Capitolo 17
Aveva provato a resistere. Per una settimana intera ci aveva provato. Aveva impiegato tutte le sue forze per vincere la fame, ma ogni ora che passava sentiva il suo autocontrollo consumarsi. Persino quando aveva sentito su di suo padre l'odore delle persone con cui era entrato in contatto durante la giornata, i suoi canini erano spuntati con tanta violenza da tagliarle le labbra.
Resistere stava diventando una prova di forza e lei non ne aveva più, ormai.
La fame le torceva lo stomaco, le faceva bruciare le membra e girare la testa. Le stava divorando il corpo. E se fosse stata sicura di avere un'anima, avrebbe detto che la fame le stava divorando anche quella.
Aveva bisogno di sangue e, senza Ines , l'unico modo per averlo era andare a caccia.
Maddalena odiava andare a caccia, la faceva sentire sporca, debole, fragile.
Ma era brava nel farlo, complice il suo bell'aspetto.
Bastava agghindarsi un po', scoprire un po' di pelle in più, avvolgersi in una nube di profumo e il gioco era fatto. L'odore attraeva gli uomini, come la luce le falene. Ma Maddalena, di norma, non aveva un odore, come tutti i vampiri. I loro corpi erano statici; non ingrassavano, non sudavano, i capelli non si allungavano se non di pochi millimetri ogni anno, rimanevano fermi al momento della loro trasformazione, non cambiavano mai. Questa cosa spezzava Maddalena come un ramo sottile sotto la furia del vento. Gli umani avevano paura di invecchiare, lei invece agognava quel cambiamento, desiderava vedersi cambiare sotto la spinta del tempo. E invece rimaneva un'eterna diciassettenne. Giovane e bella, il sogno di tutti sicuramente. Ma non il suo.
Quel venerdì sera, si era tirata i capelli all'indietro, così che le punte rosso fuoco le cadessero dritte lungo la schiena a coprire l'ampia scollatura del vestito nero. L'abito in raso la fasciava perfettamente, scorreva morbido lungo le sue curve, in un gioco seducente di trasparenze. Ai lobi portava delle sottili linee di swarovski bianchi , tanto lunghe da sfiorarle le spalle, in tono con le decorazioni delle scarpe. I tacchi alti era belli, poco pratici per la caccia, ma lei ne aveva bisogno per completare il suo costume da donna fatale.
E così, con un velo di rossetto bordeaux a delinearle le labbra, si era avviata verso verso il suo pasto.
Di locali per vampiri ce n'erano tanti. Lì, uomini e donne confusi da un mix di droghe e sedativi, si facevano mordere, quasi come fosse un gioco. Farsi soggiogare dal morso di un vampiro dava la stessa eccitazione che seguiva all'orgasmo e a molti umani piaceva lasciarsi andare a quell'istinto quasi primordiale. Il loro asservimento, però, piaceva ancora di più ai vampiri, adoravano averli sotto il loro controllo. Maddalena lo trovava disgustoso. Il sangue sporcato da tutte quelle droghe, diluito dall'alcol per lei era vera una schifezza. Quello che prendevano gli uomini, faceva effetto anche su di loro e lo stordimento dopo il pasto non la cercava affatto.Per i vampiri però era l'unico modo di sballarsi.
Dopo il morso e la perdita di sangue, le vittime semplicemente svenivano e, solo dopo ore e ore, si svegliavano senza alcun ricordo della notte precedente. Questo quando andava bene, quando andava male non si risvegliavano e basta.
A Maddalena quei posti non piacevano proprio, erano sudici, luridi e lei non voleva averci niente a che fare. Non voleva creare vittime, non voleva lasciarsi cadaveri alle spalle.
Se andare a caccia non le piaceva, quei posti li odiava. Preferiva le discoteche come terreni di caccia; c'erano tante persone, tanto rumore e tanto caos. Erano perfette.
La discoteca gremita è come un cocktail di emozioni contrastanti per Maddalena. Troppa calca, tutti quei corpi ammassati che si sfiorano, si toccano, si strusciano la rendono nervosa e famelica allo stesso tempo. Non sa da dove cominciare, non sa chi scegliere. L'odore che pervade l'aria è acre, un misto di sudore, fiati e alcol, che coprono quello pungente del sangue che scorre sotto la pelle. Nelle orecchie centinaia di battiti le fanno pulsare la testa.
Allora si butta in pista, saranno loro ad avvicinarsi, come fanno sempre. Pochi minuti e un paio di mani viscide e sudate le scorrono lungo i fianchi. Il torace magro di un ragazzo le preme contro la schiena, tanto vicino da percepire il cuore battere e pompare il sangue in circolo. Può immaginarlo scorrere nei vasi, rosso, caldo, corposo. Al solo pensiero i canini spuntano di nuovo fuori, premendole contro l'interno delle labbra, taglienti come lame.
Maddalena muove i fianchi, si spinge contro di lui, lo accarezza lungo tutto il profilo del corpo, dalla braccia alle spalle e fino ad intrecciare le dita nei suoi capelli. Tira e lui geme, affondando la testa nell'incavo tra il suo collo e la spalla.
Il petto di Maddalena si alza e si abbassa in fretta, dando il perfetto tocco di emozione e eccitazione alla sua recita. Sembra quasi viva.
Rapidamente si volta, lasciando che i suoi capelli, intrisi di profumo, sfiorino il volto del ragazzo. Sa che a loro piace annusarle, li rende più avidi, più passionali.
Maddalena guarda il ragazzo che ha di fronte: è magro, alto, pallido, non il genere di ragazzo che si sarebbe aspettata di vedere. Lo fissa bene attraverso le ciglia incurvate per le numerose passate di mascara, le sembra giovane, avrà forse poco più di 18 anni. Continua a spingersi contro di lui e le sue mani sono avide sul suo corpo, la chiama a se' e lei sente quanto la desidera. Un leggero sorriso gli increspa il viso prima di piegarsi verso di lei per baciarla.
'Ci siamo quasi' pensa lei, trionfante.
Lascia che le loro labbra si sfiorino, un bacio leggero e troppo casto per quel genere di occasione, ma i canini sono ormai fuori e non può aprire la bocca, commettendo un errore che potrebbe compromettere l'esito della serata.
Prende le sue mani, fissandolo dritto negli occhi, e se le porta ai lati del seno.
Un piccolo gioco che significa 'voglio darti di più'. Ha lanciato la sua esca.
Maddalena si allontana, verso la porta, sicura perché sa che la seguirà. Lo fanno sempre.
Nascosti nell'oscurità del vicolo di fianco al locale, le mani del ragazzo si muovono smaniose sul corpo di Maddalena. Viscidi baci le coprono le labbra, poi il collo, poi le spalle e l'unico pensiero di Maddalena rimane il sangue, l'unica cosa che le rende possibile sopportare tutta quella situazione.
Ora che la preda è abboccata all'amo, può tornare lei a condurre il gioco. Puntando entrambe le mani sul suo petto, lo spinge contro il muro di mattoni alle loro spalle, premendo il suo corpo contro quello di lui. Di nuovo, le mani del ragazzo si spostano sotto la sua gonna e Maddalena lo lascia fare, lascia che si distragga, mentre lei, sfiorando con la punta del naso la pelle del suo collo, cerca il punto migliore per mordere. Il cuore del ragazzo batte all'impazzata, le vene sul collo guizzano come se stessero ballando una sorta di danza per lei. Proprio quando lui le stringe il fondo schiena, lei, quasi per vendetta, affonda i canini nel suo collo. Il ragazzo urla e poi geme di piacere, accasciandosi contro il muro alle sue spalle.
Il sangue le schizza in bocca copioso e lei beve avida, beandosi di quel sapore metallico.
Poco più di mezzo litro...le ricorda una voce a nella sua testa, bere di più sarebbe rischioso.
Non vogliamo morti sulla coscienza... rammenta ancora quella voce.
La voce di suo padre, o meglio del vampiro che l'ha educata, è sempre presente in queste situazioni.
Siamo vampiri, non bestie. Forse non abbiamo un'anima, ma pensiamo e possiamo scegliere di non uccidere. Ad ogni caccia queste parole le si ripetono nella mente come una filastrocca, l'unica ancora che le impedisce di abbandonarsi del tutto alla fame, all'istinto da predatrice.
"Sei sempre bellissima quando vai a caccia"
Quella voce, alle sue spalle, le fa lo stesso effetto di una secchiata di acqua gelida in pieno volto. Per un solo momento, le sembra di tornare di colpo alla realtà dall'estasi del pasto, prima di sparire in un vortice di immagini del passato; ricorda baci rubati sotto le folte chiome degli alberi che li riparavano dal sole, ricorda le notti passate a vagare per le strade sentendosi libera di essere se stessa, di mostrarsi per ciò che era, ricorda le sue braccia che la tenevano stretta, le sue mani che la toccavano e il piacere che le davano quei contatti, ma soprattutto ricorda i suoi occhi. Due occhi grigi, profondi, scuri come le punte di due frecce, che anche questo momento può sentire trafiggerla nel profondo. Ma ricorda anche la frustrazione che provava nel non poter leggere dentro quegli occhi, la paura della sua follia e l'orrore di sapere di cosa era capace, dell'odio e della rabbia che dominavano le sue azioni.
'Non può essere' pensa, ma sa che, per quanto lo voglia, non può negare a se stessa l'evidenza.
Quando Maddalena si volta, allontanandosi dal ragazzo appena morso, quest'ultimo cade mollemente a terra, svenuto. Non si ferma nemmeno a guardarlo.
All'ingresso del vicolo, in piedi, avvolto solo in parte nell'oscurità, c'è Alexander.
"Non mi saluti?" le chiede con voce suadente.
Maddalena resta ferma con la sua preda accasciata ai piedi e un rivolo di sangue fresco che le scorre lungo il lato sinistro del labbro inferiore, scendendo fino al mento e poi sul collo.
Alexander le tende le mani, come se volesse accoglierla in un abbraccio, ma la vampira non si sposta di un millimetro.
"Che ci fai qui?" Gli chiede con decisione.
"Nemmeno un abbraccio merito, amore?"
"Non chiamarmi così" sputa lei tra i canini ancora sporgenti.
Maddalena lo guarda bene e nota come il tempo abbia indurito ancora di più i tratti spigolosi del suo volto, sebbene la sua bellezza sia rimasta intatta. Ha ormai più di quarant'anni e qualche capello grigio si insinua tra i suoi ricci castani e disordinati che gli coprono il lato sinistro del viso, dove c'è la sua cicatrice. La ricorda bene, quella cicatrice. Gliel'aveva fatta lei.
Quando si era resa conto della sua follia, delle sue manie, delle violenze che era in grado di commettere, aveva iniziato a temere anche per se stessa, per quando avrebbe iniziato a vedere anche lei come il suo nemico, piuttosto che come la sua amante. Ed era successo, quando lei le aveva manifestato il suo disprezzo per quello che stava facendo e per il modo in cui lo stava facendo.
'Non siamo bestie' le parole di sue padre le risuonano di nuovo in testa. 'Possiamo scegliere di non uccidere'. E per lei era sempre stato così, non avrebbe ucciso mai. Ma per Alexander era l'unico modo di imporsi: la violenza e l'omicidio per lui erano solo armi da poter usare in una guerra che doveva vederlo vincitore.
Quando anche lei era diventata il suo nemico, una minaccia da estirpare, l'amore che c'era stato tra loro era diventato la benzina sul fuoco della sua rabbia e lui aveva tentato di piantarle un paletto nel cuore. E solo dopo averlo sfregiato, Maddalena era riuscita a scappare. Lei lo aveva ferito, ma lui le aveva spezzato il cuore, se così si poteva dire anche per una vampira.
Non l'aveva più rivisto e nemmeno avrebbe voluto.
"Non sei cambiata per nulla" risponde lui, ignorando il disprezzo che lei gli aveva mostrato.
"Tu sei invecchiato, invece"
"Non siamo tutti immortali" risponde con un'alzata di spalle.
Gli ibridi sono forti, potenti, sicuramente meno fragili degli esseri umani, ma comunque rimangono mortali ed è questo che li contraddistingue: i poteri e la resistenza degli esseri soprannaturali, ma la tenacia e la forza d'animo degli umani.
"Perché sei qui?"
"È casa mia questa o sbaglio?"
Alexander fa un passo verso Maddalena e lei, di tutta risposta, ne fa uno all'indietro.
"Hai perso il diritto di chiamarla così anni fa. Faresti meglio a tornartene da dove sei venuto"
Lui sorride, a bocca chiusa, in maniera quasi sadica e poi comincia a ridere. Una risata crudele che le mette i brividi.
"Sono appena arrivato, ho appena iniziato a giocare, credo che rimarrò invece- lui si guarda intorno, girandosi verso la strada e quando torna a guardarla i suoi occhi sono tinti di nero, l'argento è affogato nell'oscurità.- e poi voglio conoscere la mia nipotina"
Si passa la lingua sui canini affilati, appena spuntati fuori. Non tutti gli Ibridi raggiungevano quei livelli di trasformazione, ma Alexander era potente. E la sua forza, i suoi poteri erano cresciuti soprattutto dopo la morte del fratello, quando aveva ereditato le sue abilità. L'energia vitale degli ibridi non moriva con i loro corpi, ma passava da un ibrido agli altri della stessa linea ancora in vita e anche questo era un effetto della loro particolare creazione: la loro anima era l'arma che combatteva il male, che vinceva l'oscurità, doveva essere più forte di un corpo mortale. Ma in Alexander quell'anima era stata corrotta completamente.
"Sta' lontano da lei, Alexander. Ti avverto" e, a questo punto, avanza verso di lui, come a volerlo sfidare.
"Vuoi difendere la bastarda?" Ride ancora.
"È più forte di quello che pensi, non sottovalutarla"
"Lo terrò a mente, amore- fa una pausa, lanciandosi con un salto alle sue spalle- questo lo finisci?" Le chiede indicando con il capo il ragazzo svenuto a terra e riferendosi a lui come all'arrosto avanzato a Natale.
E prima che lei possa muoversi o fare qualcosa per impedirlo, Alexander gli è addosso. Gli ibridi non hanno bisogno di bere sangue, qualche volta può aiutarli ad acuire i loro poteri da vampiri, ma non devono bere per mantenersi in vita. Alexander lo faceva per pura crudeltà e disprezzo degli esseri umani.
Mentre l'ibrido affonda i denti nel collo del ragazzo, questo si sveglia ed un solo, agghiacciante e doloroso grido lascia le sue labbra prima la vita lo abbandoni del tutto.
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