Capitolo 19
'Darei il possibile pur di poter appoggiare un'ultima volta il mio viso sul tuo soffice e delicato maglione.
E sentire il tuo dolce profumo, oramai svanito, insieme ai tuoi incredibili sogni e alle tue povere speranze. Suoni e immagini a cui non ho mai fatto caso, e che ora si dimostrano incredibilmente necessarie.
Quanto mi manchi, eppure sei irraggiungibile. Vivi unicamente nel mio cuore.'
(Nome) posò la cornice che circondava una foto di sua madre, quella scattata il giorno del diploma alla Yuei; dopo aver scoperto del passato di Mitsuko, aveva fatto un giro in soffitta per fare delle ricerche e - tra la polvere e vecchi scatoloni - aveva trovato delle fotografie scattate quando lei aveva circa la sua età.
Una di queste l'aveva colpita particolarmente: sua madre, bellissima nel suo vestito azzurro pastello, stringeva tra le mani la carta del suo diploma. Aveva un ampio sorriso e, al suo fianco, tenuto a forza da un braccio, risaltava la figura burbera del professor Aizawa.
Non era cambiato poi molto in tutti quegli anni, i capelli erano leggermente più corti, ma tutto sommato lo sguardo annoiato e gli occhi scuri come il carbone erano rimasti gli stessi. Il sensei aveva ragione a dire che (Nome) assomigliasse moltissimo a sua madre, se qualcuno avesse visto quella foto di sfuggita di certo le avrebbe confuse - apparte per il colore dei capelli, che era diametralmente opposto.
Sbuffò, notando il lavello della cucina ancora pieno di piatti sporchi, era dal pranzo del giorno precedente che si ripeteva che dovevano essere lavati, però ogni scusa era buona per rimandare. Si avvicinò con studiata lentezza, come se quelli potessero saltarle addosso da un momento all'altro.
Cominciò a caricare la lavastoviglie, quando si accorse con orrore che non ci sarebbero mai stati tutti e che le sarebbe toccato lavarne una buona metà a mano.
Aprì l'acqua calda, facendola scorrere sulle dita, ben presto l'odore acre del detersivo al limone le pizzicò le narici.
Mentre lavorava meccanicamente la sue mente ritornò alla confessione fatta a Shoto, erano passati un paio di giorni da allora e la festa organizzata nel weekend prima dello stage si stava avvicinando. Lui le aveva chiesto di non pensarci per il momento, avrebbero trovato una soluzione dopo l'apprendistato.
Ogni volta che tornava da scuola, la prima cosa che faceva era liberarsi da quella scomoda uniforme munita di gonna e di quel pezzo di stoffa rossa che era la cravatta. Col passare del tempo aveva finito per odiare di più la seconda, in quanto ogni volta che girava la testa aveva la sensazione che questa la strangolasse. Alla fine si era decisa a portarla allentata di qualche centimetro, in modo tale da poter sbottonare il primo bottone della camicia.
Quel giorno, particolarmente caldo a causa del cielo limpido, indossava una semplice culotte nera e una canotta azzurra che le lasciava scoperto un lembo di pelle sui fianchi. Era sola in casa, quindi avrebbe potuto permettersi di girare anche nuda.
O almeno credeva.
"Alla fine ti sei decisa a dare una sistemata alla cucina, stavano per nascere dei funghi tra le pentole nel lavandino"
Una voce roca le solleticò il collo. Si sentì afferrare per i fianchi e premere contro il lavandino, la sua schiena poggiata contro un addome tonico.
"Non dovresti essere a 'lavoro', se così si può chiamare?" disse irritata, dopo aver rischiato di gettare acqua e schiuma da tutte le parti a causa dello spavento. Un paio di piatti giacevano ancora sporchi nel lavabo di metallo.
"Mh mh... anche se questa visione mi alletta di più" Lo sentì strusciarsi contro il proprio sedere. "Vai sempre in giro per casa vestita così? In tal caso dovrei passare più tempo da queste parti" ribatté, senza rispondere alla sua domanda.
"Dabi" lo richiamò, continuando quello che stava facendo. "Se sei qua per darmi fastidio puoi anche andartene, sono impegnata"
Le dita del ragazzo si intrufolarono sotto la maglia, (Nome) sentì il proprio corpo irrigidirsi a quel contatto diretto.
"Come siamo freddi oggi... se vuoi posso aiutarti a scioglierti un po'..." mugolò, risalendo lungo il suo busto snello, si fermò solo quando raggiunse il seno destro.
"Non porti il reggiseno?" ridacchiò contro la sua spalla.
(Nome) posò l'ultimo piatto ad asciugare sullo scolapiatti accanto al lavello, cercò in tutti i modi di mantenere la sua voce ferma.
"Non puoi capire che tortura sia averlo a casa, non puoi neanche buttarti sul letto di pancia senza che quello ti trafigga lo sterno con i suoi ferretti micidiali-"
Si bloccò di colpo sentendo l'indice di Dabi sfiorarle il capezzolo.
Gli afferrò il braccio allontanandolo da sé, cosa che le risultò alquanto complicata visto che le mani le tremavano e si sentiva le gambe di gelatina. Da quando lui le trasmetteva sensazioni del genere?
"Non vuoi cedere, eh?" chiese, piantandole al contempo i denti nella spalla scoperta, si aggrappò al ripiano della cucina tenendola ferma solo con il peso del proprio corpo.
"Avevi detto una sola notte"
Cercò di liberarsi, fallendo miseramente visto che le proprie forze sembravano averla abbandonata del tutto.
"Avevo anche detto che me ne sarei andato se tu me lo avessi chiesto... ma eccomi qua"
Infranse per un attimo il contatto con la sua pelle per risponderle, poi tornò con le labbra sul suo collo.
La sua mente venne riportata inesorabilmente a quella notte, quando era stata debole di fronte a quelle iridi turchesi, quando era diventata creta nelle mani del ragazzo.
Con uno scatto la fece voltare e, prendendola per le cosce la fece sedere sul bordo del ripiano, le loro teste si ritrovarono alla stessa altezza.
"Dì la verità (Nome), non riesci a toglierti dalla testa quello che hai provato in quella vasca da bagno"
Le accarezzò la pelle delle gambe con una delicatezza che la fece andare fuori di testa. "Il tuo corpo mi desidera, tu mi desideri..."
La sua voce era come miele, le faceva perdere il contatto con la realtà e dimenticare il mondo che la circondava. Era un'attrazione puramente fisica, perché sapeva di non poterlo vedere in altro modo.
Non c'era alcun futuro per loro due.
Le artigliò i capelli strattonandole la testa all'indietro, il collo candido era a sua completa disposizione; passò la lingua, tracciando un percorso che andava dal punto in cui si univano le clavicole alla base del mento, (Nome) si aggrappò alla maglietta del ragazzo. Ormai aveva abbandonato qualsiasi resistenza.
Dabi, dal canto suo, se non poteva avere il suo cuore, si accontentava di possedere il suo corpo. La amava, e lei lo sapeva, però era conscio che per ora le cose non avrebbero potuto evolversi in alcun modo.
"Non senti caldo?~" fremette, riportando il viso della ragazza alla propria altezza, con l'altra mano afferrò il lembo della propria maglietta, sfilandosela con un unico movimento. Il suo fisico perfetto, nei punti in cui non era ricoperto dalle cicatrici, era tonico e snello, con i muscoli in bella vista.
Lei rimase lì. Ferma. Incapace di muoversi o anche di formulare un pensiero coerente.
"Mi sono stancato di fare tutto da solo, sai?" ringhiò infastidito, portando le mani sottili di (Nome) sul proprio petto. "Vedi di collaborare anche tu"
In quel momento la ragazza sembrò riscuotersi, lo guardò con un sopracciglio alzato. "Vorrei ricordare che mi stavo facendo i fatti miei prima che tu venissi a rompere le palle" ghignò, dandogli una leggera spinta con le mani ancora posate sui suoi pettorali. Ovviamente non lo spostò di un millimetro.
"Allora è questo il gioco che hai scelto..." Lasciò la frase in sospeso.
Gli enormi palmi delle mani di Dabi accolsero le sue natiche attraendola verso di sé, i loro bacini cozzarono provocando un gemito incontrollabile a (Nome). Si maledisse per avere così poco autocontrollo.
Le dita pallide della ragazza risalirono fino alle guance del corvino, c'era una domanda che la tormentava da quando lui era piombato nuovamente nella sua vita.
"Perché sei tornato? Perché dopo due anni?" chiese, sorreggendo il suo sguardo.
La fronte di Dabi incontrò quella di (Nome), ogni traccia di malizia aveva abbandonato il suo sguardo.
"Tu sai meglio di chiunque altro quanto mi pesasse vivere sotto lo stesso tetto di mio padre, vedere i miei fratelli maltrattati da quell'uomo senza poter fare niente"
Le accarezzò i fianchi, questa volta in modo affettuoso.
"Tu sei stata come un raggio di sole in mezzo alla tempesta: la speranza che magari le nuvole si sarebbero diradate e la pioggia avrebbe smesso di scendere. Il tempo che ho passato con la tua famiglia è stato il più bello della mia vita, dico davvero"
Le circondò il busto seppellendo il viso nell'incavo del suo collo, il profumo dolce della sua pelle lo mandò in estasi.
"Però non potevo continuare a dipendere da te, non sarebbe stato giusto" La sua voce divenne sottile, quasi disperata. "Avevo bisogno di trovare me stesso, prima di poter essere degno di starti accanto: è per questo che me ne sono andato. Non smetterò mai di ripeterti quanto mi sia dispiaciuto lasciarti da sola ad affrontare tutto quel dolore"
Gli accarezzò i capelli alla base del collo, notò una piccola ricrescita rossa. "Dovresti rifarti la tinta" scherzò, poi con voce più seria aggiunse: "Ti ho già perdonato, Dabi. Da quando sei tornato mi hai sempre aiutata e per questo ti ringrazio. Per quanto possa contare, anche se in futuro diventerò un Hero, non potrei mai rinunciare a te. Nessun'altro potrebbe sostituirti"
Afferrò il mento sottile del ragazzo con una mano, lo fissò per qualche secondo, poi lentamente fece combaciare le loro labbra. Fu soltanto un attimo, si accoccolò sul suo petto e si lasciò cullare dai battiti veloci del suo cuore.
Si rese conto che, anche ad occhi chiusi, avrebbe riconosciuto quella melodia anche tra un milione di persone.
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Fase prima del piano di Todoroki: 'comportati come se non fosse accaduto nulla'.
"Questo è un déjà-vu bello e buono!"
(Nome) si afflosciò sul pavimento della propria camera, di fronte all'armadio spalancato. Non le era mai importato un granché di vestiti, ma ora che frequentava ragazzi della sua stessa età quello era diventato un problema rilevante.
"Ehi, polpetta!"
Sollevò la fronte da terra, mettendosi seduta sui talloni. Dabi era in piedi accanto a lei, sevrastandola in tutti i suoi due metri di altezza.
"Da quando sei così allegro e incline alle battute?" chiese sbuffando.
"Chi non è allegro dopo una bella scop-"
Saltò in piedi come una molla, tappandogli la bocca prima che potesse terminare la frase. Il ragazzo indossava solamente i boxer e si era appena alzato dal letto, le cui lenzuola giacevano arrotolate a casaccio in un angolo della stanza.
"Per poco non mi scordavo della festa a casa di Todoroki per colpa tua!" esclamò guardandolo male.
In risposta la prese per i fianchi, (Nome) aveva addosso soltanto la maglia enorme di Dabi che le arrivava fino alle ginocchia. Si avvicinò al suo orecchio per sussurrarle: "Però non ti è dispiaciuto quando ho cominciato a strapparti i vestiti di dosso~"
Lei arrossì fino alla punta dei capelli, girò la testa di lato cercando di cambiare argomento. "In tutto questo, non so cosa mettermi"
"Per fortuna c'è il tuo caro Dabi"
Lo guardò interrogativa mentre lui si allontanava per frugare sotto il letto, si chiese cosa stesse cercando.
Poco dopo il ragazzo tornò con una busta nera in mano, gliela porse con un piccolo sorriso.
"Non è il mio compleanno"
Il corvino sbuffò sonoramente.
"Vedilo come un regalo arretrato dei due che mi sono perso"
Non avrebbe mai ammesso che il giorno precedente aveva ascoltato per caso una conversazione di (Nome) al telefono con una sua amica, per lamentarsi proprio riguardo a quell'argomento.
Quando era più piccola, (Nome) infatti preferiva mettersi sempre la sua felpa nera preferita, così non perdeva tempo a scegliere. Fu un trauma quando la bucò per sbaglio.
Dabi voleva soltanto fare un gesto carino. Non era nelle sue corde, lo sapeva, però quando aveva visto quel completo in una vetrina di un negozio di cui non ricordava il nome, durante una missione notturna, subito aveva pensato che sarebbe stato perfetto per lei.
La ragazza aprì la busta sospettosa, quando vide il contenuto però i suoi occhi si illuminarono. Già solo il fatto che contenesse unicamente il colore nero lo rendeva perfetto.
Tirò fuori i capi ad uno ad uno, poggiandoli sul letto sfatto, poi li osservò estasiata.
C'era una gonna a plissé, che in realtà era un pantaloncino, la stoffa infatti lo circondava interamente lasciandolo intravedere solo da un rettangolo al lato della gamba destra, dove una piccola fibbia le avrebbe circondato la coscia. Un top aderente, con un nastro che si avvolgeva intorno alla vita formando un incrocio, era abbinato a una felpa corta con il cappuccio dalla cerniera argentata. Infine un paio di parigine scure andavano dentro degli anfibi di pelle opaca con la suola di metallo e una zip centrale che terminava a forma di lametta.
Gli saltò - letteralmente - al collo facendolo barcollare all'indietro, allacciò la proprie gambe intorno alla sua vita snella e lo stritolò in un abbraccio. "UWAAA! È perfetto!" Strofinò il naso contro il collo di Dabi. "Grazie, grazie, grazie, grazie!" ripetè almeno un centinaio di volte, facendo ridere di cuore il ragazzo.
Ancora aggrappata a lui come un koala, lo guardò negli occhi sorridendo. Erano lucidi.
"Mi è sembrato quasi di essere tornata ai vecchi tempi... sai, quando aiutavi i miei genitori a scegliere i miei regali a sorpresa. Eri l'unico a sapere perfettamente cosa desiderassi... ancora non ho capito come fai"
Le accarezzò le cosce con i pollici, senza smettere di sostenerla contro di sé. "Facevo solo attenzione ai dettagli. Al modo in cui cambiava la tua espressione di fronte a qualcosa che vedevi di sfuggita in un negozio, come ti si illuminavano gli occhi quando puntavi un vestito che ti piaceva, o quando iniziavi a fare la vaga se ti chiedevo se ti piacesse la cosa che stavo indicando. A furia di starti vicino mi era venuto spontaneo notare certi cambiamenti"
La rimise a terra scompigliandole i capelli con una mano, era un gesto che faceva spesso da quando si erano conosciuti; data la sua altezza gli era più semplice dimostrare il suo affetto in quel modo, era come se dicesse 'ti proteggerò sempre dall'alto'.
"A volte mi sembra ancora di sentire la tua vocina che ripeteva il mio nome saltellando per casa ogni volta che varcavo l'ingresso" Il suo sguardo vagò per la stanza senza guardare qualcosa di particolare, addolcito da quei teneri ricordi.
"Toya..."
Quel nome suonò alieno sulle labbra di (Nome), non lo pronunciava da tempo; anche quando Dabi aveva cominciato a vivere da loro lo aveva usato pochissime volte. Aveva capito fin da subito quanto quello fosse doloroso per lui, per quel motivo aveva deciso di dargli un soprannome: Dabi, per l'appunto. 'Cremazione', come il suo quirk.
Il sorriso scomparve dalle labbra del ragazzo, serrò la mascella guardandola duramente.
"Non pronunciare quel nome" la sgridò afferrandole una spalla.
Il calore improvviso fece urlare (Nome), la quale fece un passo indietro spaventata. La maglia era bruciata nel punto in cui era entrata a contatto con il palmo di Dabi e la pelle sottostante leggermente arrossata.
"Cazzo!"
Si guardò le mani con aria colpevole, per poi far rimbalzare le iridi turchesi sul corpo della ragazza. "Mi dispiace, non volevo usarlo su di te-"
(Nome) fece un balzo per sottrarsi alle dita del ragazzo che cercavano di raggiungerla.
Dabi si bloccò, smise persino di respirare. "Hai paura di me?"
Non lo guardò in faccia, non ci riuscì. Strinse tra loro le mani per farle smettere di tremare, si morse il labbro mentre una singola lacrima le scivolava lungo la linea della mascella, fino al mento.
Scosse piano la testa.
"(Nome)..." Lo sentì avvicinarsi, lei sembrava un cucciolo ferito. "Guardami"
Era la stessa situazione di quando lui era tornato e (Nome) gli aveva urlato contro nell'ingresso di casa, rinfacciandogli il fatto che l'avesse abbandonata.
Anche questa volta non si mosse, evitò però di rispondere male; nella stanza tutto il buonumore sembrava essersi prosciugato, sostituito da un pesante velo di tristezza.
Sentì Dabi sospirare rassegnato, per poi lasciare la stanza nel più totale silenzio.
Sarebbe stato meglio litigare, almeno in quel modo si sarebbero guardati negli occhi. Quelli infatti non mentivano mai.
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Rimase a bocca aperta di fronte ai cancelli di villa Todoroki. Avrebbe dovuto aspettarsi un'abitazione del genere - l'Eroe n°2 Endeavor era conosciuto per lo sfarzo di cui si circondava - , però quella in cui si ritrovò superò di gran lunga ogni sua aspettativa.
Dalle sbarre del cancello di ferro battuto, posizionato al centro dell'alto muro di pietra chiaro che circondava l'abitazione, si poteva intravedere la villa a due piani. Un ampio lastricato da cui si dipartivano varie stradine di ciottoli, come le ramificazioni di un albero, collegava il punto in cui si trovava (Nome) all'ingresso della casa.
Il giardino era ben curato, l'erba perfettamente tagliata e un laghetto con le carpe risplendeva sulla destra; oltre questo vi erano degli alberi di ciliegio che spargevano sul prato i loro petali rosati, una sedia a dondolo di mogano con lo schienale intagliato e vari bonsai.
Guardò la punta degli anfibi, i vestiti che Dabi gli aveva regalato erano della sua taglia, si chiedeva come avesse fatto ad azzeccarla perfettamente.
Si lisciò la 'finta' gonna prima di suonare al campanello super tecnologico con tanto di telecamera inquietante.
Non capiva perché si sentisse così nervosa.
"Ehi, principessa! Finalmente sei arrivata!"
Riconobbe la voce vivace di Krishima, fece un sorriso in direzione dell'obbiettivo. Quando sentì il suono che annunciava l'apertura del cancello distolse lo sguardo e si fece largo verso la porta d'ingresso.
Vista da vicino, la villa era totalmente diversa dalla propria idea di abitazione. Per fortuna suo padre aveva scelto uno stile moderno ed occidentale per la loro casa, questa invece era totalmente in stile giapponese tradizionale. L'esterno era un alternarsi di tinte nere e marroni, mentre il tetto a punta e leggermente incurvato verso l'interno gli dava un'aria leggermente austera.
La porta venne aperta prima che lei potesse bussare, la testa rossa di Kirishima apparve all'esterno, accogliendola con uno degli adorabili sorrisi che solo lui sapeva fare.
"Mancavi solo tu, ci stavamo preoccupando"
Si accorse subito dall'espressione buia della ragazza che qualcosa non andava. "È successo qualcosa?"
Fino a quel momento non aveva riflettuto sul fatto che stava per entrare nella casa dove anche Dabi era vissuto.
'Hai paura di me?'
Il ricordo della voce tremante del ragazzo la colpì come uno schiaffo. Avrebbe dovuto sapere quanto doloroso fosse per lui ricordare il suo passato.
'(Nome)... guardami'
Non lo aveva fatto.
Lo aveva lasciato andare via senza neanche scusarsi: il suo dolore non era meno importante del proprio.
Si passò una mano sul viso, cercando così di cancellare ogni traccia della recente discussione. Sorrise.
"Non è niente, sta tranquillo"
Entrò nell'enorme ingresso rettangolare, lasciò gli anfibi nella scarpiera sulla sinistra, accanto a un paio di ballerine rosa che sicuramente appartenevano ad Ochaco.
Rimase solo con le parigine ai piedi.
Sentì il chiacchiericcio proveniente dal piano superiore, a quanto pare la festa era al secondo piano.
"Quindi... hai mantenuto la promessa?"
Lo guardò con un sorrisetto, aveva deciso che quella sera voleva soltanto divertirsi e lasciare fuori da quella mega villa ogni problema.
"Gin, sakè, vodka, vino... ho portato una vasta scelta" elencò, contandoli sulla punta delle dita.
(Nome) osservò la t-shirt con la scritta 'Crimson Riot' indossata da Kirishima.
Alla fine lui aveva scelto 'Red Riot' come nome da Hero per onorare il suo idolo, era stata una decisione che la ragazza aveva apprezzato: nonostante la responsabilità che si celava dietro quel nome Kirishima non si era tirato indietro.
"In tal caso, spero di riuscire a ritornare a casa sulle mie gambe stasera" scherzò, mentre con lo sguardo vagava sulle diverse pareti scorrevoli che tappezzavano l'ingresso, ognuna era decorata con un disegno diverso.
"In caso contrario..."
Il rosso passò un braccio sotto le sue ginocchia, sollevandola da terra, poi cominciò a camminare verso le scale che portavano al salone dove si sarebbe svolta la festa.
Più si avvicinavano e più le voci si facevano distinte, si aggrappò al collo di Kirishima mentre attraversavano un corridoio pieno di quadri dall'aspetto antico. Raggiunsero una porta scorrevole con sopra il disegno di un dettagliato drago giapponese dalle scaglie argento e blu cobalto.
"Che cazzo di fine ha fatto capelli di merda?" Riconobbero subito la persona che stava sbraitando dall'interno della stanza.
"Si sarà perso... la casa è grande"
La voce tranquilla di Sero riecheggiò attraverso la parete.
Dei passi pesanti attraversarono la sala. "E quell'altra vampira farà meglio a non dargli corda!"
"Si saranno fermati a fare cose sconce da qualche-" Mineta si immobilizzò sul posto quando la porta venne spalancata e una (Nome) infuriata fece il suo ingresso. Gli occhi - più rossi del solito - tremavano di rabbia e un'aura oscura circondava ogni centimetro del suo corpo.
"NANO PERVERTITO, SE TI PRENDO TI APPENDO AL SOFFITTO!" urlò a pieni polmoni, cominciando ad inseguirlo per tutta la stanza.
Questa era un ampio salone con vari divanetti e tavoli bassi, un camino scoppiettante e dei tappeti rosso scuro.
Mineta si nascose dietro Shoto che, ignaro di tutto, era appena tornato dal bagno. "Oh, finalmente sei arrivata"
(Nome) si fermò di scatto, fissando un punto alle sue spalle.
"Minoru Mineta" lo chiamò. "Chiedi scusa" Con le lacrime agli occhi il ragazzo uscì dal suo nascondiglio e cominciò a scusarsi chinato ai piedi di (Nome), mentre lei lo guardava soddisfatta.
Era calato il silenzio, tutti guardavano quella scena scioccati. Ancora non si erano abituati al temperamento della ragazza: in un certo senso sapeva essere persino peggio di Katsuki.
"Comunque hai proprio una bella casa Shoto" Il suo viso era passato in un millisecondo dalla modalità 'assassina' a 'sorriso adorabile', abbandonò Mineta ancora appallottolato sul pavimento per affiancarsi al bicolore.
"Grazie" rispose lui con un lieve sorriso, poi, dopo averla osservata dall'alto al basso, aggiunse: "Stasera sei davvero splendida"
Arrossì. I modi diretti del ragazzo la lasciavano ancora interdetta.
"Ora che finalmente ci siamo tutti che ne dite di accendere la serata?"
Un euforico Kaminari alzò un bicchiere di carta riempito da un drink trasparente.
"Fatevi avanti con le proposte!"
"Mettiamo un po' di musica?" propose subito Mina con entusiasmo, la sua maglietta fluo risaltava nella luce soffusa.
Kirishima tirò fuori delle casse bluetooth collegate al proprio cellulare e mise sù un pezzo rock. (Nome) nel frattempo si avvicinò al tavolino dove erano posate tutte le bottiglie per versarsi un bicchiere di sakè, buttò giù un lungo sorso. L'alcol le bruciò lungo l'esofago, rilassando istantaneamente tutti i suoi muscoli.
"Che ne dite se facciamo un gioco?" chiese timidamente Ochaco dal divanetto su cui stava chiacchierando allegramente con Izuku, Iida e Tsuyu.
"Bella idea!" esclamò Kaminari.
"Obbligo o verità sarebbe perfetto" continuò Mineta con un ghigno e lo sguardo trasognato, un po' di bava gli colava dal lato della bocca.
"Scordatevelo" disse secca Momo. "Stasera non finirò nuda in una vasca da bagno con uno di voi pervertiti o cose simili" Li guardò severa, incrociando le braccia sul suo vestito magenta.
"Sono d'accordo" (Nome) parlò, prima di buttar giù in un sorso il restante contenuto nel suo bicchiere. "Però avrei un'altra cosa in mente..."
Raggiunse il centro della sala, così che fosse visibile a tutti, poi spiegò le regole del gioco.
Ognuno di loro avrebbe avuto tre vite, corrispondenti a tre bicchieri di una bevanda a loro scelta. A turno da bendati avrebbero fatto girare una bottiglia, poi avrebbero dovuto indovinare la persona su cui si era fermata usando solamente le labbra.
Non era niente di troppo scandaloso, ma era al contempo adatto ad un party del genere.
"Ovviamente i ragazzi cercheranno di mantenere a freno i loro ormoni" Fece un sorriso diabolico. "Anche perché non saremo divisi per sesso, potrebbe anche capitarvi a tiro un Katsuki, per esempio. E a quel punto sarebbero cazzi vostri"
Le esclamazioni di assenso coprirono l'insulto che il biondo in questione le lanciò per la sua ultima frase.
Si sedettero tutti in cerchio sul pavimento di legno, sistemarono i bicchieri e la bottiglia, e come benda scelsero di usare la cravatta dell'uniforme di Shoto.
"Bene, vediamo chi inizia"
Kaminari con uno scatto del polso fece girare la bottiglia, il rumore del vetro che sfregava contro il legno fu l'unico udibile in quell'istante. L'oggetto pian piano perse velocità, fino a che non si fermò su una persona in particolare.
"Ojiro metti la benda"
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I bicchieri pieni erano diminuiti e varie persone erano state eliminate per diversi motivi - Iida si era rifiutato di continuare quel 'gioco peccaminoso', Mineta aveva 'per sbaglio' infilato la mano nella scollatura di Momo e altri avevano semplicemente sbagliato per tre volte di fila.
"(Nome) tocca a te"
La bionda fissò i due bicchieri ancora pieni davanti alle sue gambe incrociate, ancora non si capacitava di aver scambiato Ochaco per Mina, anche se a sua discolpa entrambe avevano un profumo dolce e la faccia leggermente rotonda.
Si legò la benda intorno agli occhi e a tentoni fece girare la bottiglia vuota, sperò ardentemente che le capitasse qualcuno con cui era in confidenza.
"Dov'è il fortunato?" domandò tenendo la testa fissa in avanti, visto che non vedeva nulla oltre i puntini verdi che vorticavano sotto le sue palpebre.
Un fruscio le fece capire che qualcuno si era inginocchiato accanto a lei, si girò stando attenta a non urtare i bicchierini di vetro. Un odore di colonia maschile le pizzicò le narici, delle mani forti le afferrarono i fianchi. Un ragazzo.
'Una stretta decisa, eh?' Pensò, cercando di capire a chi potesse appartenere.
Si sporse in avanti incontrando con le labbra una guancia liscia, resistette alla tentazione di allungare le mani verso il petto del ragazzo. Fece scorrere la bocca lungo la linea decisa della mascella, fino al mento appuntito, poi risalì, riconobbe un naso dritto e una ruga tra le sopracciglia aggrottate.
Un sospetto si fece strada nella sua mente, c'era un solo modo per capire se fosse fondato.
Scese con le labbra fino a trovarsi di fronte alla bocca dello sconosciuto, senza preavviso fece scontrare le loro labbra. La presa del ragazzo si fece più salda, le girò la testa quando, senza capire cosa stesse succedendo, si ritrovò con la schiena premuta contro il pavimento.
La lingua di lui le accarezzò il labbro inferiore per poi infilarsi con forza tra le sue labbra socchiuse, senza darle il tempo di produrre alcun suono.
La consapevolezza di averlo riconosciuto arrivò come un lampo a ciel sereno.
Chi poteva essere se non Katsuki Bakugou?
Spazio autrice:
Avevo voglia di scrivere un capitolo più "leggero", quindi una festa prima del tirocinio mi sembrava l'idea adatta. Anche perché la nostra povera protagonista ne vedrà delle belle nei prossimi capitoli.
Non saprei che altro dirvi perché il capitolo si commenta da solo.
Farò una semplice domanda.
Dabi o Shoto?
Diamo il via alla sfida!
Alla prossima.
~Ale💕
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