Capitolo 37

"Quel passato che ti porti dentro sarebbe capace di far cadere anche il più forte"

Era quello che le aveva detto Dabi in una di quelle notti che avevano passato insieme sotto le coperte.
A parlarsi, a sfiorarsi, a donarsi teneri baci, mentre tutto il mondo attorno a loro scompariva lentamente.

Aveva vissuto quegli ultimi anni della sua vita all'insegna della vendetta; voleva far pagare i colpevoli della morte di sua madre, e per farlo aveva lasciato scappare qualsiasi emozione. Si era resa fredda, spietata, crudele.

Ma ora, dopo tutto ciò che aveva vissuto al fianco dei ragazzi della U.A., le era impossibile barricarsi di nuovo in quel muro che si era costruita attorno.

Era arrivata la resa dei conti, l'assassino di Mitsuko era davanti ai suoi occhi e finalmente poteva porre la parola fine a quel tripudio di sofferenza e senso di colpa che l'aveva accompagnata da innumerevoli mesi. Si era sempre aspettata che in quel momento avrebbe provato una rabbia cieca, eppure, faccia a faccia con il suo nemico, l'unica cosa che riusciva a percepire era un senso di vuoto.

La vecchia sé non avrebbe esitato un attimo a squarciare la gola a quell'uomo, ma la (Nome) che voleva diventare un'Eroina non avrebbe più potuto uccidere a sangue freddo.
Voleva capire, capire perché lui aveva ucciso Mitsuko, capire perché la voleva a tutti i costi, capire perché si era spinto a tanto per il potere che le apparteneva.

"Ci sono tantissime domande che vorrai farmi. Non è vero, (Nome)?"

La voce dell'uomo era calda e leggermente roca, ma dietro quella facciata nascondeva una nota di sadico divertimento impossibile da non notare. Fece un passo verso di lei, le loro chiome candide erano come chicchi di luce in mezzo all'oscurità.

"Chi sei?"

Riusciva a percepire solo il lieve tremore della propria voce e i battiti accelerati del cuore, persino i rumori della battaglia tra All Might e All for One le apparivano attutiti.

"Mitsuko non ti ha parlato di me? Sono ferito" disse con un finto tono addolorato. "La mia sorellina è stata davvero egoista nei miei confronti"

(Nome) perse un battito al suono di quelle parole, era certa che sua madre fosse figlia unica. Puntò un dito verso l'uomo. "Tu... tu menti" esclamò con decisione.

"Ma davvero?" rise lui, "non noti la somiglianza tra noi due? Stessi capelli, stesso sguardo freddo, stessa disposizione alla violenza-"

"TACI! Dio, quanto può essere irritante la tua voce!"

Ed eccola là, la rabbia.

"Stessa lingua tagliente-"

"Smettila..."

"Stessa tendenza a tradire chi ci vuole bene-"

"BASTA!"

Gli si avvicinò a grandi passi, uno sguardo di avvertimento negli occhi cremisi, allungò un braccio con l'intenzione di afferrarlo per il colletto della felpa e... dovette bloccarsi di colpo.

Una fila di quattro lame affilate come rasoi era puntata contro il suo collo, il bacio del freddo metallo le sfiorò dolorosamente la pelle.

"Sei testarda proprio come lei. Vorrei soltanto ricordarti com'è andata a finire quella notte"

La sfida celata dietro quelle parole la fece ribollire ancor più di rabbia.
Il braccio di suo zio era teso nella sua direzione, la base delle lame che uscivano dalle nocche della mano era insanguinata. Non doveva essere affatto un quirk piacevole.

Ringhiò, incurante del rivolo di sangue che le aveva attraversato il collo ed era scomparso nella scollatura della maglietta.

"Cosa diavolo vuoi da me?" disse fra i denti, il terreno attorno a loro due cominciò ad incrinarsi e spaccarsi in più punti, con un rumore simile al rombo di un tuono.

"Il potere che possiedi era destinato a me. Non a Mitsuko né a nessun altro"
La luna argentea si rifletteva nelle sue iridi celesti, dando loro una sfumatura metallica.

"Non credo di capire, i quirk non possono essere passati da una persona all'altra"

'Almeno non tutti' aggiunse nella sua mente, ripensando ad Izuku.

"Infatti. Ma il tuo non è un quirk come gli altri" Le girò attorno, sistemando meglio le lame contro il suo collo, la voce dell'uomo le giunse da dietro. "Si tramanda da generazioni, ed ognuna di quelle può vantare un unico discendente con quel particolare potere. Questo non si tramanda geneticamente... è più una questione di anima. In altre parole, è il quirk stesso a decidere in chi manifestarsi"

"Deve esserci stato un errore allora" dichiarò, un lieve sorriso sulle labbra. "Perché un potere così grande avrebbe dovuto scegliere una persona come me? Sono inaffidabile, creo casini ovunque vado, sono persino entrata nell'Unione per un desiderio di vendetta. Se avesse dovuto scartare una persona nella nostra famiglia, quella dovevo essere io"

"Ti sbagli"

Sussultò, suo padre era appena apparso da dietro un mucchio di detriti. Indossava gli stessi vestiti di quando lo aveva lasciato a casa, una vecchia maglietta scolorita e un paio di jeans bucati sul ginocchio - non per moda, ma a causa di un incidente avuto con delle sostanze chimiche durante la costruzione di un support per un Pro Hero della zona.

Doveva essersi unito alla spedizione di Eroi che aveva attaccato la base segreta dell'Unione, era l'unica spiegazione. Non avrebbe potuto sapere il posto preciso in cui (Nome) era diretta.

"È facile essere buoni quando tutto ti è servito su un piatto d'argento, ma lo è di meno quando ogni cosa intorno a te fa di tutto per farti perdere le speranze, per farti credere che non c'è nessuno per cui vale la pena sforzarsi. La tua forza, ciò che ti rende speciale, è il fatto che non ti arrendi mai"

Si mosse verso di loro, senza staccare per un attimo gli occhi da quelli della figlia.

"Hai continuato a lottare per difendere la memoria di tua madre e il tuo essere qui, in questo istante esatto, dimostra che non hai esitato un secondo a venire a salvare le persone a cui tieni. È questo che la tua Unicità ha visto in te"

Nonostante il modo in cui lo aveva trattato prima di partire, Togai l'aveva raggiunga e ora la stava difendendo.

"Papà... tu non avresti dovuto seguirmi. Non sei un Pro Hero, è pericoloso" gemette, gli occhi liquidi e spalancati. Non sentiva più le lame posate contro la propria gola, ogni singola cellula del proprio corpo le urlava di proteggere suo padre e la paura di vederlo ferito la faceva quasi impazzire.

"Tua figlia ha ragione, Togai. Anche perché avrei una gran voglia di terminare la chiacchierata che abbiamo avuto l'ultima volta che ci siamo visti"

Qualcosa le diceva che non intendeva esprimersi a parole. Con la coda dell'occhio scorse un bagliore argenteo, l'uomo l'aveva lasciata di scatto e si era gettato su suo padre come una tigre ad artigli sfoderati.

Il terreno sotto ai suoi piedi si incurvò come gelatina e ne inglobò metà del busto, lasciando libero soltanto petto e braccia.

"Non hai fatto i conti con il potere di mia figlia, Sosuke" lo ammonì Togai. Sebbene la situazione non era delle migliori, sembrava il tipico padre che si vanta con orgoglio della propria figlia.

"E lei non ha fatto i conti con i miei"

Le sembrò che il respiro le si fermasse a metà, come se i suoi polmoni fossero stati messi in pausa nel mezzo del loro movimento. La realtà perse la propria forma originale, incurvandosi e rimodellandosi, i colori caddero come pioggia e ne ricomparvero di nuovi, il suono si ridusse ad un ronzio per poi esplodere in un tripudio assordante.

Prese un enorme boccata d'aria. I contorni del parco in cui aveva incontrato Dabi per la prima volta si fecero nitidi: l'albero di ciliegio che ricopriva il verde del prato con un bellissimo tappeto rosato, l'erba soffice su cui amava stendersi per guardare le nuvole e il fischiettare allegro dei passerotti nascosti tra i rami degli alberi.

E poi eccola lì.

Una piccola figura accucciata in un angolo, con il cappuccio nero tirato sul volto e le braccia avvolte attorno alle ginocchia. Tremava, era però impossibile dire se stesse piangendo.

"Va tutto bene?"

Gli si avvicinò con cautela, il senso di déjà-vu sempre più radicato nella sua mente. Il silenzio da parte del ragazzo la spinse ad allungare una mano verso il suo viso.

Caldo. Un liquido caldo le ricoprì i polpastrelli. Lacrime, pensò.
Quando ritirò la mano, però, si lasciò andare ad un piccolo urletto di sorpresa: questa era ricoperta da un viscoso liquido rosso.

"C-cosa?"

Fece per allontanarsi, ma le fu impedito da un paio di braccia che la cinsero per i fianchi. Cadde di schiena sul prato, gocce di sangue caldo le scivolarono sul viso, dandole un leggero senso di nausea per il forte odore metallico.

Il cappuccio era scivolato all'indietro, di fronte a lei non c'era il giovane Dabi che si aspettava, al contrario, Shoto la guardava con un misto di paura e sbigottimento.

Aveva il viso macchiato di rosso, così come il suo collo, squarciato da quanto profondi tagli paralleli. Muoveva le labbra come se volesse dirle qualcosa, ma la voce non usciva, l'unica cosa che (Nome) percepiva era un inquietante gorgoglio, quello che si sente quando una persona sta soffocando nel suo stesso sangue.

Bolle d'aria risalirono fino alle labbra di Shoto, la guardava come se avesse di fronte un angelo, qualcuno capace di salvarlo in un momento come quello. Ma lei non ne era capace, lei poteva soltanto osservarlo morire sotto i propri occhi, impotente, inutile, senza speranza.

"S-Shoto..."

Gli accarezzò il viso, mentre questo perdeva lentamente il suo colore; il ragazzo le si accasciò contro il petto, il battito del suo cuore sempre più debole. Lo strinse a sé, accarezzandogli la schiena tremante, due lievi scosse e poi il nulla.
Le morì fra le braccia, senza che lei avesse potuto fare niente.

Un'ombra scura si stagliò sopra di lei, oscurando i raggi dorati del sole.

proprio vero che chi ti ama è destinato a morire. Che sia questo il tuo vero potere?"

Due occhi di ghiaccio, taglienti come il vetro e crudeli come il diavolo, la fissavano con soddisfazione.

"Svegliati, (Nome)"

"Aaaahhh... SHOTO!"

Era stesa a terra, la fronte imperlata di sudore e la vista offuscata. La luna piena brillava nuovamente sulla sua figura tremante; si sentiva intontita, stanca, come dopo una lunga dormita.
Si puntellò sui gomiti, combattendo il forte senso di vertigine, ci mise qualche secondo a mettere a fuoco la scena che aveva davanti.

"Ti piace il mio secondo Quirk?"

Sosuke era in piedi a pochi passi da lei, teneva suo padre per la gola e aveva le sue lunghe lame puntate contro la sua schiena.

"Si chiama nightmare e, come ti ho appena dimostrato, permette di far vivere al proprio avversario i suoi peggiori incubi. È stato divertente tormentare le tue notti negli ultimi mesi"

(Nome) strinse i pugni. "Eri tu. Sei sempre stato tu!"

"Non proprio, solo gli incubi più recenti. Gli altri erano frutto della tua mente. Devo ammettere che è stato abbastanza stupido continuare a vivere sempre nella stessa casa, ci ho messo pochissimo a trovarti"

Togai stava cominciando a perdere colore, forse per la mancanza di ossigeno.

"E come funziona questo tuo inquietante potere?" gli chiese, sperando di distrarlo quanto bastava per liberare suo padre.

"Mi basta che una persona sia nel mio campo visivo ed è fatta. Riesco ad assorbirne le paure e le preoccupazioni, e poi a condensarle in una specie di sogno ad occhi aperti. È molto più difficile farlo se la persona in questione è sveglia, ma ormai sono abbastanza bravo" si vantò con un sorriso sadico.

"Tornando a questioni serie. Ti sto proponendo uno scambio: la vita di Togai in cambio del tuo potere"
Strinse ancora di più la stretta, facendo boccheggiare l'uomo.
"Ti conviene sbrigarti a decidere, oppure sarà la seconda persona della tua famiglia che vedrai morire sotto gli occhi. In fondo sei una codarda, non è vero (Nome)?"

Fu un colpo basso.

Si era già autocommiserata per troppo tempo, per una volta era arrivato il momento di agire. Tutti gli incubi che aveva vissuto negli ultimi mesi le avevano mostrato tutti gli errori e i rimpianti della propria vita, per una volta voleva farseli scivolare addosso, voleva agire seguendo solo il proprio cuore.

"E tu sei troppo sicuro di te"

Successe tutto in un attimo: il terreno che si allungava e intrappolava le braccia di Sosuke con indistruttibili catene di roccia, suo padre che veniva trasportato da una gabbia di aria solidificata a distanza di sicurezza e il corpo di (Nome) che, dopo essere apparsa di fronte all'uomo, gli sferrava un potente calcio allo stomaco.

Sosuke si piegò in due, un fiotto di sangue schizzò le scarpe della ragazza, doveva avergli rotto una costola.

"Se credi davvero di poter uccidere un'altra persona davanti ai miei occhi, sei davvero un idiota" sibilò, uno scintillio le attraversò gli occhi mentre osservava la testa china dell'uomo. Non vedeva più l'ineluttabile assassino di Mitsuko, ma soltanto un uomo sconfitto dalle sue stesse azioni.

Lui provò ad alzare la testa nel momento stesso in cui un terzo rampicante gliela riabbassava verso il suolo, impedendogli così di utilizzare il suo quirk per una seconda volta.

Cominciò a tremare, la schiena scossa da ritmici sussulti che ben presto si trasformarono in una risata di scherno. "L'unica... l'unica idiota..."

Le parole erano spezzate dalle risate sempre più forti, risate che non trasmettevano nemmeno un briciolo di allegria, al contrario, un forte senso di ansia le attanagliò lo stomaco.
"...sei tu. O cielo--"

Sembrò ricomporsi all'improvviso, fece un profondo sospiro per calmarsi. "Sapevo che non avresti ceduto, si vede dai tuoi occhi che non sei la bambina spaventata di un tempo. Ma davvero, non ti sei neanche accorta di tuo padre che annaspa sul terreno..."

Le si gelò il sangue nelle vene, si girò con una lentezza che non le apparteneva, forse perché non voleva credere alle parole di quell'assassino.
Ma, come se il peggiore dei suoi incubi si fosse appena materializzato di fronte lei, Togai era steso supino, con le mani attorno alla gola e il sangue che zampillava tra le dita sottili.

Senza emettere nemmeno un suono, (Nome) apparve al suo fianco e si inginocchiò con la testa di suo padre contro il petto, la maglietta era scura e inzuppata di sangue. In quel momento si rese conto che, qualunque fosse stata la sua scelta, suo padre era destinato a morire in ogni caso.

La sua gola era già stata tagliata e il colorito pallido non era dovuta alla mancanza di ossigeno, bensì al dolore che stava provando.
Le si annebbiò la vista quando fissò gli occhi verdi di suo padre, già offuscati dalla morte imminente. Sembrò di tornare a due anni prima, quando aveva stretto allo stesso modo il corpo di sua madre morente.

Non era cambiato nulla.

Anche se ora non aveva più paura, anche se possedeva una delle Unicità più potenti sulla faccia del pianeta, anche se il colpevole di tutto era alla sua mercé, non era riuscita a salvare nemmeno lui.
Era corsa verso il pericolo, a testa alta, ma non era bastato. Era cresciuta, certo, aveva capito cosa volesse dalla propria vita, qual'era la cosa giusta da fare, però sembrava che il passato continuasse a perseguitarla.

Per quanto ci provasse, non riusciva mai a essere pienamente felice, c'era sempre quel qualcosa che finiva per trascinarla giù.
E ne aveva abbastanza, ne aveva fottutamente abbastanza.

"Mi dispiace, papà. Mi dispiace di non essere stata abbastanza forte da salvarti, mi dispiace per tutto. Per averti incolpato ingiustamente, per averti allontanato, per averti trattato come un estraneo. Non pensavo nulla di quello che ti ho detto l'altra sera..."
Dovette bloccarsi all'improvviso, la sua gola si serrò talmente forte da permetterle a malapena di respirare.

Groppo in gola.

Quella sensazione che arriva perché cacci via le lacrime, quando vorresti piangere, ma sei più forte e non lo fai.
Arrivarono a brillarle gli occhi, ma cercò di pensare ad altro per far sparire tutto, tutto tranne quella sensazione, la sensazione di impotenza che faceva solo rabbia perché così era e non si poteva far niente per cambiare le cose.

Sperò con tutta sé stessa che suo padre avesse sentito le sue parole, sperò che potesse perdonarla e che finalmente sarebbe riuscita a tagliare i ponti con tutto quel dolore, per cominciare quella vita che anche sua madre aveva rincorso con tutte le proprie forze.

Togai sollevò una mano verso il viso della figlia, il suo volto si sovrappose a quello di Mitsuko, poi fu come se la vita lo abbandonasse all'improvviso: gli occhi divennero vitrei e il braccio ricadde al suolo con un tonfo.

(Nome) avrebbe voluto urlare, piangere, abbandonarsi a quel dolore che le stava lacerando l'anima.

Ma non fece nulla di tutto ciò.

Sosuke urlò di dolore, fiotti di sangue fresco gli inondarono il viso, a partire dalle orbite vuote. Gli occhi erano esplosi improvvisamente, come palloncini gonfiati oltre il proprio limite, lasciandolo in un mare di oscurità e tormento.
Non poté vedere il corpo di (Nome) splendere nella notte, una cometa in un cielo privo di stelle.

Il suo era un cuore scheggiato.
Aveva sopportato troppo, ormai il danno era fatto e una parte di quel cuore era ormai perduta per sempre.
Le restava solo il rimpianto, e la rabbia, una rabbia così cieca da aver fatto sparire tutto il resto.

Si alzò, posando delicatamente il corpo di suo padre sul terreno, una cupola di aria solidificata lo circondò all'istante, proteggendolo da qualunque cosa avrebbe potuto fargli del male.
I suoi occhi erano rubini infuocati, l'unico accenno di colore nel bianco candido dei suoi capelli, che ora fluttuavano attorno al suo corpo come fili di luce.

Tutto ciò che la circondava sembrava sottostare al suo volere, l'aria che turbinava incessante, il terreno che si incrinava, spezzava e ripiegava ad ogni suo gesto, persino le cellule del corpo di Sosuke vibravano come scosse da una forza sconosciuta.
Ogni singola molecola rispondeva a lei, alla portatrice di quel potere che sembrava essere scomparso da secoli.

Il corpo di Sosuke venne sollevato a mezz'aria, un burattino nelle mani di (Nome), la testa china e gli arti abbandonati lungo i fianchi.

"Pagherai" Persino la sua voce sembrava non appartenerle. "Pagherai per tutto"

Dicevano di non far arrabbiare mai una divinità, beh, la cosa valeva anche per lei.

Si sentì uno schiocco, Sosuke volò per diversi metri prima di atterrare scomposto come una bambola rotta, la colonna vertebrale piegata in un angolo impossibile.
Non si muoveva, non provava nemmeno a difendersi o chiedere pietà, il senso di orrore che si era fatto strada nel suo petto lo aveva completamente immobilizzato.

"Dov'è finita tutta la tua sicurezza? Tutto il tuo orgoglio? Tutta la tua forza?" tuonò, sovrastando il fragore che la circondava. "Mi fai quasi pena. Ho davvero sprecato tutto questo tempo a cercare un tipo come te? Ti sei divertito a maltrattare una povera donna indifesa, immagino che ti abbia fatto sentire imbattibile... beh, ti svelo un segreto: sei soltanto un coglione invischiato in un'impresa più grande di lui"

Mentre parlava, lei lo aveva raggiunto ed ora lo teneva sollevato da terra grazie al colletto della maglia scura. Le palpebre chiuse nascondevano le orbite vuote, queste tremolavano di paura. "Ti prego..."

"Ora supplichi, eh? Perché dovrei avere pietà di colui che mi ha portato via tutto?"

Lo strattonò, portandoselo vicino al viso, l'odore nauseante del sangue le fece arricciare il naso. Sollevò l'altra mano, il metallo presente nel terreno si condensò attorno alle sue nocche, in una parodia del Quirk di Sosuke.

Ghignò soddisfatta. "Sarà divertente vederti morire per mano della tua stessa Unicità, nel modo in cui hai ucciso i miei genitori"

Si era ripromessa di non ucciderlo, di agire come un'Eroina, ma in quel momento nulla sembrava avere più importanza.

Si stupì quando le sue orecchie non captarono più alcun suono: si era talmente abituata al sottofondo della battaglia tra All Might e All for One da percepire il silenzio come qualcosa di ancora più assordante. A causa della barriera che si era creata intorno, infatti, nessun detrito aveva raggiunto il posto in cui si trovava.

"Aspetta!"

Di fronte a lei non c'era più la possente figura di All Might, bensì un uomo pelle e ossa da cui il costume da Pro Hero pendeva abbondantemente. Aveva il volto sporco di sangue e polvere, mentre i capelli gli pendevano flosci in due ciuffi ai lati del volto, un paio di pozze azzurre la guardavano con intensità.

"Vuoi davvero buttare via tutto ciò per cui hai lottato fino ad ora?"

Il corpo privo di sensi di All for One giaceva dietro di lui, la maschera spaccata metteva in mostra un volto deturpato da cicatrici, privo di occhi, naso e bocca. Il petto gli si alzava e abbassava impercettibilmente, segno che era ancora vivo.

"Non è vero che quell'uomo ti ha portato via tutto" continuò, ai lati degli occhi scintillarono delle lacrime. "Hai ancora i venti ragazzi della 1-A che ti vogliono bene, hai uno splendete futuro da Eroina davanti a te e la possibilità di mantenere intatto il ricordo dei tuoi genitori. Rendili fieri di te, fai capire loro che non sono morti invano"

Le posò una mano sulla spalla, le nocche sbucciate brillavano di scarlatto sotto la luce che non aveva ancora abbandonato il corpo di (Nome). Fu rassicurante, più di quanto potesse aspettarsi.

"Sono stato il primo a sostenerti quando la polizia voleva rinchiuderti a causa della tua collaborazione con l'Unione. E sai perché l'ho fatto?"

Lasciò la presa sulla maglia di Sosuke senza neanche accorgersene, questo scivolò sul terreno con un gemito di dolore. Le lame persero la loro forma affilata, sciogliendosi come gelato al sole e formando una pozza argentea ai piedi della ragazza.

"Perchè?" Le parole le uscirono a stento.

"Perchè ho visto in te la stessa forza di Mitsuko, la stessa volontà di salvare i deboli e gli indifesi. Hai abbandonato tutto e ti sei gettata a capofitto per salvare il giovane Bakugo. È questo che fa di te una vera Eroina, è questo che mi fa essere fiero di averti come studentessa alla U.A."

Le portò una mano dietro la nuca per stringerla in un abbraccio.

"Sei più forte di tutto questo, non compiere un errore che porrà fine ad ogni tua possibilità. Ti prometto che quest'uomo avrà la punizione che si merita, ma non è questo il modo"

La luce si spense pian piano, (Nome) si sentì come svuotata. Fu allora che le lacrime finalmente presero il sopravvento, inzuppando il costume logoro di quello che un tempo era stato All Might.

Lasciò che tutto il dolore uscisse come un fiume in piena, facendosi cullare tra le braccia sottili dell'ex Simbolo della Pace.
Ogni volta che aveva rischiato di crollare definitivamente, ogni volta che era caduta, c'era sempre stata quella persona pronta a confortarla.

Aveva capito che i veri Eroi non si riconoscono dai loro costumi sgargianti, ma dal modo in cui riescono a farti sentire al sicuro anche in mezzo alle rovine, sotto un cielo senza stelle. Quella notte, (Nome) aveva trovato il suo.

"Facciamolo insieme, ok?"

Le afferrò la mano, quella più piccola di lei stretta a pugno dentro quella di All Might.
L'elicottero dei media vorticosa attorno a loro, la ragazza si sorprese nel constatare che questo doveva aver ripreso tutta la scena. Magari tutti i suoi compagni la stavano guardando in quell'esatto momento.

Con uno slancio l'ex Eroe n°1 alzò entrambe le loro braccia verso il cielo, in segno di vittoria.

Mai più di quel momento (Nome) capì di essere finalmente libera, libera dalle catene del passato, libera dal rimpianto e dell'orrore, libera di vivere come una ragazza normale e di realizzare il proprio sogno.

Alzò la testa verso la telecamera che li stava riprendendo, ricacciò indietro le lacrime e sorrise, come mai aveva fatto prima di allora.
Nonostante la sofferenza per la perdita di suo padre, nonostante la paura di ciò che l'attendeva al suo ritorno, decise di prendere esempio dall'uomo che le stava accanto.

Sarebbe andato tutto bene, adesso lo sapeva: lei era Red Dhalia, l'eroina scarlatta.

Tra qualche anno tutto il mondo avrebbe conosciuto il suo nome, ne era certa. In quel modo l'eredità dei suoi genitori non sarebbe andata perduta, ma avrebbe continuato a risplendere attraverso di lei.

Le farfalle non possono vedere le loro ali, non possono vedere quanto sono straordinarie, ma tutti gli altri sì.
Le persone sono come loro, dopotutto, hanno sempre bisogno di qualcuno che gli faccia ricordare quanto sono importanti.

(Nome), per fortuna, aveva trovato quel qualcuno, quel ragazzo che le aveva permesso di conoscere la vera sé stessa.

Aveva un cuore scheggiato, ma adesso questo batteva per qualcuno.

Giurò di farglielo capire il prima possibile.

Fine


Spazio autrice:

Non ci credo. Siamo arrivati a questo punto, quello in cui si scrive quella singola parola composta da sole quattro lettere, ma che forse ha uno dei significati più profondi che possano esistere.

Fine.

Significa che qualcosa è giunto alla propria conclusione, qualcosa di bello o di brutto, ma soprattutto, che qualcosa di nuovo è pronto a cominciare. In questo caso però, l'unica cosa ad essere finita è l'avventura della nostra cara (Nome).

Devo ammetterlo, in un primo momento volevo davvero concludere la storia in questo modo. Ormai l'assassino e le sue motivazioni sono state scoperte, la protagonista può finalmente vivere la vita che voleva e non c'era più nient'altro da aggiungere.

Però poi avrei dovuto lasciare questa sorta di "finale aperto", in cui non viene specificato il ragazzo che lei ha scelto. E la cosa mi faceva schifo.

Quindi buone notizie.

Ho deciso di scrivere quattro finali alternativi, ognuno dedicato ad uno dei ragazzi che avevano perso la testa per la nostra Eroina. Spero che la cosa sia di vostro gradimento.

Detto questo, non voglio commentare quest'ultimo capitolo perché credo che non ce ne sia bisogno. Anzi, se volete, potete farlo voi, proprio qui.

[Giudizi sulla storia]

Alla prossima (questa sarà l'ultima volta che lo scrivo, sigh).

~Ale💕

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top