Capitolo 9
"Come ogni anno, sono felice di accogliere i figli dei membri della Lega giunti alla maggiore età e sono fiero di poter condividere con voi, nuovi arrivati, i nostri obiettivi. Capirete ben presto che il mondo non è come avete sempre pensato che fosse. Scoprirete che i mostri di miti e leggende esistono e vivono tra noi. Imparerete quanto non sia scontato vivere in un mondo dove regnano la pace e l'ordine, se ci sono vampiri, lupi e stregoni, pronti a sovvertirli. Conoscerete presto la pericolosità dei nostri nemici, studierete le debolezze di tali bestie, gli Oscuri, e verrete preparati al meglio per riuscire ad affrontarli. Ma, ritornando a noi per un attimo, spero vogliate perdonarmi se mi lascerò trasportare dall'emotività quest'oggi- il suo sguardo corre tra la folla , per poi fermarsi su di me e un brivido mi corre lungo la schiena- perché tra le nuove reclute accolgo anche mia figlia. Vieni, Elizabeth, raggiungimi pure" sorride radioso al suo pubblico, mentre io invece mi sento pietrificata. Mia madre ha la sua stessa espressione di orgoglio dipinta sul volto e, lasciandomi il braccio, mi invita tacitamente a raggiungerlo. D'istinto mi sistemo la manica, mentre mi dico di stare calma, ora più che mai sento di dover custodire il mio segreto. Ho scoperto da poco di essere più che una semplice umana, non ho avuto nemmeno il tempo di capire che cosa questo implichi, se avrò mai qualche tipo di abilità o se magari imparerò ad avere il controllo delle mie visioni notturne, eppure ho già una seconda vita nella seconda vita. Segreti su segreti, che si accumulano.
A passo lento raggiungo mio padre sul palco, che mi preme ancora una mano sulla spalla, in modo eccessivamente possessivo.
Guardo tutte quelle persone e, di nuovo nel giro di pochi giorni, mi sento troppi occhi puntati addosso. Detesto essere al centro dell'attenzione, detesto trovarmi di fronte a quelli che sono certa siano tutti soldati ben addestrati e detesto la piega che gli eventi stanno prendendo.
Mio padre si sfila la spilla dalla giacca, per poi, sotto gli occhi di tutti, appuntarla sul mio vestito e sento l'ago pungermi a contatto con la pelle del petto. Lo guardo in cerca di risposte, mentre temo che i miei occhi possano tradire l'agitazione.
Gli altri genitori imitano il suo gesto e anche gli altri ragazzi sembrano essere sorpresi e terrorizzati, almeno quanto me. Mi sento una gazzella gettata nella gabbia dei leoni, mi sento in trappola e senza via di fuga. Davanti a me inizia a palesarsi la trama nascosta degli eventi accaduti negli ultimi giorni; nel sogno in cui Daniel veniva ucciso, avevo visto una specie di creatura con le zanne, gli artigli e gli occhi rossi, dovevano essere questi i mostri che la gente come mio padre aveva l'obiettivo di combattere. Poi gli occhi di Daniel, tinti di rosso, fanno breccia nei miei ricordi e capisco perché devo avere paura anche per me stessa. Anche io, sono il loro nemico.
"Neofite, da oggi portate con orgoglio il simbolo della Lega sul petto, preparatevi a rendere fieri i vostri genitori, combattendo al loro fianco in questa guerra che ci vedrà vincitori molto presto"
Cerco di mostrarmi confusa, sorpresa, incredula, piuttosto che spaventata, non possono vedermi vacillare.
Mio padre mi abbraccia e con il peso del suo petto contro il mio è come se spilla mi trafiggesse, dritta al cuore.Non credo di voler portare questo simbolo sul petto.
La mia vita si sta facendo sempre più assurda, più complicata ed io mi sento sopraffatta dagli eventi, dalle nozioni e dai pensieri.
"Vorrei che i nostri nuovi membri salissero sul palco, per favore" mio padre sembra così dispotico e autoritario mentre si rivolge alle persone che, dai piedi del palco, lo guardano con estremo rispetto ed esortano i figli a raggiungerci.
Mio padre ci dispone in fila, uno di fianco all'altro, e sembriamo già dei soldati, tutti perfettamente ubbidienti, nessuno muove un dito, nessuno fa un fiato, chi per paura chi per implicita fiducia. Una ragazzo alto e prestante passa a mio padre una cesta, ma dalla mia posizione non riesco a capire cosa contenga. Partendo dal ragazzo all'estremità opposta della fila, consegna a ciascuno qualcosa ed è solo quando mio padre deposita l'oggetto tra mie mani capisco di cosa si tratta. È un pugnale dall'impugnatura brillante e scura, la lama corta coperta da una fodera in pelle, sulla quale spicca inciso il simbolo di quest'organizzazione, lo stesso che ognuno di noi adesso è costretto a portare legato al petto. Spero che non ci obbligheranno a fare una specie di giuramento con il sangue, come in quelle sette dalle dubbie credenze, con le quali trovo fin troppe analogie.
"Sfoderate le lame, ragazzi" e mio padre fa lo stesso con uno dei pugnali rimasti nella cesta. Vorrei poter scegliere di non farlo ed esito fino all'ultimo. Lui si volta, attende che io compia lo stesso gesto, vuole che io giuri fiducia alla sua causa, vuole che io sia come lui, come mia madre. E, di nuovo, mi sento così diversa da loro, così lontana, costretta ancora in un ambiente che non mi appartiene. Il suo sguardo è duro, come non l'avevo mai visto, teme che io possa farlo sfigurare.
A malincuore afferro il manico del pugnale e al solo contatto la pelle mi brucia tremendamente. Il dolore si irradia lungo tutto il braccio, come se nelle vene mi scorresse acido. Stringo i denti, sopprimo il dolore, mentre il marchio sul braccio destro brucia come se sopra vi fosse caduto un tizzone ardente.
"Per la lega" grida mia padre e tutti nella sala, compresi gli altri ragazzi sul palco, lo imitano.
"Per la lega" ripeto, mio malgrado, mentre sento le lacrime pizzicare gli occhi. E nel momento in cui tutti ripongono l'arma nella fodera, non esito a fare lo stesso, e un leggero sollievo, scioglie di poco il nodo che avevo allo stomaco.
"Godetevi il pomeriggio, ragazzi- ci esorta mio padre- disponete al meglio di questo tempo per fare domande, per chiarire i vostri dubbi e placare le vostre curiosità, prima che l'addestramento abbia inizio"
Ci congeda gentilmente e con rispetto tutti lasciamo il palco.
Mia madre mi corre incontro, mi abbraccia, e io lascio che mi avvolga tra le sue braccia, mentre nascondo il braccio dolorante.
Vorrei chiedergli perché mi hanno sempre tenuta all'oscuro di tutto questo, perché si aspettano che io accetti senza repliche questo destino che non sento mio, perché vogliono che io sia una specie di soldato. Ma è come se la lingua mi si fosse annodata. Come se sapessi già di non potermi sottrarre a questa cosa, come se pronunciando quella specie di giuramento, io avessi già preso atto del mio posto in quest'organizzazione.
Mai, come adesso, ho sentito la mia famiglia tanto distante.
Mai, come adesso, ho sentito di essere tanto diversa.
E mai avrei immaginato di non sentirmi più al sicuro nemmeno tra le braccia di mia madre.
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