Passato - Questione di cooperazione
Berlino, settembre 1985
L'aula che Anya era riuscita a procurarsi dalla segreteria come punto di incontro per discutere del progetto, stavolta, era quella di educazione artistica.
Lin arricciò il naso sottile entrando nella stanza, avvertendo le narici invase dal fastidioso odore di tempere ormai asciutte e colla vinilica. I suoi compagni, come l'altro giorno, l'aspettavano già tutti seduti. Dennis Weber era in uno dei banchi in prima fila, accanto a un giovane dai capelli neri che doveva essere il nuovo membro della squadra. La sedia sulla cattedra era invece occupata da Anya Schrader, che però, stavolta, era parzialmente coperta da Celine, la ragazza francese. Ancora accaldata dall'allenamento di atletica, la ragazza di origini asiatiche preferì prendere una sedia dalle file laterali e posizionarla accanto a Dennis e al nuovo arrivato invece di sistemarsi alla finestra come la volta precedente. Non aveva molte energie, sentiva il bisogno di sedersi e forse era meglio farlo più vicino al resto del gruppo.
-Ciao...- ansimò leggermente, guardando poi il nuovo studente. - Piacere, sono Lin. Chiedo scusa per il ritardo, purtroppo mi alleno tutti i giorni dopo pranzo e capiterà spesso...
-Non preoccuparti. Io sono William - rispose lui, tendendole una mano sorridente. Lin esitò un po' prima di stringerla. In famiglia lo facevano di rado, preferendo rapidi inchini del capo. Anche adesso accompagnò alla stretta di mano un piccolo movimento della testa, senza pensarci.
-Abbiamo preferito aspettarti per le novità, Lin, così ne abbiamo approfittato per spiegare anche a William come avevamo pensato di lavorare - esordì Celine, braccia conserte e posa di chi è sicuro di sé. Lin annuì con un sorriso di circostanza, riflettendo intanto che sicuramente l' "abbiamo" di Celine fosse un plurale maiestatis. Quella ragazza aveva l'aria di chi è pronto a dominare una multinazionale. Anche se era un genio, come tutta la scuola sapeva, da dove prendesse quell'energia se l'era sempre chiesto.
-Beh, che ne pensi? - domandò a William.
Lin stessa, in realtà, non sapeva ancora che opinione avere. Aveva scelto di partecipare al concorso di informatica sperando di trovare pane per i suoi denti, lei, che aveva sempre visto in matematica e tecnologia alcune delle discipline più interessanti in tutto lo scibile umano. Si era figurata che avrebbero cominciato ad aprire libri, si sarebbero confrontati sugli spunti offerti da qualche rivista e poi avrebbero provato a capire come creare qualcosa in modo lineare e semplice.
L'idea di mettersi a fare ricerche su uno scienziato russo sparito quindici anni prima le pareva alquanto assurda, considerando che nel mentre l'informatica aveva fatto numerosi progressi degni di nota. La sola cosa che non la sorprendeva era che venisse da Anya. Una trovata così misteriosa poteva essere stata concepita solo da qualcuno il cui passato era probabilmente altrettanto torbido e pieno di segreti. Lin si chiedeva che tipo di vita avesse mai vissuto quella ragazza a Est, per sviluppare quella personalità così enigmatica e quello strano interesse per Anton Markov.
Il motivo principale del suo malumore riguardo la questione, però, non era nemmeno la complicatezza del piano o il rischio che comportava, ossia non trovare nulla e perdere tempo prezioso. Il progetto di riserva che Lin stessa aveva proposto sarebbe servito proprio a compensare quella problematica.
Ciò che mandava la diciottenne in bestia era che dopo che aveva timidamente fatto notare che quella non poteva essere la loro unica opzione e si era giunti alla conclusione che ne servisse una seconda, Celine l'avesse estromessa dalla sua stessa idea.
Lin si sentiva di giustificare Anya. Era vero, in effetti, che per qualcuno fuggito da Est sarebbe stato ostico racimolare le informazioni diffuse da quel lato del muro. Celine, invece, si era subito dichiarata entusiasta all'idea di scoprire di più su Markov ma al contempo si era messa al riparo trovando una scappatoia, lasciando lei e Dennis a fare il lavoro sporco. Quella signorina sempre composta le aveva giocato un brutto scherzo. Con tutta probabilità aveva presagito che le ricerche sarebbero state un rischio non indifferente, e accaparrarsi il lavoro al piano di riserva le avrebbe consentito di potersi attribuire i meriti del vero successo se avessero dovuto presentare quest'ultimo e vincere usandolo. La ragazza era furente. In caso di vittoria avrebbero assegnato borse di studio a tutti i partecipanti, a prescindere dal contributo, ma andava anche considerato che il suo orgoglio stava bruciando in quel momento. Sentirsi inutile era orribile. E probabilmente avrebbe anche rischiato di compromettere il lavoro con Dennis, lavoro che non sembrava leggero, visto il mistero che avvolgeva Markov.
-Credo che sia un'idea originale. - La voce di William la distolse dai suoi pensieri. - Davvero, non mi aspettavo di trovarmi ad avere a che fare con una ricerca di storia nel mezzo di un concorso sui calcolatori.
-Originale in senso buono o cattivo?- ribatté lei con ironia.
-In senso buono, anche se mi sembra un piano ambizioso e che richiederà tanta fatica. Inoltre, Celine mi diceva che avete deciso di dividervi e che lei e Anya si occuperanno di un progetto di scorta.
-E' così- confermò Anya. Lin non poté non notare quanto i suoi occhi neri rilucessero quando parlava del concorso. -Ma effettivamente, l'entrata di un quinto membro nel gruppo è un'ottima notizia. Ora una delle due coppie che si erano create potrebbe lavorare più velocemente. Quale dei due compiti ti interesserebbe di più?
-Credo proprio di volermi dedicare alle ricerche. - Se avesse avuto in bocca dell'acqua, Lin l'avrebbe probabilmente sputata per lo shock. Fortunatamente, poté limitarsi a sgranare gli occhi sottili a quell'affermazione. Era uno scherzo, non c'era dubbio. Nessuna persona razionale avrebbe volutamente investito le sue energie in quell'attività.
-Sapete, è vero che mi sembra un lavoro difficile, però in tre forse lo finiremmo prima. Inoltre me la cavo in inglese, quindi potrei tradurre anche fonti che non siano in tedesco.
-Oh, sarebbe un grosso aiuto- intervenne Dennis. - Celine e Anya sanno che è l'unica materia che mi dia difficoltà, così non dovremmo affidarci solo a Lin.
-Beh, in realtà avevo pensato che potrei... ecco, se William è felice di occuparsi di indagare su Markov, magari potremmo fare qualche scambio nel gruppo e io potrei aiutare le ragazze- propose decisa.
-In verità credo sia perfetto così.- Lin dovette far appello a tutte le sue energie per realizzare che Celine avesse davvero detto quella frase, che non fosse un'allucinazione uditiva causata dalla stanchezza.
-Cosa? Ma anche prima saremmo stati in due, almeno così potrò dare una mano a voi- protestò.
-È vero, ma tu sei stata la prima a mostrarsi scettica sulle ricerche. In tre persone si finirebbe prima, e prima avremo tutte le informazioni, prima potremo dedicarci alla pratica come desideravi, sia essa legata a Markov o al piano B. Io e Anya, tra l'altro, abbiamo avviato senza fatica i lavori, quindi magari è a voi che servono rinforzi.
Lin prese un profondo respiro. Si sentiva esausta, i muscoli bruciavano e aveva solo una gran voglia di urlare a Celine che non erano gli inservienti di casa sua, pronti a farsi comandare a bacchetta. Ma poi guardò Anya, Dennis e William e notò con rammarico che tutti e tre sembravano concordi con la studentessa dai capelli biondi.
Celine non le faceva né caldo né freddo, di solito, ma ora avrebbe desiderato picchiarla.
Tuttavia si impose di ingoiare il rospo, come giorni prima. Suo padre le aveva insegnato che accettare di sacrificare la propria felicità per assicurare un buon lavoro al proprio gruppo di compagni era imprescindibile in una società che funzionasse. E quel gruppo doveva funzionare. La sua unica possibilità di studiare senza preoccupazioni era una borsa di studio.
Per cui, si costrinse a distendere i lineamenti del suo volto pallido - che in quel momento, probabilmente, era ai confini col cadaverico- e annuì. Per uno o due mesi si sarebbe fatta forza.
-Ora che abbiamo definito i ruoli... - prese di nuovo la parola William. - Potreste dirmi anche come volete muovervi, Lin e Dennis?
-Oh, giusto- rispose timidamente il ragazzo accanto a lui, aggiustando gli occhiali dalla montatura scura e un piccolo ciuffo di capelli color cenere. -La scorsa settimana ho chiesto a mio padre il tesserino di accesso agli archivi del Die Welt. Naturalmente è solo una delle tante testate da setacciare, ma intanto, spero sia un buon inizio...
-Davvero? È una notizia magnifica, Dennis, ti ringrazio. - Anya rivolse un caldo sorriso al compagno di classe. Lin registrò quell'informazione, perché anche avendo incrociato molte volte la giovane dagli ondulati capelli color fiamma non le sembrava di aver mai visto i suoi lineamenti distesi in un sorriso. Pur essendo anche lei figlia di immigrati, poteva solo immaginare cosa avesse passato per essere lì, ma fu contenta della cosa. Forse, finalmente, stava cominciando a lasciarsi andare... e a lasciar andare quel passato.
-Non c'è di che- si schernì Dennis. -E' il minimo che possa fare, se vogliamo veramente dare il massimo e raggiungere l'obiettivo.
Lin era certa di averlo visto arrossire per un istante, ma non ebbe tempo di pensarci. William riprese subito la parola.
-Magari potremmo andarci noi due per cominciare, se a Lin va bene!
-Sì... in effetti, è meglio così. Con gli allenamenti di atletica ho orari difficili da conciliare con quelli di altre persone. Farò delle ricerche da sola in qualche biblioteca se siete d'accordo.
-Mi sembra perfetto, a quanto pare siamo riusciti a trovare un accordo senza problemi - concluse Celine. Lin si morse il labbro, unica reazione che avrebbe potuto permettersi senza essere notata.
-Dennis, quando riuscireste ad andare al Die Welt?
Il ragazzo dai capelli color cenere guardò William, che fece spallucce di rimando e propose:
-Che ne dici di questo giovedì?
-Mi pare ottimo.
-Bene, potremmo vederci di nuovo venerdì pomeriggio. Se non erro le squadre sportive non si allenano di venerdì.
-È vero- confermò Lin, lapidaria.
-Siamo d'accordo, dunque. Io e Anya ne approfitteremo anche per aggiornarvi a nostra volta sui nostri progressi.
Come un perfetto anfitrione, Celine si alzò aggraziata dalla cattedra per segnalare che le danze erano giunte al termine. I quattro studenti ancora seduti fecero altrettanto.
Lin trattenne il fiato. Nel mettersi in piedi, era stata colta da un terribile giramento di testa. Fu lieta di notare che nessuno sembrava essersene accorto, per cui, per non creare preoccupazioni, salutò e si defilò alla massima velocità consentitale dal suo corpo esausto. Aveva mangiato, ma in quei giorni gli allenamenti si erano intensificati in vista di alcune qualificazioni previste per metà ottobre. Per quanto potesse alimentarlo, il suo fisico le stava implorando di riposare.
Non poteva permetterselo, sfortunatamente. Il concorso di informatica era un'opzione per provare a vincere una borsa di studio, ma se era entrata nella squadra di atletica non era stata solo la passione per lo sport a spingerla a quella scelta. Il Konstantin Gymnasium vantava accordi con alcune università che permettevano agli atleti meritevoli di studiare gratuitamente, a patto di entrare nei team sportivi dell'ateneo.
I voti eccellenti e un progetto per agevolare le famiglie di immigrati le erano valsi una borsa per il ginnasio, anni prima, ma per l'università non avrebbe avuto quel genere di aiuto. Fino a poche settimane prima, il programma per studenti-atleti era la sua unica possibilità di costruirsi un avvenire senza gravare sui genitori. Ogni riconoscimento raggiunto in ambito sportivo poteva portarla un passo più vicina al traguardo, e non solo quello sulla pista di atletica.
Per cui, al suo corpo Lin poté rispondere in un solo modo.
Caffè.
Una dose di caffeina l'avrebbe aiutata a tirare avanti fino alle nove di quella sera. Si assicurò di avere dei soldi infilando una mano nella tasca del cappotto. Al tintinnio delle monetine, si trascinò verso la sala ristoro della scuola, che alle tre del pomeriggio era semideserta.
Inserire denaro. Scegliere prodotto. Caffè. Livello di zucchero: tre. Lin eseguì la procedura meccanicamente, senza quasi guardare il pannello di digitazione. In realtà, anche se avesse voluto fissarlo non ci sarebbe riuscita. Proprio in quel momento la vista le si annebbiò e lei piombò a peso morto contro la macchinetta delle bibite, ansimando stordita.
-Lin, ehi!
Alla ragazza sembrò che quell'eco giungesse da chilometri di distanza, ma in pochi secondi due braccia la presero con fermezza, sollevandola sotto le ascelle. Si lasciò trasportare su una sedia. Recuperò abbastanza lucidità da riuscire a distinguere il volto e i riccioli castani di Henri. Biascicò qualcosa di incomprensibile. Non avrebbe saputo nemmeno dire se avesse parlato spontaneamente cinese, in quella sorta di delirio dato dal calo di zuccheri. Non riuscì più a dire niente finché l'amico non le mise in mano un bicchiere di plastica contenente un liquido bollente.
-Bevi. Serve una mano?
Senza attendere risposta, Henri la aiutò a sollevare il braccio e portare il bicchiere alla bocca. Lin prese un sorso aspettandosi di gustare l'amaro sapore del caffè. La sua testa scattò di riflesso in avanti nel percepire la disgustosa bevanda che probabilmente albergava in quella macchinetta da quando Dennis, suo unico consumatore, aveva iniziato il ginnasio. Una sola volta gliel'aveva fatta assaggiare e non aveva più toccato prodotti a base di cacao per giorni, traumatizzata dall'esperienza. Quella roba era glucosio puro. Chiunque avesse pensato di millantare la presenza di cioccolato al suo interno andava denunciato per frode.
Lin si costrinse a bere l'orrenda melassa solo per amore del proprio corpo, ormai allo stremo. Le calorie, anche originanti da quella roba immonda, gli avrebbero fatto bene.
-Ti ringrazio, Henri. Non mi aspettavo fossi qui.
-Ogni tanto approfitto della biblioteca di scuola finché non inizia l'allenamento serale. Stavo facendo una pausa dallo studio. Direi che ne servirebbe una anche a te - dichiarò, osservandola con gli occhi scuri.
-Cavolo, l'allenamento serale!- Lin si batté una mano sulla coscia e gettò uno sguardo all'orologio sulla parete della stanza. -L'avevo dimenticato. E' fra un'ora e mezza, magari studio un po' con te e...
-Lin.- Henri scandì l'unica sillaba del suo nome con fermezza. Guardava a terra. Come lei, non pareva amare il contatto visivo. - Io direi che per oggi puoi anche scordartelo.
-Assolutamente no! Come posso sperare di qualificarmi tra un mese se...
-Lin- ripeté il ragazzo. -Sei eccezionale in pista e hai un talento naturale, ma io mi alleno da più di te e so riconoscere quando il fisico comincia a dare segni di resa. Se ci andassi sverresti davanti all'allenatore, che ti terrebbe a casa due giorni. E se anche non fosse oggi, prima o poi accumulerai tanta stanchezza da farlo accadere. Se non ti concedi del riposo, rimanderai l'inevitabile. E se accadesse a ridosso delle qualificazioni sarebbe peggio.
-Diamine- si arrese lei. -Oggi non ne combino una... E va bene. Seguirò il tuo consiglio. Magari facendo così domani riuscirò a essere più produttiva. Grazie della cioccolata. Torno a casa.
Aveva parlato con tono freddo e distaccato. Non era a causa di Henri che l'aveva fatto: ce l'aveva con sé stessa e si odiava per aver ignorato i segnali del corpo a tal punto da essere costretta a saltare un allenamento.
-Su, non fare così. Senti... se ti può far piacere... magari posso assentarmi anche io, ti faccio compagnia. Che ne dici?
Lin aggrottò le sopracciglia.
-No, non preoccuparti. Non devi disturbarti per me.
-Nessun disturbo. E poi, così ti riaccompagnerei a casa e mi sincererei che non scapperai ad allenarti.
La ragazza riuscì finalmente a rilassarsi e sorridere.
-E va bene, hai vinto.
***** ***** ***** ***** *****
L'acqua della Sprea rifletteva il grigiume delle nuvole che avevano ricoperto la capitale tedesca negli ultimi tre giorni.
Henri Miller passeggiava con andatura ciondolante su un vialetto ricavato lungo un pendio costeggiante il fiume. Un lieve vento, ancora caldo e richiamante l'estate, gli scompigliava i capelli. Accanto a lui, a passo lento e impegnata a sistemare inutilmente il caschetto di capelli color ebano, c'era Lin Zeit.
Henri non aveva scherzato dicendo che voleva assicurarsi che Lin riposasse davvero. Aveva imparato a conoscerla abbastanza da sapere che era peggio di una locomotiva, e quindi si era proposto di salvarla dal suo stesso zelo. Poco importava di saltare a sua volta l'allenamento: l'auto di suo padre sarebbe venuta a prenderlo comunque alle sette davanti al ginnasio e lui sarebbe stato lì per quell'ora. Aveva tutto il tempo di riportare l'amica nei pressi del quartiere dove risiedeva insieme alla sua famiglia e a una buona fetta della comunità cinese.
Lin gli aveva raccontato di come suo padre fosse arrivato in Germania da Taiwan, dopo essersi reso conto che i dissidi politici con la fazione attualmente al potere non gli avrebbero mai consentito una vita tranquilla. Sua madre, in Germania, era arrivata dalla Cina continentale anni prima e dopo averlo sposato aveva aperto con lui la loro attività, una modesta cartoleria. Lei e suo fratello, invece, erano nati e cresciuti a Berlino Ovest, tedeschi davanti alla legge, ma né carne né pesce né per la comunità cinese, né per quella autoctona, come molti immigrati di seconda generazione si erano descritti prima di lei.
E nonostante la cittadinanza, anche il governo l'aveva trattata come una straniera, quando le aveva offerto di entrare nel programma di agevolazioni che le aveva garantito la borsa per il Konstantin Gymnasium in virtù della sua media immacolata.
A Henri tutte quelle informazioni erano state fornite negli otto mesi in cui, dopo aver pareggiato contro di lei alle selezioni di atletica, avevano finito per diventare amici. Sapeva anche che proprio il gruppo sportivo era a sua volta un trampolino di lancio per una eventuale carriera universitaria. Ma in quei giorni, il ragazzo aveva il sospetto che Lin stesse pretendendo troppo da sé.
-Sai, dovresti andarci più leggera con te stessa. - Era la prima frase che pronunciava da quando erano usciti dal confine della scuola.
-Non preoccuparti- negò lei, guardando a terra mentre camminava. Henri si era offerto di tenerla sotto braccio, ma Lin lo aveva minacciato di picchiarlo. Non avrebbe mai permesso alla gente di vederla debole e stanca.
-Me lo dici dopo che sei svenuta? E sospetto che non siano solo gli allenamenti. Nel tempo che non trascorri con la squadra, non stai riposando, dico bene?
Lin tacque per qualche secondo, ma evidentemente nemmeno lei, sempre incline a tenersi le cose dentro, doveva farcela più, stavolta.
-È un periodo caotico, lo ammetto. L'atletica mi stanca fisicamente, ma anche fuori da scuola non mi fermo un attimo. I compiti e lo studio, beh... li conosci. Però queste due cose riuscirei a conciliarle. Infilarci in mezzo il concorso di informatica forse è stato un errore, ma nella mia situazione era un'opportunità fin troppo importante e...
- E temi che questo distrugga ogni sorta di equilibrio?
Lin sorrise e fece spallucce.
-Suppongo? Tra l'altro, l'idea di Anya mi sembra rischiosa. Tre di noi, tra cui io, devono dedicarsi a fare ricerche sui progetti di Anton Markov per prendere spunto da essi. E Celine! Dopo che ho proposto di lavorare a un piano alternativo per evitare un fiasco, ha avuto il coraggio di estromettermi dai lavori proprio su quello e relegarmi a queste ricerche.
Henri aveva prestato poca attenzione allo sfogo su Celine, a essere sinceri. Quanto detto prima aveva catturato la sua attenzione.
-Eh? Markov? Lo scienziato scomparso?
-Esatto.
-Mi sembra effettivamente strano come progetto.
-Anya ci teneva abbastanza, e anche quella specie di bambolina di porcellana nella tua classe... Dennis, beh, a quanto pare si è fatto coinvolgere.
-Oh, conoscendolo, più bizzarro sarà il piano e più ne sarà attratto. Ma a tal proposito, se vuoi posso provare a darvi una mano. Sono negato in matematica ma con le ricerche magari sarei utile. Non mi costerebbe niente e vi alleggerirei il lavoro.
Henri aveva parlato con sincerità, mettersi a fare quel tipo di ricerca gli sarebbe stato facile. Axel Miller, suo padre, era un rispettato professore presso la facoltà di storia e gli aveva insegnato a svolgere quei compiti con estrema rapidità per ottimizzare i tempi. Ma non appena udì la sua proposta, Lin mutò espressione e scosse violentemente il capo.
-Assolutamente no!
-Cosa? Ma perché? Davvero, non è un disturbo.
-Non importa, Henri, ma non sono il tipo di persona che scarica sugli altri il peso delle proprie decisioni. Ho scelto io di partecipare. Ho ponderato i rischi e in qualche modo ce la farò a conciliare la cosa con il resto delle mie attività. Se non riuscissi nemmeno a fare questo non so come potrei sperare di diventare un'adulta responsabile.
Henri non osò insistere. Se aveva imparato a conoscere Lin, sapeva che sarebbe stato inutile e non voleva rischiare che, contrariandola, lei si allontanasse da lui. Tra l'altro, conversando, non si era accorto di essere all'imbocco della via in cui lei abitava.
Lin lo salutò fugacemente e si avviò verso l'appartamento, nel palazzo ocra che ospitava al pianterreno la cartoleria Zeit. Henri la vide sparire nel condominio e si incamminò nuovamente verso la scuola.
***** *****
A casa Miller regnava un profondo silenzio. Henri, giunto nella villa assieme a Johann, l'autista, constatò grazie a quell'assenza di suoni che sua madre, con tutta probabilità, era già a letto in preda a una delle sue emicranie.
Quanto ad Axel Weber, sapeva perfettamente che l'avrebbe trovato immerso nel suo studio. Fu proprio alla stanza, situata al terzo piano, che l'adolescente si diresse senza nemmeno posare lo zaino in camera sua. Giunto alla porta, bussò due volte, come il padre desiderava.
-Avanti- autorizzò una voce dall'interno.
Il professor Axel Weber sedeva composto alla sua poltrona in pelle, gli occhi intenti a studiare un tomo spesso almeno cinque centimetri.
-Ciao, papà- salutò Henri.
-Ciao, figliolo- rispose lui, assorto nella lettura. -Se vuoi chiedermi della cena, sarà pronta a breve. Tua madre si è sentita poco bene e ha chiesto a Martha di occuparsene.
-Tranquillo. Non volevo chiederti questo. Mi serviva sapere se potessi venire qui, quando tu non sarai impegnato. Ho bisogno di alcuni testi per una ricerca scolastica.
-Mh? Davvero? Su che periodo storico? - Axel scostò finalmente lo sguardo dal volume, segno che la sua attenzione era stata catturata.
-Beh... sul periodo successivo alla fine della guerra... Siccome è abbastanza recente, ho pensato che magari fossi più fornito di libri e riviste.
Henri tacque al padre il suo vero obiettivo, per evitare domande scomode. L'uomo era lieto di prestargli il suo studio, ma lui sapeva anche che quando confidava di voler fare qualcosa lontano anche solo un millimetro dall'idea che Axel aveva di "normalità", un interrogatorio degno dell'Inquisizione spagnola sarebbe seguito alla dichiarazione.
-Dopo cena non lavoro quasi mai, Henri, lo sai. Per stasera ho quasi finito, quindi più tardi sei libero di svolgere il tuo lavoro qui. Mi raccomando, impegnati e vedi di farlo per bene.
Henri annuì soddisfatto.
-Grazie, papà.
Il padre fu di parola: una volta terminato il pasto serale -svoltosi in perfetto silenzio in assenza di Lavinia, madre di Henri e unica persona con un po' di spirito di conversazione in casa, il giovane ebbe accesso allo studio tappezzato di libri appartenente ad Axel.
Raramente suo padre gli dava motivo di essere così felice. Era un genitore severo e privo di fronzoli, il cui passatempo sembrava rinfacciargli che pagare una retta in un ginnasio privato -offrirgli il meglio- significava che si aspettavano anche da lui il meglio, e non voti mediocri. Quella sera, però, ciò non importava.
Non avrebbe mai detto a Lin di quel che stava facendo fino a opera compiuta. Dennis sarebbe stato il suo deposito di informazioni e la sua copertura. Ma così facendo, sperava di sobbarcarsi almeno di parte del carico della ragazza e di consentirle un attimo di respiro.
-Markov, Markov... -mormorò. L'uomo era stato attivo negli anni Sessanta, due decenni prima. Suo padre teneva i testi corrispondenti a periodi storici più remoti vicino alla porta. Man mano che dall'ingresso ci si avvicinava alla scrivania, il materiale trattava epoche più recenti, quindi il giovane si mosse sicuro verso la libreria vicino al tavolo.
Di testi sulla tensione costante coi sovietici, in effetti, ce n'erano a bizzeffe. Sullo scienziato c'era qualche riga di circostanza e poco più, però- Henri spulciò tutto quel che poté, fino ad aprire il cassetto alla base della libreria. Fu allora che finalmente poté ritenersi soddisfatto.
-Bingo.
Probabilmente suo padre aveva tenuto separato quel materiale perché, sebbene di interesse storico, era più legato al mondo dell'informatica. Ma la scatola di scartoffie e ritagli di giornale, tutti citanti molteplici volte il nome di Anton Markov, si era appena trasformata nel suo più grande tesoro.
Pensando solo a quanto la cosa avrebbe agevolato Lin, si immerse nella lettura fino a tarda sera, per quella e per molte altre volte nei giorni successivi.
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