36.

- Io non ho nessuna intenzione di venire a contatto con il tuo mondo - ribattè lei, rasserenata per aver ripreso il controllo della sua voce e dei suoi pensieri - Non m'interessa cosa ti circonda, m'interessavi tu - marcò di proposito il pronome ed il verbo.
Lui si irrigidì di colpo, sperando fosse solo una piccola vendetta.

- Non fingere che ora sia diverso - grugnì come un animale ferito, esattamente come si sentiva.

- Lo è invece! - alzò la voce di colpo, quasi sentisse la necessità di difendersi da un'infamante accusa. Quel brutto pallone gonfiato adesso osava anche insinuare cosa passasse nella sua testa. La cosa assurda era che nemmeno riusciva a mentirgli, perciò decise di aggrapparsi alla poca verità presente nella menzogna  - Ho sofferto abbastanza per persone che non mi volevano, che non mi amavano - lottò contro l'inclinazione tremante della sua stessa voce - Non commetterò di nuovo lo stesso errore - decretò infine risoluta. Si era appellata più volte a quel suo trasandato istinto di sopravvivenza, aveva reclamato spesso la forza della sua dignità per portarla a fare le scelte più giuste o forse le più sensate. Aveva sempre finito per andare contro il suo stesso bene, arrivando a soffrire ogni volta.
Harry tremò ancora sopra di lei, avvertendo l'impellente necessità di controbattere, di esprimere la sua verità.

- Io ti voglio - sussurrò marcando la voce di tutta l'intensità del tumulto che aleggiava dentro di lui. Doveva sentirlo anche lei. O forse...ti amo, suggerì la parte più folle del suo istinto. Completamente folle per lei. Solo per lei.
Anche Elene tremò sotto di lui, rabbia, frustrazione, paura, speranza e perfino eccitazione si mischiarono ai sussulti del suo animo. In quel buio, lui era diventato la sua luce, bastava la sua voce per illuminarlo. Ma in quel momento, desiderò ancora più intensamente di poterlo vedere. Sentiva la sua presenza addosso, le sue mani su di lei, la sua voce, il suo respiro contro il viso. Voleva vedere il suo volto.

- Ma non hai esitato un attimo a pensare che ti stessi usando - replicò, ancora lontana dall'idea di cedere, di abbandonarsi di nuovo a qualcuno che sembrava maggiormente pronto a farla soffrire piuttosto che il contrario - A dirmi che non volevi alcun futuro -

- Era più facile aggrapparmi a quella convinzione - spiegò - La paura mi ha portato a crederlo, ma in realtà non ho mai voluto lasciarti andare -
Si accigliò di nuovo, istintivamente si mosse contro il suo corpo e si pentì immediatamente quando lui decise che era arrivato il momento di bloccarla definitivamente. Le gambe erano incastrate alle sue, i bacini combaciavano e le braccia erano immobilizzate, strette dalle sue mani. Avvampò di colpo, perdendo anche l'ultimo stralcio di rivolta.

-  Ma paura di cosa?! - domandò esasperata - Perché volevi lasciarmi andare? - si maledisse per l'immagine disperata di se stessa che probabilmente aveva dato.

- Perché non so come fare! - fu lui ad alzare la voce questa volta. Esprimendo a pieno la frustrazione che la sua mente subiva. Ma era inutile continuare a cercare un'alternativa. Ogni scelta si chiudeva solo verso di lei e per lei.

- Però non hai voluto sentire quando io te l'ho detto! - obbiettò infervorata. Quel ragazzo era incredibilmente contorto e complicato. Costantemente alla ricerca di soluzioni senza voler poi risolvere i problemi che lui stesso creava. Forse era solo cresciuto troppo in fretta, in realtà i suoi pilastri non erano poi così solidi.

- Voglio sentire - obbiettò lui fermamente.

- Ora non... -

- Smettila, ti prego...-  lasciò cadere la testa accanto alla sua, Elene sentì i suoi capelli accarezzarle la guancia.
Odiava quel passato, sembrava come se l'avesse già potuta perdere. Senza neanche sapere chi fosse, senza neanche mai averlo guardato negli occhi - Dammi una possibilità - soffiò nel suo orecchio. Un contatto così semplice e così intimo. Un'altra. Ancora una volta la potenza di un moto di affetto, si liberò dentro di lei. Era convinta che perfino lui potesse sentire il suo cuore sbattergli contro il torace, quasi avesse voluto toccarlo. Batteva impazzito e disperato. Avrebbe voluto abbracciarlo e malmenarlo allo stesso tempo. E poi solamente baciarlo.

- Tu però non l'hai data a me - disse lentamente, riversando l'ultima traccia di rancore.

- La sto dando a noi - noi. Il suo cuore perse un battito, o forse lo conquistò.

Would you take the wheel if I lose control? If I' m lying here, will you take me home? Could you take care of a broken soul? Will you hold me now? Will you take me home?

- Va bene - acconsentì - Ma così non riesco a parlare - Harry sorrise per un istante, prima di spostarsi da un lato e seguire i suoi movimenti mentre si tirava a sedere.
Si era già pentita di aver accordato quella specie di momentanea resa. Perché non riusciva mai a riflettere prima di parlare?! Non era ancora del tutto lucida per trovare un'alternativa decente, così abbandonò definitivamente la possibilità di tirarsi indietro. Cercò la sua mano e quando la trovò, tastò malamente le sue braccia, per capire come si fosse posizionato. Voleva almeno fingere di guardarlo. Prese un respiro profondo, per poi ributtare fuori l'aria velocemente - Che farai nell'anno di pausa? -
- Che cosa? - ridacchiò lui nervosamente - Non ho capito niente! -
- Ho chiesto - doveva restare calma, ordinò nella sua testa. E soprattutto parlare più lentamente - Che cosa farai durante quest'anno di pausa -
Harry ricordò quando le aveva parlato dell'imminente pausa dal lavoro, le aveva detto che credeva non sarebbe cambiato molto.
- Inghilterra, famiglia, viaggi - sapeva che avrebbe avuto comunque molti impegni. Ma sperava realmente di riuscire a passare più tempo possibile in normalità ed in compagnia della sua famiglia, dei suoi vecchi amici. Puntò gli occhi su di lei, al pensiero che avrebbe voluto potesse esserci anche lei tra le persone a cui desiderava maggiormente dedicare quel tempo.
- Io quest'anno stavo pensando di cominciare un corso  di inglese commerciale a Londra - ricominciò a parlare freneticamente, tanto che lui la stava seguendo a stento - Era tutto campato in aria perché stavo organizzando con il mio migliore amico ma... - continuava a muovere le labbra velocemente, ma lui la costrinse a fermarsi. Le prese una mano e la strinse forte nella sua. L'altra la usò per accarezzarle il viso, posò delicatamente l'indice sul suo labbro inferiore e lei si ammutolì di colpo. Ancora una volta il battito del cuore fece sentire la sua voce. Pensò che quelle sensuali carezze fossero volte al proposito di farla zittire. E stranamente non alzò proteste.

- Stai dicendo che verresti a Londra? - domandò titubante, quasi temesse di aver capito male, aumentando la stretta della sua mano. Il respiro si fermò in attesa della sua risposta.

- Si, ma perché stavo già organizzando di andarci - borbottò lei e lui ricominciò ad inspirare ossigeno  - Non credere che lo faccia per te -

- Certo... - sorrise, sorrise come un ebete. Aveva capito bene. Perfino il suo cuore sussultò insieme a lui. Con lei a Londra, tutto sarebbe potuto essere più semplice. Lei a Londra, ripetè come un mantra, mentre la soggetta in questione continuava a farneticare parole senza senso. Lei a Londra. Perché non ci aveva pensato prima!

- Sarebbe potuto essere un incentivo... - si bloccò, abbassando appena la testa ed Harry riportò l'attenzione su di lei - Però naturalmente nel frattempo bisognerebbe vedere come vanno le cose, altrimenti non ha senso fare programmi - doveva sforzarsi di essere realistica. La sua reazione all'idea proposta non le era sembrata, come invece aveva temuto, spaventata o spiacevolmente sorpresa. Era sembrato quasi rassicurato. E lei l'aveva preso come un valido incentivo per continuare a parlare fin quando non l'aveva nuovamente interrotta.

- Verresti a Londra - alzò la voce di colpo, non riuscendo più a contenere la sua felicità. Era un fiume in piena pronto a superare gli argini. Aveva ragione. La soluzione a tutti i problemi che si era creato era sempre stata lei. Cielo, pensò, la conosceva da così poco tempo, ma era stato talmente intenso ciò che era sfociato dentro di lui, da portarlo a credere che fosse davvero lei la soluzione. Il pezzo mancante, quello che combaciava esattamente con lui. L'altra metà della sfera.
Elene si accigliò di nuovo. Era assurdo. Quel barbagianni prima le estrapolava le informazioni e poi non le dava neanche ascolto!
- Ma parlo turco o... - la voce morì in gola non appena sentì quelle che dovevano essere le sue braccia, afferrarla, stringerla con forza fino a farla scontrare contro di lui e spingerla di nuovo con la schiena sul materasso. Con lui sopra. Che i suoi ormoni restassero ancora in letargo! Sarebbe stata pronta ad infrangere ogni promessa. Perfino il suo respiro sul collo era afrodisiaco per lei. Folle, sconsiderata!

- Non credevo ci fosse questa possibilità - le disse prima di poggiarle un bacio sul collo.

- Ma se te l'avevo detto! - replicò concentrandosi su qualsiasi cosa eccetto quelle labbra peccaminose - Sarebbe per un anno... - precisò poi, cercando di apparire seria e di non pregarlo affinché continuasse quella piacevole tortura - Poi si vedrà -
Harry sospirò, non avrebbe osato sperare così tanto. Un anno intero, il suo intero anno di pausa, lei sarebbe stata a Londra. Avrebbe potuto conoscerla, viverla, vederla e...amarla.

- Io ho casa a Londra - le osservò ancora le labbra, mentre posava carezze, leggere come petali, lungo la parte del viso scoperta. Se avesse potuto strapparla al suo buio, se avesse potuto rimuovere lui stesso la sua gabbia, l'avrebbe fatto. Senza pensare alle conseguenze, senza pensare all'inganno. Solo per poterla guardare negli occhi in quel momento. Solo per poterle mostrare quanto il suo cuore si fosse riempito di lei, per lei.

- Beh io affitterei una stanza - farfugliò mentre avvampava, sentendo la sua presenza torreggiante nuovamente su di lei, miserabilmente sedotta e completamente in balia di lui.

- Te l'affitto io - sorrise solo al pensiero, immaginando quanto in realtà sarebbe potuto essere rischioso per la sua incolumità.

- Per rischiare continuamente di essere ucciso nel sonno? - minacciò lei con un pizzico di acidità. Quel ragazzo era un danno per la sua sanità mentale.
Harry sghignazzò, che leggesse anche nel pensiero? - Seriamente Louis...ora non so quanto sia il caso parlarne - cercò di afferrare l'ultimo sfortunato stralcio di lucidità. Non era da lei. Nonostante fosse un'accanita sostenitrice del lieto fine, una sognatrice innata e amante delle fiabe più classiche, era perfettamente consapevole che infondo erano solo favole. Solo sogni. Doveva sforzarsi di tenere i piedi ancorati al cemento, doveva riflettere. Non sarebbe stata una passeggiata e soprattutto, dovevano volerlo entrambi allo stesso modo.

- Lo è invece - fu estremamente soddisfatto nel contraddirla - Ho bisogno di sapere che potrebbe esserci un futuro. Se lo vogliamo - quelle parole uscirono rapide fuori dal suo petto, dalla gola, libere ormai da ogni barriera della ragione. Ogni parte di lui era completamente accondiscendente.

- Se lo volessimo si - ricalcò le sue parole prima di fare una pausa, cercando di maturare un modo neutrale per formulare la sua domanda - Ma tu...non saresti stato disposto a venire per un periodo a Bologna, vero? - Harry sbattè le palpebre, sorpreso.

- Per un breve periodo, ma non voglio diventi una copia di qui, di una lunga vacanza - rispose di getto. Se glielo avesse chiesto, non avrebbe detto di no, ma sentiva il bisogno di chiarire il vero motivo per il quale desiderasse immensamente che fosse diverso - Io voglio viverti -
Scattò come punta da una vespa. Con quale coraggio poteva risponderle ciò, se poi non faceva altro che cercare scuse per evitarlo! Non poteva più rischiare che si pentisse e ricominciasse a respingerla, cercarla e respingerla allo sfinimento. Era arrivato il momento di decidere da che parte stare. O con lei o senza.

- Allora smettila di cercare scuse per non farlo! -
Smise di resistere ai suoi istinti. Quando lei si arrabbiava, aveva il potere di generare in lui una sorta di implacabile istinto selvaggio che bramava di nuovo un contatto più intimo. Ispirò la sua aria, non appena chiuse la bocca nella sua.
Elene si ritrovò a rispondere al suo bacio ancora prima di razionalizzare che le avesse nuovamente tappato la bocca in quel barbaro, inconcepibile, irresistibile modo. Gli accarezzò i capelli e non appena lui approfondì il bacio, glieli tirò appena, perdendo la concentrazione su ogni cosa eccetto lui, la sua lingua, le sue labbra - Sono ancora arrabbiata con te! - provò con il fiato ancora corto. Era inutile. Sapeva non sarebbe riuscita a mentirgli, anche se era davvero ancora in collera. Solamente una milionesima parte di sé, tutto il resto del corpo era preso da tutt'altro.
Naturalmente lui non badò al suo biascicato tentativo.

- Bugiarda - ghignò palesemente divertito. Ma lei rimase ancora ferma nelle sua posizione. Aveva estremo bisogno di certezze, non poteva cominciare quel cammino da sola, si ripeté che aveva bisogno della stessa volontà da parte di entrambi.

- Allora promettimi che i dubbi e le paure sono finiti - Harry le accarezzò il viso dolcemente, ormai conscio che il suo cuore avesse scelto lei. La guardò come se fosse stata il frutto dell'opera di un artista, che lui fosse quello stesso artista. La guardò come se fosse stata creata apposta per lui. Per tenergli testa, minacciarlo e cullarlo, ascoltarlo e criticarlo. Amarlo, come lui amava lei.

- Promettimi che se andrà tutto bene verrai a Londra - replicò caricandosi dello stesso mix di tensione e dolcezza che aveva usato lei.

- Ma se ho detto... - Elene rimase perplessa e stupita. Ma se era stata una sua stessa idea! Cominciò a borbottare, ma lui la interruppe.

- No! Promettimelo -

- Prima tu! - ribattè sfidandolo per l'ennesima volta. Glielo doveva, d'altronde.
Harry sembrò cogliere l'implicito messaggio e tacitamente acconsentì. Poi la baciò e, quasi come se non facesse altro che aspettarlo, lei rispose preparata, stuzzicandolo perfino.

- Te lo prometto - sussurrò ancora sulle sue labbra, senza nemmeno poter distinguere il respiro dal suo.

- E che proverai a fidarti di me - stava decretando la sua resa. Ne era consapevole come era convinta lo fosse anche lui. Tremava al pensiero che stesse imparando a leggerla, a leggere tra le sue righe, a leggere in fondo alla sua stessa volontà, fino alla sua anima. Stava per arrendersi, ma nella sua resa, avrebbe preteso anche il suo crollo.
Sorrise ancora, senza nemmeno preoccuparsi di sembrare ormai il solito idiota. Era felice.

- Promesso - le stampò un bacio dolce. Elene sentì ogni organo esplodere in una scarica di ardente euforia, compresa la voglia di saltargli addosso, che divenne incontenibile. Si stavano regalando una possibilità. La possibilità di conoscersi, viversi e forse anche amarsi - Ora tu -

- Prometto di venire a Londra - disse senza aspettare oltre, perfettamente convinta e lui sentì come se il cuore potesse esplodere. E la baciò ancora.

Un bacio. Sembrava una sfida, a chi dei due avrebbe ceduto prima.
Io non rinuncio.
Neanche io.

Forse avevano ceduto entrambi e quella sfida poteva essere vinta solo in quel modo. Arrendendosi l'uno all'altro.

Basta. Era arrivato il momento di abbandonare quel inutile costante pensiero delle bende. Era arrivato il momento di smettere di aspettare quel preciso giorno, smettere di programmare. Era al punto in cui la ragione non sarebbe più stata tanto forte da placare quel desiderio selvaggio che aveva represso troppo a lungo. Ribaltò di colpo le posizioni, doveva averlo colto di sorpresa, poiché non aveva opposto resistenza. Si strusciò su di lui come una gatta in vena di fusa, completamente persa la timidezza e l'imbarazzo. Gli baciò gli angoli della bocca prima di scendere verso il collo, seducente. Seguì il percorso fino alla parte alta del petto, scoperta dalla stoffa. Era talmente concentrata sul suo lavoro, che a mala pena lo sentì gemere. Le sue mani le bloccarono i polsi non appena lei afferrò i bordi della sua camicia. Cercò di ignorarlo per proseguire ciò che aveva appena cominciato a fare, ma lui le tenne ferma. Aggrottò le sopracciglia, estremamente contrariata a quell'occlusione e fece scontrare il bacino sul suo con maggiore impeto.
- Se continui così non sarò in grado di fermarmi - biascicò straripante di eccitazione. Non sarebbe mai stato pronto a quei suoi strani ed inaspettati cambiamenti. Solo pochi minuti prima stava tentando di cacciarlo dalla sua vita, ma non poteva essere più felice di quella trasformazione. Voleva lei, aveva deciso, aveva scelto lei. Il ricordo della promessa che le aveva fatto balenò come un lampo nei suoi pensieri. Doveva fermarla, altrimenti non sarebbe più riuscito a trattenersi. Nonostante la desiderasse come non mai, aveva promesso che sarebbe stata sua solo quando anche lei sarebbe potuta essere consapevole di sapere a chi stesse donando se stessa. Era sua e doveva saperlo anche lei.
- Stavo pensando - Elene si liberò dalla sua morsa con lasciva lentezza, riprendendo il percorso inverso, fino a trovare di nuovo le sue labbra - Che sarebbe l'occasione giusta per scoprire cosa si prova con le bende... - pensieri che fluirono veloci dalla sua bocca, mentre lentamente sganciava i bottoni, uno ad uno. Tracciò la sua fisionomia con le mani e le labbra, proiettò nella sua mente una sfocata immagine di lui, di quanto potesse essere bello....sotto di lei.
- Non provocarmi - tuonò quasi minaccioso. La camicia era completamente aperta e lei era pericolosamente vicina al suo limite.
- Invece lo faccio -
- Elene... - tentò ancora, ma il suo nome pronunciato da lui, era un richiamo carico di lussuria.
- Lo so...ma è come se ti vedessi - non gli diede tempo di replicare, coprendo ancora una volta la bocca con la sua.
Harry cedette al suo bacio, come aveva ceduto a lei fin dal principio, perfino senza rendersene conto. Aveva già ceduto, era già suo. Lasciò che il fuoco delle sue emozioni si liberasse, ribaltando le posizioni con delicata violenza, alzandole la maglia per baciarle la pancia, dando inizio al suo peccaminoso attacco. Strusciò ancora contro di lei in maniera selvaggia, fin quando non si ritrovò capovolto ancora una volta. Sorrise ed il fuoco gli annebbiò la vista quando lei si liberò da sola della maglietta. Si alzò a sedere, percorrendo la sua vita con le mani e baciandola come se fosse potuta essere la sua unica occasione, l'ultima prova del suo lacerante desiderio, la prima prova del suo amore. Si liberarono con estrema fretta dei vestiti e sospirarono entrambi quando i loro corpi divennero una cosa sola, la sublime unione che sembrava avessero agognato era arrivata al culmine. Le mani si intrecciarono con forza mentre i movimenti montavano il loro istinto selvaggio, caricandosi di forza. Come se perfino le loro menti fossero state connesse, continuarono a scoprirsi, toccando i tasti più giusti. Sicuri come i musicisti che toccavano con amore i propri strumenti, ai quali avevano deciso di dedicare la loro vita.

La vita è bella solo se è amore.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top