CAPITOLO 8 - JASON

Questa giornata scolastica è appena giunta al termine ma c'è qualcosa che mi ha lasciato altamente turbato e aggiungerei preoccupato, anche se è una persona che non conosco, mi sono allarmato abbastanza. Vedere il volto di Gaia in quello stato, pieno di lividi, era completamente martoriato, mi sono venuti i brividi solo a osservare le sue ferite e non voglio neanche pensare a ciò che le ha causate. Chissà cosa le è successo? Vorrei tanto saperlo, ma credo che io non debba impicciarmi nella sua vita. Penso che mi ritroverei in qualche casino in pochi secondi, e non è ciò che voglio quindi preferisco evitare di immischiarmi in altri casini. Già la mia vita è abbastanza incasinata, non voglio avere altri problemi e preoccupazioni. Tuttavia...Se Gaia avesse bisogno di aiuto? Ma no dai, ha già i suoi amici, possono aiutarla loro. Dopo tutto io non sono nessuno, solo un semplice compagno di classe, non c'entro niente nella sua vita e lei non c'entra niente nella mia, quindi non dovrei neanche preoccuparmi.

Mentre mi avvio verso l'auto, insieme a mia sorella, qualcuno arriva correndo alle mie spalle e sentendo i passi mi giro per osservare chi possa essere e quando mi volto completamente vedo Aidan che corre verso di me. <<Amico, perché corri?>> Gli chiedo ridendo.

<<Se avessi camminato non ti avrei raggiunto in tempo>> Mi dice con il fiatone. Mi volto verso mia sorella, che è rimasta a fianco a me, ma la sorprendo a osservarlo senza neanche battere ciglio. <<Ah ciao Saretta>> Afferma lui appena si accorge della presenza di mia sorella. "Saretta"?!

<<Ciao Aidan>> Esclama lei sorridendo. Ma che ha? È strana quando c'è Aidan, lo guarda in un modo singolare, non guarda tutti così...anzi lei non guarda nessuno così.

<<Senti io e i miei amici stiamo andando a bere qualcosa, vuoi venire? Così te li presento anche, se vuoi può venire anche tua sorella, è ben accetta>> Afferma sorridendo.

Dopo pochi minuti, arriviamo a destinazione, entriamo in un bar molto moderno, il "Craze", pazzia. Nome bello ma insolito. Le pareti sono bianche con i led blu sugli spigoli e angoli, i tavoli sono di un marroncino chiaro e il pavimento in marmo nero forma un contrasto perfetto, il bancone invece è in marmo bianco con gli sgabelli in legno chiaro come i tavoli. Tutto è un mix di elegante e antico, mi piace molto. Noi ci sediamo ad un tavolo che si trova in un angolo vicino alla vetrata che dà sulla strada, ci sono delle panche dello stesso colore delle sedie che si trovano sull'angolo.

<<Allora ragazzi, lui è Jason e lei la sua sorellina Sarah>> Esclama Aidan presentandoci ai suoi amici.

<<Io sono Megan>> Esclama timidamente una ragazza con i capelli castani molto lunghi e leggermente mossi, ha gli occhi marroni e pieni di luce, ha due fossette che le decorano le guance e le labbra sono piene e carnose messe in risalto da un lucidalabbra, il viso è delicato e le sopracciglia fini. È molto carina e semplice.

Seduto a fianco a lei c'è un ragazzo che le tiene un braccio sulle spalle, credo proprio che sia il suo fidanzato. <<Liam, piacere>> Afferma quest'ultimo. Ha i capelli ricci e castani ma leggermente più chiari rispetto a quelli di Megan, i lineamenti del viso mi ricordano molto quelli di Aidan, le labbra sono carnose e sulla guancia sinistra ha un neo, gli occhi sono marroni e molto scuri. È un tipo solare, infatti da quando l'ho visto non ha smesso neanche un attimo di sorridere.

<<Jason. Liam è mio fratello>> Mi dice Aidan e adesso capisco l'enorme somiglianza.

L'ultimo ragazzo è quello che mi incuriosisce di più. <<Piacere, sono Blake>> Afferma quest'ultimo. Ha i capelli biondo platino non corti ma neanche troppo lunghi, diciamo una media lunghezza con dei ciuffi che gli ricadono sulla fronte, gli occhi sono di un azzurro agghiacciante che vengono contornati da un eyeliner nero e un ombretto blu. La mascella è leggermente scolpita, il viso è decorato maggiormente da un piercing al sopracciglio e il nostril alla narice, come quello di Gaia.

<<Tu sei gay vero? Molto piacere Sarah, diventeremo ottimi amici>> Chiede mia sorella a Blake cogliendo tutti di sorpresa. Io intervengo subito. <<Sarah ma che cazzo...Potresti essere più delicata>> Le dico usando un tono di rimprovero.

Ma Blake invece che arrabbiarsi si mette a ridere di gusto <<Si ragazzina, sono felicemente gay>> Esclama quest'ultimo tra una risata e l'altra. Beh, non l'ha presa male.

Tuttavia, ancora non riesco a togliermi dalla testa l'immagine del viso di Gaia dalla mente. È un'immagine che mi è rimasta completamente impressa e la curiosità di sapere cosa le è successo mi sta divorando. Chi potrebbe averle messo le mani addosso? Con che coraggio picchiare una ragazza? E perché nessuno a scuola si è scandalizzato così tanto nel vederla...come se tutto fosse abitudinale. Ho un sacco di domande che mi girano per la testa, vorrei tanto avere una risposta così provo a chiedere a qualcuno che magari può darmi delle spiegazioni.

<<Ragazzi>> Esclamo attirando l'attenzione, smettono di parlare e gli occhi di tutti sono su di me.

<<Si?>> Liam è il primo a parlare.

<<Per caso voi sapete cosa è successo a Gaia? L'avete vista com'era ridotta in sala pranzo>> Chiedo sperando di avere una risposta sensata, i ragazzi si lanciano delle occhiate tra di loro e poi Blake decide di parlare.

<<Jason, Gaia è una ragazza particolare>> Dice mentre si passa una mano tra i capelli biondo platino. <<Nessuno si impiccia nei suoi affari e nessuno osa porle qualche domanda>>

Questa frase mi lascia abbastanza perplesso, volevo una risposta sensata e che potesse risolvere i miei quesiti, ma adesso ho più domande di prima.

<<Perché?>> Chiedo curioso.

<<Gaia Harris riesce a farsi rispettare, lei e il suo gruppetto sono i più pericolosi a scuola. Se non li conosci riuscirai a notarli facilmente, hanno tutti e quattro una giacca di pelle con sulla parte dietro tre parole: BLOOD, SWEAT and TEARS>> Continua a spiegarmi Blake. Perché proprio quelle tre parole? Perché sangue, sudore e lacrime? Non riesco a capire, tre parole così diverse tra loro ma anche così connesse. <<Più stai lontano da loro e meglio è, fidati>>

<<Esatto. Blake ha ragione, è meglio starli alla larga, da tutti loro anche dal gemello di Gaia>> Afferma Megan e subito dopo abbassa lo sguardo.

<<Senti Jason, noi lo abbiamo detto per te. Ma puoi essere libero di fare ciò che vuoi>> Esclama Liam ma subito dopo aggiunge un dettaglio che mi lascia stupito <<Non tutti quelli che hanno conosciuto Gaia Harris hanno fatto una bella fine>>

Io e Sarah siamo tornati a casa e quella frase, "Non tutti quelli che hanno conosciuto Gaia Harris hanno fatto una bella fine", continua a occupare i miei pensieri. Cosa significa? Cosa può fare di così tanto crudele una ragazza di vent'anni?

Mi dirigo verso camera mia per svolgere un po' di compiti di matematica che la prof ha assegnato. Appena entro nella mia stanza chiudo la porta alle mie spalle, faccio per avvicinarmi al letto ma qualcuno mi sbatte violentemente contro la porta e mi tappa la bocca con una mano. <<Non azzardarti ad urlare>> Esclama qualcuno. Conosco questa voce e la mia teoria viene confermata appena noto i suoi capelli biondo cenere davanti alle spalle e i suoi occhi color ghiaccio. <<Starai zitto se ti lascio?>> Mi chiede quasi con un tono di minaccia e io annuisco, allora lei molla lentamente la presa e si allontana da me.

<<Cosa ci fai qua Gaia?>> Le chiedo mentre chiudo la porta a chiave, per sicurezza.

<<Non credo siano questioni che ti riguardano, ma ho bisogno di un posto dove restare e qua mi sembra molto accogliente>> Afferma mentre si mordicchia il piercing al lato del labbro e mentre inizia a camminare per la stanza. Credo che non riuscirò mai a capire questa ragazza è come un dilemma che deve essere risolto, per me...un dilemma che non verrà mai risolto. Ma oltre a questo c'è qualcosa in lei che mi incuriosisce, non so cosa sia, forse il modo in cui sia atteggia che aggiungerei sembra proprio un ruolo che lei ha per non far vedere chi è davvero, oppure possono essere i suoi occhi...così chiari ma allo stesso tempo scuri e intensi, raggelanti come il ghiaccio. Nascondono tanto, nascondono la sua anima, senza far trapelare nessuna emozione neanche una minima cosa. Non so quanto le possa costare tenere così tanto all'interno di sé stessa.

La osservo mentre vaga per la camera ad ogni passo che compie sembra così sicura ma allo stesso tempo c'è una parte di lei che ha paura, non so definire precisamente per cosa o perché ma sembra proprio paura, noto le sue gambe tremare e lei cerca di fare di tutto per non far notare questo dettaglio solo per farsi vedere forte quando in realtà non ce ne alcun bisogno. I suoi lividi in viso sono ancora più evidenti e si notano anche delle irritazioni e ancora lividi sulla parte della coscia tra la gonna e le calze lunghe. Chissà cosa le è successo, ogni mio pensiero continua ad andare verso di lei, voglio sapere cosa le è accaduto.

<<In realtà mi riguarda eccome.>> Esclamo mentre mi avvicino a lei. <<Si dà il caso che tu ti trovi esattamente in casa mia, precisamente nella mia camera, quindi, automaticamente sono questioni che mi riguardano. Oppure quella è la porta e puoi anche andare>> A queste mie parole lei si volta di scatto verso di me e i suoi occhi sono in grado di congelarmi anche l'anima.

<<Forse non hai capito...vuoi che ti faccia lo spelling? NON-SONO-AFFARI-TUOI e tu mi farai restare, ci siamo intesi?!>> Esclama ancora più irritata di prima. Sinceramente non mi interessa cosa possa pensare adesso, o mi parla e mi fa capire cosa vuole e cosa le è successo oppure se ne può tranquillamente andare, come è entrata può anche uscire. Non credo sia tanto difficile.

Da una parte però vorrei aiutarla, anche se non la conosco e per me è una totale estranea, mi sento in dovere di darle una mano, ma non stando alle sue regole, dopo tutto questa è casa mia. <<Secondo me, sei tu quella che non ha capito tra i due.>> Affermo. Sento il suo sguardo addosso come tanti coltelli affilati che tentano di penetrarmi nella pelle e noto che la sua mano scivola dietro la sua schiena, so cosa vuole prendere ma non succederà ancora; Infatti, prendo il suo polso, prima che sia completamente dietro la schiena, e aprendo la porta la trascino verso il salotto. Sento il suo corpo dimenarsi per liberarsi dalla mia presa e i suoi piedi che oppongono resistenza per non andare avanti, ma ovviamente essendo molto più forte di lei i suoi tentativi sono vani.

Arrivo alla porta d'ingresso e appena la spalanco Gaia riesce a liberarsi. <<Non puoi cacciarmi!>> Esclama urlando e allora io mi volto verso di lei e le punto un dito contro.

<<Non puoi presentarti in casa mia come se nulla fosse, non ci conosciamo neanche, per me sei una sconosciuta. Non sei mia amica o niente del genere, siamo solo in classe insieme ma questo non ti dà il diritto di entrare in casa mia!>> Affermo tutto d'un fiato. <<Ti è chiaro?>>

Noto i suoi muscoli rilassarsi e il suo viso si è rabbuiato.

Dopo un tempo interminabile di silenzio finalmente Gaia parla <<Te ne pentirai di questa scelta.>> Appena conclude la frase esce dalla porta, sa che non la farò restare a casa mia e l'unica opzione che ha è quella di andarsene, infatti è esattamente quello che fa.

Se ha bisogno del mio aiuto me lo deve dire spiegandomi tutto l'accaduto e non facendo secondo i suoi comodi. Mi volto e dietro di me trovo la figura di mia sorella che mi osserva con un punto interrogativo in viso. Ha i capelli lunghi scombinati e gli occhi arrossati, credo abbia appena finito di piangere...ormai lo fa tutti i giorni. <<Perché l'hai cacciata?>> Mi chiede, ma io la supero e proseguo verso camera mia ignorando totalmente la sua domanda. <<Jason! Rispondimi!>> Urla mentre mi corre dietro.

<<Sarah lascia stare, torna in camera tua.>> Affermo mentre mi volto verso di lei.

<<Ma perché Gaia era qua in casa nostra?>> Mi domanda e io sospiro pesantemente. <<Sei stato scortese a mandarla via di casa>>

<<Basta Sarah! Tu la conosci? No. io la conosco? No. Nessuno di noi la conosce quindi perché dovremmo far rimanere una sconosciuta in casa nostra o, addirittura, perché dovremmo far entrare una persona a noi totalmente estranea?>> Esclamo con un tono di voce un po' troppo alto; infatti, mia sorella fa un passo indietro e si stringe nelle spalle, non le piace quando alzo la voce. Mi rendo conto di aver esagerato ma quando provo ad avvicinarmi a lei, mette una mano davanti e afferma <<Hai ragione, scusa Jason.>> E subito dopo entra in camera sua.

Ed ecco, ho fatto la cazzata, so che lei odia quando le urlo contro e io cosa ho fatto? Esattamente questo. Sono un emerito coglione, non c'è un giorno che passa senza che io litighi con mia sorella e sempre per merito mio.

Lei ha passato un brutto periodo e io invece che starle accanto le urlo addosso, sono un ottimo fratello mi merito la medaglia d'oro. Cammino per il corridoio, fino ad arrivare al divano in salotto su cui mi butto a peso morto, schiaccio la faccia sul cuscino e urlo. Grido così forte che le urla a stento vengono contenute nel cuscino, vorrei solo fare qualcosa per rendere felice mia sorella, vorrei fare qualcosa per far sì che i miei genitori siano fieri di me. Ma dubito che accadrà. Una lacrima mi cola lungo la guancia per poi schiantarsi contro il tessuto del cuscino, anche se non lo dimostro all'esterno...sono una persona abbastanza sensibile ed emotiva, ma non mi apro spesso con le persone perché potrebbero usare queste cose contro di te in un futuro. L'ho imparato a mie spese e ovviamente non voglio ripetere questo enorme sbaglio, non voglio soffrire ancora per colpa delle persone. Mi chiedo in continuazione perché i nostri sentimenti dipendono dagli altri, perché ci lasciamo condizionare dagli altri? Perché soffriamo per gli altri, quando magari loro non provano neanche una piccola frazione dei nostri sentimenti? Perché sprechiamo il nostro tempo con le persone per farci accettare? Dobbiamo semplicemente vivere per noi stessi e non per gli altri. Quante volte abbiamo messo la felicità degli altri prima della nostra? Troppe, adesso bisogna dire basta, è arrivato il momento di dire basta e di iniziare davvero la nostra vita. È ciò che vorrei fare adesso, in questa nuova città con nuove persone e nuova scuola, sarà un nuovo inizio è come se resettassi tutto il passato e tutti gli accaduti per poter cominciare da capo, il passato sarà solo un lontano ricordo.

Decido di tornare in camera ma prima vorrei mangiare qualcosa; tuttavia, appena spalanco il frigo noto che è completamente vuoto quindi richiudo lo sportello sbuffando e vedo che sopra c'è un biglietto a cui prima non avevo fatto caso:

-Jason io e papà staremo fuori città per due giorni, ci hanno affidato un caso e dobbiamo indagare nei dintorni. Il frigo è vuoto quindi devi fare la spesa però vi ho lasciato due pizze in congelatore quindi per questa sera potete mangiare quelle-

A presto mamma

Perfetto, ci mancava solo da fare la spesa, prendo le chiavi della macchina di mia sorella mi metto il mio giubbotto in jeans ed esco di casa. Non mangerò la pizza, non mi è mai piaciuta e mia madre lo sa benissimo ma non si è mai curata di ciò che desideriamo noi. Di pizza mangio solamente quella italiana, l'ho assaggiata quando ero andato a Napoli e da lì non ho mai mangiato quella che vendono qua in America. Però mia madre è fatta così, non si è mai interessata dei nostri gusti o di ciò che vorremmo io e Sarah, esce la mattina e torna alla sera tardi insieme a mio padre o addirittura non tornano direttamente a casa. Sono i nostri genitori ma non sanno niente di noi, non ci hanno mai fatto mancare niente, niente tranne l'amore che un bambino vorrebbe dai propri genitori, l'amore che un adolescente ha bisogno durante le crisi, un appoggio...loro non ci sono mai stati. L'unica cosa che hanno saputo dare a me e mia sorella sono i soldi, nient'altro, ma ho imparato ad accontentarmi di ciò, ho compreso che non posso pretendere qualcosa dai miei genitori se sono loro in primis a non volermi donare ciò di cui ho davvero bisogno. Sono io che ho amato mia sorella quando ne aveva bisogno, sono io che c'ero durante i suoi pianti, sono io che guardavo con lei i cartoni e sono io che ridevo e giocavo con lei, io che la mettevo a letto, io che le facevo da mangiare, io che le cantavo la ninna nanna ed ero sempre io che la coccolavo. Quando ero più piccolo c'era una signora che lavorava in casa nostra poi quando sono diventato abbastanza grande, secondo i miei genitori, ho iniziato a occuparmi io di mia sorella.

Ormai sono quasi arrivato al supermercato ma un urlo mi obbliga a fermarmi di colpo e schiacciare violentemente il piede sul freno. Dal finestrino vedo una ragazza bionda sdraiata a terra con le mani tese in avanti per proteggersi, davanti a lei c'è un uomo in piedi con una pistola in mano che tiene puntata contro il corpo della ragazza. Ma solo adesso riconosco chi è, i capelli biondo cenere e il giubbotto di pelle...è lei, è Gaia. Accosto violentemente, apro la portiera e corro, corro più forte che posso, sto andando nella direzione dell'uomo ma quando lui si accorge di me ormai io gli sono già addosso, l'ho placcato e buttato a terra, dal colpo la pistola gli è caduta lontano e io mi rialzo più velocemente che posso.

L'uomo è steso a terra dal dolore per la caduta violenta sull'asfalto e intanto mi avvio verso Gaia, ha un nuovo sfregio in viso rispetto all'ultima volta ma è sporco di asfalto e ricoperto di piccoli sassolini quindi credo che abbia sbattuto la guancia cadendo e anche le mani sono ridotte allo stesso modo, forse per attutire la caduta. La prendo in braccio e la tiro su da terra, la stringo a me attento a non farle male e vado velocemente verso l'auto. Quando la raggiungo metto Gaia sul sedile del passeggero e io vado a quello di guida, appena chiudo la portiera noto l'uomo che si è rialzato da terra e sta andando verso un suv nero allora schiaccio l'acceleratore e parto. Spero solo che non ci stia seguendo ma quando guardo dallo specchietto lo vedo dietro di noi.

<<Porca puttana>> Esclamo schiacciando ancora più forte il pedale.

<<A sinistra>> Afferma Gaia con un filo di voce. Svolto subito a sinistra e segue le altre indicazioni andando più veloce che posso. Passiamo attraverso delle vie piccole e strette in cui molto probabilmente il suv non è in grado di passare infatti dopo svariate svolte non lo vedo più dietro di noi. Per fortuna aggiungerei.

Non so cosa sta succedendo ma quando guardo Gaia la vedo ridotta malissimo, noto dettagli a cui prima non avevo fatto caso. Si sta tenendo il braccio e la sua giacca proprio in quel punto è sporca di sangue così come la sua coscia, devo portarla in ospedale. <<Gaia, devo portarti in ospedale. Devi indicarmi la strada>> Le dico. Io non so come arrivarci visto che non sono qua da molto.

<<No, portami a casa tua. Non sanno dove abiti>> Esclama, ma lei sta perdendo troppo sangue.

<<Gaia...>> Sto per ribattere ma lei mi interrompe subito bruscamente.

<<Ho detto di no. Se mi porti in ospedale io non esco viva da tutto questo, sarà uno dei primi posti dove mi cercheranno. Quindi per favore portami al sicuro>> Vedo la disperazione nei suoi occhi, sembra spaventata e mi sta quasi pregando di proteggerla o forse questo è il suo modo di chiedere aiuto. Non ha un posto dove può sentirsi protetta e sono io che ho il volante in mano, sono io che devo portarla da qualche parte, devo portarla al sicuro e l'unico posto è casa mia. I miei genitori non ci sono quindi non ci saranno complicanze. La strada per casa mia la conosco e non ci penso un secondo di più per avviarmi verso essa. Dopo tutto, questo è successo a causa mia. Se io non l'avessi cacciata di casa lei non sarebbe ridotta peggio di come già era. Devo rimediare in qualche modo.

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Ciao a tutti!
Mi dispiace tantissimo se avete dovuto aspettare tanto, beh molti mesi in realtà. Ma sono stata piena con la scuola ma appena ho potuto mi sono messa a scrivere.
Scusate se ci saranno eventuali errori e spero che il capitolo vi piaccia.
Ora metterò i prestavolto dei personaggi nuovi che si sono presentati in questo capitolo.
Aggiorno presto.

By L.D :)

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