¡Testo e copertina vincente! Prima Edizione >.<

(ChiusaNellaMiaMente: avviso i gentili lettori che la lettura sarebbe più graditase lo sfondo fosse bianco. Grazie e scusate :D)

Vi ricordate quel piccolo ometto tarchiato che lavorava nella bottega del legno presente nella Strada del Sidro?

Un po' tutti i bambini del paese avevano visto quel signore con le mani tozze e callose, un grande sorriso avorio e i baffetti argentei, che parevano esser stati dipinti da Giotto in persona.
Il viso era solcato da profonde rughe, e nonostante rassomigliasse ai tanti anziani che vivevano in quel paesino sperduto della Bassa Normandia, il suo aspetto era... diverso rispetto a quello severo dei vecchi di paese, e questo lo rendeva una specie di "nonno di tutti".

Era proprio così che Elie e gli altri ragazzi del borgo avevano etichettato quel vecchio, visto come si comportava. Era in grado di aggiustare qualsiasi oggetto si fosse posato sul suo bancone, dai mobili ai giocattoli, fino ad arrivare agli strumenti musicali e alla chincaglieria da cucina.
Ma in fondo, era questo ciò che un semplice falegname doveva fare.

Ma mai Elie si sarebbe immaginato come quell'anziano signore, così tranquillo, tanto semplice non fosse.

•Primavera•

L'alba iniziava ad annunciarsi nel cielo.
Il sole faceva capolino da dietro le valli, irradiando di una flebile luce i tetti a punta delle case e i balconcini stracolmi di gerani.
In città si respirava un piacevole odore di ciliegie (proveniente probabilmente dall'albero presente nel parco) e di cannella, causato dai budini di riso al latte (i cosiddetti teurgoule) appena usciti dal forno della pasticceria del corso.
Era come se, per tutto l'inverno precedente, la città fosse stata "in letargo", e si fosse risvegliata in quella profumata giornata di marzo.

Lo stesso Elie notava la differenza di quel giorno rispetto ai precedenti, a partire da sua madre, che gli aveva preparato una colazione più dolce e sostanziosa del solito cornetto insapore del supermercato, e sul suo viso pareva esserci un sorriso rilassato e dolce, simile a quello del vecchio della falegnameria.

Distrattamente, il ragazzo gettò uno sguardo all'orologio di legno della cucina e si accorse di essere in ritardo per la scuola. Addentò in fretta e furia il toast al miele, e bevve tutto d'un sorso il succo d'arancia lasciando senza parole la madre, la quale era abituata a vederlo mangiare con calma.

Elie corse su per le scale rischiando di cadere a causa del tappeto davanti a queste, e raggiunse la sua camera. Prese le prime cose che gli capitarono sotto mano e, dopo essersi fatto tutta la rampa scivolando lungo il passamano, afferrò lo zaino malamente buttato ai piedi della porta, diede un bacio impacciato sulle guance rosee di sua madre e uscì di casa.

Lo zaino dietro di lui sobbalzava, sbilanciandolo più volte e generando le risatine di alcuni vecchietti della Strada.

Si accorse improvvisamente di essersi dimenticato la merenda a casa, quindi passò al volo dalla pasticceria per prendere un muffin. La pasticcera, Coline, era una ragazza di circa vent'anni, sempre sorridente e disponibile con tutti. Era la proprietaria della "Boulangerie Beval" che gestiva insieme alla madre Odette. Appena Elie varcò la soglia, lei rise, forse perché si aspettava la visita del ragazzo. Gli mise il muffin in una busta di carta insieme a due biscottini all'anice gratis. Lui pagò, e riprese la solita corsa verso la scuola.

Può sembrare stupida come abitudine, ma tutte le volte che Elie correva, soleva osservare i negozi che si trovavano lungo la strada che percorreva. Anche ora che era in ritardo, rivolse uno sguardo alla sua destra: dopo la pasticceria si trovavano in ordine l'edicola, il fruttivendolo, il parrucchiere, il pescivendolo e il falegname. Tutti questi negozi erano divise dalle classiche case a graticcio con balconi variopinti.

L'attenzione di Elie fu attratta in particolare dall'ultimo negozietto della strada, prima di arrivare davanti al cancello della scuola. Era una bottega, fatta interamente di legno, con una vetrata che lasciava intravedere l'interno del locale. Appeso vicino alla porta c'era un campanellino di ottone collegato alla porta. Il ragazzo passò una mano sul vetro per togliere le goccioline condensate. Nonostante il sole fosse alto in cielo, faceva ancora molto freddo. Elie appoggiò il naso sul vetro freddo, e appena l'anziano falegname vide quei capelli color carota e quel volto spruzzato di lentiggini letteralmente spiaccicato sul vetro, sorrise.

Elie si ritrasse subito, e sentendo il suono della campana corse più veloce che poté. Aprì i cancelli e si precipitò verso l'edificio. Una volta entrato nella sua classe, beccandosi la nota per il ritardo e lo sguardo di disapprovazione del professore, si sedette in fondo all'aula e si preparò a passare le 6 ore giornaliere dentro quella noiosa aula.

Il giorno seguente, Elie si fermò nuovamente ad osservare l'ometto nella falegnameria. Fortunatamente, quella giornata non era particolarmente umida, e quindi riusciva a vedere l'interno della bottega anche senza appoggiare la faccia sul vetro. Il vecchio gli rivolse uno sguardo dolce, ma Elie non ci fece caso. Stava osservando il lavoro del signore. Stava fabbricando un orologio a cucù, partendo da pezzo di legno. Il ragazzo lo osservava attentamente, mentre intagliava, levigava e scartavetrava il legno, dandogli la forma di una casetta a punta.

La campana suonò, ed Elie si trovò costretto a correre nuovamente verso la scuola.

Ogni giorno passava davanti alla falegnameria per ammirare il lavoro dell'uomo. Di volta in volta, vedeva l'orologio a cucù sempre più rifinito finché, in una calda giornata di maggio, poté ammirarlo finito. Era domenica, cioè niente scuola. La mamma di Elie stava comprando del pesce, e quindi lui riuscì a dare uno sguardo alla bottega. Il frutto di tante ore spese ad intagliare legno era tutto concentrato in quell'oggetto di legno che a molti poteva sembrare un semplice orologio, ma per chi aveva visto tutto il lavoro che c'era dietro, come Elie, poteva ben immagine che per quel vecchio ciò che aveva realizzato non era solo un cucù. Il falegname parve compiaciuto della sua reazione davanti alla vetrina, infatti sorrise e lo invitò ad entrare. Elie dovette rifiutare, perché sua madre aveva finito di fare compere.

Sapeva però che quella non sarebbe stata l'ultima volta che il falegname gli avrebbe chiesto d'entrare. Si sarebbe fermato tante di quelle volte, che alla fine sarebbe stato costretto ad entrare semplicemente per vedere un anziano signore che lavorava il legno.

•Estate•

-Ti va di entrare, ragazzo?-

Elie venne un po' scosso a quella domanda. Come ogni mattina, stava fissando la vetrina della falegnameria, questa volta senza avere la seccatura del vetro appannato, vista la calda giornata di giugno. Il vecchietto lo osservava sorridendo, forse leggermente sorpreso alla sua reazione. Ormai conosceva a memoria la faccia di quel ragazzino, e lo sguardo pieno di ammirazione che si dipingeva sul sul volto mentre osservava il falegname. Il signore, di conseguenza, non poteva essere più contento. Nessuno si era mai fermato ad osservarlo con tale perseveranza e con gli occhi, letteralmente parlando, che luccicavano.

Elie arrossì di colpo. Non era mai stato un ragazzo particolarmente loquace ed incline a parlare con gente che non conosceva. Ma in quel caso, poteva fare un'eccezione.
-Con permesso, sì, mi piacerebbe molto- rispose balbettando.
Il vecchio rise e gli mise una di quelle grandi mani sulla spalla.
Lo condusse davanti alla porta del negozio ed estrasse dalle sue tasche un enorme anello di ottone con tantissime chiavi. Elie ne contò circa 30. Prese quella più grande e la infilò nella toppa arrugginita della porta, provocando il classico scricchiolio metallico.
Essa si aprì ed il ragazzo poté finalmente entrare in quell'enorme mondo che aveva sempre osservato dietro una lastra di vetro. Quella stanza era interamente fatta di legno, e appesi alle pareti c'erano tanti orologi, strumenti musicali, attrezzi interamente in legno. Gli stessi mobili da lavoro erano stati fabbricati dal falegname stesso.

Elie si avvicinò alle pareti, ed osservò tutte quelle chitarre, quei pianoforti, quegli orologi e quei mobili artigianali. Emanavano un fascino unico, e nonostante il materiale utilizzato fosse grezzo, la lacca dura e lucida riusciva a "farlo risplendere" per davvero.

-Puoi toccarli, se vuoi- una voce giunse alle spalle di Elie. Lui sussultò, questa volta meno vistosamente di prima, e si avvicinò alla chitarra. La strimpellò un po': non era mai stato troppo attento alle lezioni di musica e tutte le nozioni che sapeva le aveva apprese dal padre musicista.

-Ora che ci penso- disse il vecchio d'un tratto -io non conosco il tuo nome. Come ti chiami?-
-Elie- rispose lui. Avrebbe voluto sapere il nome del falegname, ma non voleva sembrare scortese.
-Oh, che bel nome! Io invece mi chiamo Xerxes e vengo dalla Grecia. Mio padre era nato ad Atene, mentre mia madre era francese, e per questo ora sono qui, a lavorare in questa piccola bottega- concluse.
-La Grecia è bellissima- Elie pensó ad alta voce, e il falegname rise.
Il ragazzo dunque ripose la chitarra facendo attenzione a non rompere qualsiasi cosa toccasse, come era solito fare.

-Comunque Elie, tu sei venuto qui perchè guardavi come lavoravo, o sbaglio?-
Elie arrossì, diventando esattamente dello stesso colore dei suoi capelli.
Il falegname sorrise di nuovo.
-Da questa reazione deduco che che sia un sì. Forza, vieni con me-
Il ragazzo sorrise a sua volta. Si avvicinó al tavolo da lavoro, mormorando un timido "Grazie, siete veramente gentile"
Xerxes scoppió in una fragorosa risata.
-Ma no, non c'è bisogno che tu mi dia del voi! Questa è solo una sciocca tradizione francese, che suona tanto antiquata! Puoi darmi tanquillamente del tu!-.
-Okay- concluse il ragazzo. Il suo lato curioso prese il sopravvento sulla timidezza.

Elie inizió ad osservare tutti gli strani attrezzi del falegname.
Ce n'erano di più disparati: dai martelli a strani congegni cubici, con sotto una lama che girava, e che serviva a levigare il legno togliendo le parti superficiali del legno, e riducendole in trucioli.
Xerxes si diresse verso lo sgabbuzzino ed estrasse nuovamente il mazzo di chiavi enorme. Stavolta, scelse una chiave più minuta della precedente, la classica chiave per aprire le case. La parte che andava infilata nella toppa era semplice, mentre la parte di sopra, quella che si tiene tra due dita, era decorata da delicati segnetti, scavati nel metallo stesso. Entró, e estrasse dalla stanza 3-4 rami robusti, di un colore marrone che variava in base alla parte che si guardava.
Il falegname li prese,e li portó vicino ad Elie.
-Questi- inizió a dire Xerxes -sono rami dell'albero di ciliegio presente nel parco.-
Spezzó un rametto piccolo e lo prese in mano. Era molto flessibile, ma robusto.
Poi prese un altro ramo, più grosso e lungo, un semplice coltello e un cacciavite.

-Guarda Elie- disse il vecchio -con un rametto, un semplice coltello, della carta vetrata e un cacciapuoi fare qualsiasi cosa-.
Inizió togliendo la corteccia, e lasciando solo la parte centrale, quella più chiara.
La levigó con la carta per renderla liscia. Successivamente taglió via la parte iniziale e finale del legno, creando una specie di cilindro lungo e stretto.
Dunque taglió metà della parte di sopra, in diagonale, in modo che il legno avesse la parte di sopra a forma di beccuccio. Inizió ad aprire un foro lungo e stretto nella parte iniziale del legno, e un foro in basso col cacciavite. Scavó tutto l'interno del legno creando una specie di canale che congiungesse il buco in alto e il buco in basso.
Poi fece un taglio piccolo e in diagonale verso l'interno, un po' più sotto del beccuccio, in modo da ottenere un altro foro.
Infine praticó 5 buchi di diverse dimensioni, lungo il corpo del legno, e due fori doppi nella parte finale.
Intarsió il flauto così ottenuto, in modo da abbellirlo.
Le mani callose e macchiate del falegname lavoravano veloci, e da esse trasudava tutta l'esperienza che aveva Xerxes.
Elie aveva osservato tutta quella procedura, stando attento a non perdersi niente di quello che stava vedendo.
-Vedi ?- gli disse porgendogli il flauto -per creare un oggetto ci vuole davvero poco. Non sono sicuro che possa suonare, visto che per renderlo migliore avrei dovuto usare altri strumenti, ma era per farti vedere come dal legno possa nascere realmente qualsiasi cosa-

Elie appoggió la bocca sul beccuccio e ci soffió dentro, premendo le dita sui fori. Il suono non era dei migliori, fischiava un po', e i fori erano pieno di schegge, ma in ogni caso produceva musica.
Lo restituì al vecchio, ma lui rifiutó.
-È tuo- gli annunció sorridendo.
I suoi occhi parvero brillare. Quell'istante duró poco, visto che la madre di Elie, che lo stava cercando per tutto il paese, aprì la porta col fiatone, e gridando il nome di Elie con sguardo arrabbiato. Se lo trascinó via, e prima di esser costretto a varcare la soglia, urló:-Grazie signor Xerxes!-

I giorni seguenti trascorsero tranquilli. Ogni mattina Elie andava alla falegnameria avvertendo la madre, e ci stava fino all'ora di pranzo. Ammirava il lavoro del falegname e avrebbe voluto avere tanta maestria come quella del vecchio.

Un pomeriggio, mentre passeggiava nella strada principale diretto verso la falegnameria, la trovó chiusa. Parve un po' stranito. Insomma, dove poteva essere il falegname a quell'ora? Di solito, era tra le 16:00 e le 18:00 che incominciavano ad arrivare i clienti, per questo Elie non riusciva a spiegarsi la sua assenza.
Decise di dirigersi al parco, nel punto dove si trovava l'albero di ciliegio.

Niente.

Xerxes non si trovava da nessuna parte. Dove era finito?
Si avvicinó all'albero: era veramente grande, i rami sembravano essere tanto filamenti robusti che partivano da un unico grande fusto.
Questi erano ornati da tantissimi puntini rosa, i fiori di ciliegio.
Era così bello... Ora capita perchè il falegname preferiva prendere i rami di questo albero, senza tagliarne il tronco.
Elie decise di tornare a casa, per prendere un coltello e il flauto fabbricato da Xerxes.

Si diresse in camera sua, e, rovistando tra tutti gli oggetti accatastati dentro il cassetto della sua scrivania, riuscì a ripescare il piccolo strumento artigianale.
Prese inoltre un coltellino svizzero, di quelli che hanno integrati la lama di un coltello, un cacciavite e tante altre cose.
Si diresse nuovamente verso il parco, di front l'albero di ciliegio. Riuscì a staccare un ramo basso, ormai senza più fiori, più o meno simile a quello usato da Xerxes.
Inizió ad intagliarlo, levigarlo e forarlo, cercando di ricordare il modo in cui il falegname lo aveva lavorato.
Il risultato finale non era granchè, ma il ragazzo non sembró scoraggiato, anzi.
Decise che, dopo la visita al falegname, sarebbe andato al parco, e avrebbe cercato di ottenere uno strumento quanto più simile a quello del vecchio.

Ogni tanto, mentre si dirigeva verso l'albero, vedeva Xerxes che prendeva dei rami, facendo attenzione a non danneggiare la pianta.
Elie non lo trovó particolarmente strano: doveva tenerci molto al ciliegio, considerando il fatto che (quasi) tutto il legno provenisse da lì.
Non voleva farsi vedere peró: aspettava che Xerxes se ne fosse andato, e successivamente lui raggiungeva l'albero, e prendeva dei rami piccoli da terra.
Voleva fare una sorpresa al falegname, ricreando il flauto e donandolo a lui.

E, tra un ramo intarsiato ed un altro, anche l'estate passó.

•Autunno•

Elie era sempre più demoralizzato. Qualsiasi cosa cercasse di costruire col legno era un disastro.
Non riusciva a capacitarsi di come, in pochi minuti, Xerxes avesse fatto qualcosa che il ragazzo non era riuscito a fare in 4 mesi. Avrebbe mai eguagliato quel falegname?.
Quel giorno, era particolarmente nervoso.
Nonostante fosse migliorato, il flauto non riusciva ancora a produrre il suono a cui aspirava.
Più soffiava, piú fischiava.
Più allargava i buchi col cacciavite, più sembrava che la situazione peggiorasse.
Soffió un'altra volta. Un fischio.
Ció che doveva essere un piacere, ora era diventato uno stress.

Una folata di vento lo colpì in faccia.
Inizió a lacrimare.

Perchè? Perchè non riusciva ad essere come quell'uomo che tanto ammirava?

I petali ormai secchi si staccarono dall'albero, trasportati dal vento. Alcuni finirono per terra, altri tra i capelli ribelli di Elie, mescolandosi con essi.
Lui songhiozzava, stringeva con sempre più forza il flauto che non poteva essere considerato tale.

-Non devi affliggerti così-.
Una voce giuse alle sue spalle, ed Elie si voltó.
Riconobbe il volto del falegname, che questa volta non sorrideva.
Gli mise una giacca troppo grande sulle spalle.
-Lo sai cosa ti manca, Elie?- incominció -l'amore per ció che fai. Tutto ció lo stai facendo per uno scopo, no? E una volta raggiunto? Abbandonerai questa passione? Non deve essere così. Tutto ció che fai deve essere per puro piacere. Non puoi disperarti se non viene la prima volta. Tu, prima di questa stagione, non avevi mai toccato il legno. Tutto quello che stai realizzando per ora, considerando la tua età, è sorprendente.-
Elie sospiró, e tiró su col naso.

Non poteva far altro che accettare ció che diceva il falegname.
Gli porse il flauto da lui realizzato.
-Mh- Xerxes stava contemplando il pezzo di legno -guarda qui. Eri talmente preso dal voler strafare, che ti sei dimenticato di forare la parte sotto il beccuccio.
Il ragazzo annuì.
-Se da domani ti fermi più a lungo nella bottega, potrei insegnarti qualcosa.-
Detto questo, se ne andó.
Elie rimase seduto nell'erba, stretto nella giacca che sapeva di legno.
Lui voleva diventare un falegname. A qualunque costo.
Non avrebbe abbandonato ció che aveva messo in pratica per tutta l'estate.

Si diresse verso casa. Voleva solo farsi una bella dormita per scaricare tutta la rabbia raccolta in quel giorno.
Abbandonó il cappotto del falegname e si buttó a peso morto nel letto.

Il giorno seguente, Elie si diresse nella bottega del falegname. Voleva imparare tutti i segreti di quel mestiere così bello, in modo da poter soprendere Xerxes e anche sè stesso.
Arrivato davanti alla bottega, spinse la porta di legno facendola cigolare.
Il falegname era seduto davanti alla scrivania, e stava intarsiando un grande pezzo di legno.
Non l'aveva preso dal ciliegio, di questo era sicuro: non avrebbe mai abbattuto quell'albero.
Gli stava dando una forma di una grande scatola, senza la facciata in alto e con una protuberanza della medesima forma al centro, ma più piccola.
Dei buchi erano stati intarsiati nella facciata davanti: se qualcuno si fosse seduto davanti quell'oggetto, quei buchi sarebbero stati all'altezza dei piedi, mentre la scatola più piccola più o meno nel petto.

-Elie!- il falegname sorrideva.
-mi aiuteresti a costruire questo pianoforte? Mi serve qualcuno che costruisca 52 tasti bianchi e 36 tasti neri. Pensi di riuscirci?-
-Ci proveró- disse fermamente il ragazzo.

Il falegname gli mostró come intarsiare i tasti, ed Elie provó a ripetere lo stesso procedimento. Il risultato iniziale non venne bene, ma c'era d'aspettarselo: in fondo, come ha detto Xerxes, Elie non era ancora bravo a lavorare il legno.
Riuscì comunque a creare dei bei tasti. E poi, a "camuffare" i difetti, c'era la vernice laccata bianca e nera.
A giornata finita, Elie volle andare ancora davanti al ciliegio. Era quadi del tutto secco, segno che l'inverno stava per arrivare. Si sedette sotto l'albero, prese uno dei rami caduti a terra, e col coltellino inizó a ricreare la forma del flauto.

Era deciso. Entro quell'inverno avrebbe creato un flauto che fosse in grado di suonare ancora meglio di quello di Xerxes.

Ma nulla dura per sempre, e quell'inverno Elie capì tante cose che avrebbero cambiato radicalmente la sua esistenza.

•Inverno•

-Signor Xerxes!- voce di Elie risuonava in tutta la strada deserta. Soffici fiocchi erano adagiati sul ciglio della strada, altri erano sui tetti delle case, altri ancora finivano nei capelli rossi del ragazzo, e una volta sciolti si mescolavano col sudore che imperlava la sua fronte.
Era riuscito finalmente a realizzare un flauto degno di questo nome, e voleva assolutamente mostrarlo a quello che lui considerava un maestro.

Arrivato di fronte alla sua bottega, trovó la porta stranamente aperta.
La spinse ed entró nel negozio, chiamando il nome del falegname.
L'atmosfera calda e accogliente che soleva esserci in quel negozio, era stata sostituita con una più fredda e cupa.
Di Xerxes nessuna traccia.
Le sue chiavi erano malamente abbandonate sopra il bancone, ed Elie le prese, cercando i aprire tutte le porte presenti nel negozio.

Ovunque guardasse, il vecchio sembrava essere sparito.
Si accasció mollemente sulla sedia a dondolo, guardando il soffitto.
Ad un certo punto, sentì un rumore di lancette scandirsi in quella stanza apparentemente vuota e silenziosa. Poi, un sonoro "cu-cù, cu-cù" provenire da sotto il bancone.
Gli si avvicinó, e lentamente estrasse il famoso orologio a cucù che aveva visto costruire dal falegname stesso, durante la primavera di quell'anno.

Ne tracció con dito i lineamenti, la delicatezza dei dettagli, finché non toccó qualcosa di liscio e sottile.
Guardó sotto l'orologio, e, attaccato con lo scotch, c'era un piccolo foglietto di carta, piegato in quattro.
Lo staccó, facendo attenzione a non far venire via la vernice con lo scotch, e lo aprì.
All'interno c'erano delle parole scritte di fretta e malamente.

"Se mai troverai questo foglietto, sappi che ormai me ne sono dovuto andare. Una donna incappucciata è venuta a trovarmi, obbligandomi a seguirla. Questo orologio è tuo, così come la falegnameria. Non cercarmi, non ne vale la pena. Mi raccomando, prenditi cura dell'albero di ciliegio. Sei un ragazzo in gamba Elie, sono sicuro che sarai capace di fare ció che feci io quando ero giovane.

Xerx"

L'inchiostro della penna a sfera lasciata anch'essa sotto la scrivania era ancora appiccicoso, segno che era stata scritta da poco.
Elie chiuse gli occhi e stropicció il foglio di carta.
Non doveva aspettare oltre.

Aprì di scatto la porta, mentre sentiva le guance bagnarsi di lacrime fredde.
Correva verso il parco. Ce l'avrebbe fatta. Avrebbe salvato il suo maestro.
Sentiva dei brividi che percorrevano il suo corpo. Si sarebbe ammalato, ma non importava. Non aveva importanza, non adesso.
Il falegname aveva fatto così tanto, e lui? Non lo aveva nemmeno ringraziato. Aveva il flauro stretto nel pugno.
Corse più veloce che potè, urlando, finchè non giunse davanti al cancello del parco. Lo scavalcó abilmente, e si diresse nel punto dove cresceva l'albero.
-Signor Xerxes!- urló, in preda a violenti spasmi per i singhiozzi.
-Signor Xerxes, ascoltami! Se puoi sentirmi, sentimi. Se puoi guardarmi, guardami. Questo è per dirle grazie!-

Inizió a suonare il flauto da lui intagliato. Era una melodia lenta e rilassante, ma nonostante ció, lui non era per niente così.
I suoi capelli umidicci gli ricadevano sulle spalle, quasi del tutto imbiancati dalla neve, mentre le sue guance erano gonfie e rosse per il pianto e per lo sforzo.
Le lacrime non accennavano a calmarsi, e così anche il suo spirito.

D'improvviso, il tempo parve fermarsi. I fiocchi di neve restarono a mezz'aria, e brillavano come animati da luce propria. Nonostante lui avesse smesso di suonare, la musica continuava ad aleggiare in quell'atmosfera così tranquilla e rilassata.

Davanti ad Elie, apparve il falegname... O quasi.
Il suo corpo era trasparente come quello di un fantasma, ma il sorriso era quello di sempre.
-Non devi piangere- disse Xerxes, asciugando le lacrime del ragazzo.
-Signor Xerxes, sei... Davvero tu?- gli chiese Elie, ma quando provó a toccargli la mano, questa lo attraversó.
-Il mio posto non è più questo. Tu devi continuare la tua vita, mentre il mio tempo qui è finito. Non devi rammaricarti. Io saró sempre qui, vicino a te e a questo albero di ciliegio.-
Detto questo, si allontanó, e si diresse verso il ciliegio.
Elie lo rincorse, ma una folata di neve si contrappose.
L'ultima cosa che vide prima che Xerxes sparisse, fu il suo sorriso, e le sue lacrime.

Il tempo ritornó a scorrere.
Elie era fermo davanti all'albero, con gli occhi ancora pieni di quella maledetta acqua salata, e con la bocca leggermente dischiusa.
Cadde in ginocchio ed urló i preda ai singhiozzi.
Strappó l'erba secca attorno a lui, battè i pugni sul terreno.
Stavolta il suo maestro non sarebbe tornato.

***

-Elie, Elie!- la madre lo chiamava a gran voce, ma non riceveva nessuna risposta.
Aveva provato a cercarlo nella pasticceria, nel mercato, nella falegnameria, ma non riusciva a trovarlo. L'unico posto rimasto era il parco.

Appena arrivó, vide il corpo di suo figlio in ginocchio, con la schiena inarcata, che piangeva e singhiozzava davanti al cadavere di quello che sembrava essere il falegname.
Nonostante fosse in pena per lui, la compassione per quel signore ebbe il sopravvento, e i suoi occhi diventarono lucidi.

Il funerale fu eseguito due giorni dopo la morte di Xerxes, e naturalmente Elie fu tra i primi che assisté alla sepoltura, trattenendo i singhiozzi.

Vi ricordate quel piccolo ometto tarchiato che lavorava nella bottega del legno presente nella Strada del Sidro?

Ormai i bambini del paese avevano dimenticato quel signore con le mani tozze e callose, un grande sorriso avorio e i baffetti argentei, che parevano esser stati dipinti da Giotto in persona.
Il viso era solcato da profonde rughe, e nonostante rassomigliasse ai tanti anziani che vivevano in quel paesino sperduto della Bassa Normandia, il suo aspetto era... diverso.

Ormai quel signore non c'era più, nonostante la sua falegnameria continuasse ad essere frequentata, nessuno conosceva più "il signor Xerxes".

In fondo, erano passati 10 anni.
Nonostante ció, Elie non avrebbe mai dimenticato tutto ció che quel signore aveva fatto per lui. Era in grado di aggiustare qualsiasi oggetto gli si fosse posato sul bancone, dai mobili ai giocattoli, fino ad arrivare agli strumenti musicali e alla chincaglieria da cucina.
Ma in fondo, era questo ciò che un semplice falegname doveva fare.

A proposito... Chi è adesso Elie?
Be', lui ha preso il posto del vecchio Xerxes, e ha continuato a tenere viva quella bottega, diventando il miglior falegname di tutta la Francia.
Conserva ancora con cura il flauto e il cucù che il vecchio gli aveva regalato, e continua a prendersi cura di quell'albero di ciliegio, speciale come il falegname stesso.
Perchè in fondo, l'anima di Xerxes non se n'è andata.
Lui vive ancora dentro quello strumeto, dentro quell'orologio, dentro quell'albero, ed è per questo che Elie, il ragazzo coi capelli rossi e le lentiggini che appiccicava il naso sul vetro della falegnameria, non dimenticherà mai tutto ció che quel semplice (ma anche no) falegname gli aveva donato.

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Testo by Sapphire_Baskerville
Cover by LaPazzaPsicopatica

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