7.❆

Dopo essermi tolta la camicia, tenendo il top, come facevo con te, e avergli fatto vedere tutti gli altri tagli, gli ho spiegato un po' come vanno le cose: io, figlia indesiderata, di una madre dipendente dagli stupefacenti con un passato (e un presente, nonostante il matrimonio) da prostituta, e un padre ubriacone disoccupato, violento e giocatore d'azzardo sfortunato e accumulatore di debiti. Della serie:"Dio li fa e poi li accoppia". Io, la vittima di tutti e due. Quella a portare soldi a casa è mia madre: dalle sue notti e dalla droga che riesce a vendere. Ovviamente non sono molti. Anche mio padre certe volte, se vince ai giochi, ma quando li vince è costretto a darli per estinguere debiti. I pochi soldi che entrano sono divisi in: droga da consumare e rivendere, bottiglie e debiti, poi ci sono io che cerco di metterne alcuni da parte per mangiare e comprarmi qualche vestito, e per le sigarette. Non so perché, ma sento di potermi fidare di lui, in fin dei conti. Rimase impalato a fissarmi per tutto il tempo
«Immagino che il tuo amico Jiho ti stava aiutando»
«Lo faceva sempre, in ogni modo in cui riusciva a farlo»
«E tu? Tu cosa fai per difenderti?»
«Cerco un lavoro»
«Per renderti indipendente?»
«Si» ho risposto. Non volevo dirgli dei nostri piani, forse da sola non sarei mai riuscita a realizzarli. Mi ha detto che sapeva a chi chiedere per trovarmi un'occupazione almeno part-time, visto la scuola e che mi avrebbe anche aiutato con i soldi che gli passavano i suoi genitori. Mi ha anche proposto di venire a stare da lui, ma ho rifiutato. Sarebbe stato troppo poi. Dopo la scuola sono andata a passeggiare un po' per strada. Mi sono tormentata tutto il tempo a domandarmi se avevo fatto bene o male a dire a Taehyung tutti i fatti miei. Avevo paura a tornare a casa, ma non potevo andare di nuovo da lui, quindi non avevo altra scelta. Appena ho visto che stava calando un po' il buio mi sono avviata verso casa. Neanche il tempo di immettere le chiavi dentro la serratura che sentivo già le "risate" di mia madre e le urla di mio padre. Lei fatta, lui sbronzo. Rimasi fuori la porta di casa, seduta sui gradini in silenzio, per almeno un'ora, pensando se andare da Taehyung o entrare. Ad un tratto ho sentito puzza di bruciato, e la voce di mio padre, dall'interno, urlare come un deficiente:«Brucia! Brucia!» ho iniziato a domandarmi che cos'aveva fatto. Che cos'avevano fatto andare a fuoco. Sono entrata di scatto dentro casa: lui stava vomitando tutto il vino che aveva fatto fuori davanti al divano in fiamme, mentre mia mamma stava ridendo come una scema sdraiata sul pavimento. Sembrava nata con problemi mentali. Indicava il soffitto e rideva, probabilmente aveva le allucinazioni per via della droga che aveva fatto fuori. Appena mio padre ha alzato lo sguardo e mi mi ha visto, mi si è scagliato contro. Mi ha stretto il collo e mi ha spinto verso il divano che continuava a bruciare. Ho iniziato a gridare, dalla paura, che comunque provavo, e dal dolore. Ho cercato di liberarmi da quella presa, ma non ce la stavo facendo. Il mio polpaccio ha iniziato ad avvertire il calore, mi stava veramente spingendo verso il fuoco, stringeva il mio collo al punto che ho iniziato ad avere problemi a respirare normalmente; il polpaccio ha cominciato a farmi davvero male, il fuoco lo stava toccando, mi si stava provocando un'ustione. Ho urlato dal dolore e mio padre ha allentato la presa. Ne ho approfittato per dargli una spinta, ubriaco com'era sono riuscita a sbilanciarlo. Ho afferrato lo zaino e sono scappata. Appena ho girato l'angolo sono caduta, la mia gamba non ha retto a causa dell'ustione. Era uno spettacolo che non riuscivo a guardare. Era raccapricciante. Ma dove andavo? Era anche passata l'ora di cena. Non avevo altra scelta che andare da Taehyung, almeno per quell'altra notte. Mi sembrava brutto, ma in quel momento non potevo fare altro. Lacrimavo anche. Non stavo propriamente piangendo, ma stavo lacrimando per il dolore. Mi stavo trascinando fino a casa sua. Ci avrò impiegato almeno tre quarti d'ora, mentre in circostanze normali, con una corsa, era distante solo dieci minuti. Il cancello era sempre aperto e quindi sono entrata immediatamente nel vialetto:"Min - Kim" ecco. Ho suonato e mi si è presentato in pantaloncini e maglietta da casa. La gamba ustionata non stava toccando il terreno, avrebbe fatto un male inimmaginabile, avevo già sperimentato. Appena mi ha vista ha serrato gli occhi, ero appoggiata al muro sotto il citofono:
«Oddio, Inhye, cos'è successo?» ho leggermente girato il viso per poter stabilire un contatto visivo, ero rossa, sudata e col fiatone. E la sofferenza negli occhi
«Tuo padre vero?» mi ha richiesto. Mi ha aiutata ad entrare in casa appoggiandomi alla sua spalla. Quello... non ricordo il suo nome, il suo coinquilino, ci stava osservando, mi ha poggiato sul suo letto e ha guardato la ferita:
«È un'ustione, questa» ho annuito, mentre, corrucciata, stavo fissando il niente
«Ora ti medico, tranquilla. Aspettami qui»
«Con questa gamba dove pensi che posso andare?»
«Come fai ad essere acida anche quando stai messa così?» ha domandato mentre si allontanava. È tornato dopo un po' con un panno umido e dei cuscini:
«Solleva la gamba» mi ha ordinato e l'ho fatto, ha posto sotto di essa i due cuscini e al di sopra il panno umido, ho poggiato piano piano l'ustione sulla superficie umida
«Dobbiamo chiamare subito l'ambulanza per portarti in ospedale»
«No»
«Ma sei stupida? Vuoi che la cosa peggiori?»
«Non importa, ma... verrebbero a sapere dei miei genitori, e cosa ne sarà di me?»
«Dimmi, ora sei per caso a casa tua o ci sei scappata?» ha ribattuto e non ho saputo rispondere. Si è alzato e ha chiamato l'ambulanza. Non so bene cosa mi abbia spinto a cercare rifugio da lui, ma sentivo di potermi fidare. Mentre aspettavamo l'ambulanza gli ho raccontato quello che era successo a casa
«Hai mai pensato a scappare?» mi ha chiesto ad un certo punto, ho girato subito lo sguardo verso di lui e ho annuito
«Dove?»
«In... in California»
«Ti preoccupa il fatto che sei piccola e che dovresti andarci da sola?»
«Non sono preoccupata all'idea di andarci. Ma non ho abbastanza soldi per poterci vivere»
«Capisco. Ma se...» il campanello non l'ha lasciato finire. Il ragazzo ha aperto la porta e Taehyung è andato dai due che erano venuti a soccorrermi
«Di cosa si tratta»
«Ustione di terzo grado»
«Provocata da?»
«Contatto col fuoco» ha risposto Taehyung, ha preso dei vestiti ed è andato in bagno a vestirsi. I medici mi stavano facendo qualcosa alla gamba che mi stava davvero facendo male, poi mi hanno caricato sull'ambulanza e portata all'ospedale. Taehyung è venuto con noi. Non so se me l'aspettavo o no. Arrivati all'ospedale hanno iniziato a trattarmi l'ustione. Lui era rimasto ma fuori dalla stanza, sotto ordine dei medici. Una volta che avevano finito gli hanno dato il permesso di rientrare. Abbiamo parlato un po' e poi mi sono addormentata.

Ti ho sognato Jiho.

Mi sono svegliata direttamente la mattina dopo, la gamba non stava facendo male, almeno finché non l'ho mossa. Ho dovuto sopportare leggermente il dolore mentre mi stavo stirando, e ho stirato anche lei. Sul bordo del letto, Taehyung stava ancora dormendo: le braccia sul materasso e la testa poggiata su esse. Era così mansueto. I suoi capelli corvini gli cadevano sulla fronte, la bocca leggermente aperta esalava alcuni sospiri lenti e regolari, le palpebre di tanto in tanto si contraevano, forse era in procinto di svegliarsi. Sono rimasta a guardarlo impassibile come ipnotizzata a vederlo dormire in quel modo. Ho iniziato anche a trovarlo carino, sai? Cioè... no... se fossi stato qui avresti iniziato a fare tutte le facce perverse di cui eri capace. E io avrei riso. E io avrei riso... ho sospirato un attimo lasciandomi ricadere sul cuscino. Alla mia destra una donna di mezza età stava dormendo in modo poco composto, alla mia sinistra un uomo di circa quarant'anni stava russando con tutti i tubicini infilati nel braccio. Mi lasciai ricadere bruscamente sul cuscino e fissai il soffitto. Quel movimento brusco, ha svegliato Taehyung:
«Non volevo svegliarti» ho sussurrato per non disturbare gli altri due: era ancora nella stessa posizione, la differenza stava nel fatto che adesso aveva gli occhi aperti. Ha sorriso. Sbadigliato. Si è sollevato e si è stirato
«Fa male?»
«Solo se la muovo, brucia» ho risposto, ha fissato un punto imprecisato:
«Dov'è che volevi scappare?» mi ha chiesto Taehyung fissandomi negli occhi
«Lascia stare» ho risposto
«Dove vuoi andare? Dov'è che te ne volevi andare lontano da qui?»
«Non ti serve saperlo»
«Invece si, fidati, dimmi quello che vuoi» mi ha ripetuto
«Volevo andare in California...» ho ammesso, ormai non avevo niente da perdere, non me ne sarei potuta andare da lì, dopotutto
«Va bene. Ti ci porto io»
«Sei stupido?» ho chiesto di rimando, era del tutto andato di testa, non mi sarei fatta portare da nessuna parte da lui
«No, non lo sono, credimi, ti porterò lontano da qui» ha affermato convinto, alzandosi con le mani nelle tasche
«Si, ma non puoi, siamo solo ragazzi, dove pensi che possiamo andare»
«Se fossi stato Jiho, ti saresti fatta aiutare per andartene?» mi ha ribattuto. Come potevo negare? Era il nostro progetto.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top