Capitolo 3
Il forte scrosciare della pioggia mi sveglia durante la notte per l'ennesima volta.
Ancora non riesco a credere a ciò che è successo a quella stupida festa.
Prima sono impazzita e ho insultato Cassandra, poi ho litigato con Beth e l'ho allontanata e infine è arrivato quel ragazzo di cui so solo il nome.
Peter.
Guardo l'orologio: sono le 4,30.
Mi alzo dal letto, prendo l'ombrello e senza neanche togliermi il pigiama esco per fare una passeggiata.
Cammino lentamente fissando l'asfalto bagnato e assorbendo il rumore dei miei passi nelle pozzanghere.
Cosa c'è di sbagliato in me?
Perché nonostante i miei sforzi non riesco ad essere felice?
Forse, dopotutto, non mi sto impegnando più di tanto.
Vado al parco e mi siedo su una panchina.
Sento la stoffa dei pantaloni inzzuparsi e sussulto leggermente a contatto con l'acqua fredda.
Prendo un block notes, osservo per alcuni istanti la pagina bianca e poi inizio a scrivere.
Da sempre scrivere mi aiuta a riordinare le idee.
Scrivo della pioggia, delle stelle, degli alberi, di me.
Poi strappo il foglio in mille pezzi e li getto a terra.
In pochi secondi si fondono con l'acqua e scompaiono.
Guardo l'orologio: sono le 6,00.
Mi alzo dalla panchina bagnata e torno a casa.
Mi butto stremata sul letto e mi addormento profondamente iniziando a sognare.
C'è una ragazza dalla pelle scura che cammina incappucciata, non riesco riconoscerle il viso perché è girata di schiena.
"Hey!" Grido io per farmi sentire e lei inizia a correre.
Tutto intorno a noi c'è il nulla.
Inizio a rincorrerla ma lei va sempre più veloce.
Non sono mai stata brava nella corsa.
Ad un certo punto lei svanisce e compare un gatto nero di fronte a me.
Mi guarda curioso e allunga una zampa.
Io gli porgo una mano e lui rapidamente si trasforma.
Il suo pelo morbido diventa crespo e ispido e le sue zampette graziose mutano in possenti zampe dotate di grossi artigli sporgenti.
I suoi occhi sembrano infuocati e i suoi denti assomigliano a piccoli coltelli affilati.
Mi fissa per alcuni secondi poi chiudo gli occhi e mi ritrovo in camera a guardare il soffitto.
Era un sogno, nulla di reale.
Eppure sembrava così vero.
La ragazza, il gatto, la pantera.
Rabbrividisco al pensiero di quel terribile felino.
Sbatto alcune volte gli occhi per accertarmi di essere sveglia e decido di alzarmi.
Mi lavo e mi vesto rapidamente e poi mi dirigo alla caffetteria De Gasparis.
"Hey Sam, tutto okay?" Mi chiede Becca come sempre.
Io annuisco cercando di sembrare il più convincente possibile.
Lei mi fissa per alcuni secondi e poi si siede accanto a me.
La osservo alcuni secondi poi nizio a gustarmi il caffè che nel frattempo mi aveva portato.
"Non dovresti mentire a una tua amica" Dice tristemente lei.
Amica.
Lei mi considera sua amica.
"Si vede benissimo che sei stravolta. Dovresti riposare di più." Continua seria senza che io dica nulla.
"Sai, ultimamente credo di mentire anche a me stessa."
Rispondo sinceramente, per una volta.
Lei mi posa una mano sulla spalla e ma non dice nulla, resta in silenzio per alcuni secondi.
Dischiude le labbra come per aggiungere qualcosa ma si blocca, poi si alza e torna a lavorare.
Io me ne vado abbattuta dalla triste verità e inizio a vagare senza meta per la città.
Per fortuna ha smesso di piovere.
Cammino lentamente riflettendo sulla mia vita e sui miei innumerevoli fallimenti.
Ting. Ting. Ting.
Guardo le notifiche sul mio cellulare.
3 nuovi messaggi da Beth.
Spengo il telefono lo rimetto in borsa.
Le mie dita, però, incontrano qualcosa di nuovo.
Qualcosa che non mi ricordo di aver messo lì.
Un foglietto di carta stropicciato.
Lo prendo e mi torna in mente quella orribile festa.
Continuo a fissare incantata le stesse due righe che già avevo esaminato la sera precedente.
"Peter- 3465674978"
Cosa faccio, lo chiamo?
Ma che mi salta in mente, è ovvio che non lo chiamerò mai.
Però mi ha fatto sentire viva.
Si e poi se n'è andato via.
Mi ha lasciato un biglietto.
Non è forse quello che fanno tutti?
Non mi interessa, ora lo chiamo, tanto non ho nulla da perdere no?
Digito rapidamente i numeri sulla tastiera e premo il tasto verde.
"Pronto?" Dice una vice maschile dall'altra parte.
Cosa gli dico ora?
Che stupida idea telefonargli.
Non posso.
"Pronto?" Insiste lui.
Premo istintivamente il tasto rosso.
Sono penosa.
Ricomincio a camminare come una vagabonda.
Pochi minuti dopo mi squilla il telefono.
Numero sconosciuto.
Decido di rispondere comunque.
"Pronto?"
"Ah ecco chi era!" Esclama una voce maschile divertita.
"Come scusa?"
"Mi chiedevo chi fosse la stupida che chiama per poi riattaccare subito." Spiega con tranquillità senza badare al fatto che mi ha appena insultato e così faccio io.
"Come facevi a sapere che era una ra.."
"Aspettavo che chiamassi" Mi interrompe allegro.
"Ti ricordi di me?"
"Ovvio, sei la ragazza a cui non piacciono le feste"
"Io non...a me piacciono le feste" Cerco di sembrare convincente.
"Tranquilla, nemmeno a me piacciono."
Sospiro, forse lui, di me, ha già capito tutto.
"Allora che ne dici di vederci più tardi per un caffè?" Mi chiede con gentilezza.
"Non lo so, forse"
"10,30 Caffè Vittoria, se vieni mi dirai il tuo nome se no smetterò di cercarti."Chiude la chiamata.
Guardo l'ora: sono le 10, devo assolutamente tornare a casa.
Inizio a correre senza nemmeno sapere il perché, dopotutto non ho ancora deciso se andare o no all'appuntamento.
Raggiungo il palazzo in pochi minuti, mi butto sotto la doccia e mi vesto rapidamente.
Sono le 10,20; ho ancora alcuni minuti per decidere se andare o no all'appuntamento.
Rimango seduta sul divano a fissare il muro per un tempo indefinito finché non prendo una decisione.
"Ci vado!" Esclamo entusiasta alzandomi di scatto.
Raggiungo il luogo prestabilito in pochi minuti e lo vedo.
È seduto ad un tavolo con due posti e si guarda attorno tranquillamente mentre sorseggia una limonata.
Non mi ha vista, o forse non mi ha riconosciuta.
Io mi avvicino e mi siedo di fronte a lui.
"Hey" Lo saluto cordialmente.
"Ah allora sei venuta!" Esclama entusiasta.
"A quanto pare"
"Allora qual è il tuo nome?"
"Samanta"
"Piacere Samanta io sono Peter, Pet per gli amici."
Io sorrido cercando di sembrare felice.
"Allora Samanta come va? insomma spero meglio dell'altra sera." Mi fa l'occhiolino e dentro di me lo odio.
Perché deve essere così allegro e spensierato.
Perché deve sforzarsi così tanto di sembrare perfetto.
Vorrei tanto dirgli che non c'è bisogno che finga perché tanto io so che tutti nascondono un dolore ma sento che non è il momento giusto.
"Tutto bene" Rispondo come sempre.
"Menti"
"Come prego?"
"Stai mentendo!"
Okay, ultimamente se ne stanno accorgendo tutti.
Posso capire Becca che mi conosce da un po' ma questo idiota qui come fa a sapere che sto male?
Mi innervosisco, odio quando gli altri riescono a capire ciò che provo.
"Come vuoi tu" Mi fingo disinteressata.
Dopo alcuni minuti ricomincia a parlare.
"L'altro giorno ho visto una cosa strana."
Sembra serio.
Mi guarda ma non conclude il racconto.
"E quindi?" Lo incito a proseguire.
"E niente, era strana"
Scoppia a ridere e io sbuffo per la sua stupidità.
Continua a ridere di gusto e fatico a credere che un ragazzo della sua età possa divertirsi con così poco.
Improvvisamente smette di ridere e cala un improvviso silenzio.
Senza volerlo inizio a fissare i suoi occhi azzurri.
Sembrano delle piccole pietre preziose.
Ieri sera non avevo notato.che fossero così belli.
"Mi stai fissando di nuovo per caso?"
Dice all'improvviso rompendo il silenzio.
"Io... non"
Scoppia a ridere e ordina due caffè mentre io arrossisco e cerco di distrarmi.
"Ti va di fare un gioco?" Mi chiede dopo aver bevuto la miscela calda.
"Dipende da quale gioco."
"Le 5 domande; tu rispondi sinceramente a 5 mie domande e io farò lo stesso."
Che gioco stupido.
Non lo voglio fare.
Non posso raccontare ad uno sconosciuto ciò che vuole.
Se rifiuto però penserà che nascondo qualcosa e cercherà di capire cosa.
"Okey, inizi tu però."
Lui annuisce e sorride in attesa della mia prima domanda.
"Cosa fai nella vita?"
"Per ora lavoro in un negozio di musica"
"Quanti hanni hai?"
"23"
Cavoli, pensavo fosse più giovane.
Ma in fondo ha soltanto qualche anno in più di me.
"Passatempi?"
"Dunque, mi piace giocare a basket, andare in bici la mattina presto, cantare, leggere..."
"Sei di qua?"
"No, ma mi sono trasferito da alcuni anni; ultima domanda..."
"Perché ti trovavi a quella festa?"
"Dovevo accompagnare alcuni amici"
Sospiro.
Ora tocca a me.
Lui sorride sempre di più e pensa divertito ad una domanda da farmi.
"Okay, iniziamo. Sogni?"
"Come?"
"Ti ho chiesto se sogni."
"Si, emh, a volte..."
Ma che razza di domanda è?
"Cosa ti dà piu fastidio delle persone?"
Ci penso un attimo e poi rispondo incerta.
"L'ipocrisia; si, l'ipocrisia; in fondo simo tutti uguali, siamo tutti accomunati dagli stessi difetti e dallo stesso destino per cui è presuntuoso pensare di essere diversi e permettersi di giudicare gli altri."
Lui ascolta con attenzione le mie risposte e poi procede con la domanda successiva.
"Cosa fai nella vita?"
"Frequento il secondo anno alla facoltà di lettere. Mi mantengo con alcuni lavoretti qua e là."
"Una parola per descriverti?"
Okay, questa è difficile.
Come potrei descrivermi con una parola quando sono allo stesso tempo più parole diverse?
Ci penso attentamente determinata a trovare una parola perfetta per descrivermi.
"Sabbia"
Lui annuisce e mi invita spiegare.
"Sono un granello di sabbia in balia del vento" Sussuro appena ma lui capisce lo stesso.
"Che belle parole per una frase così triste..."
Io annuisco silenziosa per fargli capire che non voglio continuare il discorso.
Non mi piace la piaga che sta prendendo questo gioco.
Lui però continua.
"È un peccato che una ragazza come te sia così triste."
"Io non sono triste, sono solo... persa." Ammetto a basa voce sperando che non mi abbia sentito.
"Allora il mio obiettivo sarà ritrovarti."
Mi fa l'occhiolino e sorride allegro.
"Ora devo andare, ci si vede Samanta!"
Si dirige alla cassa per pagare e se ne va salutandomi con un rapido gesto del mano.
Io rimango lì ancora un po' confusa e poi torno a casa.
Faccio appena in tempo a posare le chiavi che sento il telefono vibrare.
Ancora Beth.
Questa volta apro Whatsapp.
» Hey Sam...
» Dai non fare così ti ho già chiesto scusa...
» Senti mi dispiace okay, ho sbagliato, ecco, l'ho detto, ora però ti prego smettila di tenere il broncio come una bambina.
» Eddai Sam! Non puoi passare la tua esistenza a deprimerti desiderando una vita migliore perché così non la otterrai mai.
« Cosa ti importa? E poi non ho nient'altro da fare.
» Ma cosa dici Sam?! Hai l'università, la scrittura, hai me e a me importa di te!
« Cristo quanto sei odiosa quando fai così, meno male che non sei mia madre!
Sbuffo e butto il telefono sul divano ignorando le notifiche.
Apro un pacco di pop corn e inizio a deprimermi veramente.
Passo il resto della giornata a poltrire sul divano cercando di non pensare a Beth ma più mi impongo di dimenticare le sue parole più mi rendo conto di quanto abbia maledettamente ragione.
Chiudo gli occhi e mi addormento.
Vedo un corridoio pieno di porte.
Sono tutte diverse e numerate.
"4505" "4506" "4507" "4508"
Cammino e più avanzo più il
corridoio mi sembra infinito.
Cerco di entrare in una porta ma i miei piedi continuano a camminare verso la fine del corridoio.
Non riesco più a controllare il mio corpo.
All'improvviso tutte le porte si aprono al mio passaggio e svelano vari scenari differenti.
Attraverso alcune si vede il mare, in altre si può scorgere un quartiere malfamato e in altre ancora un sentiero di montagna.
Non posso raggiungerle però perché continuo ad avanzare senza sosta, all'infinito.
Mi sento vuota, senza scopo e senza via di fuga.
Poi il pavimento svanisce e inizio a cadere.
Mi risveglio tutta sudata.
Guardo l'ora: sono le 12,15.
Come ho fatto a dormire così tanto?
Fisso un po' lo schermo nero della televisione e cerco di ricordare cosa ho fatto il giorno precedente.
La visita a Becca, l'appuntamento con Peter, la litigata con Beth e poi nulla.
Non posso continuare a lasciarmi trasportare così.
Devo reagire.
Ma non ci riesco.
Non posso.
Il suo ricordo è ancora vivo dentro di me.
La sua voce, il suo carattere a metà tra il mio e quello allegro e vivace di mia madre.
Il suo stile.
Voleva fare la fotografa.
Aveva una grande voglia di vivere, di rischiare e poi puf, eccola lì la sua voglia di vivere, la sua voglia di rischiare, eccola lì morta nel suo stesso letto.
Ancora non ci credo che si sia suicidata.
Sospiro.
Mi alzo e cerco di assumere un aspetto da persona viva, poi faccio colazione e vado a fare un giro in centro.
È da 6 mesi che non frequento più i corsi regolarmente, dalla sua morte.
Ormai ho iniziato veramente a prendere in considerazione l'idea di mollare l'università.
Cerco di distrarmi guardando le vetrine ma i manichini e i vestiti colorati mi ricordano sempre di più lei e la sua energia contagiosa.
Dopo un po' decido di tornare a casa.
Apro la porta, butto le chiavi sul tavolo, poso la borsetta e vado in camera.
Mi immobilizzo, c'è Beth stesa sul letto che legge un libro con aria tranquilla.
"Ah eccoti, sono venuta per darti questo ma non c'eri, così ho pensato di aspettarti" Spiega allegramente indicando un pacchetto.
Quasi dimenticavo che le avevo dato una copia delle chiavi.
Vedendo che non reagisco continua "Oggi è il tuo compleanno! Auguri vecchiona!"
Oggi è il mio compleanno.
Oggi è il 24 settembre.
Oggi compio 21 anni.
Me n'ero completamente a scordata.
"Grazie Beth non dovevi!" Mi sciolgo.
È incredibile come una persona possa essere arrabbiata e odiosa il giorno prima e dolce e gentile il giorno dopo.
Beth ci riesce e fa sentire così anche me.
Per esempio, ora mi è impossibile continuare ad essere arrabbiata con lei perché è semplicemente adorabile mentre mi prega con lo sguardo di perdonarla.
Indica il pacco ancora imballato e mi invita ad aprirlo.
Io eseguo i suoi ordini felice.
Scarto rapidamente l'involucro e rimango stupita dal contenuto.
È un album fotografico con scritto "Sam e Beth, amiche per sempre".
Lo apro delicatamente e le lacrime mi iniziano a scendere lente e dense.
Ma è un pianto dolce, liberatorio, felice.
Sfoglio commossa le pagine godendomi ogni singola fotografia di noi due.
Mi riaffiorano tutti i ricordi.
Quando siamo andate al mare insieme, quando abbiamo fatto la passeggiata a cavallo, quando abbiamo vinto la partita di pallavolo al centro estivo, quando ci siamo vestite uguali per una settimana, quando abbiamo fatto per la prima volta una torta....
"Ommioddio, Beth, è bellissimo" mormoro a fatica per colpa delle lacrime.
Lei mi abbraccia e le nostre divergenze vengono dimenticate.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top