Capitolo 2

"Mi dispiace, non volevo costringerti a indossarlo!" Mormora Beth appena nota il mio vestito.

"È tutto okay Beth" .
Cerco di rassicurarla ma il mio tono risulta poco convincente.

Annuisce e osserva dritto davanti a lei, probabilmente persa nei suoi pensieri.

É particolarmente graziosa questa sera.
I suoi capelli neri lunghi e mossi sono raccolti in un vaporoso chignon che la fa sembrare una ballerina.
Indossa un bellissimo vestito blu che si intona perfettamente con i suoi grandi occhi azzurri valorizzati dal mascara.

Dopo un po' si ridesta, sorride allegra e inizia a trascinarmi per un braccio, lamentandosi della mia lentezza.
Si ferma di fronte ad una villetta ben nascosta ad una decina di minuti da casa mia.

"Eccoci!" Decreta ansiosa ed entusiasta.

Io osservo attentamente tutte le finestre e ne noto alcune ben illuminate da cui proviene musica ad alto volume.

Per un momento mi viene la nausea pensando a quanta gente ci sarà, poi entriamo e tutti i pensieri se ne vanno.

Rimango completamente vuota per alcuni minuti, in ansia.

Di fronte a me ci sono un mucchio di ragazzi ubriachi che vengono affiancati da altrettante ragazze poco vestite che ballano allegramente.

Tutto è confuso, si riescono vedere solo alcuni volti sudati illuminati a scatti dalle luci stroboscopiche.

I miei occhi scannerizzano rapidamente l'area e individuano una postazione tranquilla: alcune sedie solitarie non lontano dal tavolo con gli alcolici e le bibite.

"Chi abita qui?" Chiedo urlando a Beth che si sta per buttare nella mischia.
"Non so lo, divertiti!" Mi risponde fugacemente prima di scomparire tra la folla.

Io mi dirigo indisturbata verso le sedie che avevo già adocchiato e passo buona parte della serata seduta in disparte.

Non voglio che nessuno mi parli per non dover pensare alle risposte.

"Posso offrirti un drink?" Mi chiede una voce di cui devo ancora capire la provenienza.

Mi volto e vedo accanto a me un ragazzo magro con i capelli biondi e gli occhi chiari che mi sorride allegro.

"Non sono il tipo mi dispiace per te" Rispondo secca osservando le ragazze mezze nude che danno spettacolo su trampoli da circo, che sembrano più strumenti di tortura che scarpe eleganti.

"Non sei il tipo per cosa scusa, un drink? Non soffri la sete tu per caso?" Continua lui divertito dalla mia reazione.

Quanto odio i ragazzi montati che credono di avere il mondo ai piedi e pensano che tutti siano interessati a loro.

"No, non sono il tipo di ragazza che ha voglia di perdere tempo con uno come te"

Forse sono stata un po' troppo acida.
Ecco, ora sarà sicuramente arrabbiato.

Rimane alcuni secondi a fissarmi poi inizia a ridere.

Aspetta, perché sta ridendo?
Non dovrebbe essere incavolato, offeso o almeno irritato dalla mia impertinenza?

Io lo sarei.

"E che tipo di ragazza sei allora?"

Ora sembra quasi interessato a ciò che ho da dire.
Che la mia prima impressione sia stata sbagliata?

Aspetto alcuni secondi prima di rispondere.

Che tipo di ragazza sono?

Sola?
No, non direi, ho Beth e ogni tanto mi piace stare per conto mio per riflettere e riposarmi.

Insensibile?
No, assolutamente no, so come ci si sente ad essere feriti e sto sempre attenta a non ferire gli altri.

Noiosa?
No, o almeno spero, mi piace divertirmi e passare il tempo in compagnia.

Distrutta?
No, non ancora, ma a volte sento di esserci vicina.

Allora cosa sono?

Sto attenta a non guardarlo e il mio sguardo vaga per la stanza mentre cerco di trovare una risposta soddisfacente.

Persa.

Mi giro per rispondere ma il ragazzo non c'è più.

Avrà pensato che lo stessi ignorando.

Sospiro e mi alzo per andare a cercare Beth.

"Hey, guarda chi si rivede!
Da quanti anni! Samanta Clarens!" Esclama una delle ragazze tutte tirate che tanto disprezzo.

Non riesco ad associare quella voce leggermente fastidiosa a nessun volto a me noto.

Poi le luci illuminano per alcuni secondi il suo viso truccato.

Mi irrigidisco immediatamente e trattengo a stento una smorfia.

È proprio lei, Cassandra Baggins.
Mi sembra di aver visto un fantasma.

Era dal terzo anno di liceo che non la vedevo; mi ero quasi scordata i suoi commenti sprezzanti e il suo profumo nauseante.

"Tutta sola oggi? La tua ingenua sorellina non ti ha voluto seguire?"

Un fremito di rabbia mi percorre e per un secondo, l'avrei potuta uccidere, avrei avuto la forza di farlo veramente.

Poi mi rilasso e penso che non lo sapeva, e come avrebbe potuto, si era trasferita in un'altra città prima che succedesse.

Cerco di parlare ma la voce mi si spezza in gola.

Rivivo il momento in cui sono entrata in camera e l'ho trovata stesa e immobile sul letto, il funerale, le misere condoglianze che tutti facevano solo per togliersi un peso, che in fondo non sentivamo veramente, i miei eterni e struggenti pianti solitari, le frasi rivolte a lei iniziate e interrotte a metà, gli sguardi di tutti che cercavano di aiutarmi e mi facevano sentire ancora più sola e inutile.

"Un lieve caso di depressione, comune negli adolescenti che subiscono gravi perdite, passerà da solo" questo aveva detto lo psicologo da cui mi aveva portato mia madre.
Così ora sono costretta a fingere che tutto sia passato per non ritornare sotto analisi.

Un brivido freddo mi percorre, i muscoli iniziano a cedere, la testa a girare.

Per non fare sciocchezze la saluto cordialmente senza accennare alla morte di mia sorella e vado a prendere una birra.

La sorseggio lentamente gustandomi tutto il suo sapore cercando di ritrovare la mia postazione.

Il peggio è passato.
O almeno credo.

Vedo quella serpe che si avvicina con aria ansiosa, come se fosse stata obbligata da sua madre a fare qualcosa che non voleva o di cui non le importava.

"Mi dispiace Sam, non sapevo che tua sorella non ci fosse più, scusami." Dice fingendosi triste.

Non ce la posso fare.

"Ti dispiace?" Inizio io.

"Si non sai quanto".

La sua voce è ancora più odiosa di come la ricordassi.

"Ah si? Ma non ti dispiaceva quando la prendevi in giro e quando la giudicavi senza nemmeno conoscerla, o mi sbaglio?!" Urlo ma la mia voce si sente a malapena a causa della musica alta.

Mi sento scoppiare dentro una tale rabbia e credo di non riuscire più a trattenermi, forse anche per colpa della birra.

Mia sorella aveva un anno in più di me, esattamente come Cassandra, loro erano nella stessa classe al liceo ma non andavano per niente d'accordo.

"Sono passati anni Samanta non fare la bambina, ormai ti ho già detto che mi dispiace" mi rimprovera lei con aria saccente.

"Non me faccio niente del tuo finto dispiacere, dicono tutti che gli dispiace ma la verità è ormai se la sono tutti dimenticata, tutti tranne me che non potrò mai riaverla accanto!"

Scoppio a piangere con un misto tra furia e tristezza.

Arriva Beth che ha visto Cassandra venire verso di me.
"Hey che succede Sam, perché piangi? Cosa ti ha detto quella vipera?"

"Io? Io non le ho fatto niente, è lei che ha iniziato ad urlare come una pazza" Si discolpa Cassandra girando i tacchi e sculettando via.

"Aspetta, mi hai appena dato della vipera?" Si volta di scatto indispettita.

Beth la fulmina con lo sguardo per poi riprendere a parlare con me.

"Mi dispiace Sam non credevo venisse" Cerca di scusarsi Beth sentendosi in colpa.

"Aspetta tu sai di chi è questa casa, non è vero? Perché mi hai mentito?!"

"Scusa ma se ti avessi detto che era di Lucas Fletcher non saresti di certo venuta." Sbotta lei rendendosi conto solo dopo dell'errore.

Il mio corpo smette di funzionare per alcuni interminabili istanti.

Lucas Fletcher?!
Quel Lucas Fletcher?
Quello che mi ha perseguitato e preso in giro per tutto il liceo solo perché avevo rifiutato di essere la sua ragazza?

Non ci posso credere, come ha potuto Beth mentirmi su una cosa del genere, insomma se me l'avesse detto non sarei venuta di certo ma per un buon motivo, o almeno così mi sembra.

"Vattene!" Ordino fredda.

"Scusami Sam, ti prego non fare così!" Mi implora ma il mio orgoglio deve vincere a tutti i costi.

"Vattene!"

Lei assorbe il colpo e se ne va tremendamente dispiaciuta e pentita.

Non so se riuscirò a non perdonarla ma sicuramente non oggi ne domani, insomma, ho ancora una dignità.

Esco in giardino con una birra ben salda in mano e mi siedo per terra in una zona isolata per riflettere.

Forse domani il senso di colpa mi corroderà e forse non dovrei bere ancora ma in questo momento la mia mente è accecata dalla delusione.

Sapevo che era una pessima idea venire alla festa.

Non mi sono di certo divertita, ho dato spettacolo come al solito e in più ho perso Beth.

Anche se non voglio pensarci so che in realtà è colpa mia, ma ormai è fatta e non posso tornare indietro.

Tra un pensiero e l'altro sorseggio avidamente la bottiglia di birra e mi fermo a guardare il cielo stellato.

"Se volevi una bottiglia tutta per te bastava dirlo eh!"

Mi giro e lo vedo.

Di nuovo lui, il ficcanaso di prima.

Come ha fatto a trovarmi in giardino?

Odio quando la gente interrompe i miei momenti riflessivi e malinconici e odio gli insistenti ma ora sono troppo stanca per provare sentimenti come la rabbia.

Non ho voglia di parlare ma nemmeno di stare da sola per insultarmi e rattristarmi di più così faccio spallucce e mi sdraio a terra.

Lui mi imita e si posiziona poco distante da me.

Dopo alcuni minuti di silenzio inizia a parlare pacatamente:
"Ho sempre amato le stelle, sembrano tante persone che festeggiano allegramente."

Non so cosa dire, non mi aspettavo che da un idiota come quello uscissero anche frasi così poetiche.

Sospiro e, per una volta, mi lascio andare.

"A me ricordano anime perse, esiliate dal mondo"

Perché devo essere sempre così malinconica?
Ah già, forse perché sono depressa in fondo.

"Non ci avevo mai pensato."

Non mi aspettavo una risposta, perchè quella era una risposta giusto?
Qualcuno sta rispondendo alle mie fantasticherie, a qualcuno interessano i miei pensieri.

A qualcuno che non sia Rebecca o Elisabeth.
Già Elisabeth.
L'ho persa.

"Perché sei uscita dalla festa?" Mi chiede all'improvviso.

Questa volta non me la sento, non rispondo.

"E tu, perché sei uscito?" Ribatto come se avessi già risposto alla sua domanda.

"Mi annoiavo" Risponde sincero lui facendo spallucce.

Mi giro a guardarlo veramente per la prima volta.

È giovane, avrà si e no la mia stessa età.

Sembra intelligente, nonostante dalla sua espressione trapassi soltanto divertimento.

I suoi occhi sono di un azzurro limpido con alcune sfumature più scure.

Ha la testa appoggiata ad una mano con cui si frega i capelli ribelli.

Al contrario della maggior parte degli altri ragazzi presenti alla festa lui ha un aspetto rilassato e pacifico.

"Perché mi fissi?" Chiede lui ridendo tra se e se.

Io sussulto.
Cavolo lo ha notato.

"Io..ehm.. scusa è che non parlo con un estraneo da un po' di tempo..."

Eh?! Ma che diavolo sto dicendo?!

Forse sto impazzendo.
Se è questo l'effetto delle feste non ci andrò mai più, tanto probabilmente senza Beth non ci sarei veramente mai più andata.

Ecco che ritorna la depressione, ecco che ritorna il ricordo di quello che ho detto a Beth.

"Certo che sei strana!" Sbotta lui ad un certo punto ridacchiando di gusto.

Cosa ho fatto ora di male?
Perché quel ragazzo ride così tanto?

Fastidioso, dannatamente fastidioso.

"Allora perché sei venuto a parlarmi se mi trovi strana? Ci sono un sacco di ragazze lì dentro" Rispondo seccata per il suo modo di fare.

Ride ancora.
Dannazione quanto lo odio quando ride come uno scemo.

"Smettila" Dico infastidita.

Lui continua indisturbato come se non lo avessi appena rimproverato.

"Certo che proprio non capisci, io non voglio parlare con loro voglio parlare con te".

Mi immobilizzo.
Non è possibile.
C'è davvero qualcuno che vuole passare del tempo con me?

"Tu non mi conosci"
Una nota triste attraversa il viso mentre pronuncio queste ultime parole.

"No ma voglio conoscerti, per questo sono qui"

Mi fa l'occhiolino.

Mi fa quasi tenerezza il fatto che nonostante io continui a rifiutarlo non smetta di provarci.

"Non capisci."

"No, sei tu che non capisci, io voglio parlare con te proprio perché non sei come le altre, proprio perché hai nuove cose da raccontare."

Questo mi spiazza.
Non dico niente, osservo il cielo e così fa anche lui.

Forse, per la seconda volta nella mia vita, non ho capito
una persona.

Vorrei chiedergli chi sia o il perché si trovi a quella festa, ma temo di interrompere la magica atmosfera che si è creata.

Nessuno dei due parla più.

Siamo vicini e legati dall'emozione che si prova osservando quel magico cielo stellato ma allo stesso tempo lontani ed estranei.

Dopo mezz'ora di rilassante silenzio lui si alza e mi porge un foglietto con scritto il suo nome e un numero di telefono.

"Chiamami se ti va di parlare."
Si alza e se ne va a passo rilassato.

Io non dico niente ma guardo il biglietto come se ci fosse scritto chissà quale segreto e noto che il suo nome è Peter.

Infilo il pezzo di carta in tasca e sospiro.

Per mezz'ora mi sono sentita di nuovo felice.

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