Una famiglia normale pt.1
La strage di via Caravaggio, parte 1: "I fatti".
E' il 1975 e noi ci troviamo in Italia.
Mina è in vetta alle classifiche: "L'importante è finire" è una delle canzoni più ascoltate e sicuramente il brano di punta del suo disco "La Mina". Sono gli anni del compromesso storico, delle lotte femministe per il diritto all'aborto, delle brigate rosse e delle riforme sulla famiglia. Anni di fermento, di cambiamento continuo. E chissà cosa ne pensavano le famiglie per bene di tutti questi cambiamenti. Famiglie come quella dei Santangelo.
Napoli, quartiere di Fuorigrotta, precisamente Via Caravaggio 78. Al quarto piano abita la famiglia Santangelo composta da papà Domenico Santangelo 54 anni, sua moglie di seconde nozze Gemma Cenname di 50 anni e la di lui figlia, Angela Santangelo, 19 anni. Hanno poi un altro piccolo inquilino: Dick, il cane, uno yorkshire terrier. Come dicevo buona famiglia, la loro, se non fosse per quella piccola macchia di Domenico. Sì perché l'uomo, dopo aver lasciato il suo lavoro come capitano di lungo corso, aveva iniziato a lavorare per le imprese Lauro e fin qua nulla di male, se non che l'uomo nel 1971, dopo 12 anni, viene allontanato sulla base del sospetto di aver sottratto 28 milioni di lire all'impresa. Diciamo poi che i seguenti 4 anni sono un poco oscuri, almeno per quanto riguarda i proventi della famiglia. Domenico da allora non avrà più una occupazione fissa ed alle volte impegna i gioielli della sua ex moglie Eleonora Lo Cascio, morta anni prima, altre invece ricorre a prestiti erogati da Angela, sua figlia. Strana storia, in effetti, anche quella della sua prima moglie colpita da una malattia e morta per una iniezione sbagliata, praticata dal suo stesso marito Domenico. Ma a parte qualche piccolo scheletro nell'armadio, i Santangelo paiono una famiglia tutt'al più normale.
Bene se avessimo provato a suonare al campanello, ch'esso diciamo nella notte tra il 30 e il 31 Ottobre, sicuramente i Santangelo non ci avrebbero risposto, non solo perché sono una famiglia riservata come dicono i vicini, ma anche perché quella sera hanno già un'ospite a casa.
Facciamo un salto temporale adesso. E' l'otto Novembre 1975 e Mario Zarelli non ha notizie di sua zia Gemma da circa una settimana. Per questo dopo tutti quei giorni di silenzio si presenta al civico 78 di via Caravaggio insieme ai poliziotti della squadra mobile di Napoli. Suonano ripetutamente, ma nulla, nessuna risposta. Così un vigile del fuoco sale sulla scala mobile dei pompieri e forzando una finestra riesce ad entrare. L'appartamento è avvolto dalle tenebre e da un silenzio innaturale. Innaturale se si pensa al numero degli inquilini della casa e al fatto che Dick, come nuovamente riferiscono i vicini, abbaia spesso. Il buio e il silenzio però non sono gli elementi più disturbanti, l'odore lo è. Quell'odore acre, pungente, nauseabondo, che investe da subito il pompiere.
Muovendosi a tentoni nel labirintico appartamento di circa 200 metri quadri, finalmente il vigile del fuoco riesce a trovare il contatore della luce che a quanto pare era staccato e lo riaccende. Lo spettacolo che si presta ai suoi occhi farebbe impallidire qualsiasi sceneggiatore horror. L'uomo apre la porta di casa e permette anche a Mario e ai poliziotti, che intanto attendevano coi vicini sul pianerottolo, di godere di quel macabro spettacolo.
I pavimenti chiari sono macchiati di sangue, strisce nei corridoi e sale come se avessero trascinato pezzi di carne in giro per la casa. La polizia si aggira scioccata per l'appartamento e non ci vuole molto prima che si rendano conto della situazione.
Nella vasca da bagno giacciono, ammassati l'uno sull'altro, i corpi senza vita dei due coniugi. I due parzialmente immersi in acqua, probabilmente per rallentare il processo di decomposizione e nascosti da una coperta. Ad Angela invece è spettato un trattamento diverso. La ragazza è avvolta in un piumone e accasciata sul letto dei coniugi, anche lei in un bagno di sangue. L'unico a mancare all'appello è Dick, il cane. Per giorni nessuno sa che fine abbia fatto finché gli inquirenti non si accorgono che il piccolo cadavere era nella vasca, in fondo, sotto i corpi di Domenico e Gemma. Una svista, ma come dar loro torto davanti a tanto orrore.
Tre corpi, quattro, se si considera il piccolo cane. Una strage, la strage di via Caravaggio.
I giornali impazzano. Il Mattino, giornale Romano, il 9 Novembre 1975 titola "Marito, moglie e figlia sgozzati nella loro casa di via Caravaggio". Nei giorni successivi poi i titoli e le informazioni sommarie e spesso campate in aria che la stampa divulga aumentano. Gli inquirenti però un'idea già ce l'hanno, a partire dalla ricostruzione dei fatti.
La vicenda viene ricostruita infatti senza particolari contraddizioni. L'assassino è stato fatto entrare in casa, la sera del 30 ottobre. Si è soffermato nello studio con Domenico, che è stato il primo a soccombere. Un colpo con un corpo contundente e poi sgozzato con un coltello. Sulla scrivania viene ritrovato un bicchiere facendo presupporre che i due, vittima e carnefice, si fossero intrattenuti per un poco nello studio bevendo assieme, tesi avvalorata dal test alcolemico condotto su Domenico. Probabilmente la seconda vittima è stata il cane, soffocato nella coperta. Adesso però l'assassino è costretto ad eliminare i potenziali testimoni. Probabilmente si dirige in cucina dove si trova Gemma che non si è ancora seduta a tavola per mangiare, poiché la cena viene ritrovata ancora lì, sul tavolo. La donna viene colpita ferocemente con lo stesso corpo contundente e poi alla gola col coltello. Probabilmente a questo punto Angela, richiamata dalle grida e rumori esce dalla camera da letto e qui viene anche lei colpita in testa morendo sul colpo. Viene poi sgozzata post mortem e l'assassino ferocemente accoltella l'addome della giovane più e più volte. L'altra tesi è che l'assassino abbia prima colpito i tre con il corpo contundente e poi fatto un ultimo crudele giro col coltello, per essere certo che nessuno sopravvivesse. Il coltello a lama seghettata è stato probabilmente preso dalla cucina e abbandonato poi in casa ed anche il corpo contundente si pensa arrivi direttamente dallo studio, anche se in questo caso il killer pare se lo sia portato via. Ma non ha finito. Prende dalla cucina un paio di guanti di gomma e inizia la macabra processione dei cadaveri. Trascina Dick fino in bagno e lo adagia nella vasca, poi fa la stessa cosa con Domenico, trascinando l'uomo da una stanza all'altra lasciando una lunga scia di sangue. La stessa sorte tocca a Gemma che viene però trasportata grazie a una coperta ed infatti la scia di sangue risulta più ampia rispetto a quella del marito. Angela viene avvolta in una coperta e adagiata sul letto dei genitori. A questo punto si precipita in camera della ragazza, rovescia la sua borsa a terra e trafuga il diario di lei. Ruba anche dei soldi dalla borsa della Cenname e pare rubi anche una pistola che Santangelo deteneva. Gli inquirenti troveranno un asciugamano intriso di sangue abbandonato nella casa, forse usato per pulire il sangue o l'arma del delitto. Il mostro lascia poi dei mozziconi di sigaretta, marca Gitanes senza filtro, sul pavimento del salotto e sotto la finestra. Nel caos generale lascia anche delle impronte di scarpe intrise nel sangue, numero 41/42 e delle impronte insanguinate di mani sul davanzale della finestra del soggiorno. Tra l'altro si ipotizza possa portare gli occhiali perché sul luogo vengono trovati pezzi di vetro compatibili con lenti di occhiali da vista, forse rotti durante la colluttazione. Prima di uscire dall'appartamento l'assassino stacca la corrente e così a due orologi della casa alimentati a corrente si fermano dandoci l'ora esatta dell'allontanamento: le 5 di mattina.
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