30.

Si era sentita come un'adolescente mentre aveva continuato a baciarlo sulla porta della sua camera. Avrebbe dovuto mandarlo a dormire, eppure quando lo aveva sentito entrare con lei e chiudersi la porta alle spalle, tra un bacio e l'altro, il suo cuore aveva rimbalzato di felicità da un estremo all'altro della cassa toracica. Assecondalo, sembrava dirle, semmai avesse desiderato opporsi.

Era stata una bomba, una bomba che esplodeva ad ogni bacio, ad ogni carezza, ad ogni passo. Quel vestito era diventato un terribile ingombro e dovette trattenersi per non strapparlo con le sue mani. L'impazienza si era trasformata in assordante desiderio. La fece scontrare di nuovo contro la parete, schiacciandosela addosso, non voleva nascondere la sua eccitazione, anzi voleva che la sentisse tutta. Il suo gemito fu musica per lui, che cominciò a saccheggiarle il collo, mentre le mani cercavano i luoghi più proibiti, sparendo sotto la morbida stoffa del suo vestito. Quanto aveva desiderato toccare quella pelle. Sentì le sue mani impossessarsi dei suoi capelli con forza mentre lui si chinava a baciarle la clavicola.
- Louis... - ansimò cominciando a far scorrere le mani sul suo corpo. Ma qualcosa in lui si ruppe. La sua bocca fermò l'avanzata e le sue mani tornarono sopra al vestito. A lei dovette sembrare un invito per passare al contrattacco, cominciò a baciargli il collo sensuale come una gatta. Un altro gemito gli era sfuggito quando l'aveva sentita baciare la parte alta del petto. La mandibola si contrasse. Inutile, voleva sentirla pronunciare il suo nome e si sarebbe trattenuto fin quando non sarebbe stata disposta a concedersi a lui, senza credere che fosse un altro.
Cominciò a dosare l'irruenza dei suoi baci fino a trasformali in tenui carezze, ammorbidendo il passaggio delle sue mani, la rudezza del suo tocco.
- Che succede? - gli domandò ancora ansimante. Poteva percepire perfino il ritmo dei loro cuori sovrastare quel silenzio.
- Forse è meglio se ci fermiamo - disse fingendosi deciso, quando in realtà moriva dalla voglia di rimangiarsi tutto.
- E' successo qualcosa? - chiese di nuovo lei guardinga. Non sarebbe stato facile ingannarla. Ancora una volta il paradosso di quella storia lo aveva imbrigliato nelle sue menzogne, nei suoi scambi di identità. Perché in realtà non voleva ingannarla.
- Vorrei che tu potessi vedermi - disse solo, con una dolcezza che stupì perfino se stesso. Era la verità, ed era convinto che lei se ne sarebbe accorta. Quello che non si sarebbe aspettato fu l'abbraccio di slancio che lo travolse. Inspirò il suo profumo e si lasciò cullare dalle sue braccia, sforzandosi di spegnere quella selvaggia eccitazione che si era impossessata di lui, che lei aveva fatto nascere dentro di lui.
- Anche io vorrei che tu potessi vedermi - sussurrò timidamente.
- Ma io ti vedo - disse accarezzandole il viso, perfino dalle bende, come se potesse comunque percepire il calore del suo tocco.
- No....non tutto -
- Allora aspettiamo fin quando potremmo guardarci negli occhi -  lei rimase immobile, come se stesse assorbendo poco a poco le sue parole, poi la vide sorridere nella penombra. Solo la luce dalla porta finestra a squarciare il buio della stanza.

La testa sembrò vorticarle ancora, colpita da un marasma di emozioni. Lo abbracciò di nuovo, poggiando la testa sul suo petto. Desiderò come non mai di poter vedere quegli occhi verdi. Era convinta fossero incantevoli. Il martellio del suo cuore sotto all' orecchio era una melodia unica che avrebbe voluto ascoltare per sempre. Si era sentita in imbarazzo quando lui si era fermato. Era stata travolta così profondamente da lui che se le avesse strappato il vestito e l'avesse presa su quel muro, lei sarebbe stata felice di trovarsi i suoi segni addosso il giorno successivo! Probabilmente sarebbe dovuta essere stata lei ad opporre resistenza a quel suo attacco, forse, ma in quel momento la parola 'fermare' era totalmente sconosciuta al suo vocabolario, compresi i sinonimi. Quel che ne restava erano solo una serie di fluttuanti e pomposi aggettivi tutti estremamente sdolcinati e amorevoli. Sindrome degli occhi a cuoricino, l'avrebbe chiamata. La facilità con cui erano riusciti a passare dagli insulti ai baci e....va bene, a quello, era stata disarmante, come se non avessero aspettato altro se non quello, come se avessero trovato l'incastro perfetto, e gli insulti fossero stati il loro singolare mezzo per raggiungerlo. Le baciò i capelli e lei come al solito non pensò prima di parlare.
- Potresti comunque restare... - affermò titubante.
- Pensavi che me ne sarei andato? -
- Sono seria - prese un respiro profondo alzando la testa. Aveva bisogno di chiarire le cose una volta per tutte. Aveva bisogno di sapere che finalmente poteva fidarsi di lui - Non voglio più vivere le scene che abbiamo fatto fin ora. Un pò si, poi no, poi ti odio, poi ti voglio. Vorrei solo sincerità d'ora in poi - acquisì crescente sicurezza durante il suo ragionamento. Harry non ne rimase sorpreso. Aveva scelto ormai, come aveva anche scelto di non rivelarle ancora chi realmente fosse.
- Sono serio anche io - le rispose accarezzandole ancora i capelli e lei tirò un leggero sospiro, poggiando di nuovo la testa su di lui. La vista non era sempre indispensabile per imprimere alcuni momenti nella mente. Era sicura che quella notte non sarebbe mai stata dimenticata. Era dentro di lei.

Harry si era spogliato velocemente, aspettandola seduto sul letto. Le donne erano lente, lei teoricamente era giustificata, e dai rumori sinistri che provenivano dal bagno, era convinto che stesse facendo del suo meglio per essere più rapida possibile. Uscì con un altro dei suoi famigerati pigiami. Aveva alzato già occhi al cielo prima di andarle incontro e prendere le mani tra le sue.
- E questo chi è? - domandò ridacchiando, incapace di trattenersi. Era talmente brutto che avrebbe potuto spegnere i suoi bollenti spiriti, se non fosse stato per il pensiero di quanto sarebbe stato soddisfacente toglierglielo di dosso.
- E' Tamburino, il coniglio amico di Bambi - rispose orgogliosa e lui alzò gli occhi al cielo divertito, prima di prenderle le mani e condurla fino al letto. Di nuovo saltavano fuori quegli assurdi cartoni animati!
- Come fai a riconoscerli? Sono tutti uguali -
- Ma se i modelli sono tutti diversi! - si lamentò - Questo è smanicato, con il pantaloncino corto e morbido, con un fiocco, Lucifero invece... -
- Alt, furia scatenata ho capito! - s'infilò per primo sotto il lenzuolo e osservò i suoi movimenti finchè non si posizionò al suo fianco - Un giorno mi farai vedere dove solo i simboli fallici - rise ripensando a quella sorprendente conversazione, quando appena cominciava ad avvicinarsi a lei.
- Pervertito - borbottò tirandogli un leggero pugno. Harry non rimase sorpreso dalla sua indole violenta, ma colse l'occasione per afferrarla e avvicinarla maggiormente a lui. Ancora una volta il suo odore gli arrivò potente all'olfatto. Sicuramente non avrebbe saputo dire cosa fosse, ma aveva un richiamo di qualcosa di esotico e fresco. Lei si poggiò sulla sua spalla, muovendosi finchè non ebbe trovato la posizione più comoda, slittando con il viso fino al suo petto. Perfino il suo calore si propagò in lui. Lanciò un'occhiata verso quella portafinestra chiusa. Il cielo era limpido, la notte scura e silenziosa. Un'inaspettata quiete aveva contagiato perfino il suo animo, cancellando i tumulti di quei giorni come se fossero stati polvere in balia del vento. Dispersi nella sua potenza. Posò di nuovo gli occhi su di lei, quasi gli sembrava impossibile averla così vicina, docile e mansueta. Un piccolo sorriso montò sul volto. Le passò le mani tra i capelli, finchè non si addormentò anche lui cullato dalle sue stesse carezze.
L'indomani avrebbe avuto comunque bisogno di una doccia gelida.

La mattina successiva si risvegliò infreddolito e scomodo, neanche il ricordo più lontano di quella calda e comoda posizione in cui era stato cullato. Sbattè le palpebre per cercare di mettere a fuoco la situazione, tornado sveglio poco a poco. La banshee era comodamente stravacata occupando quasi tutto il letto, arrotolata in quasi tutta la coperta, confinandolo in un angolino del letto e con solo un quarto di lenzuolo. E lei dormiva ancora. Sorrise, assecondando la voglia matta di farle qualche scherzo. Era sempre una guerra. La srotolò in malo modo dal fagotto che si era creata intorno e lei sobbalzò tornando bruscamente alla realtà.
- Hey! Ma che modi! - si tirò a sedere voltando la testa dalla sua parte. Era buffa con i capelli arruffati e le labbra erano stranamente di un rosso acceso. Improvvisamente gli venne voglia di mangiarle.
- Lo dico io! Mi hai quasi scaraventato fuori dal letto! - lei si portò una mano alla bocca, sorpresa.
- Scusami! Non l'ho fatto di proposito! -
- Vorrei ben vedere! - rise alla sua reazione, sembrava non avesse colto lo scherzo. La chiuse nel suo caldo abbraccio e si ritrovò ancora a respirare il suo odore, mitigato dal profumo del letto e delle lenzuola, mischiato a quello della sua pelle.
- Che ore sono? - Harry sbuffò divertito da quella domanda.
- Possibile che sia un chiodo fisso? -
- Perché non puoi dirmelo e basta, senza protestare sempre? - scherzò lei fintamente offesa.
Si lasciò placidamente coccolare, schiacciando la testa contro di lui, stringendolo come se non volesse mai lasciarlo allontanare. Quella mattina si era svegliata bruscamente ma per la prima volta la realtà sembrava essere più magica di un sogno. Un sorriso scappò al suo volere, chi l'avrebbe mai detto che in tutta quella storia, lei avrebbe potuto vivere un momento tanto bello. Se glielo avessero predetto, non ci avrebbe mai creduto. L'idea di vederlo improvvisamente non la spaventava. Forse solo un accenno di curiosità era rimasta a pizzicare il suo desiderio di poter aprire gli occhi e vederlo. Voleva sapere tante cose su di lui, era stata tentata dal suo migliore amico per telefono molte volte, alla fine aveva sempre rinunciato a ricevere informazioni. Ora avrebbe potuto chiedere a lui, apprendere da lui, e non desiderava altro. Niente altro se non vivere quel momento senza preoccupazioni o domande, senza rancori o incertezze, forse perché le sembrava tutto più facile con lui accanto. Senza che se ne fosse accorta, era stato la sua forza, in ogni litigio, in ogni rappacificazione, in ogni passo teso verso di lui. L'aveva resa più forte.
- Ti va di uscire? - la sua voce scosse in suoi pensieri. Era un suono leggero e melodico, alle sue orecchie. Un momento...uscire?! Perché l'idea non la entusiasmava?
- Uscire? -
- Si, andiamo a fare colazione in paese -
Rimase perplessa. Non la entusiasmava per niente farsi vedere in giro con lui. In primo luogo non era assolutamente pronta alla folla che sicuramente lo avrebbe inseguito in massa, e infine, non meno importante, restava sempre quel piccolissimo dettaglio che lei non era autosufficiente. Era letteralmente costretta a dover dipendere da lui.
- Va bene, vado a farmi la doccia - decise infine risoluta. Gli occhialoni da sole sarebbero passati quasi inosservati di giorno, doveva solo cercare di mantenere la calma. Stava per alzarsi, accantonando in un angolo remoto tutte le preoccupazione che l'avevano colta, quando lui la bloccò con un braccio.
- La farei con te - asserì roco, tenendola bloccata dalla sua presa. Avvicinò il viso al suo lentamente, spesso dimenticava che non poteva nemmeno vederlo - Ma lascerò che tu possa goderti lo spettacolo quando avrai la capacità di vederlo - le lasciò il braccio, prima di alzarsi velocemente dal letto - Appena ho finito vengo a prenderti, ma non metterci una vita -

Elene aveva finto di stare per alzarsi, ma appena aveva sentito la porta chiudersi si era lanciata nuovamente sul letto. Sorrise al nulla, sorrise a se stessa e si sentì come una ragazzina alla sua prima cotta. Eppure lei aveva 24 anni! Aveva creduto di essere sulla strada giusta per diventare una fredda donna d'affari concentrata solo sul lavoro. Ecco una dimostrazione: rotolarsi nel letto sognante e sorridente, pensando ad un ragazzo appena conosciuto e che non aveva mai neanche realmente visto. Complimenti per la strabiliante dimostrazione di maturità! Scattò verso il bagno dopo un'innumerevole quantità di minuti. Uscì con la convinzione di essere stata veloce come un fulmine, ma a giudicare dal rimuginare di Louis, dovette ricredersi. Il bradipo in lei vinceva sempre. Non ebbe neanche poco tatto nel farle notare quanto quegli occhialoni, che lei si ostinava a voler portare ogni volta che usciva dalla stanza, fossero appariscenti e poco, pochissimo sobri. Insomma secondo lui avrebbe ottenuto l'effetto contrario al passare inosservata.

- La receptionist ha detto che c'è un posto che fa pancake buonissimi. Proviamo? - la sua voce ricomparve poco dopo averla lasciata attendere nella hall.
- Che domande, ma certo! - esclamò entusiasta, prendendolo sotto braccio e cercando di prendere un'apparente dimestichezza con il suo buio.
Harry sorrise. Era così buffa dietro quegli occhiali giganti e brillantinati, chissà dove e come si li era procurati. Aveva chiesto a Niall di reggergli il gioco con Steven, di coprirlo il più possibile. Non doveva sapere che erano usciti, non voleva si facesse vedere con lei in albergo, figuriamoci al di fuori. Non aveva avuto il benchè minimo ripensamento a riguardo, voleva uscire. Sperò che la luce del giorno avesse potuto mascherare quei bizzarri occhialoni tra tutti gli altri, esattamente come il divertimento di Niall in quella specie di missioni segrete avesse potuto nascondere la loro momentanea fuga.



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