Capitolo 5 - Preparativi

Quattro anni fa la mia vita è cambiata, in positivo ovviamente.
Credo di ricordare tutto di quella notte, spesso la sogno anche. Ogni parola, ogni gesto, ogni sensazione è incisa sulla mia pelle come un tatuaggio. Quando arrivai all'ospedale ero nella confusione più totale, il cuore stava per esplodermi dalla gabbia toracica. Ero con Lello, d'altronde lui c'è sempre stato. Mentre correvo per raggiungere la sala parto le pareti vorticavano e le porte si sdoppiavano. L'ansia mi assaliva e per un attimo pensai di non riuscire a resistere. Avevamo litigato quel pomeriggio, troppe cose non andavano. Eravamo ostinati però, dovevamo stare insieme, per nostra figlia questo ed altro.
Era una promessa fatta per essere infranta.
Non voglio portare rancore verso di lei, è stata fondamentale, ma il male non si dimentica.
Non ero del tutto sobrio quando ricevetti la chiamata dall'ospedale. Le urla che c'erano state qualche ora prima mi avevano spossato, l'alcool mi parse la soluzione più adatta.
Sembravo un forsennato, non riuscivo a mettere a fuoco cose e persone. Quando spalancai la porta della stanza ero tentato di richiuderla e fare dietro front. Non meritava che io le stessi affianco. Invece avanzai cercando di mostrami sicuro e padrone della situazione, menzogne. Per mia figlia.
Leonardo si era fermato in sala d'attesa, dove aveva cercato di trattenermi, ma io non avevo voluto sentire ragione.
Non potevo lasciare Camilla con quell'irresponsabile, perché una persona che a giorni dal parto decide di scolarsi una bottiglia di birra come vuoi chiamarla? Per questo avevamo discusso.
Ricordo ancora che, mentre le contrazioni si facevano sempre più dolorose, urlava a me di uscire, che non meritavo di stare lì.
Inchiodai i piedi a terra nonostante i dottori mi ripetevano di lasciare la stanza, così magari la situazione sarebbe stata più tranquilla.
Non le tenni la mano, come avrei potuto?
Mi limitai a guardare, in religioso silenzio.
È stato strano.
Il tempo passava ed io iniziavo ad innervosirmi.
Le mani sudavano e nonostante fosse Marzo in quella stanza le temperature erano altissime, o forse ero io a percepirle così.
Le sue urla riecheggiavano nella stanza ed io avrei voluto solamente tapparle la bocca. Volevo a tutti costi mia figlia tra le braccia.
Come un mantra mi ripetevo di mantenere la calma, tutto inutile.
Sono irascibile e quella lentezza mi stava uccidendo.
Iniziai a aizzare contro i medici affinché si muovessero, contro di lei perché spingesse più forte che potesse e pregavo Dio che ce la mandasse buona.
Camilla nacque alle tre e quarantadue di quel 28 Marzo di quattro anni fa.
Bella come la luna che rischiarava quella notte. Bella da togliere il fiato.
Ero padre e non potevo crederci. Quando il pianto riempì la sala parto il mondo si fermò per qualche secondo, almeno per me.
Non credo di riuscire a descrivere cosa ho provato in quel momento. Mi sono sentito svuotato. Lo stomaco in subbuglio e la mente ancor di più. Non riuscivo a connettere e, quando l'ho presa fra le braccia, mi sono riempito di nuovo. Era gioia quella che provavo, quella che sento tutt'ora ogni volta che la guardo.
La mia piccola donnina oggi compie quattro anni e non potrei essere più fiero di lei.
Custodisce una bontà che poche persone hanno, molte non ne sanno nemmeno l'esistenza.
È cresciuta molto negli ultimi tempi, soprattutto nell'ultimo mese e per questo non posso far altro che ringraziare quella pazza dagli occhi azzurri che da un po' di tempo è un pallino fisso nella mia testa.
Stamattina, quando Camilla era a scuola, si è presentata sotto casa perché ha deciso di prepararle una sorpresa.
Mi ha raccomandato di prendere la serata libera e di tenere la piccola occupata fino alle sei. È stata ben chiara "se rientri con lei prima dell'orario stabilito ti stacco le palle". Beh che dire, la finezza non le manca.

Ho appena lasciato Cam a mia madre, non vorrei che Victoria mi distruggesse casa. Sto suonando al campanello da circa otto minuti, nessun accenno ad aprire.
<<Victoria se non apri giuro che sfondo la porta>> i vicini mi cacceranno per il casino.
<<Eccoti finalmente sei arrivato>>
La porta si spalanca inaspettatamente rivelando una Victoria alle prese con una crisi di nervi.
Ha i capelli tutti scompigliati, il naso colorato di verde e il mascara colato. Indossa solo una t-shirt, più precisamente una mia t-shirt, quella dei Nirvana.
<<Cosa ci fai con la mia maglietta addosso?>> non risponde e mi trascina direttamente dentro casa.
<<Sto impazzendo>>
<<L'ho capito>> dichiaro squadrandola dall'alto al basso.
Si porta una mano alla fronte cercando di schiarirsi le idee. Cammina avanti e indietro davanti ai miei occhi, mi sta innervosendo.
<<Se non ti fermi ti lancio dal balcone>>
Sorride e mi abbraccia.
<<Tu non sei normale>> in tutta risposta strofina il viso nell'incavo del mio collo.
<<Mi spieghi che ti prende?>>
<<Niente, dovevo pulirmi la faccia dal colore>>
Questa ragazza, no, non ho parole per lei, davvero.
<<Comunque, Damiana>>
E ora dove ha trovato questo soprannome?
<<Anche se non sembra ho tutto sotto controllo>> afferma sicura riavviandosi i capelli.
<<Ma se prima hai detto di star impazzendo>>
<<Era solo per fare scena, ricordati sempre che so na queen>> strizza l'occhio e mi fa cenno di seguirla.
Raggiungiamo insieme il salone ma, prima di mostrarmelo, mi benda gli occhi con una sciarpa.
<<Victò, nu so mica io er festeggiato>>
<<Sta zitto, devo fare delle prove>>
Apre la porta comunicante e urla: <<Sorpresa>>
Scopro gli occhi e mi volto verso di lei:
<<Non credi che avresti dovuto togliermi anche la benda?>>
<<No, perché sarai tu a toglierla a Camilla>> ha proprio pensato a tutto.
<<Beh, che te ne pare?>>
È tutto meraviglioso, si è proprio impegnata. Non ci sono striscioni o palloncini come in tutte le feste, con Victoria non sarebbe stata possibile questa monotonia.
I quattro angoli della stanza sono decorati in base ai cartoni preferiti di Camilla: il Re Leone, Alice nel paese delle meraviglie, la bella e la bestia e la carica dei 101. Al centro della stanza ha creato un piccolo palchetto, con sopra una poltrona, un basso e un microfono.
Sembra di stare in un parco a tema. Non so dove abbia preso i soldi per tutto questo, avrà speso tantissimo, ma non sembra pesarle.
<<Wow>>
Afferro Vic per le gambe ruotando in tondo. Lei ride felice, è fiera di sè stessa.
La metto giù delicatamente mentre le sue mani sono ancora poggiate sui miei avambracci ed io continuo a cingerle la vita.
<<Hai intenzione di suonare stasera?>> domando stringendola di più a me.
<<Si, mi piacerebbe>> prende un respiro prima di proseguire: <<Damiano, so che ci conosciamo da poco, ma voglio davvero bene a Camilla. La musica è la cosa più importante della mia vita. È la mia compagna, la mia donna. Vorrei donarle un pezzetto di me con una canzone. Forse a molti sembrerà banale, ma non lo è. Non ho altri regali da farle, quella bambina merita qualcosa di speciale, proprio come lei. Ed io, personalmente, non credo di poterle fare dono migliore>>
Come potrei non capirti biondì?
La musica è stata anche la mia, di donna. Forse lo è tutt'ora, la sento solo più lontana da me.
<<Te l'ho già detto che sei
speciale?>>
<<Tante volte Damià, ma quando lo dici te, inizio a crederci un po' anch'io>>

Siamo seduti entrambi sul divano, persi nei nostri discorsi, sto bene. Con Victoria, intendo.
Ha la testa appoggiata sulle mie gambe e con una mano continua ad accarezzarmi il petto.
Purtroppo sono vestito e la tentazione di togliermi il maglione solo per sentire la sua pelle a contatto con la mia è tanta.
Mi rilassa stare con lei, mi sento un'altra persona, più libera e leggera, mi sento vivo.
<<A che pensi?>> il suo tono è dolce e pacato.
<<A te>> sussurro piano <<sai farti voler bene Vic, e io te ne voglio>> chiude gli occhi e si morde le labbra. Quando li riapre sono più azzurri di prima.
<<Forse non dovrei dirtelo, sai non è bene fraternizzare con la plebe, ma ti voglio bene anche io>>
Il mio telefono squilla interrompendo il nostro contatto visivo, è mia madre.
<<Forse dovrei andare, sono quasi le cinque, tra un'ora dovremmo essere qui>>
<<Già>> si alza da sopra di me scostandosi di lato.
<<Ancora non mi hai detto perché indossi la mia maglietta>>
<<Volevo restare comoda e poi ha un buon profumo>>
Sorrido infilandomi il giubbotto.
<<Ci vediamo dopo>>
<<Damiano, mi sono dimenticata di dirti una cosa>> richiama la mia attenzione prima che esca dalla stanza.
<<Ci vestiremo tutti interpretando uno dei personaggi dei quattro film, avevo pensato che sarebbe bello se tu ti travestissi da cappellaio matto, così Camilla sarà Alice per un sera>>
Porto una mano sotto il mento facendo finta di pensare.
<<Dato che Camilla desidera tanto imitarti, perché non lasci che prenda il tuo posto, Crudelia, e diventassi tu, per una sera, la mia Alice?>>

Spazio autrice📝
Ehilà, scusatemi se ieri non ho aggiornato ma, essendo in vacanza, mi risulta difficile farlo ogni giorno (anche se vorrei). Fortunatamente venerdì torno, quindi spero di riuscire a pubblicare anche più volte al giorno. Vorrei ancora una volta ringraziarvi per le letture, le stelline e i commenti che lasciate sotto i capitoli. Non sapete quanto mi rendano felice, grazie, grazie, grazie!
Fatemi sapere cosa ne pensate, io non riesco a capire se mi piaccia o meno questo capitolo (l'ho scritto più velocemente rispetto agli altri quindi ho molte più pare).
Un bacio, a presto❤️

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