CAPITOLO DUE
CAPITOLO DUE
decisamente, era meglio la noia.
La mini navicella che si sganciò da Susan era piccola e assolutamente scomoda.
Erano in sette in un posto adatto per quattro al massimo, e Bratch era in braccio a Oswald, cosa che non sembrava gradire.
«Non sono un gattino» protestò ringhiando.
Charles era appallottolato in un angolo, insieme alla guardia May Merryl, una minuta umana cui la divisa stava troppo larga. Era una divisa azzurra, simile a quella che Elettra aveva portato da recluta, con lo stemma dell'accademia sul petto «Stringila» ringhiò Bratch, allungando una mano e afferrando una piccola cordicella che adatto immediatamente la divisa alla ragazza «Che figura mi fai fare con il capitano?»
Elettra, che era alla guida, per un secondo pensò che Bratch stesse cambiando. Sorrise, ma il sorriso mutò in espressione seria quando Bratch aggiunse «Trifford.»
«Trifford ora è generale» le ricordò Elettra.
«Ma sarà sempre il MIO capitano» rispose Bratch, incrociando le zampe sul petto. May era intanto arrossita, pessima cosa per lei, che avevai capelli rossi, ed ora sembrava un tutt'uno. Piccola, rossa, con dolci occhi blu, un viso a punta e un'età che sembrava aggirarsi sui diciotto anni, May Meryl sembrava tutto fuorché una guardia, ma secondo Bratch era davvero la migliore. «Voi due» disse verso le due guardie «Sistematevi la divisa.»
«Le fanno sempre migliori» consideró Oswald «Ai miei tempi non si poteva stringerle.»
«La stringa anche lei, capitano, è così minuta...» Bratch parve ignorare Oswald, e allungò una zampa. Zampa che però fu ben presto schiaffeggiata.
«Non ci provare. E non mi distrarre, sto guidando» la rimproveròElettra. Manovrare quella piccola navicella non era facile.
«Crescete voi umani dopo una certa età?» domandò Bratch. «Crescono?» domandó a Charles, che scosse vigorosamente la testa.
«Volete che vi defenestri nello spazio aperto?»
«Hey, capitano, si ricorda per caso la missione sul pianeta dei pensieri?»
«Korvorad uno. Come dimenticarlo?» istintivamente, il capitano rabbrividì. «Ho ancora gli incubi.»
«Oh, era così carina, capitano. Anzi, lo eravate. Lei e Oswald» e si distese meglio su Oswald, che cercava inutilmente di disegnare le mappe sul tablet. «Puoi usarlo con i comandi telepatici, al posto della matita» aggiunse al suo lamentarsi.
«Sì beh, evito proprio perché ricordo cosa successe sul pianeta dei pensieri. Siamo quasi arrivati comunque. Proceda per qualche altro chilometro, dovremmo trovare la nave. E capitano...potrebbe richiedere navette più capienti?»
«Cosa credi che faccia da sei mesi a questa parte? Mi rispondono sempre che non ci sono abbastanza fondi, e preferiscono darle a Capitani con più anni di esperienza» il colpo di tosse di Bratch suonò come un"novellina" mal celato.
«Sto per defenestrarti nello spazio» la minacciò «E quando mi chiederanno di te, dirò "che tragedia, le avevo detto di non esagerare col whisky nel latte. E invece ha deciso di mettersi a litigare con un asteroide, pensate! Oh sì, l'ha preso a pugni,peccato che si sia schiantata contro la terra del 3455. ECCOLA! ZITTI ORA.»
«Perché?» domandò Bratch. Era stata l'unica a trovare il coraggio di farequella domanda, eppure tutti l'avevano in testa. Elettra si voltò a guardarli.
«Astronave fantasma...sentite, vuol dire che ci è morto qualcuno sopra, no? Vuol dire che capitano ed equipaggio sono morti. E va bene che erano pirati, ma un po' di rispetto.»
«Quale sarà la nostra linea d'azione, capitano?» domandò May.
«Appena ci avvicineremo a un chilometro di distanza, tu scansionerai la nave col radar per cercare forme di vita. Una volta accertata la non presenza di attività vitali, entreremo. Dovremo fare delle foto da mandare all'accademia, là cercheranno di capire cosa sia successo. Ed eccoci qua. Scansiona.»
Il relitto era davanti a loro. L'astronave era piccola, sicuramente molto più di Susan, e totamente nera. Vagava nello spazio in balia delle onde gravitazionali, triste e abbandonata come qualsiasi relitto. Un tempo doveva essere stata una bella nave.
«Dalle mie informazioni, pare che vaghi da almeno mille anni» sussurrò Elettra. L'unico altro rumore era il bip del radar.
«Allora perché cerchiamo forme di vita?» domandò May. C'era una sottilevena di sarcasmo nella sua voce, che le fece guadagnare uno sguardo di fuoco dal Capitano. La guardia Merryl abbassò lo sguardo, e forse in quel momento comprese che solo Bratch poteva rivolgersi a lei in quel modo. La guardò fino a quando non fu certa che avesse capito.
«Tu viaggi da molto poco, guardia Merryl. Io da centinaia di anni, e so bene di essere ancora molto ignorante» la voce del capitano si era fatta molto fredda, tanto che perfino Bratch tacque. «Ma ci sono razze aliene che vivono più di mille anni. E so meglio di te che poche di queste si danno alla pirateria, ma...tu non hai mai conosciuto il terribile Igor Iarinol. Era un umanoide del pianeta Skarr, un misto tra uomo, cane, lucertola e gatto. Cominciò in quello che sulla terra era l'anno duecento.Verso l'anno mille aveva conquistato tre pianeti molto sottosviluppati. Per pura fortuna non riuscì ad arrivare alla terra, e fu fermato verso gli anni duemila. Poco prima che ci mettesse gliocchi addosso. Abbiamo rischiato» spiegò «Cerco di mettermi incomunicazione con l'Ia della nave.»
«Sciocca» sussurrò Bratch, dando una zampata sulla nuca della guardia, facendo ben attenzione a non farsi udire da Elettra «Errore da pivelli. Quando sei troppo pivello, i Capitani si rispettano. Si smette di rispettarli quando si è ME.»
«Zitti tutti» disse Elettra «Oswald, ci sono novità? Dall'accademia non sono certi del motivo della morte dell'equipaggio. Parlano di asteroidi.»
«Qui però non risultano asteoridi in quel periodo» rispose il Cartografo. «Potrebbe essere stato uno scontro tra pirati? Uno con l'accademia sarebbe registrato.»
«Tra pirati è più plausibile.»
«E se facessimo un bel viaggio nel tempo? Mi divertono» suggerì Bratch, scavalcando Oswald e mettendosi vicino al Capitano.
«Ma neanche per idea! Non se non sarà necessario. I viaggi nel tempo sono pericolosi.»
«Beh, noi ci muoviamo un po' nel tempo...» azzardò la guardia Merryl.
«Merryl, regola numero uno, la ricordi?»
«Non intervenire, a meno che non ci siano persone di altre linee temporali, o che abbiano usato il tempo e lo spazio a loro disposizione per avvantaggiarsi sugli avversari.»
«Quindi se incontrassimo un dittatore che avesse conquistato la terra usando solo le sue forze e la tecnologia della sua epoca?»
«Non dovremmo intervenire.»
«Però quella volta, sul pianeta dei cani, ti ho dovuta trascinare via.» sussurrò Bratch. Ebbe il buon gusto di farlo a bassa voce, per fortuna, ma Elettra arrossì.
«Ero una recluta! Preparate le tute» disse frettolosamente «Scendiamo a controllare di persona. May, tu vieni con noi. Voi due restate qui con Conrad. Regola numero tre: proteggete sempre il medico di bordo. Non è che li sfornano in serie.»
«Soprattutto come me.»
«Ora non vantarti. OSWALD, POSA QUEL QUADERNO. Tanto con la tuta non riusciresti a disegnare.» un indispettito cartografo rimise il quaderno sotto il sedile.
Le tute erano ultra leggere, e fasciavano perfettamente il corpo. Chi le indossava non doveva fare altro che nuotare verso l'abbiettivo. Dei fili gravitazionali invisibili, legavano Elettra, Oswald, May e Bratch alla navicella, impedendo loro di perdersi. Il casco era piccolo e leggero, e nonostante l'assenza di bombole di ossigeno, aveva quattro ore di autonomia, ma Elettra preferiva sempre portareun po' di ossigeno di riserva con sé, nel caso il generatore interno si rompesse.
«Una volta dentro non levate i caschi. So che potrebbe esserci dentro ancora dell'aria, e sarete tentati di risparmiare ossigeno, ma...fidatevi, voi non volete contrarre una qualche influenza millenaria.»
«Ricordo ancora il morbillo delle api» rabbrividì Oswald. «Un mese a letto con la febbre altissima e pustole ovunque, a mangiare solo fiori.» Elettra avrebbe per sempre ricordato Bratch che porgeva una coppa di fiorellini di campo a Oswald dicendo di averli appena colti per lui.
«Il generale una volta ha contratto la peste. Quella reale, nera» sussurrò Elettra.
«L'illustrissimo l'avrà presa a pugni» sussurrò Bratch. Il capitano decise di ignorarla.
L'astronave era piccola, e vagava silenziosa nel cosmo profondo. Un cimitero a universo aperto in pratica, in cui Elettra immaginava una vita di mozzi che spazzavano i corridoi, un capitano ai comandi. Ebbe un brivido al pensiero di tecnologia antica di mille anni.
«Ma ci pensi a cosa vedremo, Oswald?» domandò in un sussurro. «Eral 'epoca della sperimentazione dei comandi telepatici.»
«Uhoh...» sussurrò il cartografo.
«L'ia risulta disattivata, ma attenti a cosa pensate. Soprattutto tu, May.»
«Questa frase non mi piace» fece Bratch. «Ripeto che il viaggio nel tempo...»
«May non è abilitata a gironzolare per il tempo» tagliò corto Elettra. «Seguitemi, controlliamo l'esterno» e nuotò per tutto il perimetro della nave. Notò che praticamente cadeva a pezzi, e alcuni di questi viaggiavano intorno all'astronave. Un portellone era quasi totalmente divelto, uno sportello rotto, e i vetri vagavano nello spazio «Cosa diavolo avrà rotto quel vetro?»
«Un cannone a ripetizione solare?» suggerì Oswald.
«Lo avrebbe disintegrato. È proprio rotto, come un vetro vero, ed è impossibile! Guarda, c'è sangue viola su quel vetro» indicò.
«Sembra sangue di topi spaziali» disse Bratch avvicinandosi. «Ne raccolgo un po' per darlo al dottore. Potrà esaminarlo. E compararlo con quello che ho da parte.»
«Non voglio sapere cosa te ne fai...» sussurrò Elettra.
«Lo tengo in boccette come un trofeo. Conservo il sangue dei nemici» il Capitano represse un brivido, e si appuntò mentalmente di trovare un modo di farlo sparire. «Anche se in realtà è sempre utile, soprattutto per casi come questi. Il capitano, quello vero, risolse un caso proprio per merito della mia collezione.»
«Aspetta, devo fare un paio di chiamate. Voi controllate il perimetro» disse a May e a Oswald. Premette un tasto sul casco «Dottor Conrad, tutto bene?» domandò, attivando la comunicazione con la navicella.
«Mi annoio, capitano. Questi due non sanno giocare a carte.»
«A volte è meglio annoiarsi» rispose. Premette un tasto sul casco, per collegarsi all'astronave. «Donnel. Tutto bene?»
«Il mezzosangue è là?»
«Bratch!» sussurrò Oswald, dandosi una manata sul casco.
«Bratch, siamo in collegamento in comune. Tutti sentiamo tutti. Sono il tuo vice, un po' di rispetto!»
«Lasciala stare, in Harry Potter faceva il tifo per Voldemort.»
«In che senso "faceva il tifo"? Può ancora vincere» Elettra si era dimenticata che Bratch era solo al quinto libro «Lo ammazzerà prima o poi, quello stupido mezzosangue di Harry. E pure la saputella. Mi ricorda lei, capitano.»
«Essere paragonati a Hermione è un complimento. Ma bando alle ciance: tutto bene sulla nave?»
«Sì signora, anche se Susan non mi ascolta.»
«È un po' diffidente. Comunque ti ho chiamato per chiederti di attivare il raggio traente, quando arriviamo.»
«Come intende portarla via?»
«La ingloberò in una sfera d'aria, attivando il sensore leggerezza. Questo eviterà che si sfasci del tutto trainandola. Poi la legheremo a Susan. Ho pensato di miniaturizzarla, ma temo che il processo potrebbe distruggerla.»
«Mi mandi le registrazioni del casco, potrò valutare se è in grado di resistere alla miniaturizzazione.»
«Miniaturizzati la coda, non sei degno di portarla» disse acidamente Bratch.
«Bratch!»la rimproverò Elettra «Rispetto, intese? Donnel, ti mando le registrazioni. Poi entriamo. Non risultano forme di vita.»
«Gli zombi non sono forme di vita.»
«Gli zombi non esistono» rise Donnel «Questi gatti sono proprio creduloni, eh? Ricordo ancora Bratch contro il puntino rosso...»
«Ora lo distruggo!» ringhió la gatta.
«Ora distruggo VOI DUE SE NON LA SMETTETE.»
«Ma ha cominciato lei!»
«E dio la finisco» decretò Elettra. «Vi metto a lavorare insieme, se non la finite. Ora, per l'amor del cielo, vogliamo portare rispetto? Ci sono dei morti qui. Donnell, prepara quanto serve per il nostro ritorno. Le registrazioni stanno arrivando.»
«Il download è lento.»
«Sono sei mesi chie chiedo una connessione più veloce, ma guarda un po'? La danno solo a capitani più esperti. TU dì "pivella" un'altra volta e ti lascio qui. Andiamo.»
Bratch attese che andasse via, poi avviò una comunicazione con Oswald.
«Si è arrabbiata, vero?» domandò in un sussurro.
«Beh, tu le manchi di rispetto...»
«E anche tu. Io posso, tu no. E neanche quel mezzosangue dovrebbe. Tu e lui siete suoi amici, le dovete rispetto il triplo. Non potete permettervi di contestare il Capitano di una nave solo perché un tempo eravate reclute insieme, perché ora non lo siete più. Io e lei invece non siamo amiche. Capitano e guardia non dovrebbero esserlo. Non ho mai dimenticato la sofferenza di Lambert quando il capitano Trifford rischiò la vita nella grande guerra di Skarmor. Né quella del capitano quando Lambert morì.»
«Quindi hai paura di stare male.» gli occhi di Bratch, al di là del casco, si fecero stranamente minacciosi.
«Io non ho paura di soffrire. Non ho paura di nulla. Semplicemente, non voglio rischiare vita privata e lavoro. E dillo ancora e sei un cartografo senza testa.»
Bratch era ignara che, dall'altro lato, Donnell avesse sentito tutto.
«Tu guarda guarda...» sussurrò verso Burton. «Ha paura di soffrire.»
«Non ti sto sentendo, sto guidando, non sto ascoltando cose che potrebbero metterti in serio pericolo...»
«Oh smettila di aver paura di quella gatta! Non ti può fare nulla.»
«Seriamente, sto guidando in un settore pienissimo di asteroidi, Donnel, non posso ascoltarti...»
«Burton...dai.»
«Conosco Bratch da più tempo di te, e ti dico solo che è molto pericolosa.»
«Beh, in questo momento potresti dirlo al tuo capitano, no?»
«Vice capitano. E i file di Bratch sono criptati, e aperti solo al Capitano Eko. Non a te. E comunque ha ragione. Le devi rispetto.»
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