Capitolo 6

Allungo una mano per spegnere la sveglia del telefono e cerco di aprire gli occhi. Mi giro nel letto e lo prendo.

Sono solo le sei del mattino e io dovrei alzarmi per andare a lavoro...

Racimolo tutta la forza che ho e mi alzo.

Mi preparo una tazza di thè e inizio a sorseggiarla davanti alla finestra.

È ancora buio ma le strade sono già piene di auto...

Appoggio la fronte al vetro e sospiro.

Mi allontano dalla finestra e vado a prendere la mia vestaglia blu. Con ancora la tazza fra le mani esco anche io sul balconcino.

L'aria fredda mi colpisce subito il viso e le mani. Non ci faccio caso e mi appoggio alla ringhiera.

Le luci del palazzo di fronte iniziano ad accendersi e vedo alcune sagome camminare dietro le tende delle loro case.

Da una finestra vedo una bambina correre contenta mentre cerca di non farsi acchiappare dal padre.

Mi scappa un sorriso. Anche io lo facevo spesso con mio padre.

La maggior parte delle volte finivano tutti e due sfiniti sul divano a ridere.

Mentre sono assorta nei miei pensieri sento dei rumori.

Vedo una sagoma muoversi e uscire nel balconcino accanto al mio, al buio.

Che io sappia non ci abitava nessuno da 3 mesi circa.

Non riesco a vedere bene a causa del buio ma penso sia un uomo.

Anche molto "grosso" direi. Cerco di scorgere magari qualche dettaglio ma non ci riesco.

Sbuffo infastidita. Non riuscire vederlo mi rende nervosa.

Le luci della mia casa sono accese quindi sicuramente lui mi ha vista.

Grazie alle luci di casa mia però riesco a scorgere qualche lineamento del suo corpo.

Lineamenti devo dire che meriterebbero di essere ammirati alla luce del sole e non con una luce fioca in lontananza.

I miei occhi scorrono avidi su per le sue gambe mentre lo vedo muoversi e appoggiarsi alla ringhiera.

Anche se non vedo il suo viso potrei giurare che mi stia guardando.

Io rimango immobile. Non riesco a formulare un pensiero che non sia scavalcare la ringhiera.

Dopo alcuni minuti passati a pensare cose sconce lo vedo muoversi e rientrare dentro casa.

Sto per rientrare anch'io quando le luci di casa sua si accendono.

Esce subito dopo e adesso posso confermare che i miei pensieri erano ben fondati.

Guardo attentamente il suo corpo mentre si appoggia di nuovo alla ringhiera, come prima.

I miei occhi lo scrutano per bene visto che indossa dei miseri pantaloncini e una canotta.

Ma il mio respiro si blocca quando lo guardo in viso.

Nessuna parola esce dalla mia bocca e mi maledico mentalmente per aver pensato a quanto cazzo fosse sexy l'uomo di fronte a me.

"Darlene." Dice il mio nome sorridendomi maliziosamente.

"Affacci sempre così la mattina? Buon per me allora." Mi fa l'occhiolino mentre mi guarda dall'alto in basso.

Stringo la tazza che ho fra le mani per paura che mi possa cadere.

"Dio... ma perché ce l'hai con me?" alzo gli occhi al cielo e mi volto per rientrare in casa.

"Vedo che è anche molto loquace la mattina." Sento la sua risata, ma ormai sono dentro casa e sto chiudendo la finestra.

Oltre a doverlo sopportare al lavoro dovrò sopportarlo anche come vicino di casa?

Ma Dio ce l'ha con me o è destino che devo sopportarlo io?

Sbuffo per l'ennesima volta e cerco di calmarmi.

Non posso credere di aver pensato anche minimamente di portarmelo a letto.

No. No. E ancora no.

Cerco di ripetermelo in testa ma i miei pensieri vanno al suo cazzo di corpo.

Ai capelli scombinati da appena sveglio ai muscoli a malapena contenuti nei pantaloncini...

Dio... mi passo una mano sul viso e cerco di prepararmi in fretta per andare a lavoro.

Alle 6:30 in punto varco l'entrata dell'Ospedale.

È ancora presto quindi non ci sono molte persone in giro.

Prima di andare negli spogliatoi decido di fare un giro per i corridoi.

Di solito quando ho i turni la mattina presto o la notte lo faccio sempre.

Mi rilasso camminando tra i lettini o le culle dove ci sono i bambini.

Sapere che io posso farli sentire meglio mi motiva ad alzarmi ogni giorno dal letto.

Quando poi mi sorridono mi riempiono il cuore di amore. È come se niente avesse più senso oltre il loro sorriso.

Mi avvicino al corridoio dove c'è Michael. Quel bambino è un angioletto.

Lo vedo mentre dorme di lato e tiene stretta la coperta in un pugno.

Lo guardo con tenerezza e prendo la sua piccola mano nelle mie.

Con delicatezza e cercando di non farlo svegliare, gli faccio allentare la presa sulla coperta. Al suo posto gli metto un piccolo peluche.

Lo stringe subito come faceva con la coperta. Gli do un bacio sulla fronte e mi allontano.

Guardo la porta e mi blocco. Dio mio. Gli deve piacere proprio stare al buio.

"A quanto pare le piace tanto il buio." Gli dico mentre mi avvicino a lui.

Era appoggiato alla porta e mi guardava con le braccia incrociate al petto.

"Allora non sei solo stronza." Finalmente mi sorride senza ghigni maliziosi. Solo... dolcezza?

Nah. Mi convinco che è stata solo colpa del buio.

Scuoto la testa e lo supero per andare a cambiarmi.

"Non premurarti a rispondermi eh." Lo sento dire in lontananza e rido.

Angolo Autrice:

Vi chiedo scusa se ho ritardato a pubblicare il capitolo ma ho avuto l'influenza. Poi tra scuola e casa non ho avuto tempo di scrivere.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.

A presto xxx

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