35.

Non aveva represso un singhiozzo affranto una volta chiusa la porta alle spalle. Si era allontanata a passi veloci, senza mai abbandonare la parete sulla quale lasciava scorrere la sua mano. Le lacrime solcavano il viso bruciandole le guance. Aveva sbagliato un'altra volta. Aveva creduto di potersi essere innamorata, o quasi, di qualcuno che non aveva mai visto, solo per la forza delle emozioni che era stato capace di regalarle con i suoi gesti ed il suo calore. Aveva creduto che lui potesse ricambiare. Era sempre stato così, era sempre stata convinta che l'amore, quello vero, fosse ricambiato e non unidirezionale. Ricambiato. Ecco, le ultime delusioni che aveva subito erano state proprio a causa di questo. Aveva perfino cominciato a credere che ci fosse qualcosa di strano in lei, nessuno dei soggetti a cui lei sembrava essersi interessata, aveva potuto ricambiare, scoprendo in lei l'oggetto dei loro desideri. Nessuno era mai riuscito a capirla o a cogliere ogni sua sfaccettatura fino infondo, tanto da arrivare ad apprezzarla. Ad amarla per quella che era, per il suo carattere bizzarro e infantile, per i suoi inusuali desideri, per il suo bisogno sconfinato di amore. Sarebbe stata pronta a donargli il cuore, se solo lui l'avesse voluto. Questa volta però era stata veramente cieca, sorda e stolta, non era riuscita nemmeno lontanamente a cogliere la possibilità che lui avesse potuto ingannarla, fin quando non era arrivato lui stesso a lanciargliela addosso con rabbia, dandole perfino della stupida, dell'illusa. Era furiosa, furiosa con lui e con se stessa per essere caduta in quella trappola come una sciocca. Fidarsi troppo velocemente era sempre stato un errore che perseverava a commettere. Stupida, pensò portandosi una mano sul viso, scacciando via le lacrime in malo modo. Si fermò di soprassalto quando la parete scivolò via dalla sua mano. Finita. Si era persa così profondamente tra i suoi pensieri commiseratori, che non aveva contato. Le cinque porte erano passate da un pezzo.

- Io vorrei sapere da quando in qua dai retta a Steven! - furono le ultime parole del suo amico biondo prima di uscire dalla stanza. Lasciandolo di nuovo solo e tormentato dai suoi pensieri, dai suoi dubbi e dalle sue paure. Intanto lui continuava a domandarsi quando Niall fosse diventato così astuto da provare addirittura a rigirargli le cose a modo suo, incastrandolo per giunta. Non c'era stato bisogno di sfogarsi con lui, che invece di tentare di consolarlo si era liberato in un discorso accusatorio, dandogli perfino indirettamente dell'idiota. Aveva detto comportamento idiota, ma il significato intrinseco era lo stesso. Louis si era seduto sul letto accanto a lui non appena aveva notato l'espressione poco allegra sul suo volto. Aveva apprezzato come avesse cercato di farlo riflettere, proponendogli i fatti da un'altra prospettiva, cercando di aprirgli gli occhi, spalancare la fiducia verso di lei. Doveva ragionare con il suo cervello, lui che l'aveva avvicinata e conosciuta. Non aveva risparmiato battute sul prestito dell'identità, riuscendo a strappargli qualche sorriso divertito, senza mai eliminare il suo pensiero dalla testa. La sua attenzione ruotava intorno a quello che lei pensava potesse essere una soluzione. Perchè accidenti non gliel'aveva detta? Vendetta, decretò infine. Era stato duro, fin troppo deciso per qualcosa in cui non credeva affatto. Improvvisamente la porta si spalancò, vedere Niall affannato gli diede un'impressione tutt'altro che piacevole, ed il cuore cominciò a galoppare frenetico.

- Elene non è in camera - ed in quel momento però, fu il respiro a bloccarsi, ingabbiato in un mulinello di paura.

- Com'è possibile? - domandò Louis, ma Harry si alzò di scatto, superando sia lui che il biondo. Il suo avvertimento si era rivelato sensato, sapeva che prima o poi, a furia di girare da sola, avrebbe finito per perdersi. Niall lo seguì immediatamente:

- Io cerco in questo piano e tu giù? -
Annuì con un cenno deciso della testa, affrettando i passi verso l'ascensore. Doveva trovarla.
Aveva percorso in maniera frenetica i corridoi del piano, ma di lei neanche una traccia, era sceso dalle scale, cercandola come un disperato cerca un'oasi in pieno deserto. Spaventato e timoroso che le fosse potuto accadere qualcosa. Era la solita pazza sconsiderata!
Non passò molto tempo quando poté liberare un sospiro di sollievo, sentendo i muscoli finalmente sciogliersi dalla tensione che li aveva irrigiditi, un messaggio di Niall era riuscito a tranquillizzarlo. L'aveva trovata.


- Devi smetterla di girare da sola! - l'ammonì severo, ma sempre con quella nota di dolcezza che contraddistingueva la sua voce - La prossima volta chiamami! Ti porto io in camera - Elene annuì rigidamente. Non appena la paura l'aveva bloccata lungo quel corridoio, aveva immediatamente sperato che Niall si fosse potuto accorgere della sua assenza, per poi andare a cercarla. Lui non l'aveva delusa.

- Sapevo che saresti venuto a prendermi - sussurrò timidamente e lui, colto da un moto di imprevista tenerezza, l'abbracciò. Aveva avuto paura per lei e non gli era sembrato vero trovarla seduta per terra in fondo al loro corridoio. Non l'aveva vista piangere, ma le bende erano già bagnate. Sapeva tutto, sapeva anche di essere stato lui ad aver dato fuoco a quella miccia. E lei era esattamente così, una miccia che una volta accesa era difficile da spegnere. Era anche vero che Harry non avrebbe potuto continuare a mentirle all'infinito, quello strano gioco di scambi e menzogne si stava ritorcendo contro di lui.
L'accompagnò in camera, permanendo al suo fianco, anche una volta seduti sul letto, cullandola nella dolcezza fraterna del suo abbraccio.
Elene si sfogò con lui fin quando le lacrime non si fermarono. E lui silenziosamente la confortò. Cercò di distrarla, le raccontò di quando era caduto giocando a golf e lei aveva riacquistato lentamente il sorriso, quel suo sorriso bellissimo e spontaneo.

- Si è fatto tardi - cominciò mesto, quando ormai il blu della notte aveva ricoperto il cielo - È meglio se riposi - lei annuì, pensando sconsolata che prima di potersi abbandonare al sonno avrebbe dovuto cambiare le bende. La sua pigrizia innata la stava maledicendo. Sperò di essere troppo stanca e provata, quella sera, per poter passare la notte sveglia, ricordando il rigido suono delle sue parole sbatterle nella testa, rivivendo quel dispiacere e quell'addio. Rivivendo tutto, fino a biasimare solo se stessa.

Niall uscì dalla camera subito dopo averla accompagnata nel bagno. Lei sapeva girarsi egregiamente per la camera, ma quella sera gli era apparsa confusa e disorientata, così aveva deciso di accompagnarla, sperando avesse potuto riacquistare l'orientamento in quello spazio a lei ormai familiare.
Sussultò sorpreso quando dietro la porta, gli apparve la fioca figura di Harry. Il corridoio era vuoto, silenzioso e oscuro.

- Che fai qui? - chiese moderando il tono di voce.

- Ho bisogno di vederla - gli rispose con palpabile tensione. Non domandò il motivo per il quale si trovasse dietro la porta, solo e al buio. Probabilmente lo sapeva da solo e lui sembrava spaventato. Lo lasciò passare senza dire più una parola. Lasciò andare un sospiro quando si ritrovò da solo a percorrere nuovamente quel corridoio. Si ritrovò perfino a sperare che quei due non si scannassero a vicenda. Erano come due navi senza comandante, in quel momento. Scontrarsi avrebbe fatto solamente affondare entrambe, unirsi e procedere insieme, magari sarebbe potuta essere la loro salvezza.


Aveva cambiato le bende con una lentezza estenuante. Era stanca, distrutta dentro e fuori. I muscoli tendevano fino a dolere e la testa scoppiava di pulsazioni tanto che arrivò a credere che prendere a testate il muro sarebbe potuto quasi essere un sollievo.

- Dimmi cosa avevi in mente - scattò spaventata non appena una voce tagliò la misteriosa nuvola di silenzio che aleggiava nella stanza. Si portò un mano al petto, quasi potesse frenare l'affanno, appoggiandosi allo stipite della porta del bagno. Non ci mise molto tempo a riconoscere quella voce.

- No - ringhiò seccata, non avendo idea di dove fosse lui.

- Dimmelo - insistette ancora deciso.

- No! Vattene! - si posizionò esattamente in mezzo alla porta, entrambe le mani attaccate ad entrambi i lati.

- Non posso farlo - replicò con fermezza e lei sospirò esasperata. Perché non poteva semplicemente lasciarla in pace?

- Allora me ne vado io - affermò drastica, accompagnando un movimento in avanti. Capì di aver fatto un terribile sbaglio quando le sue mani le strinsero le braccia, obbligandola a fermarsi. Ora era davanti a lei, molto poco distante da lei. Che poi dove diavolo voleva andare?! Era in camera sua! Si immobilizzò, avvertendo la tensione crescere dentro di lei come un'onda.

- Dove credi di andare! - ruggì lui rabbioso, aumentando la stretta intorno alle sue braccia. Elene recuperò un minimo di lucidità necessaria per fare forza e cercare di liberarsi dalla sua presa. Lui non glielo permise, sembrava anzi che non utilizzasse nemmeno un grammo della sua forza per tenerla. Odiava, aveva sempre odiato sentirsi debole.

- Lasciami! - quando lui le bloccò i polsi per avvicinarla maggiormente al suo corpo, sentì che le vie di fuga stavano velocemente svanendo e con l'ultimo residuo di volontà che le intimava di non cedere, gli pestò un piede. Lui mugugnò e lei invece sorrise maleficamente, capendo di averlo urtato al primo colpo, pronta a sferrarne altri.
Harry era riuscito a sentirsi in pace solamente dopo averla vista, sana e salva, finire di sistemarsi le bende nel bagno. Ancora una volta quell'impulso selvaggio di toccarla quasi marchiandola, lo travolse. Non era più impreparato a quegli strani formicolii alle mani, non era più sorpreso da quel incredibile desiderio che aveva di lei. Aveva cercato di placarla quando la banshee che era in lei si era inevitabilmente risvegliata. E come al solito, aveva intenzioni bellicose e violente nei suoi riguardi. Aveva appena fatto in tempo a germogliare un sorriso spontaneo, al pensiero che avesse vissuto quella scena anche il giorno in cui l'aveva conosciuta, nel giorno in cui uno sfortunato colpo di bottiglia era andato stranamente in centro, che lei gli aveva pestato un piede con decisione. Un dejavù lo colpì e si ritrovò a pensare a come le cose si fossero evolute in maniera completamente inaspettata. Ricordò di quando i suoi occhi avevano cominciato a guardarla in maniera diversa, prima per sensi di colpa, fino a restarne poco a poco affascinati e catturati. Mise una maggiore forza non appena si accorse che lei non era stata assolutamente soddisfatta da una pestata, e fece la sola cosa che avrebbe potuto tenerla ferma e buona. Si spostò velocemente da un lato, tenendole entrambi i polsi con una mano, mentre lasciava scorrere l'altra lungo le sue gambe e con uno scatto la faceva volare tra le sue braccia. Smorfiò il viso al suo urlo poco aggraziato - Ma che diavolo fai?! - tentò di dimenarsi stordita da quel cambiamento improvviso di prospettiva. No capiva più nulla eccetto il fatto oggettivo che i suoi piedi non toccassero più la terra.

- Almeno i miei piedi sono al sicuro - ridacchiò lui, ma Elene si accigliò sentendolo quasi divertito. Brutto imbecille!

- Mollami, pezzo di cretino! - sbraitò agitando il più possibile le gambe e dandogli piccoli pugni addosso con la mano che era riuscita a liberare dalla sua morsa.

- Perdonami -

I don't wanna steal your freedom, I don't wanna change your mind, I don't have to make you love me, I just watt to take your time.

- Ho detto... -

- Perdonami... - silenzio. Elene trattenne la frase a metà. Deglutì a vuoto. Molto probabilmente aveva capito male.
Harry credette di tremare, non perchè cominciasse a risentire del suo peso, non era abituato a quel genere di confessioni. Era più la paura stessa a paralizzarlo - Ho... - inumidì le labbra, teso e strinse la presa intorno a lei, come se potesse essere una certezza, un conforto - Ho paura... -
Il cuore prese a tamburellare velocemente nella cassa toracica. Abbandonò i suoi propositi bellicosi e smise di agitarsi tra le sue braccia.

- Anche io ne ho - ma restò dura.

- Ho avuto paura che tu...volessi usarmi - tentò di argomentare, di spiegare meglio ciò che tentava continuamente di convincerlo ad abbandonare l'idea di loro due insieme. Ma lei lo interruppe:

- Basta accampare le stesse scuse! - esclamò con franchezza - Hai già avuto modo di constatare che non è così -

- Modo? - obbiettò confuso - Non ho indagato -

- C'è poco da indagare Louis! - ribattè accigliata - Il punto è volermi dare la tua fiducia o no! E ciò ancora non giustifica quello che hai detto! - e si era anche stufata di essere tenuta come un sacco di patate, quindi riprese ad agitarsi - E mollami! -
Harry ghignò, facendo pochi passi in avanti, pronto ad accontentare la sua richiesta.

- D'accordo - la lanciò sul letto e lei naturalmente, lo stordì con un urlo. Presto le avrebbe tappato la bocca a modo suo, pensò estasiato all'idea. Rimbalzò due volte, poggiando la schiena sul materasso prima di cercare di mettere a fuoco dove fosse atterrata.
Rimase imbambolata per qualche istante, riconoscendo la morbida consistenza del letto. Quel continuo sballonzolarla su e giù, credeva essere estremamente nocivo per i suoi nervi! Si poggiò lentamente sui gomiti.

- Ma che modi! - borbottò ancora in stato confusionario. Harry approfittò immediatamente del vantaggio per spingerla nuovamente distesa con la schiena sul materasso e si posizionò sopra di lei. Tenendola schiacciata contro il suo corpo, in quel gioco estenuante di dominanza, lotta e lussurioso desiderio.
Elene ancora una volta si ritrovò schiacciata da qualcosa di cui non riusciva a capire l'esatta natura, fin quando non sentì quello che registrò essere i suoi capelli, solleticarle il viso. Ancora una volta potè sentire più forte il battito del cuore piuttosto che il suo stesso respiro. La consapevolezza di quella vicinanza la stordì come una droga potente. Alzò le mani, nonostante il suo cervello avesse cessato di comandare i gesti, per portarle verso di lui. Toccò quello che doveva essere un suo braccio, e salì fino alle spalle. Lo sentì respirare pesantemente ed i muscoli tendersi al passaggio delle dita sulla sua pelle. Una volta scontrato il collo, scesero fino al petto. Cercò di spingerlo via, con poca, forse pochissima convinzione, lui non sembrò nemmeno muoversi - Che stai facendo? - la pelle tremò, aggrinzendosi appena, quando sentì il suo respiro aleggiare su di essa.
Si era lasciato cullare, sopraffare dalle sue improvvise carezze. Come poteva, solo lei generare in lui quell'incredibile confusione. Aveva socchiuso gli occhi, assaporandosi quel momento in cui era finalmente desiderato e non respinto dalle sue mani.

- Impedisco che tu possa sfuggirmi - tuonò suadente e carezzevole.

- Lasciami - si morse la lingua ascoltando come il riflesso della sua voce apparisse meno deciso, anzi sembrava indirettamente dire: non provare a spostarti. Serrò i pugni ancora immobilizzati ai lati della sua testa. Non poteva crollare così miseramente davanti a lui, ogni qual volta lui lo richiedesse.
Infatti lui non sembrò scomporsi, anzi, Harry sorrise, perdendosi di nuovo nella contemplazione dei suoi lineamenti. Il cuore palpitò al pensiero che presto avrebbe potuto incontrare i suoi occhi.

- No -

- Perché? - suonò come un malinconico e quasi rassegnato lamento.

- Perché non posso - non voglio. Ancora una volta cadde il silenzio. Elene ancora una volta dovette arrendersi all'effetto immobilizzante che avevano le sue parole, perfino la lingua sembrava essersi cristallizzata in bocca. Il cervello ruotava i suoi neuroni solo su quelle parole, alla ricerca di un senso, come un pazzo che corre alla ricerca di qualcosa di cui non conosce l'esistenza.
Ma Harry parlò. Doveva sforzarsi di scoprire le sue carte, i suoi pensieri ed i suoi timori. Non avrebbe mai creduto che quella forza che si ostinava a spingerlo verso di lei, si sarebbe mai potuta trasformare in una travolgente onda di bisognosa necessità e desiderio. Si era lasciato condurre con riluttanza, avvicinandosi a lei con l'illusione che non ne sarebbe mai rimasto legato. Poi l'istinto l'aveva guidato verso quel bacio, conducendolo in un labirinto di attrazione/repulsione, in una lotta contro l'apparenza e l'inganno, volta ad occultare i suoi veri desideri. Fin quando non aveva capito che remare contro corrente era sempre più difficile che assecondarne il flusso. E si era lasciato condurre un'altra volta, ma in quel caso era stata lei a tenere le briglie e lui si era lasciato nuovamente travolgere da lei. Aveva vissuto quei giorni vestito di una spensieratezza libera da pensieri. Fin quando la paura nuovamente non aveva bussato alle porte del suo animo. Erano due rami: la paura di lei, di quella strana ed inspiegabile dipendenza e la paura perfino di se stesso, quando cominciava a reclamare il desiderio di un futuro. Si era lasciato confondere fin quando non aveva capito che quelle due strade, ancora una volta, potevano convogliare nella stessa ed unica soluzione  - Il pensiero che debba farlo dopodomani mi distrugge - pausa - Ho paura che farti entrare nel mio mondo possa cambiarti e non voglio. Ho paura perché dovrei lasciarti andare e invece non ci riesco - ho paura che tu non voglia più vedermi quando scoprirai che ti ho mentito, chiuse gli occhi non appena quel pensiero squarciò la sua mente, ancora instabile e tremante. Presto anche lei avrebbe potuto vedere e, ancora una volta, si sarebbe ritrovato con il destino legato ai suoi occhi.

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