34.

- Questo sono io - esclamò Niall con voce gonfia e altezzosa. Elene concentrò il suo udito, ascoltando le audizioni di X Factor di ognuno di loro. Quella di Niall naturalmente era la prima che le aveva concesso di sentire.
- Avevi la voce meno grossa! - ridacchiò - Ma che tenero! -
- Liam - avanzò una volta terminata la sua.
- Louis non c'è? - chiese immediatamente Elene e lui si raggelò sul posto. Harry e Louis avevano un timbro di voce completamente diverso, si sarebbe accorta all'instante che qualcosa non combaciava. Maledizione a quando aveva avuto la geniale idea di farle vedere i loro provini!
- Non riesco a trovarlo...- mentì - Però questo è Harry - puntò sulla speranza che non fosse diventata così brava nel riconoscere i timbri vocali e sul cambiamento della voce del soggetto in questione.
- Mmmh non m'interessa - replicò lei sbuffando. Perché doveva farle sorbire quel citrullo?
- Ma dai qui era piccolo - per pura curiosità cominciò a prestare attenzione a cosa stesse dicendo. Parlava di voler studiare legge, sociologia, insomma di tutto.
- Aveva idee confuse sul futuro - commentò le sue parole - Meno male che non ha dovuto scegliere - scoprì che era abbastanza soddisfacente prenderlo in giro, fin quando un commento non le scatenò una strana reazione - Aspetta torna indietro - ordinò allarmata.
- Perché? - Niall tremò. Aiuto.
- Fallo - ubbidì, non trovando in tempo una giusta scusa da propinarle. Questa volta ascoltò con attenzione ogni parola, fin quando non fu pienamente convinta di aver capito bene. Le aveva fatto uno strano effetto, come se avesse un puzzle davanti di cui pezzi che credeva già incastrati in realtà non combaciassero e fossero stati solo forzati. Una brutta, brutta e maligna sensazione le contagiò i pensieri - Dice che ha lavorato per una bakery? -
- Beh si - rispose il ragazzo cercando di mostrare calma - Lo sanno tutti, ci torna spesso anche, è affezionato alle persone con cui lavorava lì - fece una pausa credendo di non riuscire più a controllare la stabilità della sua voce - Ma perché ti interessa ? -
Elene rimase pensierosa per qualche istante, cercando di mettere bene a fuoco i concetti, le sicurezze ed i dubbi.
- Stamattina Louis mi ha detto che anche lui ha lavorato per una bakery - suonò sospettosa - Cos'è una moda inglese? - Niall rise in maniera isterica. Sapeva di aver combinato un pasticcio - Perché tu non lo sapevi? - lei sembrò stizzirsi, un meccanismo mancante continuava ad insospettirla. Le stava forse nascondendo qualcosa?
- No, si vede che voleva tenerlo nascosto, ma se te l'ha detto vuol dire che si fida di te - o che lui aveva appena combinato un disastro. Ma cercò di rigirare la frittata puntando sul suo lato tenero. Tutte le donne avevano un lato tenero. Infatti la vide arrossire appena ed abbandonare il piede di guerra.
- Beh, se è così mi fa piacere - ammise e Niall tirò un sospiro di sollievo.
- Bene ora scappo, tra poco ti raggiungerà lui - era meglio defilarsi prima di rischiare di aggravare la già precaria situazione - A domani - le schioccò un bacio sulla guancia, prima di defilarsi velocemente. Ci mancava solo che potesse combinare altri danni.

- Ciao Jo! - urlò al telefono. Il suo migliore amico era Corso, originario di un piccolo paesino a sud della Corsica. Si conoscevano da quando erano bambini, da quando lei si era trasferita in Sardegna con i genitori e da allora non si erano mai separati. Lui aveva seguito le sue idee, trasferendosi con lei a Bologna per studi e poi per lavoro. Era stato l'unico al quale aveva confessato il suo incidente e lui puntualmente ogni giorno si premurava di chiamarla per sapere delle sue condizioni. E ovviamente gli aggiornamenti sulla sua vicenda sentimentale. Era più curioso di lei.
- Tesoro, come stai? - chiese in tutta la sua dolcezza.
- Bene - fece una pausa, liberando un piccolo sorriso - Oggi molto bene -
- Louis? - era davvero così prevedibile, si domandò con il pensiero. Probabilmente era Joan a conoscerla troppo bene.
- Si... -
- Senti io non ho resistito e ho guardato qualche foto e video - disse di getto l'amico ed Elene sbiancò. No, no e poi no! Fin da quando era stata imprigionata in quella strana vicenda, si era sempre rifiutata di farlo indagare via internet come uno stalker professionista. Non voleva sapere! Voleva scoprirlo mano mano, assaporando quella conoscenza come era riuscita a fare fino a quel momento, nutrendosi di suoni, carezze, sapori.
- Joan!!! - strillò adirata - Avevi promesso! -
- Tranquilla non ti dirò nulla - replicò lui serenamente. Ma lei avvertì improvvisamente un'ondata di ansia crescerle nel petto. Non poteva davvero credere che non lo avrebbe tartassato fin quando non le avesse rivelato fino all'ultimo dettaglio. Accidentaccio!
- Ma io adesso voglio sapere!! - si lamentò lei.
- Ti basti sapere che è molto carino! - ridacchiò allungando la "o" di "molto" per enfatizzare l'aggettivo. Non riuscì a lasciare un respiro di sollievo, in qualche modo il respiro le era rimasto incastrato in gola.
- Sai che ha i capelli lunghi alle spalle? - cercò in qualche modo di alleggerire la tensione sembrava tenere in ostaggio ogni muscolo.
- Cosa?! - Joan alzò la voce sorpreso e lei sussultò rischiando di far cadere il telefono - Ma nelle foto non sono così lunghi! - ribattè deciso. Poteva sentire i continui click del mouse dal telefono, segno che stava velocemente smanettando sul computer.
- Saranno vecchie - decise di non preoccuparsi.
- Aspetta che sto controllando -
- No Jo! - cercò di fermarlo - Dai poi mi viene voglia di investigare! - lui rimase in silenzio per qualche secondo, doveva essere troppo concentrato sulla ricerca per prestarle attenzione. Lo temeva.
- Beh si sono lunghi ma non alle spalle - decretò risoluto, ma lei sbuffò.
- Sicuro che siano foto recenti? -
- Io ho scritto 2015! - protestò lui - Oh aspetta un attimo... - quel tono pieno di panico era l'ultima cosa che avrebbe voluto sentire. Oddio.
- Cosa? - si allarmò. Cosa poteva mai aver scoperto?! Era anche per un fondo, non troppo profondo, di codardia che aveva sempre evitato di investigare.
- Mmm niente - imitò una voce rilassata, ma lei lo conosceva, e ciò la insospettì ancora di più. Cosa mai poteva aver scoperto?!
- Jo... -
- Oh cavoli - ancora una volta non gradì essere ignorata.
- Jo!!! - intimò alzando la voce in segno di minaccia.
- Ma...è fidanzato? - Elene tremò. Stava davvero chiedendo a lei?
- Cosa?! No! - si stupì perfino della sua risposta, non aveva esitato un momento a negare. Non aveva mai neanche pensato che in realtà avesse potuto ingannarla.
- Eh si tesoro...con una certa Briana Jurjfhisbrh - fidanzato.
- Con chi?!?! - non aveva capito niente!
- Non lo so pronunciare! - fece una pausa continuando a leggere velocemente tra se e se mentre lei nel frattempo ribolliva di rabbia, ansia e terrore. Aspettava come un'ossessa che quel citrullo del suo amico la rendesse partecipe. Fidanzato. La sua mente sembrava vorticare intorno a quella parola come se non riuscisse a coglierne quel semplice concetto. Fidanzato - Ma qui dice...Oddio svengo - perfino la voce di Jo s'incrinò e lei sentì le lacrime bagnarle le guance.
- Tu?! - gridò spaventata - Jo che cavolo... -
- Aspettano un figlio - era lei che stava per svenire.


Harry era rimasto seduto sul letto come un idiota, non si era neanche asciugato i capelli. Aveva messo solo un paio di pantaloni neri, come il suo umore. Steven era riuscito a far riaffiorare tutte quelle paure e quelle incertezze che lui, accecato dalla sua luce ammaliatrice, aveva nascosto in un angolo remoto del suo cervello, godendosi solo il tempo che trascorreva con lei accanto. Quanto avrebbe voluto poterlo fermare. Bloccare l'immagine del suo sorriso rivolto a lui, della mano nella sua, delle braccia intorno al suo corpo, e le labbra unite alle sue. Forse era una battaglia che aveva già perso. Perché il tempo scivolava via come sabbia battuta dal vento sotto i suoi occhi, più si avvicinava il giorno della rimozione delle bende, più lei si allontanava da lui, come la possibilità di un futuro insieme. Tremò, serrando i pugni poggiati sulle gambe. Nonostante fosse caduto in quel vortice di sfiducia e paura, lei ancora regnava nella sua mente, convogliando su lei tutti i suoi pensieri. Non voleva perderla.

Elene non avrebbe atteso oltre. Non era andato da lei quella sera, non aveva idea, come al solito, di che ore fossero, probabilmente era presto, ma rimaneva convinta che sommando il tempo trascorso con Niall e quella maledetta telefonata rivelatrice, fossero passate diverse ore. Aveva pianto con il suo amico al telefono. Aveva pianto anche dopo, da sola. Si stava logorando con mille domande, mille possibilità di risposte, ma non osava immaginare che lui l'avesse presa in giro nascondendole una fidanzata e anche...un figlio. Aveva avuto a che fare con i peggiori soggetti, aveva creduto di provare sentimenti per persone che si erano rivelate incapaci di ricambiare il suo affetto, aveva sofferto e neanche troppo silenziosamente, per le delusioni. Si era colpevolizzata continuamente di non essere stata capace di fare tesoro degli sbagli invece di continuare ad inciampare sugli stessi errori passati. Il famigliare dolore si propagò lungo i vasi sanguigni, percorrendole ogni fibra fino ad emanare quello strano senso di vuoto e sconforto. Il bruciante peso dei ricordi si fece vivo nella sua testa, ripercorrendo volti, immagini, sensazioni, fino a terminare nella straziante nube dell'abbandono. Aveva regalato la sua fiducia a chi l'aveva poi bruciata tra le fiamme dell'inganno e indifferenza. Ma quella sarebbe stata la più grande sconfitta.
Si asciugò le lacrime con il dorso della mano e si alzò in piedi di slancio. Era inutile cercare di spiegare qualcosa di cui non era padrona, era inutile cercare di entrare nella testa di qualcun altro o provare a leggere nel pensiero. Come al solito, avrebbe affrontato la questione di petto. Se doveva fasciarsi la testa l'avrebbe fatto perché rotta e in mille pezzi, non in maniera preventiva.

Spalancò gli occhi, trovando davanti a sè quella che ormai era diventata una seducente tortura. Aveva il fiatone, era spettinata e con quelle solite orribili pantofole, ma non riuscì a fermare la sua mente nel suggerirgli quanto fosse bella ai suoi occhi.
- Che diavolo ci fai qui?! - domandò sgarbato ed Elene fece una smorfia di disapprovazione.
- Anche io sono felice di vederti - ribattè acidamente. Non aveva tempo per criticare i suoi sbalzi d'umore o per stupirsi del suo atteggiamento poco cortese, non l'avrebbe neanche ricordato in futuro per quanto era coinvolta dall'importanza di ciò per cui era andata a chiedere spiegazioni  - Ho bisogno di parlarti - disse risoluta e lui le afferrò rudemente una mano, tirandola dentro la stanza.
Non poté fare a meno di considerare quanto fosse una pazza sconsiderata, non aveva ancora imparato che era pericoloso girare da sola?! Tremò al pensiero che sarebbe potuta finire ovunque. La portò vicino al letto, dove la spinse a sedercisi sopra. Osservò rapito per un istante i suoi movimenti, a volte apparivano sicuri, come se potesse vedere.
- Louis...sei fidanzato? - la fermezza della sua voce lo sorprese quanto la domanda. Smorfiò il viso.
- Cosa? -
- Aspetti un figlio? -
- Wooh frena! - scattò improvvisamente per la sorpresa. Non si era mai interessato ai pettegolezzi che giravano intorno a loro, a lui o ai suoi amici. Era in una bolla, gli dicevano, non doveva prestare attenzione a cosa succedeva intorno a loro. Era in gioco anche la loro salute mentale, per quello bastava Steven ad occuparsi delle stampa, di ciò che avrebbero dovuto dire o fare davanti alla stampa, alle telecamere o avvolte, anche ai fans. Forse in quella particolare occasione avrebbe dovuto informarsi su Louis, sapeva solo che era tornato insieme ad Eleonor e che, secondo sua imminenza Steven, sarebbe stato meglio non diffonderlo. Da dove saltano fuori i figli?! - Ma di cosa stai parlando? -
- Premesso che avevo chiesto di non farlo, il mio migliore amico ha indagato e... - titubò appena. Quanto desiderava poterlo guardare negli occhi, poter parlare e vedere i cambiamenti nel suo viso, le sue espressioni - Questo è il risultato -
- Sei venuta a chiedere conferma? - domandò in modo quasi sgarbato, sprezzante. Non aveva fiducia in lui, e nonostante lui peccasse dello stesso timore, sentì ancora una volta il cuore rivoltarsi alle scelte della sua stessa ragione.
Elene si accigliò al suono sgradevole delle sue parole.
- Sono venuta a chiedere se mi hai preso in giro fino adesso, omettendo i non solo una fidanzata ma anche un figlio! - replicò sentendo la rabbia ispida e sgradevole nascere dentro di lei.
- È un'invenzione della casa discografica, ogni tanto se ne inventano una - rispose lui pacato. Era la verità.
- Non mi stai mentendo vero? - chiese ancora sospettosa. Troppo facile sarebbe stato mentirle. Ma il tono calmo e risoluto della sua voce aveva avuto uno strano effetto rassicurante per lei. O forse era solamente la solita ingenua.
Harry fremette ancora di rabbia. Come poteva non credere a lui, che non aveva niente da guadagnare ma solo da perdere? E lei invece cosa aveva da perdere? E perché continuava a desiderare che lei potesse donagli fiducia, rapendo perfino la sua, maldestra e dolorante, abbracciandola nella verità dei suoi sentimenti.
- Se sei convinta che stia mentendo allora cosa ci fai qui? -
- Voglio solo la verità - ripetè cautamente, controllando il suo volume. Ricominciando a sperare che fosse sincero. Avrebbe rinnegato perfino l'innegabile per credere a lui. Almeno fin quando non avesse potuto aprire gli occhi.
- L'ho detta, che tu ci creda o no, affari tuoi - ringhiò ancora, serrando la mascella. Quella situazione era ridicola, lui era ridicolo. Al diavolo tutto.
- Si può sapere cos'hai? - domandò sospettosa. Non aveva fatto in tempo nemmeno a liberare il tanto agonizzato sospiro di sollievo per la smentita delle sue accuse, che lui era tornato lo scorbutico idiota di qualche giorno prima, quando ancora si ostinava a volersi scontrare invece di cercare un punto d'incontro. Aveva imparato, a sue spese, che nascondeva qualcosa sotto quel suo spinoso atteggiamento.
- Niente, tanto non ha senso discuterne. A breve queste specie di vacanza forzata finirà ed ognuno tornerà alla propria vita - parole amare, erano fiele sulla sua lingua che quasi rifiutava pronunciarle. Ma era così, non serviva nessun Steven per aprirgli gli occhi. Lui vedeva, e ciò che vedeva era solo una montagna inscalabile, un futuro inesistente per quella storia nata per caso. Non avrebbero potuto stare insieme una volta finita quella parentesi della loro vita. Come si apre, si chiude e nessuna parentesi resta aperta.
- Ma che cosa stai dicendo? - rimase perplessa, come se non avesse capito. Non voleva credere di aver colto pienamente il significato di quelle parole. Non voleva credere che stavano davvero per affrontare quel tipo di discorso, che lui volesse affrontare in quel modo, bocciando a priori la possibilità di un futuro insieme.
- Non fingere di non aver capito - la rimbeccò lui severo. Lei s'irrigidì e la voce si incrinò nel petto.
- Allora cosa stiamo facendo?! Tutto questo non ha significato niente per te? - le labbra tremarono solo al pensiero di una risposta affermativa. Perché le stava facendo quel discorso ora?!
- Vuoi farmi credere che hai pensato che tutto questo sarebbe potuto continuare? - ancora una volta si ritrovò ad aggrapparsi alla possibilità che l'unico suo scopo fosse ingannarlo, usarlo per fama, soldi, benessere, anche se forse non ci credeva fino infondo neanche lui - Sei un'illusa. Non c'è futuro che ci veda insieme -
Quella fu una coltellata. Una gelida ed improvvisa coltellata. Un dolore tagliente ed avvolgente, che bloccava il respiro, lasciandola annaspare tra la sofferenza, la rabbia, la lotta contro le lacrime e perfino contro se stessi. Contro quella parte che si ostinava ancora a desiderare un futuro con lui, con quella parte irrazionale che aveva sperato nella favola, che la forza dei sentimenti potesse abbattere le barriere di tempo e spazio. Forse nella vita reale quei sentimenti che lei aveva disperatamente desiderato donare e ricevere, non esistevano, erano solo un effimero frutto di sogni, sogni di quelle persone che come lei, credevano ancora nelle favole e nel lieto fine.
Prese un respiro profondo, appoggiando la voce al diaframma per non tremare una volta aperta la bocca.
- Allora perché stai giocando con me? - si alzò dal letto facendo qualche passo indietro, mettendo distanza tra loro e lui si ritrovò ancora una volta a seguirla.
- Cosa credevi, che sarebbe potuto andare avanti così in eterno? - pausa - Non appena toglierai le bende tutto questo finirà - gridò lui di colpo, e la sua voce acquisì una roca intensità. Quello fu un altro duro colpo da incassare per il suo organismo già traballante. Aveva aspettato con ansia il giorno in cui la luce del sole sarebbe tornata ad illuminare le sue giornate. Eppure adesso immaginava solo oscurità alla fine del tunnel. Improvvisamente capì che sarebbe stato inutile cercare un punto d'incontro se le loro volontà stavano viaggiando su binari differenti. La morale era che lei avrebbe voluto. Lui no. Perciò sarebbe stato assolutamente insensato continuare a percorrere quella strada da sola. Lentamente la rabbia si mischiò al rammarico ed investi la sua voce di una nuova quanto amara fermezza. L'aveva usata, aveva giocato con lei in modo subdolo, come aveva giurato a se stessa che non avrebbe più permesso a nessuno di farlo.
- Se queste sono le tue intenzioni allora non ti voglio più vedere - si voltò, cercando la porta con le mani, cercando l'uscita.
- È destino che sia così! - la sua voce la seguì, colpì le sue orecchie con forza, dovette dedurne che fosse pericolosamente vicino.
- Siamo noi gli artefici del nostro destino - obbiettò con amarezza.
- Ma questa volta non ci sono soluzioni -
- Certo che ci sono! - scattò di colpo, aumentando i decibel - Se ti interessasse davvero le troveresti, invece sei solo un brutto viscido verme che pensava di usarmi! - sbattè in faccia quella verità perfino a se stessa.
Harry fu travolto da un soffocante dolore al petto. Non avrebbe voluto che lei pensasse quello. Non avrebbe voluto niente di ciò che invece stava facendo.
- Se avessi voluto questo, ora non starei qui a parlare, non credi? -
- Non credo a niente! - trattenne un insulto, anzi una lista infinita di insulti, avrebbe voluto concludere con: imbecille, idiota, suino e a seguire altri simili - Credo che ti sia voluto divertire! Ti mancava la ragazza non vedente da aggiungere alla famigerata collezione?! -
- Stai farneticando! - gridò, mentre ribolliva di una rabbia improvvisa.
- No! - poggiò finalmente una mano contro la parete, un punto solido a cui aggrapparsi - Tu farnetichi! Se fossi stato davvero interessato a me, almeno avresti provato con me a cercare delle soluzioni! - alzò la voce ancora senza preoccuparsi di come suonasse. Delusione e amarezza, ecco cosa sentiva lei, ma non importava che lui potesse accorgersene mentre tutto andava in pezzi.
Harry la guardò fumante di rabbia. Gli stava rivoltando addosso i suoi timori, la sue paure e le sue incertezze. Gli stava gettando tutte quelle accuse che era pronto a fare a lei, mostrandosi fragile, esattamente come lui. Avevano le stesse paure, forse perché volevano la stessa cosa. La guardò con intensità bruciante, come se ancora una volta lei potesse cogliere ciò che i suoi occhi volevano dirle.
- Non ci sono! -
- Se io ti dico che ci sono, non ti passa per l'anticamera del cervello che forse ne ho?! - ribattè lei rabbiosa. Era come se lui stentasse a capire la sua lingua, ancora una volta erano su strade diverse.
- Allora dimmele! - urlò ancora, abbracciando finalmente la speranza che potessero esistere.
- Ormai che senso ha?! È palese! - il respiro si bloccò, ostruito dalla rabbia e delusione, fece una pausa - Potevi almeno evitare di prendermi in giro - mosse passi incerti, sperando di allontanarsi da lui il prima possibile.
Harry la vide barcollare di fronte a lui imboccando casualmente il corridoio. Il suo cuore battè un altro doloroso colpo ed immediatamente le bloccò un braccio. Perché non voleva lasciarla andare.
- Dove cavolo vai? - la fermò bruscamente prima che raggiungesse la porta. Aveva già vissuto quella scena.
- Via da te - strattonò il braccio per liberarsi dalla sua presa - Non avvicinarti mai più! Il gioco qui si chiude! - pausa. Quando era andata lì sul piede di guerra non avrebbe mai pensato che la battaglia si sarebbe potuta concludere in quel modo. Aveva perso, giocato con qualcosa più grande di lei, scommesso su una volontà che non era sua. Vinta, distrutta e amareggiata. Ecco qual'era stata la sua fine - La cosa che mi fa più schifo è che tu accusavi me di essere una falsa arrivista, quando tu sei anche peggio - chiuse la porta, che stranamente trovò proprio sotto la sua mano. L'unica cosa che le era venuta bene, pensò, era stata l'uscita di scena.





Ancora infinitamente grazie a tutte coloro che seguono e apprezzano questa storia! È sempre una gioia immensa parlare con voi, ringrazio Wattpad per avermi premesso di conoscere persone fantastiche come voi! E colgo l'occasione per suggerire di passare a leggere le storie di KikkaJr , è bravissima e sono sicura vi appassioneranno così come hanno fatto con me!
Un abbraccio fortissimo a tutte!

Ila

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