39.



Si guardò ancora una volta allo specchio. Era pronta. Aveva rifiutato la cura nei minimi dettagli di parrucchieri, truccatori e acconciatori, chiedendo solamente l'aiuto di Sandra per uno chignon leggermente più elaborato, morbido e dal quale ricadeva qualche boccolo qua e là. Sorrise prima di infilarsi le scarpe, aveva fregato Niall dicendo di aver portato anche scarpe alte con sè, ma la verità era che sotto la lunga gonna dell'abito, lei avrebbe nascosto le sue amate ballerine con il fiocchetto, e con un po' di fortuna, nessuno se ne sarebbe accorto. Si era anche rimpinzata di schifezze, rischiando di non entrare più nell'abito, per evitare di abbuffarsi al galà. Un'altra cosa appurata con l'esperienza era che i vip non mangiavano. Essere a dieta sembrava essere diventata una moda trendy che andava per forza seguita. Se lei si fosse lanciata sul buffet, tutti se ne sarebbero accorti. Ma la verità era che troppo facile sarebbe stato dare la colpa ai vip. Sapeva che le si sarebbe chiuso lo stomaco, paralizzato dall'ansia, oppure si sarebbe aperto, ed in quel caso, nessuno l'avrebbe potuta scollare dal buffet. Forse sarebbe stato anche peggio, la solita figura da zia vecchia dei matrimoni, che pensava solo al cibo.
Il respiro cominciava a farsi pesante, il cuore batteva all'impazzata e mancavano ancora 35 minuti all'incontro con Niall, che si era offerto gentilmente di andare a prenderla in camera. Cominciò a guardarsi intorno annoiata, fin quando l'ultima idea che avrebbe dovuto colpire la sua testa, non catturò un'improvvisa decisione.
Uscì dalla camera con passi leggeri e silenziosi, cosa che non avrebbe mai potuto fare se avesse avuto ai piedi un paio di trampoli traballanti. Si guardò intorno, accertandosi di non essere vista da nessuno, prima di dirigersi sempre silenziosamente, verso l'ascensore. Rimase immobile, una volta raggiunto il piano desiderato, in mezzo al corridoio deserto e poco illuminato. Doveva essere il piano delle suite, le porte erano molto distanti l'una dall'altra e di numero notevolmente inferiore rispetto quelle degli altri piani. Un silenzio inquietante le avvolse le membra, una ad una, generando brividi in tutto il corpo. Poggiò la mano sulla parete, ricordando tutte le volte in cui l'aveva già fatto, assaporando ancora l'adrenalinica curiosità e determinazione che l'aveva portata fin li, anche senza luce.
Contò di nuovo le porte, come aveva fatto allora, attenta perfino al tocco, alla sensazione del legno sotto le sue dita, liscio e scivoloso. Numero 203. Era la quinta porta. Quella che aveva inseguito, che aveva cercato, sognato ed immaginato. Quella che l'aveva portata ancora una volta da lui. Alzò istintivamente il pugno in aria, non sarebbe riuscita ad aspettare, desiderò improvvisamente bussare e ritrovare lui dietro la porta. Desiderò poterlo finalmente guardare negli occhi, per leggervi anche paura, stupore, sorpresa. Doveva vederlo, doveva capire chi fosse, conscia che l'avrebbe riconosciuto anche in un mare di volti. Improvvisamente voci alte raggiunsero le sue orecchie. Erano in camera, lui doveva essere in camera, sebbene non ne riuscisse a distinguere i toni, lui doveva essere lì, a rigor di logica. Il pugno era ancora in aria, stretto, le dita tese e le nocche rigide.
Si rese conto di aver bussato con troppa aggressività solo immediatamente dopo che la sua mano aveva scontrato il legno della porta.




Guardava fuori, guardava il lago. La camicia bianca ancora aperta, le scarpe ancora ai piedi del letto, ma la sua mente non era lì. Era scappato come un vigliacco dopo che le aveva preso il viso tra le mani con foga e devozione, e le aveva promesso che sarebbe rimasto con lei. Invece era scappato non appena si era reso conto che lei avrebbe potuto vederlo. Si strinse la testa tra le mani nervosamente, domandandosi cosa lei avrebbe potuto pensare quando lo avesse visto. Avrebbe visto Harry e non Louis.
Finalmente, tuonò il suo subconscio. Finalmente quello stupido scambio sarebbe finito, finalmente l'avrebbe potuta sentire pronunciare il suo nome. Finalmente avrebbe potuto vederla anche lui. Quello era stato il suo grande desiderio fino a quel momento, fin quando la paura non aveva schiacciato sotto il suo peso perfino l'amore. Era scappato. E lei? Lei avrebbe potuto perdonarlo ancora? Avrebbe potuto dargli la possibilità di dirle che l'amava, guardandola negli occhi? Avrebbe creduto ancora in lui? Si alzò di colpo, sbattendo un pugno sul tavolo istintivamente. Non sarebbe dovuto andare a quel galà. Avrebbe dovuto raccogliere i resti torturati del suo coraggio e presentarsi da lei, presentarsi al suo giudizio. E se non le fosse piaciuto? Un rumore interruppe il flusso dei suoi pensieri. Niall faceva allegramente su e giù tra le varie camere. Assottigliò gli occhi osservandolo, stranamente non gli aveva detto nulla, non un commento, non una critica o consiglio. Neanche una parola. Anche in quel momento, era passato canticchiando, lo aveva salutato con un gesto del capo e si era chiuso nel bagno con Liam, urlando che aveva bisogno del gel. Era stranamente e sospettosamente allegro.  Un'altro rumore lo costrinse ad alzarsi dal letto un'altra volta. Avevano bussato alla porta.

- Harry puoi andare tu? - aveva urlato il biondo dal bagno. Certo, che mai avesse potuto avere un po' di pace! Lasciò andare i pensieri, scacciò la sue paure con la promessa a se stesso che sarebbe fuggito dal galà appena terminati i convenevoli. Sarebbe andato da lei, sarebbe corso, come ancora le gambe impedivano di fare. Si sarebbe esposto, come ancora la paura non gli concedeva fare. Ma ci sarebbe riuscito, per lei e per se stesso. Non avrebbe permesso che lei l'avesse guardato negli occhi, senza prima sapere che lui, Harry non Louis, l'amava.
Il rumore contro la porta lo fece sussultare ancora. Accidenti, si era dimenticato di aprire.
- Harry!!! - urlò ancora Niall. Che palle!

- Vado! - sbuffò portando un passo dietro l'altro verso la porta. L'aprì con forza e svogliatezza. Spalancò gli occhi non appena si accorse che non c'era nessuno. Si sporse per controllare il corridoio, vuoto. Grugnì, probabilmente era stato qualche scherzo di qualche idiota. Richiuse la porta con altrettanta forza, tanto che perfino le pareti vibrarono.

- Chi era? - domandò Liam uscendo dal bagno. Lui era pronto.

- Nessuno, sarà stato uno scherzo - rispose sbrigativo. Era di nuovo in ritardo. Riprese a vestirsi, senza mai abbandonare i pensieri che gli avevano tenuto compagnia fino a quel momento, completamente ignaro che la fonte dei suoi, cosiddetti guai, era corsa    via subito dopo la seconda bussata.







- Sei pronta? - Niall fece capolino dalla porta finestra. Quando Elene non era in camera era solito controllare prima in bagno e poi sulla terrazza. Gli dava le spalle e sembrava guardare assorta i riflessi delle luci sulle acque calme del lago.  Si gonfiò, pavoneggiandosi con se stesso e complimentandosi per la riuscita del suo intento. Sembrava una principessa anche nella sua semplicità.

Aveva bussato di nuovo alla porta spazientita e subito dopo si era improvvisamente pentita. Chi diavolo glielo aveva fatto fare! Si era velocemente defilata non appena il suo cervello aveva fatto dietro front, abbandonando il coraggio così come l'aveva trovato, in un angolo sepolto.
Con esso, era sparita anche quel briciolo di voglia che l'aveva spinta a dire si, per quella festa.

- Non vengo - sentenziò con fermezza.
Niall sbuffò sonoramente, in modo che trapelasse tutto il suo disappunto.

- Oh andiamo! -

- No Niall! Ho paura! - ammise stremata. Era stata tutta una rincorsa, un'insieme di spostamenti volti solamente al fine di trovare lui al termine di quella corsa. Ma se lui non ci fosse stato? Si sarebbe rivelato tutto umiliante e ridicolo al punto da farle arrivare a rimpiangere anche l'idea, la volontà ed il desiderio. Se lui non fosse stato lì. Se lui fosse stato lì e non avesse voluto vederla. Se e se. Troppi se a minare la sua lucidità, troppo spregiudicato desiderio di amore ad infrangere la sua obbiettività.

- Di cosa? -

- Di tutto! - frecciò cominciando a muovere passi sconclusionati avanti ed indietro per la terrazza nervosamente - Di essere ridicola, sto inseguendo qualcuno che non vuole farsi trovare! -

- Non dire sciocchezze! -

- Sciocchezze? Sa benissimo dov'è la mia camera! Eppure tu l'hai visto? - si guardò intorno in maniera ironica - Io no! - sospirò poi amareggiata, cercando con tutte le sue forze di calmarsi. Era esausta - Sono andata da lui, ma non ho avuto il coraggio di restare davanti alla porta - confessò quasi vergognandosi di un gesto che poteva valere tutto e niente.
Niall spalancò gli occhi stupito. Era stata lei!

- Allora sei tu che hai bussato prima! - esclamò con enfasi.

- Già - scosse la testa dandosi della cretina - Che stupida! -
Niall si sciolse, catturato da un moto di tenerezza. Avrebbe voluto strozzarla inizialmente per il ripensamento dell'ultimo minuto. Ma poi si era lasciato trasportare dalle sue paure, come aveva sempre fatto fino a quel momento. Vivendole con lei e aiutandola, a suo modo, a trovare una scorciatoia per superarle. Aveva vissuto quella storia quasi sulla sua pelle, rischiando perfino di rimanere vittima di un fuoco incrociato più volte. Ma lei era sempre stata coraggiosa, ed in quel momento, aveva bisogno che lei lo utilizzasse. Anche perchè i suoi dubbi e le sue paure erano legittime. Lei non sapeva la verità.

- Non sei stupida e permettimi di mostrare la meraviglia che sei stasera -
Lei lo fulminò con uno sguardo molto eloquente.

- Non adularmi, non attacca -

- Dovrebbe invece, è la verità! - si difese lui prontamente -  E se quel cretino del mio amico continuasse ancora a giocare ad acchiapparella, cosa che dubito, tu avresti la possibilità di vendicarti e farti vedere ammirata da tutti -
Elene quasi rimase sconvolta da tanta convinzione.

- Come minimo non mi si filerà nessuno! - borbottò, replicando alle sue parole - E poi a me non interessa! -

- Dai, neanche come piccola vendetta personale? - lei sembrò pensarci.

- Mi prometti che non mi lascerai mai sola? -

- Te l'ho già promesso - sorrise, di un sorriso caldo e rassicurante - Dai andiamo! Siamo in ritardo! -






Ebbe ancora un ripensamento proprio davanti alla grande rampa di scale. Sembrava uno di quei balli delle debuttanti che aveva visto nei film. Niall aveva già sceso qualche gradino e la stava reclamando animatamente, ma lei era come paralizzata. Sapeva che la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata cercare lui.
Sentiva il frastuono di voci e musica amalgamarsi in un insieme di suoni contrastanti e talvolta anche armoniosi. Le luci erano folgoranti, la grande sala era ricoperta di eleganti ospiti, colori accesi, abiti sfarzosi, fiori ovunque, uniti in spettacolari composizioni. Si aggrappò a qualsiasi dettaglio si presentasse davanti ai suoi occhi, solo per non pensare a lui, solo per non farsi travolgere da lui. Continuò la sua lenta discesa.
Per un momento, i rumori si azzerarono. Il battito del cuore bombardava il petto, echeggiandole nelle orecchie. Portò  un piede avanti all'altro lentamente. Man mano che la luce rivelava lo sfarzo della festa, altri dettagli ed altri volti, rivelò anche il suo aspetto, a chi stava guardando in quella direzione.

Si era voltato in direzione delle scale non appena aveva sentito Niall fare la solita cagnara. Si stava agitando in cima alle scale per poi scenderle velocemente e voltarsi di nuovo, come se stesse aspettando qualcuno, incitando qualcuno. Probabilmente doveva essere Louis, era sempre stato più ritardatario di Niall. Ghignò divertito, ma il suo ghignò morì incastrato sul viso, non appena un azzurro sfavillante gli bruciò lo sguardo. Una figura alta e slanciata si rivelò lentamente dalle ombre, scalino dopo scalino. Seguì quei movimenti come ammagliato, come stregato. Incapace di resistere, cercò il suo viso.
Come una calamita lo sguardo cadde su due occhi color cioccolato, che inevitabilmente si scontrarono con i suoi. In quel momento credette di essere morto. Non sentì più nulla, né il respiro muoversi, né il cuore battere.
Tutto il mondo cominciò a girare intorno a lei.

How long will it be
Til these blind eyes can finally see
I don't know, time goes so slow
While your love, like river, flows right by me.

Lo vide. Aveva abbassato solo una volta lo sguardo e non appena aveva alzato gli occhi aveva trovato quelli più verdi che avesse mai visto. Aveva trovato lui. Era lui. Improvvisamente fu travolta da un'emozione dirompente. Sapeva, forse aveva sempre saputo che era lui. Era...bello. Bellissimo. Fu capace solo di studiare i suoi occhi, mentre il cuore aveva ripreso ad esprimere le sue opinioni scatenandosi furioso. Sembrava volerle dire: è lui, sveglia! Cominciò a scendere le scale con maggiore lentezza ancora, sentiva perfino le gambe e le mani formicolare. Bloccata, un ciocco di legno. Lui, solo lui nei suoi pensieri, nel suo cuore e nei suoi occhi. Era lì e la stava guardando come se ne fosse stato sicuro anche lui, come se non se ne fosse mai andato, come se fosse stato già suo. Tremò ancora, forse di rabbia, forse di paura, forse di amore. Gli occhi erano concatenati ai suoi, come se quello fosse stato il loro posto, come se non dovessero mai più lasciarsi. La stava guardando con un'intensità bruciante, con lo stesso ardore che stava implodendo dentro di lei. Si fermò per un istante, senza mai lasciare i suoi occhi. Era lui. Lo sapeva. Lo aveva sempre saputo.
Riprese a scendere là scale sperando di non cadere come una pera cotta, sorrise appena a quel pensiero, perché da un lato sarebbe stato umiliante e dall'altro incredibilmente divertente. Lui era ancora fermo, ancora quei suoi occhi verdi di una bellezza illegale, su di lei. Avrebbe potuto contare i passi che li separavano, pronta a spazzarli via in un soffio, ma un pò per orgoglio, un pò per rabbia, un pò per paura, ancora quella dannata paura, e confusione, abbandonò la tanto agoniata direzione. Non sarebbe andata da lui, sebbene già tutto di lei fosse con lui, sebbene ogni angolo più remoto della sua volontà fosse con lui, ogni pezzo di lei fosse già suo. Si disperse velocemente tra la folla e abbandonò il suo sguardo, incapace di sostenerlo nel momento in cui percepì la delusione sorpassare lo stupore. E sebbene il cuore prese a tremare, lei non sarebbe andata da lui. Lo aveva inseguito troppe volte. Doveva, aveva bisogno di capire, di avere la prova, che anche lui provasse le sue stesse angosce, le sue stesse paure, i suoi stessi desideri. Il suo stesso amore.

Era lei. Ne ebbe l'ennesima conferma nel momento in cui lei puntò quelle sue gemme scure in lui, quasi a volergli entrare dentro, quasi a voler comunicare solo con uno sguardo quello che non aveva mai potuto dargli, quello che aveva sempre desiderato vedere. Ora lo stava guardando con un ardore che sapeva di rabbia, di terrore, di intenso sentimento. Glielo gettò addosso con la sola forza dello sguardo, e quello lo travolse con dirompenza, tanto che sentì perfino il suo cuore tremare. Stava scendendo gli ultimi gradini e lui stava bruciando dal desiderio di raggiungerla, di toccarla, ma le gambe erano come bloccate, incastrate a terra. Avvertì come il suo corpo stesso spaccarsi in pezzi, quando la vide nascondersi tra la folla.
No. Non poteva scappare da lui. Non ora che era ad un passo dal prenderla. O perderla. Per sempre.
Non era mai stato un tipo da mezze misure, lui era tutto o niente e ricordò quando lei, con la sua solita aria da maestrina gli aveva fatto notare che una strada che collega i due estremi c'è sempre. Lei era la sua strada, lei era la parte mancante tra i poli estremi di se stesso. La seguì con lo sguardo, senza mai abbandonarla, fece persino in tempo a studiare il suo viso, libero, roseo, bellissimo.
Le gambe si sbloccarono non appena la vide sparire all'esterno. Sulla terrazza. Ancora una volta il cuore sussultò. Era il momento.




Scappò verso la terrazza, felice di essere la sola li fuori, coccolata da luci soffuse, suoni sfocati e dal panorama di un lago calmo e brillante. Nessuna nuvola nel cielo. Inspirò profondamente, ordinando al suo corpo di rilassarsi o per lo meno fingere di esserlo. Osservò le piccole stradine in pietra che portavano verso il lungo lago. E ricordò, ricordò ancora con una nuova luce ad accendere i suoi ricordi. Vivi. Erano di nuovo vivi.
Separò le labbra, incapace di resistere a quella tentazione non appena la canzone riaffiorò nella superficie.

- I can show you the world. Shining, shimmering, splendid. Tell me princess now, when did you last let your heart decide? I can open your eyes, take you wonder by wonder... -

- Canti sempre la strofa maschile - sussultò, non tanto impreparata quanto speranzosa. L'aveva aspettato e lui era lì. Avrebbe riconosciuto la sua voce sempre, profonda, calda, suadente. Un leggero tremolio aveva incrinato la sua solita fermezza. Mostrami le tue angosce, mostrami te stesso.
Si voltò, sapendo esattamente dove trovare i suoi occhi.














Siamo quasi alla fine, l'ennesimo ringraziamento a tutti coloro abbiamo seguito questa storia, è d'obbligo! Mi avete regalato emozioni uniche....grazie infinite!

Concludo con l'invito per chiunque avesse tempo e voglia, di passare da mariannaanzaldi   a leggere la sua "Un amore per ricominciare", ne vale la pena!

Chiederò il vostro aiuto appena pubblicheranno la mia storia nel concorso! Grazie ancora <3

Un abbraccio grandissimo!

Ila

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