6. Sesso con la Leggenda

Osservo la fasciatura attorno al mio braccio, le mie dita tremanti ne sfiorano il tessuto ruvido.
Il mio tentativo disperato di salvare quella testa calda, alla fine, mi è costato due punti di sutura e una slogatura. Ma poteva andarmi peggio.
Il dolore però lo sento davvero, fin troppo perché sia solo un sogno.

Un brivido mi percorre la schiena. Inspiro piano, quasi avessi timore di farlo, mentre tento di mettere in ordine i pensieri.
Se fosse solo un sogno, mi sarei dovuta svegliare da tempo. Invece, sono ancora qui.
Questa però non può essere la realtà. No. Decisamente no. È tutto troppo assurdo per esserlo.
Ma... non riesco a trovare una spiegazione diversa. A meno che neanche salvare Seneca fosse la chiave giusta. Allora cosa devo fare? Non capisco.

Mi si restringe la gola. Il respiro si mozza e deglutisco a fatica, osservando le repliche della gara nel piccolo e obsoleto schermo del centro medico. Una gara che, nella mia versione della storia, Seneca non è mai riuscito a correre.
Eppure eccolo lì, vivo, in pista. Incredibile, come è sempre stato. Partito dal fondo, senza neppure aver concluso le qualifiche, è riuscito a tenere testa agli altri piloti. E, oltretutto, alla guida di un muletto, la vettura di riserva che si usa solo in caso di emergenza.

«Che straordinaria rimonta per Seneca da Rocha» la voce del telecronista dà vita alle immagini nel televisore. Risulta un po' stridula attraverso le casse della scatoletta quadrata.
«Già. Lo è davvero. Nessuno pensava riuscisse a raggiungere la settima posizione, soprattutto non in quelle condizioni» aggiunge una seconda voce in sottofondo. «Sembra quasi non abbia avuto alcun incidente in mattinata. Questa gara è l'ennesima dimostrazione del suo talento innato.»

Le inquadrature cambiano e vengono mostrate le riprese dell'incidente. Le nostre monoposto che si scontrano. Il boato della macchina di Seneca che colpisce il muro, seguita dalla mia. Il mio corpo rigido e minuscolo nella monoposto di Frost.
Osservo Seneca scendere e accorrere nella mia direzione, stare al mio fianco fino all'arrivo dei medici. Lo guardo mettersi le mani nei capelli, tirarli indietro con un gesto nervoso, mentre mi rimuovono con attenzione dalla vettura, e qualcosa dentro di me si spezza.
È tutto reale. È successo davvero. E vederlo da un'altra prospettiva non fa che darmene prova.

«Le indagini dell'incidente avvenuto in qualifica sono ancora in corso. Entrambi i piloti della McQueen RC hanno rischiato di non poter competere questo pomeriggio. I tecnici hanno fatto miracoli con la monoposto di Frost, mentre per quella di Seneca...» continuano, ma le parole mi arrivano ovattate.
Il mio cuore sembra essersi fermato.
Non esiste alcuna chiave per uscire dal sogno, per svegliarmi. Perchè semplicemente non posso farlo.
Questo non è un sogno. Io non sono in coma. Sono viva. Qui. Nel 1994.
Ho davvero salvato la vita di Seneca, rischiando la mia nel farlo. Ho davvero cambiato il passato.
«Oddio, cosa ho fatto» la mia voce si spezza.

«Come sapevi che si sarebbe rotto il volante, eh?»
Sobbalzo, guardandomi alle spalle. Seneca è appena entrato nel centro medico e ha l'espressione di una belva pronta a sbranarmi «L'hai sabotata tu, vero?» mi accusa, ma fatico a elaborare le sue parole.
Indossa ancora la tuta, abbassata fino alla vita, con le maniche annodate. I capelli scuri e umidi gli si sono appicciati alla fronte corrugata, ed è furioso.
Con due falcate si piazza davanti a me, il mento sollevato e la bocca segnata dall'astio che, comunque, non distorce la perfezione del suo volto.
E io, in balia dei suoi occhi color caramello, non riesco più a respirare, a pensare. Lui è reale. Non è una fantasia. Non siamo in un sogno. È proprio qui, davanti a me.
Ringrazio di essere seduta su questo scomodo lettino, perché altrimenti le ginocchia non reggerebbero.

I viaggi nel tempo non esistono.
Ma, allora, come posso spiegarmi tutto questo?
Sento l'aria mancarmi. Il volto diventare pallido come un cencio avvizzito.
La nausea salirmi, di nuovo. Credo di dover vomitare.

«Mi stai almeno ascoltando, pirada? O sto parlando al vuoto?»
Direi la seconda. Non lo sto ascoltando affatto.
Quando sono tornata indietro? Com'è potuto succedere?
Il mio corpo trema, attraversato da un brivido freddo, anche se in questa stanza si muore di caldo.
Non ci capisco più nulla. Ma... ma devo calmarmi. Perdere la ragione adesso non mi è di alcun aiuto.
Quando alzo gli occhi, Seneca sta muovendo le labbra, sempre più nero in viso. Ci vuole un secondo per riconnettere le orecchie al cervello e capire cosa mi stia dicendo.
«Come dici?» gli domando.
«Ti ho chiesto: come sapevi che sarebbe successo?!» sibila ad un soffio dalla mia faccia, scandendo ogni parola.
«Io...» esito. Non so cosa dire.
Non è una cosa che si può spiegare, nessuno mi crederebbe. Io stessa fatico a farlo.

Per mia fortuna, però, veniamo interrotti. «Adesso calmati, ragazzo» è una voce profonda, autoritaria, che ci fa voltare all'unisono. Nonno! La mia salvezza.
«Me acalmar?» esplode Seneca, incredulo. «Questa ha sabotato la mia macchina!»
Sgrano gli occhi. «Sabotaggio? Ma di cosa stai parlando?»
Non si è mai parlato di sabotaggio nel futuro che conosco io. Nei miei amati articoli di giornale lo hanno sempre ricordato come un terribile e tragico incidente...

«Non fingere di non sapere!» esplode Seneca e, con un gesto violento, sbatte le mani contro il lettino, ingabbiando le mie gambe tra le sue braccia forti.
Il suo sguardo è scuro, bruciante. I muscoli tremano per la rabbia. E io... io sono terrorizzata. Il cuore pompa come un tamburo, le mani sono tanto sudate che sento il bisogno di asciugarle sulla tuta, ma non riesco a muovermi.
Non l'ho mai visto così furioso. Neanche nel '93, quando per colpa della collisione con Lohmann, Frost riuscì a soffiargli il campionato sotto il naso.

«Seneca!» tuona il nonno. «Lascia stare la ragazza. E non divulgare informazioni riservate»
Il pilota sembra ascoltarlo. Fa qualche passo indietro, ma non senza lanciarmi un'occhiata carica di veleno.
Nonno Leonardo sospira, massaggiandosi le tempie. «Al momento abbiamo cose ben più urgenti di cui discutere»
Solo ora mi accorgo che anche lui mi sta fissando, attento.
«Cos'ho fatto ora?» mormoro, con un nodo in gola.
«Presto verranno a interrogarti quelli della FIA» annuncia, diretto «Quanto vuoi per dire che lavori per il team?»

Le parole del nonno mi colpiscono come uno schiaffo. «Quanto voglio per cosa?» sbotto, incredula.
Ma al mio fianco c'è chi è ancora più sconcertato.
«Pagarla? Dovrebbe essere messa dietro alle sbarre. Questa ragazzina è un pericolo pubblico, caralho!» pare che a Seneca stiano per esplodere le vene del collo.

Poi, all'improvviso, realizzo. «Ma certo! L'amministrazione non ha altra scelta. Se la FIA scopre cos'è successo, la McQueen rischia una multa salata o peggio, la squalifica.»
E tutto perché hanno lasciato l'auto di Frost incustodita, dandomi la possibilità di rubarla.
Come ho fatto a non pensarci prima!
«Quindi era questo il tuo piano!» mi accusa Seneca, passandosi una mano tra i capelli selvaggi, con il volto stravolto dagli eventi. «Non solo uccidermi, ma danneggiare l'intera McQueen. Beh, complimenti. Ci sei quasi riuscita.»

«Ucciderti?!» non posso credere alle mie orecchie. «Ti ho pregato di non correre! E comunque non pensavo certo che sarebbe finita così. Mi aspettavo solo di salvarti senza pensare al dopo, anche perché...» chiudo la bocca.
Non doveva esserci nessun dopo. Ecco perché.
«Perché cosa? Finisci la frase, maledizione!» Seneca mi guarda stranito, come se mi avesse appena colta sul fatto, ma non ha capito un bel niente.
«Ascolta, dobbiamo decidere in fretta.» La voce di nonno Leonardo si insinua tra noi, tagliente. «Spara una cifra, ragazza, e l'avrai.»

Abbasso lo sguardo sulle mani. Il peso di quella situazione mi schiaccia.
Cosa diavolo faccio adesso? Io non voglio i loro soldi.
Ma quell'auto rubata... Potrei davvero finire dietro le sbarre. E sarebbe tutto reale.

«Se volevi solo dei soldi, avresti potuto evitare di rovinarmi la gara» ringhia Seneca, incrociando le braccia sul petto. I miei occhi seguono il gesto e, mio malgrado, mi distraggo, attratta dal movimento dei suoi muscoli che si flettono sotto la maglietta sottile, rimasta incollata al corpo.
Lui emette un verso disgustato nell'accorgersene. «Ah, adesso capisco! Vuoi me. È questo che cerchi? Sesso con la Leggenda?»
Rimango ammutolita. Dio, cosa ho fatto per meritarmi tutto questo?
Mi do un pizzicotto sulla coscia, giusto per assicurarmi ancora che non stia sognando. Purtroppo fa male, dannazione. È vero. È tutto vero.

Però se sono tornata qui, in questo tempo, ci dev'essere un motivo.
Non so ancora perché, ma ho una sensazione: deve riguardare la McQueen.
Un piano inizia a formarsi nella mia testa. Assurdo, forse, ma non ho molte opzioni.
«No, Seneca, ti sbagli» parlo piano, ma decisa «Niente di tutto questo. Voglio essere assunta. E intendo per davvero.»
Il silenzio che segue è assordante. Seneca mi guarda come se mi fosse cresciuta una seconda testa. Il nonno, invece, socchiude gli occhi, fissandomi come se stesse valutando una monoposto appena scesa in pista dopo un aggiornamento aerodinamico.

«Lavoreresti con noi?» ripete, quasi per saggiarne il peso sulle labbra.
Annuisco, stringendo i pugni, con la determinazione che mi brucia nel petto. «Sì. Se volete che la FIA creda che faccio parte del team, allora fatelo davvero. Prendetemi nella scuderia.»
«E cosa vorresti fare, esattamente?» il tono di Seneca gronda di scherno, ma io non mi lascio intimidire.

Inspiro a fondo. Penso ai ruoli chiave della squadra, alle gerarchie. Meccanici, ingegneri, analisti dati. Sono stata in questo mondo per anni... Meglio, ci sono cresciuta dentro, e so quale ruolo potrebbe essere perfetto per me.
«Fatemi fare l'ingegnere di pista.»
La reazione è immediata: Seneca scoppia a ridere, un suono amaro, incredulo. «Questa poi!»
Ma il nonno non ride. Mi scruta, valutando ogni sfumatura della mia espressione. «Pensi di aver le competenze per affiancare Zanetti?»
Annuisco, più convinta che mai. «Lavorerò nell'analisi dati. Set-up, strategie, tutto ciò che serve per ottimizzare le prestazioni.»

Nonno Leonardo riflette per un lungo istante,  infine annuisce. «Molto bene.  Se è questo quel che serve per avere il tuo silenzio, farò in modo di farti assumere. Assisterai l'ingegnere di pista nelle sue necessità.»
Ma Seneca non ha finito di obiettare. «Perfetto, ora assumiamo i criminali!» mi inchioda con un'occhiataccia. «Intralciami, ragazzina, e rimpiangerai di essere nata.»
Ricambio il suo sguardo, ostinata «Ti ricrederai sul mio conto.»

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