22.

Era fuggito per l'ennesima volta dal post-intervista, camminando a passi pesanti verso quel corridoio. L'annuncio dell'anno di pausa aveva attirato l'attenzione dei giornalisti in maniera esponenziale, sembravano più una serie di scrittori pronti a ricamare fantasiose storie intorno al nulla. In tutto quel mare di maschere di falsità non aveva mai sentito così vivo il desiderio di verità. La chiave era già in mano e non esitò neanche un secondo a spalancare la porta, non bussò neppure. Come al solito, non riuscì a combattere la morbosa curiosità di osservarla. Non ci provò neppure. Era diventata una strana abitudine scrutarla con sospettosa attenzione, quasi a voler cogliere un segreto nascosto sotto quei sorrisi, quei movimenti incerti e quella sua apparente e incredibile spontaneità. Il morso della sua coscienza si fece doloroso, ricordandogli che l'unico a custodire un segreto in realtà era lui. La definizione inganno innocente combaciava poco con un'identità nascosta.
Con sua grande sorpresa, la trovò in mezzo alla camera, vestita ancora casual, che...che stava facendo?
- Che stai facendo? - chiese con aria sospettosa. Lei parve non averlo udito, poiché continuava a fare...qualsiasi cosa stesse facendo. Si muoveva a destra, sinistra, avanti e indietro, girava, rigirava, oscillando il sedere in un modo quasi...seducente. Si accorse solo allora delle cuffie nelle sue orecchie.
- Cosa stai facendo? - al suo urlo corrispose un salto da parte della ragazza e un altrettanto potente strillo. Si bloccò di scatto. Era proprio davanti a lui.
- Mi hai fatto prendere un colpo! - annunciò ansimante. Il cuore aveva cominciato a battere all'impazzata per la paura. Ma come era venuto in mente a quel citrullo di farla spaventare in quel modo! L'aveva fatto di proposito, di questo era certa. Un pensiero fulminò il suo cervello come una cascata di acqua gelida. Era entrato da solo! Questo significava che usava ancora la chiave! - Dovresti smetterla di usare quella chiave ed entrare qui dentro a tuo piacimento! - brontolò infastidita - E se fossi stata nuda? -
- Che stavi facendo? - non aveva dato segno di averla ascoltata. Meraviglioso!
- Imbiancavo le pareti...Ballavo no? - ripose acida.
- Che ballo era, intendevo - replicò lui, imitando il suo stesso tono inacidito.
- Una bachata, me l'ha insegnato la mia collega di lavoro - spiegò cercando di riacquistare la calma - Dice che è facile, basta sculettare un po', ma io non sono molto capace - ammise poggiando le cuffiette sul letto. Si era accertata di essergli sempre rimasta accanto.
- Da quel che ho visto non era così male - si morse la lingua. Non avrebbe dovuto dirlo, ma era uscito spontaneamente dalla sua bocca.
- Da quanto tempo sei qui per l'esattezza? - la sua voce si fece più acuta, segno che non aveva minimamente colto quella sottospecie di complimento che il suo cervello aveva deciso di formulare.
Elene avrebbe strabuzzato gli occhi se solo avesse potuto. Un improvviso imbarazzo le avvampò nel corpo.
- Il necessario per poter osservare - le concesse una risposta svogliata e lei sbuffò.
- Che piacere! Dovresti smetterla di usare quella chiave! Non mi sembrava si trattasse di un'emergenza! - lo ammonì ma ormai era quasi certa che non le avrebbe dato retta. Ultimamente nessuno lo faceva! - Comunque si balla in coppia - continuò cercando di giustificare quello spettacolo orribile che doveva essersi sorbito.
- Ma l'uomo non può sculettare - replicò lui con un fare di indignazione.
- Certo che può, ma qui si tratta di muoversi a tempo con la donna - replicò - In teoria è un ballo molto sensuale - in teoria, perché in pratica sicuramente non l'avrebbe mai potuto definire sensuale, se si fosse basato solamente sui passi che aveva provato a fare lei. Si sentiva più come un canguro saltellante che cercava di imitare i passi di una bachata.
- Bisognerebbe vedere in pratica - disse lui come se avesse potuto leggerle nel pensiero ed Elene ghignò improvvisamente.
- Vediamo allora - un pizzico di sfida colorò la sua voce.
- Cosa? - Harry spalancò gli occhi. Non aveva alcuna intenzione di rendersi un pagliaccio.
- Vieni! - Elene tese le mani avanti, incitandolo. Non avrebbe accettato un no come risposta.
- Non ci penso nemmeno - borbottò ma lei fece un passo avanti. Harry si sporse verso di lei di scatto, afferrandole le mani prontamente. Elene sorrise e lui aggrottò le sopracciglia, capendo di essere stato fregato.
- Andiamo non farti pregare - strinse le sue mani con più forza e si avvicinò ancora a lui, fin quando non scontrò il suo petto. Improvvisamente una vampata di calore le avvolse i muscoli, il cuore prese a battere frenetico dentro alla cassa toracica tanto da obbligarla a sperare che lui non potesse sentirlo. Non voleva sapere perché quella vicinanza fosse la causa di un simile cambiamento, di una tale reazione nel suo corpo. Lentamente accompagnò la sua mano fino ad appoggiarla alla base della schiena. E lui lì la lasciò. Con l'altra mise delicatamente una cuffia nel suo orecchio. Sentì i capelli solleticarle le dita e non poté non domandarsi quanto fossero lunghi.
Aveva sorriso al pensiero di essere riuscito a conoscere qualche pezzo in più dell'intricato puzzle che sembrava formare il carattere di quella ragazza. Cominciava a prevedere le sue mosse. Sapeva che sarebbe riuscita a farlo ballare. O almeno imitare una vaga parvenza di ballo. Ciò che non si sarebbe mai aspettato era sentirla fremere tra le sue mani, come nemmeno quel battito traditore in risposta. Aveva cominciato a muoversi, spiegandogli il "meccanismo" e nonostante i passi fossero tutti uguali, lui continuava a non capire come doveva andarle dietro. Riusciva solo ad intralciarla. Erano ridicoli.
- Sembriamo due idioti - gracchiò seccato.
- Meno male che io ho la scusa che non vedo allora! - Elene ridacchiò, avvertendo la sua tensione, mentre lei lentamente era riuscita a sciogliersi. La canzone successiva cominciò a battere le sue note ad un ritmo diverso. Si bloccò - Questa è kizomba -
- Cos'è?! - Harry aveva assunto una strana espressione, seriamente convinto che avesse cominciato a parlargli in arabo.
- Uno dei balli più sensuali che esita, per chi sa ballarlo naturalmente - continuarono a muovere qualche passo qua e là, lui non oppose resistenza, lasciandosi trascinare da lei, ed Elene desiderò come non mai di poter continuare all'infinito. Non era male trovarsi praticamente tra le sue braccia. Non era male l'inspiegabile batticuore che martellava perfino il respiro. Non era male immaginare lui. Sussultò interiormente all'idea di sapere veramente poco del suo aspetto fisico. Ma forse era meglio così. - Da cosa stavi scappando questa volta? - domandò una volta sicura che la voce non l'abbandonasse.
- Cosa? -
- Se sei qui vuol dire che eri stato incastrato in qualcosa addirittura peggiore della mia compagnia - rispose tranquillamente. Era stato chiaro a riguardo e a lei non dispiaceva l'idea che ci fosse qualcosa di addirittura peggiore di trascorrere del tempo in sua compagnia. Si facevano passi da gigante, pensò ironica.
- Non sopporto più di dover fingere e sorridere davanti a persone che non tollero e che non aspettano altro che un mio passo falso per screditarmi - disse senza porre alcun freno inibitorio. Sfogarsi con lei stava diventando semplice e vagamente terapeutico. Lei lo stava a sentire.
- Tutti fingono - rispose con apparente calma, ma in realtà poteva solo immaginare quanto peso fosse costretto a nascondere ogni giorno, dietro quella facciata di apparente benessere.
- Credi che non lo sappia? - ribattè accigliato.
- Il mondo è un palcoscenico e gli uomini e le donne sono soltanto attori - recitò lei teatralmente. Non avevano ancora smesso di muovere passi sconclusionati eppure lei si sentiva a suo agio.
- Credi di sorprendermi citando Shakespeare ? - ghignò.
- Scommetto che conosci la frase ma non sai da dove è tratta - lo sfidò ancora lei. Le piaceva farlo, era evidente.
- Amleto? - provò distrattamente.
- Errore - sorrise soddisfatta. Ne era sicura, pochissimi conoscevano e apprezzavano quell'opera.
- Romeo e giulietta? - riprovò e lei sbuffò.
- Ma perché tutte tragedie? Non poteva essere una commedia? -
- Shakespeare è famoso per le tragedie - disse lui come fosse una giustificazione.
- Io trovo che Romeo e Giulietta sia sopravvalutato -
- Ah sì? - sghignazzò quasi sbeffeggiandola. Di nuovo il lato maestrina che usciva allo scoperto. Era buffa nella sua mania di avere sempre un'opinione che andasse contro corrente rispetto alla massa. E lei aveva una sua stramba, personale opinione su tutto - Piace a tutti, è la storia d'amore per eccellenza -
- È il dramma per eccellenza! - lo corresse divertita - Che tristezza! Io preferisco le commedie, la storia d'amore per eccellenza è Orgoglio e Pregiudizio e inoltre prima di Romeo e Giulietta ci sono stati Tristano e Isotta, Ginevra e Lancillotto -
- Stai divagando - l'ammonì severo sebbene l'ennesimo sorriso fosse spuntato sul suo viso.
- Lo so, amo chiacchierare - si giustificò immediatamente.
- Quindi? -
- Come vi piace -
- Cosa? -
- Il titolo dell'opera da cui é tratta la frase! - ecco di nuovo la maestrina, pensò.
- Mai sentita - ammise
- Ma è famosa! - esclamò lei scandalizzata, cercando di evitare che il suo piede le facesse erroneamente lo sgambetto. Nonostante avessero continuato a muovere qualche passo con lentezza e cautela, per lei non era così semplice. Ogni volta che rischiava di cadere, stringeva con più forza la presa sulla sua spalla e nella sua mano. Si stupiva ogni qual volta lo sentisse ricambiare la sua stretta - Rosalinda e Orlando -
- I protagonisti? -
- Rosalinda si traveste da uomo e fugge nella foresta. Ma solo quando è travestita che può esprimere il suo amore per Orlando - Harry aggrottò le sopracciglia, lanciandole uno sguardo confuso.
- In poche parole lo inganna -
- No tutt'altro, in qualche modo nella finzione lei riesce ad essere se stessa e dimostrargli il suo amore per lui - uomini, avevano dei modi tutti loro per tirare le conclusioni.
- È facile essere se stessi dietro una maschera -
- Esatto, spesso nella finzione si nasconde il nostro vero essere e il travestimento può essere liberatorio, stravolge le regole. A Rosalinda apre le porte verso il grande amore della sua vita - spiegò con enfasi - Riuscirà a testare anche i suoi sentimenti e a spingere Orlando verso di lei -
- Come finisce? - chiese curioso, ma soprattutto desideroso che smettesse di spiegargli quella complicata trama.
- Bene no? È una commedia! -
- Quindi sei un amante del lieto fine - sorrise di nuovo d'istinto.
- Sono devota al lieto fine! - affermò lei con una punta di visibile orgoglio. Solo quando lo sentì borbottare qualcosa si rese conto di essergli praticamente salita su un piede. Le venne da ridere e nonostante avesse cercato di non farsi notare, il suo grugnito fu un ammonimento sufficiente. Ops.
- Come fa Rosalinda a testare l'amore di Orlando? -
- Lo mette alla prova e allo stesso tempo dimostra il suo amore per lui. - si maledì di non essere riuscito a frenare la sua curiosità, non appena lei aveva ripreso a parlare a raffica - Quello che voglio dire è che con una maschera è più facile smettere di fingere, riusciamo a mostrarci per chi realmente siamo. Perché tu riesci ad essere facilmente te stesso con me? - l'ultima domanda lo colpì.
- Perché non ho paura del tuo giudizio - rispose prontamente
- O perché io non posso vederti? - rincarò la dose decisa e lui ne restò sorpreso ancora una volta. Non si era mai posto il problema di essere "visto", era sempre stato sicuro di sè, del suo aspetto e dell'effetto che aveva sulle donne.
- Non m'interessa comunque il tuo giudizio - Elene si stizzì a quella precisazione. Il solito antipatico citrullo!
- Non avevo dubbi al riguardo - sospirò arresa - Da cosa scappavi? -
- Abbiamo avuto una conferenza stampa e il post buffet non mi interessava - Elene rimase immobile per un istante.
- Che ore sono? - chiese improvvisamente ed Harry ridacchiò.
- La tua è un' ossessione! -
- Si...me ne sono accorta - ammise leggermente imbarazzata - Potresti rispondere senza commentare ogni volta, per favore? -
- Le undici, non si vede già anima viva in giro - lanciò un'occhiata fuori dalla sua porta finestra. Era buio e il lago sembrava davvero essere deserto.
- Non immaginavo fosse così tardi! - Elene bloccò i passi, rimanendo ancora attaccata a lui. Doveva andare a dormire!
- Tardi? - domandò lui sorpreso per il suo brusco arresto - Non hai 90 anni, è prestissimo -
- Per te forse, uomo della notte, cosa sei un vampiro? -
- Ci sono persone che non hanno neanche finito di cenare a quell'ora! - assunse in tono di vago e divertito rimprovero.
- Io mangio alle 19 - confessò senza il minimo imbarazzo. Harry strabuzzò gli occhi.
- Neanche mia nonna così presto -
- Ogni scusa è buona per offendere - sentiva puzza di critica nell'aria ed infatti lui non l'aveva risparmiata.
Sospirò ancora. Era stanco, esausto. Si era lasciato trascinare dalle sue strambe idee, come ultimamente stava facendo troppo spesso, rischiando di dimenticare quasi il vero motivo per cui si era precipitato da lei. Quella ragazza gli dava facendo perdere il lume della ragione. Era così...buffa! Continuava a lanciarsi goffamente ovunque, nonostante non vedesse e sbattesse dappertutto, non stava mai ferma! Ballare da sola in mezzo alla stanza, per giunta, era il colmo! E lui era ancora più stupido quando le dava retta.
Lasciò la presa su di lei, che istintivamente arretrò di un passo. Si tolse velocemente la giacca. Aveva scoperto che la sua terrazza era proprio sopra all'accesso alla baia. Aveva scoperto quel sentiero facendo jogging, era nascosto da alte rocce e fitti cespugli, e proprio sopra una di quelle rocce sbucava il suo terrazzo.
- Vieni Santa Elene, ti porto in un posto - le prese le mani e lei sussultò appena al suo tocco improvviso. Ancora quel nome.
- Che posto? - domandò curiosa lasciandosi trascinare dietro di lui.
- Lo vedrai -

Scavalcare il terrazzo e scivolare lungo quella roccia, fortunatamente liscia e piatta, sarebbe stato un gioco da ragazzi. Lo stesso gioco da ragazzi però diventava un'impresa epocale se lo si voleva far fare a qualcuno, momentaneamente non vedente e con l'agilità, a suo dire, di un bradipo con i reumatismi. Maledisse ancora le sue idee, che di geniale fino a quel momento non avevano avuto nulla.
- Siamo in terrazzo? - domandò entusiasta non appena aveva percepito la fresca aria della sera.
Certo, perché non aveva ancora idea di quello che avrebbe dovuto fare.
- Ora, dovrai fare tutto quello che ti dico -
- Ma... -
- Senza protestare! - Elene si zittì a quel perentorio ordine. I muscoli cominciarono a tendersi di impazienza e paura. Dove diavolo la stava portando? Le poggiò con poco garbo le mani sulla ringhiera - Ora dovrai scavalcare la ringhiera - tremò e la bocca si aprì d'istinto.
- Cosa?! - urlò sovrastando le sue intimazioni di silenzio. Ma era completamente pazzo?! Come avrebbe potuto farlo, e soprattutto cosa avrebbe trovato oltre la ringhiera? Il vuoto? Aiuto! L'inaspettato moto di paura s'insinuò veloce come un virus nella sua testa - Ma tu vuoi davvero uccidermi! Cosa accidenti...- le parole morirono sul palmo della sua mano. Non sapeva per quale motivo, ma aveva smesso di respirare.
- Non è il caso di farci scoprire, ti pare? - la sua voce suonò calda e roca nelle orecchie. Sensuale come quella di un amante. Bastava così poco per distrarla - Proprio sotto al tuo terrazzo c'è una grande roccia. È piatta, ti ci siedi sopra, e scivoli verso il basso. Non sono neanche due metri di altezza, ma in ogni caso ti tengo io -
Non aveva prestato la benché minima attenzione a tutta quella dettagliata spiegazione, doveva ammetterlo, era troppo concentrata sul respirare gradualmente. Farfugliò qualcosa sulla sua mano ma lui sembrò non cedere. - Se mi prometti di non urlare la tolgo - annuì velocemente con la testa.
- Come ti è venuto in mente di farmi fare una cosa del genere? E come credi che ci riesca?! -
- Seguendo le mie indicazioni, no? - ribattè lui seccato - Comunque hai ragione, nessuno ti obbliga, volevo solo portarti in un bel posto, ma sia chiaro che non lo faccio per te - aveva ragione, pensò amaramente, come gli era venuto in mente di portarla al lago? Di trascinarsi dietro quel sacco di patate, per cosa? Per farla divertire! Errore, per passare del tempo con lei, possibilmente lontano da cartoni animati e dalle sue assurde idee. Si sentì un idiota. Ultimamente faceva troppe cose...per lei.
Elene scattò di rabbia, stringendo con maggiore forza la ringhiera. Perché doveva farle così male? Era come quel mal di stomaco a punture che si attaccava addosso nei momenti peggiori. Odiava sentirsi in quel modo. Odiava la sua capacità di farle del male.
- Perché ci tieni sempre a sottolinearlo?! Lo so! So che sei obbligato oppure vieni quando non hai di meglio da fare, ma sarebbe carino smetterla di sottolinearlo! - ringhiò - Il solito burbero -
- Sei tu che m'innervosisci! Mai una volta che tu faccia come ti dicono senza protestare! -
- Scusami se ho paura! - replicò di getto. Aveva tremato dalla paura. Non era famosa per essere una cuor di leone in generale, figurarsi con un senso in meno.
Quella confessione stranamente lo addolcì, sebbene ancora un alito di amarezza serpeggiasse nelle sue vene.
- Mi sembra di averti già dimostrato che puoi fidarti di me - sembrò quasi un rimprovero. Elene deglutì a vuoto, tesa e arrabbiata. Cosa avrebbe dovuto dirgli? Che la fiducia era un'altra cosa? Che preferiva che non si prodigasse tanto se poi non lo faceva per lei? Un pesante dolore le minò ancora una volta il respiro, costringendola al silenzio. Harry sospirò stancamente - Allora, vieni o no? -
- Vengo - rispose decisa - Ma sia chiaro che lo faccio perché sono contenta di passare del tempo con te! -

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