Capitolo 2 pt 1
UNO SGUARDO DI GHIACCIO
Uscii dalla classe dopo una lunga ora di noia con il professor Sinoyer, insegnante di filosofia.
Un'ora di puro nulla.
Per punizione io ed un altro ragazzo del secondo anno abbiamo dovuto aiutarlo a sistemare gli archivi degli alunni degli anni passati e altre scartoffie... sarebbe stato più utile un'ora di recupero di filosofia, materia in cui ero abbastanza carente rispetto a matematica o fisica, invece di questo. Decisi che, dopo oltre un'ora a frugare tra vecchie carte, fosse tempo di tornare alla tecnologia. Presi il telefono dalla tasca della felpa e lo accesi, per mia fortuna mia madre non mi aveva cercato, c'era solo un messaggio di Peter che mi chiedeva se volevo andare a fare i compiti con lui e Amber a casa sua, e una nuova chiamata da parte di quel numero sconosciuto. Non avevo intenzione di richiamare, mamma mi ha sempre detto di non rispondere alle chiamate di sconosciuti, perciò non ci badai.
Le scrissi in fretta un messaggio per dirle che sarei andata da Peter e mi diressi alla fermata dell'autobus.
Durante il viaggio ascoltai la mia playlist preferita: una raccolta di canzoni . Di solito il tragitto durava poco ma quel giorno, giusto per far capire che era una giornata orribile, l'autobus bucò una gomma e dovemmo restare fermi per almeno dieci minuti, sufficienti a ascoltare molte più canzoni del solito. Tra queste ce n'era una di cui non mi ricordavo nemmeno l'esistenza, ma quando partì il ritornello, la frase "I wish we could come back to these days..." ebbe l'effetto su di me di un colpo di cannone, sfondando la diga dei miei ricordi e facendone uscire un fiume che mi travolse in pieno. Vidi passare davanti ai miei occhi tutti i momenti felici con mio padre: quando giocavo con lui, quando mi leggeva le storie della buonanotte...tutti i nostri momenti insieme prima dell'incidente. Avevo poco più di otto anni quando successe.
Era una sera d'ottobre, quelle che arrivano dopo una lunga giornata di impegni in cui puoi finalmente sederti sul divano e goderti i magnifici colori dell'autunno. Mia madre stava leggendo un libro e io e mio fratello Michael giocavamo. Ad un certo punto suonarono il citofono e mamma andò ad aprire. Noi andammo per salutare papà ma sulla soglia, al posto suo del volto dolce e conosciuto, c'era un uomo alto e magro vestito con abiti scuri e un lungo bastone da passeggio con l'impugnatura a forma di testa di corvo. Era abbastanza giovane, sulla trentina ma il suo volto spigoloso, ma attraente, lo faceva sembrare più avanti negli anni. Solo gli occhi, di un azzurro intenso, tradivano la sua vera età. Il suo sguardo era duro come ghiaccio, ma velato di malinconia, occhi di chi ha provato il dolore di una perdita. Mamma rimase per un attimo senza fiato per lo stupore. Per una manciata di secondi nessuno parlò. Poi l'uomo prese la parola.
«Patricia, ti devo parlare. Riguarda Scott. È importante.» disse con una voce profonda e cavernosa.
«Cosa gli è successo?» chiese con una punta di timore mamma. L'uomo guardò me, Mike poi i suoi occhi di ghiaccio si rivolsero di nuovo a me e parve, per un secondo, perplesso. Poi il suo sguardo si concentrò sul volto preoccupato di mamma.
«Non qui» le rispose, con un tono che non ammetteva repliche. Detto ciò si diressero nella cucina lasciandoci soli nel salotto.
Noi morivamo dalla voglia di sapere cosa fosse successo a papà. Mike prese qualcosa dalla scatola delle sue "attrezzature da spia", un tubo ricurvo con due specchietti all'interno. Mi spiegò che si chiamava "periscopio" , aveva lo stesso scopo di un cannocchiale ma, grazie al sistema di specchietti al suo interno era molto più facile passare inosservati. Mentre me ne parlava gli si illuminarono gli occhi, adorava tutto ciò che riguardava spie e film d'azione.
Si avvicinò alla porta socchiusa, infilò il periscopio nella fessura e si mise a guardare attraverso.. Decidemmo che avremo fatto a turno. Il primo turno, come al solito, tocco a lui. Nonostante non vedessi potevo sentire molto chiaramente.
«È successo. Ieri notte. Uno di loro. L'ha colpito alle spalle. Ho provato a salvarlo. Non ho potuto farci niente. È morto tra le mie braccia» fece l'uomo.
Ci guardammo con gli occhi sbarrati. Morto? Papà? Non era possibile! Chi l'aveva colpito?
Mike mi passò il periscopio. L'uomo era in piedi e guardava la mamma, lei era seduta sulla sedia con la testa tra le mani. La schiena scossa dai singhiozzi.
In quel momento lui si voltò e mi fissò dritto negli occhi con il suo sguardo pungente. Rimasi come congelata. Avrei voluto urlare, tutto ciò era troppo per la testolina di una bambina di 8 anni qual ero io. Corsi in camera mia e mi buttai sul letto a piangere come mai avevo fatto prima.
Dopo un po' mia madre salì per vedere come stavo.
«Ehi piccola...va tutto...» ma si interruppe, non andava per niente bene quindi era inutile dire una frase come quella. Si mise ad accarezzarmi la testa.
Mi voltai a pancia in su e la guardai. I suoi occhi ambrati erano molto arrossati e aveva il mascara che le colava lungo le guance, segno che aveva pianto anche lei e i suoi ricci castano-rosso, che di solito erano raccolti in una coda di cavallo, le ricadevano sulle spalle.
«Papà è davvero...» mi si era formato un groppo in gola e non riuscì a completare la frase.
«Purtroppo si, tesoro...» mamma era così. Arrivava dritta al punto. Non era quel tipo di mamme che cercano di spiegare tutto con metafore. Lei mi parlava come fossi un'adulta perché lei sapeva che capivo.
«Chi l'ha colpito?»
«Un uomo ubriaco alla guida...»
Si era interrotta e io ne approfittai per fare la domanda che più mi tormentava
«Chi era quell'uomo?»
«Si chiama Malcorn, era un poliziotto, il vice di papà. Il nostro migliore amico sin dall'infanzia, vi siete già conosciuti no?»
«Non mi sembra» di certo degli occhi come quelli non me li sarei dimenticati.
«Forse allora era Mike che l'aveva incontrato qualche anno fa»
«Mi fa paura, quello lì»
«Oh, non devi avere paura, è una brava persona, anche se a pensarci, il suo aspetto mette un po' i brividi» disse con una piccola risatina, ma ritornò subito seria e si mise a fissare il vuoto.
Scese il silenzio tra di noi.
Un silenzio carico di lacrime e dolore.
«Allora» si scosse riprendendosi dal suo "incantamento" «vado da tuo fratello» mi disse dandomi un bacio sulla fronte.
Da quella sera la mia vita era cambiata, non solo per la morte di mio padre ma anche per come mio fratello aveva reagito. Michael, di due anni più grande di me, era quello della famiglia che aveva preso peggio l'accaduto. Era diventato sempre più scontroso e chiuso in sé stesso e, negli ultimi anni, aveva assunto un comportamento molto strano. Tornava a casa tardi, usciva di nascosto di notte e il suo rendimento scolastico aveva subito un crollo spaventoso. Poi, due anni fa, quando io e mamma eravamo tornate a casa non l'avevamo più trovato: era scappato. Avevamo avvisato tutti, polizia, nonni, zii ma nessuno l'aveva visto. Sparito. E con lui il portafoglio della mamma.
È stata molto dura riprendersi da tutto ciò ma io mamma ce l'avevamo fatta e ora conducevamo una vita abbastanza normale.
Questi pensieri fecero sgorgare dai miei occhi un fiume in piena di lacrime. Un misto di malinconia e dolore. Era tanto tempo che non facevo un pianto come si deve. Stranamente, dopo quello sfogo, mi sentii molto meglio.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top