappolasse tra sé e la vetrina di un negozio, svariati passanti si girarono a guardarli, una mamma fraintendendo la scena coprì scandalizzata gli occhi del figlio piccolo.

"Non mi piace sentirmi in colpa, tutto qua" disse lei cercando di spostarlo, ma senza risultato.

"Da quando ti importa delle conseguenze delle tue azioni?"
(Nome) non era il tipo che rifletteva prima di agire o che si pentiva dopo che il danno era fatto.

"Da quando riguardano qualcuno a cui tengo"

Gli passò da sotto il braccio e cominciò a trascinarlo per il retro della giacca.
"Siamo quasi arrivati, muoviti"

Entrarono in un vicolo scuro pieno di cassonetti, finestre sbarrate e cocci di vetro che scricchiolavano sotto le suole delle loro scarpe. (Nome) incespicò un paio di volte sui suoi décolleté di velluto ma Dabi l'afferrò ogni volta prima che potesse cadere.

"A cosa devo tutto questo impegno?" chiese quest'ultimo riferendosi all'aderente tubino rosso che fasciava perfettamente il corpo della sua accompagnatrice.

"Non potevo di certo entrare in un posto del genere con anfibi e maxi-felpe, anche se mi sono appena pentita di queste scarpe"

Dabi strinse gli occhi, non c'era da fidarsi quando era (Nome) a scegliere il posto dove andare a cena.
"Non ti fidi di me, te lo si legge in faccia"

"Era proprio quello che volevo mettere in chiaro"

Raggiunsero una piccola porta di metallo nero con una finestrella di vetro rettangolare circondata da chiodi argentei. (Nome) bussò tre volte di seguito e poi due intervallate da una pausa: un messaggio in codice.

La porta si aprì con uno scricchiolio acuto lasciando emergere la figura di un ragazzo alto dai magnetici occhi viola. Aveva i capelli castani con la riga al centro e diversi ciuffi ribelli gli ricadevano ai lati della fronte, dove spiccava una cicatrice sopra il sopracciglio sinistro.

"Jin!"

(Nome) lo abbracciò calorosamente, era da tempo che non si vedevano. L'estate passata aveva speso parecchio tempo seduta al bancone di quel locale, facendo amicizia con il simpatico buttafuori.

Il quirk del ragazzo si chiamava plasma blood e gli permetteva di manipolare il suo plasma per creare armi o colpire direttamente l'avversario.

"Finalmente ti sei decisa a farmi visita, credevo che non ti avrei più rivista" la salutò scompigliandole i capelli. Solo allora si rese conto del suo compagno, gli porse la mano e si presentò "Jin Arata, piacere"

Inutile dire che Dabi ignorò totalmente la mano tesa verso di lui.
"Dabi" disse monocorde.

"È il nome o il cognome?"

"Non ti interessa"

Una fiammella azzurra si riflettè negli occhi di Jin che subito materializzò una pistola nella sua mano.
"Ehi ehi, siamo qui per passare una bella serata" (Nome) posò una mano sul petto di ognuno e li allontanò.

Scesero una lunga scalinata che conduceva ad un altra porta identica alla prima, l'unica differenza era che dalla finestra di questa provenivano luci di vari colori; non appena l'aprirono la musica lì investì in pieno.

Il locale era un insieme di arredi scuri e luci magenta, cerchi luminosi si sovrapponevano sul soffitto come lampadari illuminando lo spazio, bassi tavolini rettangolari circondati da comodi divani riempivano gli angoli e le pareti, mentre un bancone vantava un barman che faceva volare agilmente uno shaker e che versava cocktails di tutti i colori ai ragazzi affollati tra gli alti sgabelli.

"Che ne dici?"

Dabi sorrise e tirò fuori le mani dalle tasche del jeans nero strappato per fare un gesto d'apprezzamento.
"Dico che dovremmo andare a prenderci da bere"

Dopo aver fatto - o meglio saltato - la fila, visto che nessuno aveva osato dire niente a Dabi quando li sorpassò tutti per piazzarsi con i gomiti sul bancone, si sedettero su un tavolino più in disparte rispetto agli altri.

(Nome) bevve un sorso dal suo Manhattan tenendo lo sguardo fisso su Dabi che faceva tintinnare il ghiaccio nel suo bicchiere; si vedeva che era perso nei suoi pensieri.
"Sei più silenzioso del solito" commentò posando una mano su quella di lui, abbandonata sul tavolo.

Il ragazzo finalmente la guardò negli occhi. "Come sta andando a scuola?"

Rimase interdetta.
"Fai sul serio?"

"Rispondi" Di solito quando Dabi faceva una domanda c'era sempre un obbiettivo ben preciso dietro.

"Bene. Ti sembrerà strano detto da me, però, nonostante il mio atteggiamento iniziale, tutti i miei compagni, o quasi, mi hanno subito fatta sentire parte della classe e sono sempre stati gentili con me"

Un sorriso le comparve spontaneamente al ricordo di tutti i momenti passati insieme: nonostante si conoscessero da poche settimane le sembrava che fossero suoi amici di infanzia.

Ancora si chiedeva come fosse stato possibile un cambiamento del genere.

"Capisco" commentò lui semplicemente, continuando a rigirarsi fra le dita il bicchiere ancora pieno. Si era accorto anche lui del cambiamento che era avvenuto nell'atteggiamento di (Nome).

Alla riunione che si era svolta nel bar dell'Unione prima che loro due uscissero aveva fornito informazioni utili alla missione - tra cui quelle riguardanti il quirk di Midoriya e di un'esercitazione alla USJ a cui avrebbe partecipato anche All Might - , però si era comportata in modo stranamente gentile persino nei confronti di Toga.

"(Nome)" Posò il bicchiere sul tavolo con un tonfo secco. "Prima o poi dovrai scegliere, lo sai questo vero?"

La ragazza inspirò con forza.
"Cosa intendi?"

"Dovrai scegliere se essere una Hero accanto ai tuoi compagni o se portare a termine la tua vendetta" disse, centrando in pieno il bersaglio che la tormentava ormai da giorni.

"Non potrei mai abbandonare la mia missione dopo tutto quello che ho fatto fino ad oggi, devono pagare dal primo all'ultimo. Però..."

'Però cosa? Loro non mi perdoneranno mai quando scopriranno chi sono in realtà...' completò, senza però riuscire a dirlo ad alta voce.

Cosa che non impedì a Dabi di capire ciò che lei intendesse.
Il ragazzo si alzò di scatto sbattendo le mani contro il tavolo, la sua voce per un attimo sovrastò il chiacchiericcio e la musica che aleggiavano intorno a loro.

"NON PUOI AVERE TUTTO, LO VUOI CAPIRE QUESTO!?"

Non sapeva cosa di preciso lo facesse imbestialire di più, se il fatto che fosse stato lui a condurla all'Unione e a farle frequentare quella scuola per Hero cui si era affezionata tanto o il fatto che lei ci aveva messo così poco a dimenticare cosa quella gente aveva fatto sia a lui che a lei.

In un impeto di rabbia fece sciogliere con una fiammata azzurra il bicchiere che aveva posato sul tavolo, il vetro fuso, diventato di un arancio acceso, cominciò a gocciolare a terra e l'alcol al suo interno evaporò con un lieve sfrigolio.

Poi senza aggiungere altro si avviò verso l'uscita del locale. (Nome) fece fatica a raggiungerlo sia perché le gambe lunghe del ragazzo gli davano una falcata molto ampia sia per i tacchi che lei aveva scelto di mettersi. Lo afferrò per la manica della giacca costringendolo a fermarsi.

"Dabi, tu non capisci" ingoiò la saliva nello sforzo sovrumano di non far tremare la propria voce mentre parlava. "Non hai viso i loro occhi mentre mi guardano, il loro modo di combattere senza darsi mai per vinti, di non lasciare mai nessuno indietro. Loro non sono come gli Hero che l'hanno lasciata morire"

Con un ringhio fece un passo veloce verso di lei, (Nome) si spostò all'indietro spaventata da quella sua mossa imprevista. Non riconosceva più il suo amico d'infanzia.

"Non puoi vedere solo ciò che ti conviene! L'ultima volta che ho pronunciato anche solo la parola 'Hero' mi ha quasi buttato giù dalla sedia ed ora hai il coraggio di difendere i tuoi compagni di classe"

Fece un respiro profondo stringendo le nocche delle dita, stava perdendo il controllo, lo sentiva dai palmi delle mani che cominciavano a bruciare.

"I tuoi amichetti diventeranno come loro. Non c'è via d'uscita, ti spezzeranno il cuore com'è già successo" le afferrò la nuca e avvicinò il suo viso al proprio. "E non dire che non capisco. Se non fosse stato per mio padre, un pro Hero, ora tutte queste cicatrici non mi ricoprirebbero più di metà del corpo"

"Perché te la stai prendendo tanto?" esclamò lei. Di solito l'aveva sempre sostenuta nelle sue scelte.

La lasciò andare come se all'improvviso il contatto con la sua pelle fosse insopportabile.
"Perché tu qualunque strada sceglierai avrai sempre qualcuno che ti starà accanto. Mentre io... io ho soltanto te!"

Lasciò la stanza nel più totale silenzio, erano tutti concentrati ad ascoltare la loro discussione. La voce della ragazza che urlava il suo nome e la porta che sbatteva furono gli unici suoni udibili.

Si ritrovò da sola al centro del locale, con le braccia avvolte intorno al proprio corpo e la consapevolezza che una serata organizzata all'insegna del divertimento e della reciproca compagnia era appena andata a farsi fottere per colpa sua.

"Ehi bambolina, se vuoi possiamo sostituire noi il tuo amichetto"

Un gruppo di ragazzi visibilmente ubriachi la stavano chiamando da un tavolo poco distante, quello che aveva parlato aveva i capelli rasati e due serpenti tatuati ai lati della testa.

Strinse i pugni, una parte di quella rabbia cieca che portava sempre con sé tornò a farsi sentire. Allungò un braccio verso il bancone e una bottiglia vuota si materializzò nella sua mano, una nuova abilità del suo quirk che aveva scoperto da poco.

Si teletrasportò dietro il ragazzo e con un arco perfetto gli spaccò la bottiglia sulla testa, un vetro gli tagliò il sopracciglio sinistro facendo gocciolare il sangue nel suo drink azzurro, tingendolo di viola.

"Tu, brutta puttana!" Cercò di afferrarla ma lei apparve sul tavolo e con un calcio gli spezzò il braccio che era rimasto posato su di esso, lo schiocco provocato dall'osso che andava in frantumi le diede un senso di soddisfazione.

"Non ridi più ora?" Lo acciuffò per il colletto guardandolo malignamente negli occhi, un sorriso quasi maniacale le si aprì sulle labbra.

"Io no... ma lui si"

Dalla manica della giacca di pelle uscì un serpente nero dai riflessi dorati. Senza che (Nome) avesse il tempo di reagire questo le si gettò al collo strangolandola e affondando i denti nel suo fianco destro.

"Sta tranquilla, non è mortale. Potrebbe solo metterti fuori gioco per un po'."

Le voci cominciarono ad arrivarle confuse, la stanza le vorticava tutta intorno dandole un leggera nausea. Si accasciò inerte sul tavolo, era vigile ma non riusciva a muovere un muscolo. Sentì delle mani toccarle il viso, poi il collo e scendere fino alle cosce. Avrebbe voluto piantarli i tacchi a spillo nel cranio però era troppo debole.

"Se provate a toccarla di nuovo vi uccido uno ad uno"
L'ombra possente di Jin venne proiettata sul corpo esile di (Nome), tra le mani stringeva un coltello a doppio taglio.

"Stavamo solo scherzando, amico" si difesero i ragazzi ridendo, per nascondere la paura che quel ragazzo trasmetteva loro.

"Meglio per voi"

Il giovane buttafuori prese in braccio la ragazza e si allontanò senza degnarli di uno sguardo, doveva riportarla a casa. Era stata una fortuna che il suo turno fosse appena finito e che fosse rientrato per salutarla.

Uscì dal locale con tutti gli sguardi puntati addosso, l'aria fredda della notte li investì in pieno facendo risalire piccoli brividi sulle spalle scoperte di (Nome) che pian piano stava ricominciando ad avere il controllo dei propri muscoli. Il senso di annebbiamento, simile a quando si bevono troppi drink di seguito, non l'aveva ancora abbandonata.

Non era la prima volta che Jin la riportava a casa dopo una nottata passata al bar, molte volte avevano bevuto insieme quando il suo turno era ormai finito e parlato per ore, condividendo opinioni ed esperienze.
Raggiunse la casa della ragazza camminando in silenzio, chiedendosi il perché lei avesse deciso di tornare nel suo locale così all'improvviso.

"Ce la faccio da sola" esclamò lei rimettendosi in piedi non appena si accostarono alla porta di legno rossiccio. "Grazie per tutto, Jin"

La scrutò poco convinto.
"Stai sanguinando" sentenziò, indicando con un gesto del capo il fianco che (Nome) stava cercando di tamponare con una mano.

"Sono sopravvissuta a cose peggiori. Buonanotte"

Jin non ebbe nemmeno il tempo di rispondere che la porta gli venne richiusa in faccia. Non se la prese più di tanto: era fatta così.

Non appena il familiare ambiente della sua abitazione l'avvolse i suoi muscoli si rilassarono completamente, gettò le scarpe accanto all'ingresso e barcollò verso le scale.

"Stupido veleno" gemette, sia per il dolore del morso sia per i suoi riflessi drasticamente rallentati.
Fu allora che notò una figura seduta sul divano del salone con la testa fra le mani.

"Dabi!"

Cercò di slanciarsi verso di lui ma come previsto le ginocchia le cedettero e rovinò drasticamente sul pavimento. Si lamentò rumorosamente, il sangue stava sgorgando ancora più veloce dalla ferita. Un paio di scarpe di pelle entrò nel suo campo visivo, si girò di schiena: il volto preoccupato di Dabi incombeva su di lei.

"Che cazzo è successo? Chi è stato?" cominciò ad alterarsi.
L'agguantò da sotto le ascelle e la rimise dolorosamente in piedi.

(Nome) si accasciò sul suo petto.
"Mi dispiace tanto!" singhiozzò, il veleno aveva inibito ogni suo imbarazzo.

La prese in braccio, le vertebre sporgenti di lei gli premevano contro i palmi delle mani, il suo profumo di talco e lavanda gli riempì le narici.
Arrivati in camera sua adagiò gentilmente il corpo della ragazza sul letto perfettamente in ordine; con le dita tremanti abbassò la zip del vestito rosso e glielo sfilò facendo attenzione a non farle troppo male.
La visione del profilo di (Nome) coperto solo dall'intimo fu come un pugno allo stomaco. Era perfetta, troppo perfetta per il mondo in cui l'aveva trascinata.

Due buchi paralleli le attraversavano la vita sottile, il rosso del sangue sulla sua pelle sembrava come petali di rosa abbandonati sulla neve appena caduta.

Corse in bagno per prendere tutto l'occorrente e cominciò a disinfettare la ferita con un batuffolo di cotone, poi gliela fasciò delicatamente con una garza bianca.

"Vieni più vicino" mormorò lei e Dabi non poté fare nient'altro se non piegarsi al richiamo della sua voce.
Il corpo di (Nome) si incastrò perfettamente con quello del ragazzo, come se fosse stato creato apposta per lui.

Le piccole mani della ragazza risalirono sul suo petto ampio fino a fermarsi sulle guance. L'immagine di Dabi si sovrappose a quella di Katsuki, di Shoto e poi di Kirishima. Non riusciva più a capire chi avesse davanti.

"Dovresti davvero fermarti" l'ammonì, conscio del fatto che poi non sarebbe più riuscito a fermarsi.

"Non... lasciarmi..."

Il suono della sua voce, il suo profumo, la sua pelle morbida, tutto di lei gli dava alla testa.

Era come una droga, senza possibilità di astinenza.

Le labbra di Dabi trovarono quelle di (Nome) come se fosse la cosa più naturale del mondo. Dopo tanti anni che le era stato accanto finalmente si sentì pieno, completo; aspettava quel momento da così tanto tempo che non si era nemmeno accorto di quanto lo desiderasse.

Le lingue si scontrarono in un'unica danza armoniosa, (Nome) si aggrappò con forza ai capelli neri di Dabi, mentre lui vagò con le mani su ogni centimetro di pelle libera.
Gli sembrava un sogno, un sogno irrealizzabile.

Si sfilò la maglia scura lanciandola sul pavimento, poi trascinò il corpo della ragazza sopra il proprio invertendo le posizioni. Trovò alla cieca il gancetto del reggiseno di pizzo nero, un attimo dopo anche quello era sul pavimento.
(Nome) scese con le labbra sul petto di lui e cominciò una lunga tortura fatta di baci leggeri e morsi laddove la pelle non era deturpata dalle cicatrici.

"Dovremmo fare attenzione, sei ferita" la fermò prendendola per le spalle, nonostante quello che stava accadendo per lui la cosa più importante in quel momento era proteggerla.

"Guastafeste" mugugnò lei sporgendosi di nuovo verso le labbra di Dabi. Le sembrava di galleggiare in una nuvola, tutti i suoi sensi erano ovattati e ampliati allo stesso tempo.

D'altronde era quello lo scopo del veleno che quel ragazzo le aveva iniettato nel corpo con il suo quirk.

"Va bene, ma vedi di non muoverti troppo o riprenderai a perdere sangue"

Continuò a baciarla fino a che non ci fu più niente a separare i loro corpi accaldati. Erano una persona sola, perché Dabi sapeva che qualunque cosa sarebbe successa da quel momento in poi lei sarebbe rimasta per sempre una parte di sé.

La mattina arrivò presto.

(Nome) si ritrovò stesa nel suo letto con indosso una delle maglie enormi di Dabi, il fianco fasciato a dovere e un vuoto nel punto in cui lui era stato steso per tutta la notte.

L'effetto del veleno era sparito e con quello anche tutti i ricordi posteriori al morso del serpente, rimpiazzati da un forte mal di testa.

Si alzò da letto stiracchiandosi.
"Che strano sogno che ho fatto stanotte" disse fra sè e sè.
Poi scese ignara a prepararsi la colazione.

𖠄 *ೃ skip time 𖠄 *ೃ

La mattinata era passata con (Nome) che sonnecchiava tra una lezione e l'altra. Per fortuna aveva avuto il tempo di passare da Revovery Girl per recuperare una pillola per il mal di testa e farsi guarire del tutto la ferita al fianco.

Finalmente era arrivata l'ora di pranzo, non ce la faceva più a starsene seduta in aula ad ascoltare Aizawa che parlava delle equazioni di secondo grado.

Quel giorno il suo tavolo era più affollato del solito.

"Sapete, io dico tutto quello che
penso e mi sono fatta un opinione su
ognuno di voi" Tsuyu ruppe il silenzio che si era creato da quando si erano seduti con i loro vassoi stracolmi.

Era una ragazza bassa con l'aspetto simile ad una rana. Aveva lunghi, scuri capelli che legava con una specie di fiocco dietro alla schiena, occhi molto grandi e delle ciglia inferiori particolarmente lunghe.

"Ah si?" chiese (Nome) curiosa, aveva sempre amato le persone dirette.

La ranocchia si girò verso Izuku, che era seduto accanto ad Ochaco.
"Tu, per esempio, hai un quirk che mi ricorda molto quello di All Might"

(Nome) spalancò gli occhi, come aveva fatto a non pensarci prima.

'In effetti per molti versi sono simili'

"Aspetta Tsuyu" la interruppe Kirishima dal fianco di Bakugou. "Possono sembrare simili ma c'è un'enorme differenza: All Might non si fa male quando lo usa, Midoryia invece si. Ricordo quando si è rotto un dito al test di Aizawa del primo giorno."

"V-vero" balbettò l'interessato.

'Entrambi hanno un quirk di
potenziamento che da loro una
forza disumana, solo che entrambi hanno reazioni differenti al suo utilizzo. Quindi non può avere lo stesso Quirk di All Might, è impossibile. A meno che... non sia lui l'eroe che gli ha prestato i suoi poteri. Però perché l'eroe numero 1 dovrebbe rinunciare a parte della sua forza? Chi lo farebbe?' Riflettè.

"Però dev'essere forte
avere un quirk semplice come il
potenziamento. È spettacolare e
si possono fare tante cose! Invece il mio indurimento non è nulla di che" continuò il rosso chinando la testa abbattuto.

"Non è vero! Io lo trovo fortissimo e tra i professionisti si usa
parecchio" lo rassicurò il verde.

"Tra gli spettacolari ci sono anche i quirk di Bakugou e Todoroki. Però anche quello di (Nome) è fantastico" s'intromise Mina.

"Vero! Puoi apparire ovunque ed essere silenziosa come un'ombra, sembri una supereroina dei fumetti" le disse Kaminari ammirato dal posto di fronte al suo.

"Sto cercando di ampliare il mio quirk, ho provato a teletrasportare anche degli oggetti separati dal mio corpo. Ma per ora mi sono limitata a cose piccole e inutili in battaglia" spiegò.

"Sul serio!? Se vuoi posso darti una mano ad allenarti qualche pomeriggio e in cambio potresti farmi usare quella bellissima vasca idromassaggio che ho intravisto a casa tua" scherzò Ochaco.

"(Nome) lascerà sicuramente il segno nel suo pubblico, credo diventerà molto popolare tra gli Hero" si intromise Tsuyu posandosi un dito sul mento.

"Grazie..."
Quella frase era molto equivoca dal suo punto di vista.

"A differenza di Bakugou, col carattere che si ritrova non
diventerà molto popolare" continuò, evidentemente senza pensare alle conseguenze.

"COSA!? OVVIO CHE LO
DIVENTERÒ! ANZI SARÒ IL MIGLIORE, STUPIDE COMPARSE!" urlò il porcospino alzandosi dalla sedia accanto a quella di (Nome), che dovette trattenerlo per una spalla.

"Come pensavo" esclamò la ragazza rana.

In effetti non aveva tutti i torti: per essere un Hero bisognava saper conquistare la fiducia delle persone, e Katsuki in quello non era proprio bravo.

"Ci conosciamo da qualche settimana, ma abbiamo già chiaro che hai un carattere di merda" disse Kaminari, sottolineando la propria frase con un gesto della mano.

"CHE CAZZO HAI DETTO, PIKACHU TAROCCO? TI FACCIO ESPLODERE!"
Katsuki sfuggì dalla presa di (Nome) e si stese sul tavolo per afferrare il ragazzo seduto dal lato opposto, che si ritrasse terrorizzato.

(Nome) scoppiò a ridere.
"Dopo questa ti sposerei, giuro"

"Davvero?" Kaminari aveva gli occhi che gli brillavano, si era persino dimenticato del porcospino che voleva ucciderlo.

"No" rispose lei con un sorriso smagliante. "Non sposerei nessuno di voi, specialmente questo qui" concluse, ammiccando a Katsuki.

"VALE LO STESSO PER ME, VAMPIRA!"

"Ma perché devi sempre urlare? Benedirò il giorno in cui avrai mal di gola" Alzò gli occhi al cielo.

"CAZZO VUOI!?"

"Ti prego, finirà per far saltare in aria la sala pranzo" la riprese Izuku con le mani fra i capelli.

"Che finezza..." commentò Momo con la testa abbandonata sul palmo aperto.

"Adoro queste scene, (Nome) sa proprio come tenergli testa" rise Ochaco addentando un onigiri.

"TI FACCIO SALTARE IN ARIA
FACCIA TONDA!"

In quel momento Todoroki fece la sua comparsa vicino al loro tavolo.
Si rivolse a (Nome). "Cosa gli hai detto questa volta?"

Lo guardò corrucciata.
"Non ho cominciato io!"

"Farò finta di crederti" disse scettico.

"Ma-"

"CHI HA MANGIATO LE MIE PATATINE!?" Li interruppe il biondo guardando i suoi compagni uno ad uno.

(Nome) scattò in piedi.
"Devo andare... ho dimenticato una cosa in aula" disse casualmente.
Arrivò a metà stanza.

"FERMA LÌ!"

'Oh cazzo'

Girò la testa di centottanta gradi.
"ERA L'ULTIMA PORZIONE RIMASTA"
Poi scomparve.

"(NO-MEEE)!"

Spazio autrice:

Mi dispiace tanto per la mia lunga assenza, ma da quando ho cominciato a pubblicare questa fanfiction sono successe parecchie cose nella mia vita e il tempo, come la voglia di continuare, sono andati scarseggiando. Sono molto affezionata a questa storia, così come ai personaggi, quindi prometto che continuerò fino alla fine.

Ho cominciato l'università e, apparte questo, anche la mia vita sentimentale è stata un casino; non so quanto la cosa possa interessarvi, ma per me è stato un periodo abbastanza surreale.

Chiusa questa piccola parentesi personale, sono contenta di aver dedicato questo capitolo al nostro fiammifero preferito; sentivo di averlo messo troppo da parte ultimamente e, mi spiace dirlo, sarà così anche in futuro. Ma non disperate, lui continuerà a far sentire la propria presenza.

Chiudo il mio piccolo angolino con un emoji ben precisa: 😏.

Vi adoro.

~Ale💕

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