Capitolo 12

"Non credo ormai ci sia bisogno di prepararti a ciò che dirò, vero Elizabeth?"
Ines parla con calma, i suoi occhi sono ancora puntati nei miei. Sono grigi, luminosi e con ancora tanto da esprimere; attraverso il suo sguardo posso percepire la sofferenza che ha minato i suoi giorni, il dolore che ha cercato di distruggerla e l'immenso amore che è in grado di offrire, ma che le è stato negato la possibilità di diffondere. Sono sicura che anche lei riesce a sentire ciò che provo io e mi chiedo quali siano le emozioni che definiscono la mia essenza. Mi guarda così come un accanito lettore fissa gli occhi sulle pagine di un nuovo libro, con curiosità e avidità sfoglia ogni aspetto di me, spingendosi sempre più in profondità, parola dopo parola.
" ti prego, non rimandare oltre. Spiegami quello che devo sapere"
" ho in mente questo discorso da anni, fin da quando ho saputo che eri viva, ma adesso mi sembra di non riuscire a mettere in fila nemmeno due parole."
Perdo il contatto con i suoi occhi nel momento in cui li abbassa, ma la connessione tra le nostre anime non si scioglie e so che qualcosa la turba. Sento come la mia vicinanza la renda euforica, ma allo stesso tempo nostalgica; io sono la nipote tanto attesa, perduta e poi ritrovata, ma sono anche la figlia del suo Daniel, il figlio che le è stato portato via troppo presto. Sono sicura che anche lei ha notato la somiglianza tra noi, vede che abbiamo gli stessi colori, gli stessi capelli e gli stessi lineamenti e non deve essere facile avere solo me di fronte, quando vorrebbe poterci abbracciare entrambi. Sento quanto le manca, quanto vorrebbe che ci fosse anche lui qui.
" io te lo ricordo, vero?" È una domanda superflua, ovvia, totalmente non necessaria, ma se la nostra conversazione deve iniziare da qualcosa, voglio che sia mio padre. Voglio imparare a conoscerlo attraverso lei.
"Siete due gocce d'acqua" la voce le trema, mentre gli occhi le si riempiono di lacrime. Rimango in silenzio, le lascio il tempo di trovare le parole e di elaborare le emozioni.
"Che pesantezza! Se non cominci a parlare, Ines, passeranno giorni e denunceranno la scomparsa di Elizabeth prima che tu abbia finito" la voce di Maddalena ha lo stesso effetto delle unghie che stridono sulla lavagna e temo che il suo sia solo un tentativo per accaparrarsi un po' di attenzioni.
Ines, allontanata dai suoi pensieri, rivolge a Maddalena uno sguardo furente, di certo il suo non sarà il giusto modo di attrarre l'attenzione, ma è sempre estremamente efficace. Adesso è lei al centro della scena.
"Maddalena, la tua maleducazione delle volte non ha proprio confine" sembra quasi sul punto di sbatterla fuori casa.
"Dico solo ciò che penso" ribatte lei di tutta risposta, senza un minimo di esitazione e mostrando il massimo della sua arroganza. Non avevo mai pensato che questo suo comportamento avrebbe potuto innervosirmi, ma in questo momento a stento riesco a sopportare la sua presenza. Ha interrotto un momento unico per me e non mostra alcun risentimento. È come se tutto questo non la toccasse per niente, non capisce quanto invece sia importante per me. Da sempre uno dei suoi più grandi difetti è la tendenza ad essere egoista, ma almeno con me non si mai era dimostrata tale.
"Tieni sempre a mente, cara, che al cane non conviene mordere la mano di chi lo nutre."
Maddalena spalanca gli occhi e si irrigidisce di colpo, mentre io, confusa dal loro discorso e ancora profondamente in collera, sprofondo nel mio posto, a disagio. L'atmosfera si fa gelida e io non so se interrompere la loro discussione , cercando di calmare gli animi.
Ines si alza in piedi e si dirige verso uno dei mobili del salotto dietro le nostre spalle, apre le ante di legno, che scricchiolano leggermente sotto il suo tocco. La vedo estrarre una bottiglia di vetro scuro, che tiene poi stretta tra le mani mentre torna verso la sua poltrona.
Guarda Maddalena in modo sprezzante, con la mandibola contratta e le nocche della mano sbiancate, tanta è la forza con cui stringe la bottiglia.
"Tu sai cosa c'è qui dentro, Maddalena" agita la bottiglia davanti ai suoi occhi e il liquido si increspa contro le pareti lisce del recipiente. "E non c'è bisogno che io sottolinei il fatto che, se vuoi ancora che io continui a fornirtelo, devi portarmi rispetto. Noi non siamo amiche e non siamo parenti, il nostro è un mero rapporto di lavoro. Io comando e tu esegui, ci siamo capite?"
La dolcezza e la gentilezza che ,fino a poco prima, avevo pensato la rispecchiassero sono sparite, lasciando spazio all'autorevolezza e alla decisione. È una donna forgiata dal dolore, determinata a non farsi mettere i piedi in testa da nessuno, un esempio di forza smisurata.
Maddalena rimane rigida, con lo sguardo fisso sul liquido in movimento nella bottiglia e i capelli rossi che le coprono il viso.
"Non scherzare Ines, passami la bottiglia" la sua è una richiesta, carica di disprezzo e pronunciata con la tipica irriverenza di Maddalena. Lei allunga la mano e afferra con forza la bottiglia, come se volesse strapparla dalle mani di Ines. "Dammela!" , urla e strattona con forza la bottiglia, ma l'altra resiste perfettamente, senza ostentare alcuno sforzo. Attorno alle pupille di Ines compare un sottile anello argentato, che le fa brillare lo sguardo di una luce intensa e fredda, quasi come la luce che pervadeva l'intero ambiente nell'Altromondo. E per un momento sento di nuovo la tranquillità di quel luogo accarezzarmi l'anima e donarmi sollievo, portandomi via da quella tempesta al coperto. Lo sguardo di Ines si sposta sulla bottiglia e un momento dopo sulla parete direttamente dietro me e Maddalena e, senza che io riesca a vederla attraversare in volo il salotto e schiantarsi a terra, il rumore di vetri infranti giunge forte alle mie orecchie. Mi volto e vedo i frammenti della bottiglia sparsi ovunque sul pavimento, una pozza rossa si sta allargando velocemente a coprirlo tutto, mentre un odore metallico mi pizzica le narici. È sangue.
Quella bottiglia che Maddalena tanto desiderava era piena di sangue.
Maddalena si getta subito tra i vetri e con le mani cerca di raccogliere quanto più liquido riesce, portandosele poi alla bocca e leccando le dita, si assicura di non sprecarne nemmeno una goccia . I suoi occhi sono neri, come se l'oscurità della pupilla avesse inghiottito tutto l'occhio, compresa la sclera. I vetri della bottiglia le si conficcano nella pelle, ma lei sembra non sentirli nemmeno.
Continua ad ansimare e a riempirsi la bocca di sangue.
"Mad..." sussurro spaventata e lei non si gira nemmeno. Abbiamo passato gli ultimi quattro anni delle nostre vite insieme, pensavo di conoscerla come le mie tasche, ma adesso, mentre la guardo piegata a terra che si nutre famelica come una bestia, non la riconosco più. Mi sembra di essere sprofondata nell'ennesimo incubo.
Mi alzo in piedi, cercando di non darle le spalle e mi sposto dall'altro capo della stanza. Ines mi afferra il polso quando le sono vicina e me lo stringe forte. Il cuore prende a martellarmi incessantemente nel petto, così intensamente che temo possa sfondarmi la gabbia toracica.
"Tranquilla, Elizabeth" Ines sembra volermi confortare, ma non riesco a stare tranquilla con Maddalena in quelle condizioni.
"Cosa le hai fatto?" le domando, con la voce che trema.
"Io non le ho fatto assolutamente nulla. Tu non lo sai, ma Maddalena è una vampira." Fa una pausa, come a volermi dare il tempo di credere alla sue parole.
"Una vampira sciocca e presuntuosa, con l'irreale convinzione di poter tenere a bada la propria sete. È convinta che le basti poco sangue per poter sopravvivere, e potrebbe essere anche vero, se non fosse che poi le viene meno l'autocontrollo."
Maddalena ha ormai bevuto quasi tutto il sangue che era a terra e mentre continua a leccarsi le dita, cercando di recuperare persino il sangue che le si è infilato sotto le unghie, sembra riacquisire un po' della sua compostezza. Si alza in piedi e si passa le mani sporche sulla gonna, come se non fossero coperte di sangue, ma solo di polvere, e poi mi guarda. Ci fissiamo per alcuni secondi. I suoi occhi sono ancora neri, ma non mi fanno più così tanta paura. Mi sorride, il suo solito sorriso di scherno, che ho sempre trovato rassicurante, adesso è incrinato dalla presenza di due lunghi canini che le sfiorano il labbro inferiore.
"Non devi avere paura di me, Elizabeth" la sua voce è dolce, melliflua, quasi un sibilo. "Sono sempre io" prosegue, e i suoi occhi tornano normali, del loro tipico color nocciola.
Non posso crederle.
"Io non chi tu sia, Mad" le rispondo. Avevo temuto che il mio segreto l'avrebbe sconvolta, avevo speso tempo e energie a cercare il modo più giusto per dirle come la mia vita era cambiata e invece era sempre stata lei a nascondere qualcosa. Nel momento in cui aveva parcheggiato la macchina di fronte la casa di Ines, avevo già capito che c'era qualcosa di diverso in lei. Il suo solito atteggiamento composto e costruito, che ritenevo fosse una sorte di meccanismo di protezione, una corazza che la proteggeva dai giudizi altrui, si era diradato. Mi era parsa più rilassata e meno artificiosa, questo voleva forse dire che la Maddalena che aveva avuto accanto per tutti questi anni era solo un personaggio? Un ruolo costruito su misura per fare in modo che io mi fidassi e mi aprissi con lei? Non ci sono dubbi, temo.
La vera Maddalena è quella che ho di fronte: una ragazza dai capelli scomposti, con il volto, le mani e i vestiti imbrattati di sangue, le pupille dilatate e la pelle bianca come porcellana. Non è la mia migliore amica questa creatura che mi fissa con una sguardo estasiato, come quello di un drogato dopo la sua dose.
"Io non so cosa tu sia" mi correggo, e la mia voce si incrina sul 'cosa', come se provassi disgusto. E forse, per un solo secondo, mi sembra che le mie parole la colpiscano nel profondo. Abbassa lo sguardo e smette di sorridere, torna improvvisamente seria.
"Ines, forse è il caso che tu le spieghi cosa è lei" calca il tono sul 'cosa', così come avevo fatto io, e poi si siede di nuovo al suo posto, afferrando con la mano sporca il bracciolo del divano e affondando le dita nella stoffa. È arrabbiata. Devo averla offesa.
Io guardo Ines, aspetto che parli e lei, dopo aver preso un respiro profondo, finalmente inizia il suo discorso.
"Cara, forse avrai in parte intuito cosa siano gli ibridi, ma ci sarà molto che ti è rimasto oscuro. Gli ibridi nascono come anelli di congiunzione tra umani e mondo sovrannaturale, tra mondo terreno e ultraterreno. Noi viviamo la morte anche mentre siamo in vita, sperimentiamo i poteri di coloro che sono stati marchiati da antiche maledizioni che corrompono l'anima. Viviamo il presente, ma percepiamo il passato e sentiamo il futuro. Non è facile da capire, ma siamo creature ormai prossime all'estinzione, perseguitate e costrette a nasconderci, per questo devi stare molto attenta e imparare il prima possibile a gestire i tuoi poteri."
Sono ancora in piedi, con le spalle appoggiate alla libreria carica di libri dall'aspetto antico, e il mio sguardo si sposta da lei a Maddalena velocemente. Ines mi guarda con dolcezza, teme di avermi spaventata, Maddalena invece ha negli occhi un'espressione che sembra voler dire 'hai fatto male a giudicarmi, sei un mostro anche tu'.
"Le tue parole non chiariscono molto i miei dubbi" dico, rivolgendomi ad Ines. Non ha aggiunto nulla di più rispetto a ciò che mi aveva detto Daniel.
"Vampiri, lupi mannari e stregoni esistono per davvero e in te risiede un parte di tutti loro."
Sul viso di Maddalena si allarga un sorriso, contenta che anche io sia stata colpita in pieno petto dalle mi stesse affermazioni.
"Secoli e secoli fa, quando criminalità e malvagità dilagavano e corrompevano intere società si svilupparono le Maledizioni Oscure. Più gli uomini si macchiavano di peccati e di omicidi, più pezzi della loro anima perdevano, fino a quando di questa non rimaneva più nulla. Erano vivi, ma avevano perduto la loro umanità. È qui che nascono vampiri e lupi mannari, da corpi senz'anima dominati solo dagli istinti. All'epoca esistevano comunità isolate di persone votate al culto degli elementi, venivano considerati stregoni e per questo erano tenuti lontani dalla gente dell'epoca. Spesso venivano perseguitati, l'ignoranza aveva indotto le persone a pensare che fossero loro il male, quando la vera malvagità dimorava nei loro petti. Tali stregoni, o druidi come sarebbe meglio definirli, erano gli unici con abilità tali da poter porre fine al diffondersi delle maledizioni, prima che potessero colpire anche loro.
Ma le maledizioni si diffondevano troppo in fretta e il fascino della dissolutezza irretì molti di loro. Presero piede così gruppi di stregoni votati al male, che avevano giurato fedeltà alla morte e si erano arresi all'oscurità, capaci di produrre maledizioni ancora più potenti. Fu un gruppo di eletti, il Consiglio Elementare, che riuscì presto a progettare un'arma che potesse essere utile contro le creature dell'ombra. Crearono esseri con la forza e i poteri delle le creature malvagie, ma ancora dotati di un' anima e della capacità di giudizio. Fu così che gli umani sopravvissero all'ondata di morte che i mostri stavano generando, grazie a quell'arma creata dal Consiglio, gli Ibridi."
Non avrei mai pensato di credere a storie del genere, eppure non mi sento affatto sconvolta. Ormai ogni tassello è al suo posto e riesco finalmente a vedere l'insieme completo degli eventi.
Non credevo potesse esserci una storia del mondo sovrannaturale e non avrei mai pensato di trovarla così affascinante e carica di mistero.
Non riesco a trovare nulla da dire, mentre medito su quanto appreso. Ora capisco perché le parole pronunciate da mio padre quello stesso pomeriggio mi avevano fatto sentire così minacciata. Avevo ragione, per mio padre e mia madre, anche io sono il nemico. Sento che questa rivelazione dovrebbe farmi più male, dovrei sentire il mio cuore spezzarsi, dovrei sentirmi annegare nella tristezza, ma la verità è che sono arrabbiata. Non faccio altro che chiedermi quanti sapessero cose che mi sono state tenute nascoste; mia madre e mio padre mi hanno mentito per anni e lo stesso vale per Maddalena. Chi ho avuto accanto per tutti questi anni, se non abili attori?
"Guarda il tuo braccio" Ines mi prende la mano destra e la volta verso l'alto, mi ritrovo a fissare la pelle lesa del braccio e i pochi simboli che stanno venendo fuori.
"Tu hai i simboli di tuo padre- prosegue, con lo sguardo velato di lacrime e la voce storpiata dal dolore- le prime due foglie che vedi sono i simboli di lupi e vampiri, quindi potrai avere i loro poteri"
" significa che avrò voglia di bere sangue?" Le domando subito, senza lasciarla finire. Se penso anche solo vagamente all'eventualità di bere sangue, mi viene da vomitare.
"No, la tua parte umana controllerà sempre tutti gli istinti. Non sentirai la necessità di bere sangue, né subirai le influenze della luna piena."
Mi sento già meglio. Niente cocktail di sangue il sabato sera, un vero sollievo.
"La foglia con le gocce di brina rappresenta i maghi elementari dell'acqua invece, questo l'hai preso da me" questa volta sorride e sembra essere davvero orgogliosa di avermi trasmesso qualcosa, oltre al colore degli occhi. Ines si scopre di nuovo il braccio e mi mostra l'altra foglia che compone il suo marchio.
"Io governo anche l'aria e ho ragione di credere che potrai farlo anche tu"
" come fai a dirlo?" Le chiedo curiosa.
"Sei un essere più potente di quel che pensi, mia cara. Per come sono andati gli eventi non saresti dovuta sopravvivere senza la cerimonia del Soffio."
È incredibile come ad ogni informazione, vengano fuori solo altre domande.
"Sarebbe il caso che fossi meno criptica, Ines" Maddalena interrompe di nuovo la nostra conversazione. Se ne sta lì, seduta sul divano, con le gambe accavallate e le braccia conserte.
Il suo sguardo è pura sfida.
"Non ti è bastata la lezione di prima Maddalena?"
Ines sembra quasi ringhiare, ma non lascia che la rabbia confonda le sue parole e dopo un'intensa lotta di sguardi tra lei e la vampira torna a parlare con me. Maddalena sbuffa, ma poi si rimette finalmente a fare silenzio.
"Ogni ibrido, alla nascita, viene sottoposto ad una specie di battesimo, noi lo chiamiamo 'Soffio di Rosa'. Di norma serve a suggellare il legame parentale tra genitori ibridi e figli, connettendo le loro anime per sempre. Ma in un ibrido a metà, come te, diventa essenziale per la sopravvivenza. L'anima di un bambino è pura, ma condannata a sporcarsi molto presto e spesso si possono ereditare anche i tormenti dei propri genitori. Il genitore di un ibrido a metà si fa carico della volubilità della parte umana del bambino, impedendo che la sua anima venga corrotta."
Adesso Ines mi guarda con curiosità, come se volesse studiarmi.
"Daniel è morto prima che tu nascessi e io ho scoperto troppo tardi della tua esistenza, per questo non hai mai ricevuto il soffio di rosa. Negli anni, seguendo la tua vita a debita distanza, ho studiato e cercato di capire se avessi ereditato il gene Ibrido."
Si alza e inizia a camminare lungo la stanza, costeggiando la libreria piena di tomi, che prima era alle sue spalle. Fa scorrere le dita sulle copertine dei libri disposti in perfetto ordine, mentre continua a fissarmi.
"Sapevo che il gene ibrido è dominante, anche da un solo genitore ibrido nascono figli ibridi, anche se con meno poteri. Ma non spiegavo come tu avessi fatto a sopravvivere senza la cerimonia, se non ammettendo l'eventualità remota che non avessi ereditato il gene. E di fatti, mia cara, sei una splendida e rara eccezione."
Estrae un libro dalla copertina in pelle rossa e lo apre, iniziando a sfogliarlo velocemente.
"Un giorno, pochi anni fa, mi sono imbattuta in questo libro, uno dei pochi testi che riportano la nostra storia. E leggendo, finalmente ho trovato la soluzione. Tu, Elizabeth, sei portatrice di un gene ancestrale estremamente raro. Ed è proprio grazie a questo che sei sopravvissuta ed hai iniziato a manifestare i poteri precocemente, sei un ibrido primordiale. Tu porti dentro di te la forza e la potenza dei nostri antenati. Per questo credo che il tuo marchio avrà tutti e 6 i simboli. Sei speciale, bambina mia."
Sorride con orgoglio, mentre richiude il libro e lo rimette al suo posto. Mia nonna è orgogliosa di me, senza nemmeno conoscermi. Mi accetta per ciò che sono, mi stima per quello che sarò destinata ad essere.
Mi ha definita 'speciale', quando mai io avrei potuto definirmi tale.
Ricordo poi il marchio disegnato pochi giorni prima, aveva sei foglie, forse questo potrebbe essere una conferma di quanto detto da Ines.
Mi volto verso la finestra, che incornicia perfettamente uno scampolo di giardino. Fuori ormai non c'è più molta luce e al centro del cielo la luna, calante e argentea, sembra quasi fissarci. Tutte e tre rimaniamo in silenzio, non ci sono più domande che muoio dalla voglia di fare e persino Maddalena sembra non avere più nulla da dire. Con lo sguardo ancora rivolto fuori, medito su quello che ho appena appreso e non lascio che i dubbi prendano possesso della mia mente, io credo a tutto questo. Con un lento sospiro, chiudo gli occhi e dico addio, per l'ultima volta, alla mia vecchia vita. Da questo momento sono un Ibrido e accolgo a braccia aperte il mio destino. Sento la mano di Ines posarsi sulla mia spalla, sa quello che sto provando, vuole che io senta la sua presenza e sappia che, da oggi, ci sarà lei a proteggermi. Le stringo la mano, ma non dico nulla. Non c'è bisogno di altre parole.

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