4.2 O con le buone o con le cattive
«Seneca, perché non sei ancora in pista?» chiede una voce ferma e perentoria, spezzando il silenzio tra me e il pilota.
Il ragazzo si volta e io seguo il suo sguardo.
Un uomo si sta avvicinando a noi e, per qualche motivo che non so spiegare, la sua figura mi colpisce: é alto, con una barba ben curata e uno sguardo intelligente. Anche lui indossa la tuta della scuderia, ma il suo atteggiamento ha qualcosa in più che lo distingue: un'aura di autorità che nessuno metterebbe in discussione.
«Leonardo, chiama le guardie e fai buttare fuori questa pazza, per piacere. Mi sta infastidendo» sbotta, irritato.
Io sgrano gli occhi nel sentire quel nome e il mio sguardo vacilla tra Seneca e l'altro uomo.
Leonardo Monarca, il Direttore Tecnico della McQueen Rc nel 1994, nonché mio nonno, mi sta fissando con un'espressione interrogativa. I suoi occhi scuri, così simili ai miei, sembrano scavarmi dentro.
«Cosa sta succedendo signorina?» mi chiede, ignorando le proteste di Seneca, ma io non riesco a rispondere.
Mio nonno è qui, vivo, e mi sta guardando come se fossi una sconosciuta.
Peggio. Come se fossi una squilibrata e malevola estranea. E, nel notarlo, qualcosa mi si spezza dentro.
«Ecco, vede...» biascico, subito interrotta da un verso sprezzante di Seneca.
«Non starla neanche a sentire, altrimenti si monterà la testa» sbuffa, scrollando il capo e girandosi verso uno degli schermi per controllare Frost, che ormai è sulla pista e sta facendo il primo giro di riscaldamento.
Seneca afferra il casco, incurante di ciò che dico e, all'improvviso, mi ricordo qual è il mio scopo.
Non devo lasciarmi distrarre dalla presenza di mio nonno. Devo salvare la Leggenda, mi ripeto. È l'unico modo per uscire da questo incubo senza fine.
«Ascolti, signor Monarca» sputo fuori, questa volta più sicura «La macchina di Seneca ha un problema al piantone dello sterzo. Se non lo controllate ora potrebbe cedere durante la gara. Anzi, é proprio quello che succederà».
«Perché dovremmo crederti? Ti rendi conto di cosa stai insinuando, signorina?»
Esito, il respiro corto. Ma questo non è il mio sogno? Perché è così difficile convincerli?
«Non c'è tempo per spiegare!» dico con fermezza, guardandolo negli occhi «So che i controlli che hanno fatto non bastano. Devono riesaminare la parte interna del piantone, perché qualcosa non va. Se ora corre, tra pochi giri, alla sua velocità, lo stress meccanico porterà alla rottu...»
Seneca mi interrompe, alzando la voce. «Cosa ne sa una come te? Hai mai toccato una monoposto di Formula 1? A guardarti si direbbe proprio di no» la risata che segue è crudele e i meccanici attorno a lui la echeggiano.
«Già, cosa vuole saperne una donna» mi sbeffeggiano, insieme.
Stringo i pugni, arrabbiata. Fa male essere derisa solo perché sono una donna, non essere presa sul serio. Ma ora è l'ultimo dei miei problemi.
«Non importa quello che so o come lo so» replico, con le unghie infilzate nei palmi «Sto cercando di salvarti la vita, testone!»
Seneca scuote la testa, mettendosi il casco con un gesto secco. «Ne ho abbastanza. Vattene. Io ho un lavoro da fare.»
È pronto per infilarsi nella monoposto, ma la voce di nonno Leonardo lo blocca «Seneca, aspetta.»
Il pilota si volta di scatto, come se lo avessero appena insultato. «Ti ci metti anche tu ora? Devo scaldare la macchina, Leonardo.»
Il nonno si passa una mano sulla barba, fissandomi con attenzione «Non si è mai troppo cauti, Seneca» poi con un gesto richiama il capo meccanico «La macchina è già stata controllata, giusto? Qualcuno ha fatto un giro di verifica stamattina?»
«Sì» risponde il meccanico, guardandomi dall'alto al basso, scettico «Abbiamo fatto una verifica generale dopo l'interruzione di ieri. Tutto è nella norma. Ci stai solo rallentando, ragazzina. Da Rocha, stiamo aspettando che sali sulla vettura.»
Esplodo, mettendomi le mani davanti alla faccia ed iniziando a urlarci dentro. Non ne posso più di questa situazione. «Perché non mi ascoltate? Perché?» scatto.
Il silenzio segue il mio sfogo e ogni persona all'interno del box si ferma per osservarmi.
Ma il breve momento di incredulità generale viene subito interrotto dalla voce di Frost in radio, che riporta l'attenzione su di sé. «C'è un problema di aderenza con il sedile. Torno ai box per un controllo» annuncia.
«È un rischio» sussurro, in un'ultima, disperata, preghiera. «Solo un controllo in più. Per precauzione.»
Seneca ride, sarcastico. «Precauzione? E perdermi le qualifiche per una pazza che si immagina le cose? No, grazie.»
Prima che il nonno possa dire altro, Seneca si infila nell'abitacolo, agile. La squadra si attiva intorno a lui, preparandosi per farlo scendere in pista e nessuno mi presta più attenzione. Sono tornata ad essere invisibile.
Il cuore mi batte forte nel petto, irregolare: devo trovare un altro modo.
Guardo nonno Leonardo, che segue i movimenti di Seneca con la fronte aggrottata.
La seconda monoposto, quella di Frost, rientra proprio in questo momento. Lui esce e lascia fare i controlli alla squadra, mentre parla con l'ingegnere di pista per avere un riscontro sul suo primo giro.
La mia attenzione si focalizza sulla macchina di Frost, con i meccanici ancora attorno. Sento il sangue ghiacciarsi nelle vene al pensiero, ma mi è appena venuta un'idea.
Sarà anche folle, ma se Seneca non mi ascolta con le buone, vorrà dire che dovrò usare le cattive.
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