Passato - Progetti e cioccolata

Berlino, settembre 1985

Quando Dennis Weber mise piede nell'aula di tedesco per il suo ultimo primo giorno di scuola, il suo sguardo si posò immediatamente sul davanzale della finestra. A sgocciolare, buttati alla rinfusa, c'erano solo tre ombrelli. Tre ombrelli su ventiquattro banchi pieni, il dodici virgola cinque per cento delle persone presenti. Esattamente il numero stimato osservando dall'auto quanti in strada erano stati abbastanza accorti da dar retta alle previsioni meteo. Bingo. Un'altra volta. Era quasi noioso. Gettò sul davanzale anche il proprio ombrello - lui non si includeva mai in quel genere di calcoli- e prese posto al venticinquesimo banco, che Henri Miller gli aveva tenuto libero.

-Fatti pure scarrozzare qua e là con comodo, mi raccomando- scherzò con Dennis il ragazzo dai riccioli castani, alludendo al suo arrivare sempre quasi per ultimo alla prima ora.

-Ma se sei il primo a farsi accompagnare in auto - lo rimbeccò lui. Erano tra i pochi fortunati a potersi permettere qualcuno che li portasse a scuola, perlomeno all'andata. Al ritorno, Dennis aveva sempre preferito schiarirsi le idee prendendo qualche mezzo o camminando. A Henri non sarebbe stato permesso.

- Sí, ma perlomeno il mio autista è puntuale.

-Non mi sembra che la professoressa Schubert sia in aula.

Quasi a farlo apposta, un colpetto di tosse preannunciò ai due e all'intera classe l'arrivo di una donna sui quarantacinque anni, dai boccoli biondi acconciati in una pomposa coda di cavallo che lasciava intravedere il collo alto del maglione verde foglia di cui Dennis era certo che Helene Schubert avesse una scorta inesauribile. Non l'aveva mai vista indossare maglie di un altro colore. 

I ragazzi sedettero e iniziarono, come al solito, un noioso anno con una noiosa introduzione in cui era chiesto loro cosa avessero fatto durante le vacanze estive.
Dennis si morse la lingua quando gli chiesero se avesse apprezzato il viaggio di una settimana a Birmingham per apprendere meglio l'inglese. Non solo lui e quella lingua si respingevano come acqua e olio, ma Birmingham? Suo padre doveva aver covato qualche rancore malriposto nei suoi confronti per pensare che quel posto fosse un luogo dove apprendere l'inglese. A stento i suoi abitanti venivano compresi dai connazionali!

Henri era stato in Francia, come suo solito, e così buona parte dei loro compagni. Non era raro, in quel ginnasio privato, che le famiglie degli studenti possedessero proprietà in Costa Azzurra o nei dintorni della capitale francese. La famiglia di Dennis aveva un cottage nei dintorni di Narbonne, ma da qualche tempo i genitori si ostinavano a mandarlo in giro per l'Europa durante le vacanze, perlopiù con la scusa di perfezionare qualche lingua straniera. Dopo essere riusciti a ficcargli in testa le basi del francese a sei anni, ogni altro tentativo sembrava vano. Avevano provato a spedirlo in Italia, Inghilterra e perfino in Portogallo, ma senza successo.

Col latino mascherava bene quella lacuna usando la pura logica per tirare avanti ai compiti di traduzione. La logica, era certo, l'avrebbe sempre salvato. E così la matematica e la fisica, che, nel suo caso, sarebbero probabilmente state ciò che gli avrebbe consentito di costruirsi una carriera, ammesso di uscire con ottimi esiti da un'università decente come programmava. I suoi non ne erano stupiti, anche se la cosa li lasciava senza dubbio perplessi. Avevano sempre saputo di aver cresciuto un figlio particolare, e speravano che avrebbe saputo costruirsi una posizione in quel settore.

L'ora di tedesco, alla fine, passò in fretta senza troppe cerimonie, e così quelle di latino e storia.
Alla pausa mattutina, una figura alta ed esile come un giunco sovrastò il loro banco prima che potessero alzarsi.

-Caffè?

Dennis alzò lo sguardo verso il pallido viso ovale di Lin Zeit. Due occhiaie violacee sotto gli occhi a mandorla annunciavano che più che una proposta, l'invito a recarsi alla macchinetta alla fine del corridoio fosse una richiesta disperata di aiuto. Non reagí né Lin ne parve offesa: sapeva benissimo che lui, di caffeina, preferiva non assumerne fino al periodo degli esami, per far sí che facesse il massimo effetto e gli consentisse una notte in bianco per il ripasso finale. L'invito era solo per Henri. E Henri, che Dennis sapeva avere in odio qualsiasi cosa vagamente amara, da diversi mesi si era opportunisticamente trasformato in un assiduo finanziatore dei grandi esportatori del sud America. Anche stavolta, colse la palla al balzo.

A metà dell'anno passato, Lin Zeit aveva brillantemente superato le selezioni per la squadra di atletica del liceo dopo una verifica basata su una serie di gare uno contro uno. In quel fatto non ci sarebbe stato nulla di così speciale, se non fosse stato per un piccolo particolare. Lin era l'ultima candidata per quel giorno, e le atlete di sesso femminile contro cui gareggiare erano dovute andar via prima del previsto. A tarda sera, l'allenatore disponeva di una sola persona che potesse compensare al problema: il suo assistente, niente meno che Henri. Chiaramente, vista la disparità della sfida, aveva deciso di cronometrare la ragazza e prenderne i tempi per valutarla basandosi su di essi, invece di giudicare l'esito della competizione.
Lin Zeit ed Henri avevano tagliato il traguardo nello stesso identico istante. Gustav Nielsen, l'allenatore, aveva preteso assolutamente di averla e di portarla a correre i duecento metri come agonista dopo aver assistito a quel risultato. Quanto a Henri, il pareggio contro una ragazza con venti centimetri e quindici chili in meno rispetto a lui - che non si era mai sottoposta ai suoi rigidissimi allenamenti e alla sua dieta- sarebbe dovuto apparire come una macchia indelebile. Eppure, se possibile, da quella gara era rimasto quasi stregato. Aveva chiacchierato con Lin dopo le selezioni, complimentandosi con lei e scoprendo qualcosa di più sul suo conto. E da quella sera, oltre a essere diventato una specie di coach personale, aveva cominciato a cogliere ogni scusa per passare del tempo con la ragazza di origini asiatiche.

Dennis lo vide alzarsi per uscire con la loro compagna in direzione del distributore di caffè. Si avviò per conto suo verso l'aula in cui avrebbero avuto la prossima lezione. Non gli dispiaceva restare da solo durante le pause. Henri era probabilmente l'amico migliore che avesse... Forse, in verità, era il solo amico che avesse. Aveva dei rapporti cordiali con tutti, a scuola, ma nessuno di essi si sarebbe potuto dire un'amicizia. Con Lin stava prendendo abbastanza confidenza e la reputava una ragazza simpatica, ma lasciava volentieri che il castano monopolizzasse la sua attenzione per tentare di giungere a qualcosa.

Quanto a lui, le questioni sentimentali erano forse l'unico ambito in cui non ci teneva ad approfondire le sue conoscenze, la sola cosa, oltre alle lingue straniere, che non riusciva davvero a comprendere. Era come tentare di approcciare lo studio di una materia dovendo tenere in conto mille testi diversi e diecimila variabili differenti su cui era impossibile provare a calcolare dei risultati.
Forse un giorno, conclusi gli studi, avrebbe avuto il tempo e l'energia per approcciarvisi. In quel momento, per una questione di economia, preferiva tenersi alla larga da quell'investimento di risorse mentali.

Henri rientrò con fare impacciato e taciturno dalla pausa mattutina.

-Beh? - domandò Dennis.

-"Beh" cosa?

-Niente, volevo sapere se avessi fatto progressi.

-Ma quali progressi, idiota - si scherní il giovane dai capelli scuri. Era la seconda volta che Dennis provava a fargli confessare che fosse cotto di Lin, e per la seconda volta aveva ricevuto una risposta simile.
Scrollò le spalle. Non era il tipo da insistere.

-Buongiorno a tutti - salutò proprio in quel momento la professoressa Schmall, insegnante di matematica, mentre entrava con fare gioviale nell'aula.

Dopo che gli studenti ebbero ricambiato il saluto, Blanca Schmall posò sulla cattedra un pesante plico di fogli che strabordava sfacciatamente da una fragile cartellina di carta. Si trattava della docente preferita di Dennis, e non solo a causa del fatto che insegnava la materia che amava di più. La donna era una professoressa giovane, in grado di stimolare la passione di chiunque verso quella disciplina. Certo, in alcuni casi, come quello di Henri, nemmeno la più ardente passione avrebbe potuto sopperire alla totale assenza di predisposizione, tuttavia, Dennis ammirava profondamente la capacità di Frau Schmall di coinvolgere gli studenti.

-Potrei cominciare questa lezione con le solite domande su come siano andate le vostre vacanze, ma l'avranno già fatto i miei colleghi durante le ore precedenti, quindi non voglio annoiarvi. Piuttosto, invece di rivangare il passato, credo che per voi sia giunto il tempo di guardare al futuro. D'altronde, tra poco la vostra esperienza liceale volgerà al termine.

Dennis sospirò impercettibilmente. Era ovvio che avrebbe chiesto loro cosa volessero studiare all'università. Ben pochi si iscrivevano ad un ginnasio senza l'intenzione ben chiara di proseguire con gli studi dopo il diploma. 

La professoressa Schmall riprese a parlare:

-Immagino che chiunque qui avrà interessi diversi. Tuttavia, per coloro che amano particolarmente la mia materia e la fisica, ho una notizia molto interessante. Come saprete, le applicazioni della matematica in ambito pratico si moltiplicano di giorno in giorno, con l'avanzare incessante di scoperte scientifiche e nuove invenzioni. La cosa potrebbe riguardarvi da molto vicino. Alcuni ginnasi della Germania occidentale, tra cui il nostro, sono stati selezionati per un progetto nell'ambito della ricerca europea sulla computazione e i calcolatori. Questa iniziativa è totalmente facoltativa. Coloro che parteciperanno, in gruppi di cinque al massimo, presenteranno un progetto di ricerca che riguardi il più possibile proprio l'informatica e i calcolatori. Naturalmente, siete dei liceali, e nessuno si aspetta che diate il via a una rivoluzione scientifica. Basterà fare del vostro meglio e presentarlo entro la data che troverete scritta sui moduli di partecipazione. I progetti reputati migliori saranno selezionati e frutteranno ai loro realizzatori borse di studio per studiare in alcune tra le migliori università europee per poter proseguire le loro carriere nel mondo dell'informatica. Qualcuno di voi è per caso interessato?

Dennis avvertì i muscoli del braccio destro guizzare in alto prima ancora che potesse decidere di muoverli di sua volontà. Una borsa di studio. Pur non avendo alcun problema economico, era probabilmente la miglior notizia che potesse ricevere. Vincere un sussidio per merito era un trampolino di lancio che avrebbe fatto gola a chiunque fosse interessato a quelle discipline. 

Frau Schmall sorrise.

-Bene, sono contenta che voi tre mostriate un interesse così vivo per la cosa! Parlerò con i miei colleghi per sapere se ci siano studenti in qualche altra classe con cui possiate costituire un gruppo da cinque partecipanti.

Al "voi tre", Dennis si guardò intorno per scoprire chi altro, oltre a lui, avesse deciso di iscriversi. La pallida mano di Celine Astarte, affusolata e avvolta in una delicata camicetta bianca, era ancora alzata. Scoprirla interessata non fu una sorpresa per il ragazzo. Come la maggioranza delle persone in quella classe, Celine, di origine francese, apparteneva a una famiglia più che benestante. Oltre allo status economico invidiabile, voti alle stelle e una condotta esemplare l'avevano resa fin dal primo giorno una delle studentesse più distinte e rispettate dell'istituto, tanto dai compagni quanto dal corpo docente. Come Dennis, non aveva bisogno di un incentivo economico: probabilmente era il prestigio del possibile riconoscimento ad attrarla. 

L'altra mano, invece, fu un'autentica rivelazione. Perché a pensarci bene, le cose che Dennis non comprendeva facilmente non erano due, ma tre. La prima erano le lingue straniere, la seconda, le questioni di cuore. La terza incognita era proprio la proprietaria di quella mano: Anya Schrader. 

Capelli color delle fiamme e penetranti occhi neri, Anya era un mistero perfino per lui. Cosa volesse e cosa pensasse erano informazioni custodite a chiave dentro di lei, non divulgate né deducibili; la ragazza era indecifrabile e inaccessibile, come avesse attorno a sé un muro... un muro, come quello che, stando a quanto si diceva, aveva valicato anni prima, scommettendo la propria vita per scappare dalla parte Est della capitale. 
Dai pochi dati a sua disposizione, Dennis poteva dedurre che Anya possedesse una delle rare borse di studio per studenti in condizioni svantaggiate. Aveva voti impeccabili in ogni materia e non si era fatta trovare impreparata nemmeno una volta nel periodo in cui l'aveva in classe. Probabilmente, dei tre era la sola che avrebbe voluto partecipare spinta da una reale necessità di denaro. Il ragazzo si sentì pervadere da uno strano senso di nervosismo. Sarebbe riuscito a comprendere finalmente Anya, lavorando fianco a fianco con lei? Pensare di dover collaborare con qualcuno di cui non riusciva a interpretare i comportamenti lo metteva a disagio. Non ci era abituato.

Stava già progettando nei minimi dettagli come avrebbe approcciato la questione non appena la professoressa Schmall avrebbe trovato altri membri per il gruppo. Dopo aver compilato il modulo di iscrizione a fine lezione, spese le restanti due ore, prima della pausa pranzo, a programmare nella sua mente possibili scenari di conversazione, possibili situazioni vantaggiose in cui riuscire a carpire più informazioni sulla ragazza proveniente da Est e riuscire a collocarla finalmente insieme alla massa di persone comuni, quelle di cui riusciva a comprendere e prevedere ogni gesto anche senza rapportarvisi o conoscerle. 

Stava ancora pensando a quello, ma per l'appunto, non riusciva a prevedere Anya. E non aveva immaginato, proprio per questo, che la giovane, di solito disinteressata a instaurare rapporti coi compagni e abituata a stare per conto suo, si sarebbe seduta di fronte a lui, a mensa, con il viso di chi fa sul serio e ha intenzione di lavorare fin da subito senza perdere un attimo. 

-Ehm... ciao- salutò Dennis, dubbioso, quando osservò quell'espressione impassibile a pochi centimetri dal suo viso.  Anya ricambiò il saluto con un cenno e successivamente i muscoli del suo viso pallido si distesero ad abbozzare una sorta di sorriso.

-Potremmo lavorare insieme per il progetto sui calcolatori, se ho capito bene- azzardò.

-Già... io, tu e Celine. Mi sembra un buon inizio, tutti e tre siamo abbastanza ferrati in algebra. Però non credo che le squadre siano ancora state formate ufficialmente dalla scuola. Abbiamo 

-Non so chi altro capiterà nel nostro gruppo- replicò Anya. - Ma membri della stessa classe, stando a quanto ho capito, verranno collocati negli stessi team per quanto possibile, per agevolare la collaborazione. Quindi, visto che nella nostra sezione siamo solo in tre a partecipare, è ufficiale che collaboreremo. 

Dennis inarcò un sopracciglio e osò fissare la compagna di classe per un istante. Gli enormi occhi scuri di lei gli dedicarono, di rimando, uno sguardo penetrante e indagatore. 

-S-sembri insistere molto su questa cosa - riuscì a balbettare prima di prendere a fissare il vassoio e sentirsi avvampare. Nessuno, ad eccezione di sua madre quando stava cercando di scoprire se avesse nascosto di aver rotto qualcosa in casa, l'aveva mai scrutato con tanta intensità. Dennis era abituato a osservare tutto senza essere mai visto davvero a sua volta. Chiunque sapeva che fosse uno studente modello, ma a differenza di Celine, non aveva la personalità per diventare popolare né si era mai sforzato di esserlo. Stava bene in un angolo, ad analizzare tutto come un apparecchio di scansionamento. 

-In effetti, proprio siccome sono sicura che saremo nella stessa squadra, volevo farti una proposta. Ti va di prendere qualcosa alla macchinetta delle bibite?

Dennis, riprendendosi dall'imbarazzo di prima, annuì. Se voleva capire che tipo fosse Anya avrebbe dovuto passare del tempo con lei, dopotutto. Si sarebbe costretto a vincere la timidezza, prima o poi.

Nella spoglia area ristoro del liceo -una stanzetta i cui soli arredi erano due tavoli in compensato e sei sedie pieghevoli dalla seduta di alluminio- il ragazzo fece per tirare fuori il portafogli, ma la giovane dai capelli rossi lo precedette mostrando tre marchi in monete da uno che le tintinnarono in mano finché non le ebbe inserite tutte nella fessura del distributore.

-Oggi offro io- annunciò. Non appena ebbe ritirato il suo caffellatte, prese il resto e lo immise nuovamente nella macchinetta.

-Non...- "non bevo caffè" stava per dire, temendo che Anya sprecasse il denaro per qualcosa che non avrebbe consumato, ma si interruppe vedendola premere con sicurezza il tasto della cioccolata calda. Interdetto, non mosse un muscolo quando lei gliela porse, ancora fumante.
-Come sapevi...?

-Come sapevo che avresti preso la cioccolata? Siamo capitati spesso qui insieme e non ti ho mai visto bere altro. Miller e la sua amica prosciugano il caffè, i docenti hanno un debole per quel disgustoso tè artificiale e la media degli studenti prende cappuccini, caffellatte o mocaccini. Tu sei probabilmente l'unico che abbia visto berla più di una volta. Anche perché, a essere onesti, è dolce da far schifo- rispose con semplicità lei. 

Dennis era certo di avere un espressione che un artista specializzato in caricature comiche avrebbe potuto divertirsi a immortalare. Gli sembrava di essere dall'altro lato di una staccionata; per la prima volta, si era ritrovato lui nella posizione di scoprire di essere stato oggetto di acute analisi e scansioni nel corso dei mesi. Forse era così che si sentivano le persone quando, all'improvviso, dopo averci scambiato una o due parole per intere settimane, dimostrava di saperne su di loro più dei loro amici più fidati grazie ai dettagli osservati nel tempo.

-Dennis? Sei ancora vivo?- Anya, con l'aria di chi non si è minimamente reso conto di aver sconvolto qualcuno, gli sventolò con naturalezza una mano davanti al viso. 

-Eh? Ah, sì, sì, scusa - biascicò. Si sentiva di nuovo scottare in viso. Prese un sorso della cioccolata. Era effettivamente dolce da far schifo, artificiale al punto giusto e forse con il quattro o cinque per cento di cacao vero, e proprio nel picco di zuccheri confidava, perché solo quello avrebbe potuto mitigare il suo disagio.

-Magari ci conviene muoverci - incalzò Anya prendendo posto a un tavolo. - Tra quindici minuti dovremo tornare a lezione.

Dennis la imitò in maniera automatica, come se qualcuno lo stesse pilotando. Sentiva di aver perso la capacità di prevedere tutto: come sospettava, con Anya avrebbe dovuto ripartire da zero e imparare da capo a costruirsi nuove strategie per avere tutto sotto controllo. Non era affatto piacevole, come consapevolezza. Per ora, si sarebbe lasciato guidare dagli eventi in attesa di raccogliere abbastanza dati.

-Che volevi dirmi a proposito del progetto sui calcolatori? - chiese.

-Avevo da farti una proposta, in effetti. Mi è venuta un'idea che potrebbe effettivamente darci buone possibilità di vittoria, ma volevo discuterne prima. 

-Da come parli sembra un'idea sui generis... - Quando mai qualcosa riguardante quella ragazza non lo era, d'altronde?

-Hai indovinato. Di certo saprai da dove provengo.

Dennis annuì. Anya non lo aveva mai detto esplicitamente, ma era bastata qualche chiacchiera indiscreta dei professori in quella medesima sala ristoro perché altri studenti sentissero che la nuova arrivata proveniva da Est ed era scappata, riuscendo a valicare il Muro che molti avevano perso la vita nel tentativo di scavalcare. La voce si era diffusa in tutta la scuola nel giro di una settimana o poco più. Anya non aveva mostrato di badarci tanto. Da quando era arrivata, aveva mantenuto un profilo estremamente basso; forse, proprio l'esperienza di vivere lì e poi scappare dall'altro lato della capitale aveva forgiato la sua personalità in quel senso.

-Andrò al sodo, perché in effetti non saprei come girare intorno a un argomento del genere. Conosci Anton Markov?

Dennis deglutì miracolosamente la cioccolata. Un altro secondo e avrebbe potuto strozzarsi. 

-Sarebbe come chiedermi se conosca Stalin. Non credo ci sia qualcuno che non ne ha sentito parlare, anche solo per sbaglio.

Sebbene non vi fosse alcun divieto ufficiale di parlarne, il nome di Anton Markov era spesso considerato un tabù da evitare il più possibile, soprattutto nella capitale tedesca, simbolo assoluto del conflitto che vedeva contrapposti blocco occidentale e URSS. 
Nel corso dei decenni, per qualche caso fortuito -o per volontà divina, per chi ci credeva- non era mai accaduto che una delle due superpotenze prevalesse sull'altra o decidesse di trasformare il conflitto e far imbracciare le armi ai propri cittadini. C'erano stati solo due incidenti che avevano tenuto il mondo intero col fiato sospeso nel terrore di una nuova guerra. La prima vicenda era stata lo schieramento di missili sovietici in territorio cubano, nel 1962. La seconda era avvenuta quando Dennis era poco più che un lattante, ma la risonanza che aveva ricevuto aveva fatto sì che non vi fosse persona appartenente alla sua generazione che non fosse cresciuta con la memoria dell'eco della radio che impregnava le stanze del nome di Markov.

L'uomo, scienziato di origine russa, aveva gettato una seconda volta il mondo nel panico circa tredici anni prima. A quanto pareva, grazie ai suoi progressi tecnologici, l'URSS sembrava aver trovato finalmente il modo di impedire del tutto le comunicazioni nemiche grazie ad apparecchi da lui sviluppati con una innovativa tecnologia. I primi prototipi di calcolatori più avanzati avevano infatti permesso a Markov di lavorare su una sorta di sistema multiagente, un software avanzatissimo perfino adesso, a distanza di oltre dieci anni. Per un attimo, chiunque aveva temuto che i sovietici avrebbero potuto guadagnarsi l'egemonia mondiale e che il blocco occidentale, per impedirlo, avrebbe dichiarato loro guerra. Era trascorso oltre un anno. Poi, di punto in bianco, Markov era scomparso. Dennis ricordava che si trattasse di una scomparsa in senso letterale: nessuno sapeva che ne fosse stato dell'uomo, anche se molti avevano ipotizzato fosse morto. Non avrebbe saputo ricostruire bene quelle dinamiche. Tutto ciò che sapeva con certezza era che, come la polvere sotto al tappeto, dopo quasi due anni trascorsi a parlarne, la radio e i giornali avevano cercato di condannare lo scienziato alla damnatio memoriae, perché nessuno, sui media ufficiali, vi aveva più accennato. Un tentativo di dimenticare la paura, forse; scomparso Markov, erano spariti, misteriosamente, anche tutti gli accenni dei sovietici a bloccare le comunicazioni degli americani con i loro alleati e la situazione era tornata al solito, eterno stallo.

Dennis osservò il volto di Anya, serio e composto, come quello di un agente di reclutamento alla ricerca di impiegati che illustra le proposte dell'azienda.

-Perché mi fai questa domanda? - le chiese.

-Perché credo che potrebbe essere la base perfetta da cui partire per il nostro progetto. Non so quali informazioni siano trapelate da voi qui a Ovest. Ma mettendo insieme quel che ho saputo io, negli anni al di là del muro, e facendo un po' di ricerche...

-Frena, frena. - Per la prima volta ebbe il coraggio di spezzare la strana trance in cui era e interromperla. -Mi stai chiedendo di fare ricerche su Markov?

-Ti sto proponendo un approccio alternativo al progetto per la borsa di studio. Le informazioni arrivate alla popolazione generale su di lui non saranno sicuramente state specifiche sui suoi progetti, ma credo che indagando a fondo si possa scoprire cosa stesse progettando. Una volta che avremo un'idea della cosa, verrà il bello.

Gli occhi neri della ragazza, per la prima volta, parvero come brillare.

-Vorresti ispirarti ai progetti di Markov per svilupparne uno nostro? 

Dennis sperava quasi di non vederla annuire. Non aveva intenzione di mettersi a fare ricerche in archivi di giornali e biblioteche, non aveva il coraggio di mettere le mani in pasta ed esplorare gli studi di Markov e soprattutto non aveva la certezza che tutto ciò l'avrebbe portato a qualcosa di buono. 
Invece, Anya annuì. E in quel momento seppe di essere spacciato, perché il pilota automatico impostato su di lui da quella creatura magnetica aveva ripreso a funzionare e il diciassettenne, incapace di liberarsi della sua brama di capire che segreti celasse, si ritrovò ad acconsentire a sua volta. 

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