Capitolo IV: Divisioni

Cork, 17 Dicembre.

   Erano passati diversi giorni da quando Nathalie era andata da Deimos, da quando lei ed Elizabeth avevano avuto una discussione. Pareva che la tensione fosse un poco calata, come la nebbia al crepuscolo. Complici, forse, le stravaganze del nuovo mondo che stavano catturando le ragazze.

Quelle luci colorate, l'atmosfera gioiosa e le numerose decorazioni natalizie.
Nella notte un candido velo copriva i tetti e le strade gelavano.
Abegail, Nathalie e Cassandra erano state gettate in un ambiente che andava sempre più accendendosi.

In città e nelle strade periferiche, Samuel rideva sotto ai baffi. Il petto gli sobbalzava a scatti, fiero, quando accompagnava le ragazze a visitare la città. I loro occhi, le gote arrossate e le labbra incurvate dalla meraviglia gli ricordavano le sue reazioni; gli facevano pensare al suo primo Natale.

Aveva ormai accettato di essere un'eccezione; di aver vissuto quella festività per la prima volta all'età di diciotto anni. Ma come poteva essere diversamente? Fidnemid aveva molte tradizioni, spesso prodotte da l'influenza di culture diverse, causate anche da un isolamento dal resto del mondo.

Le persone vivevano della notte degli Spiriti, radunate attorno a un falò per scacciare gli spettri maligni e danzare con i parenti; gioivano allo schiudersi dei boccioli in primavera.
Samuel rammentò quanto fossero belle le fioriture degli alberi, quelli che circondavano la chiesa maggiore e di come poi i petali cadevano nel vento, assieme alle foglie. Infine c'erano le feste estive, le musiche che univano tutti e spezzavano quei soliti pregiudizi, tipici di una società corrotta.

Tutto quanto mescolato a un contesto dove il loro Dio era severo; metteva alla prova la loro fede e le loro anime tramite la paura.

Samuel compì altri quattro passi e si rabbuiò. La sua felicità venne offuscata da un pensiero, un nome.

   Lilith... Così la chiamavano i ragazzi. Quella presenza che aveva deciso della sua vita; dell'esistenza di migliaia di persone e dozzine di generazioni. L'aveva incontrata, aveva tremato sentendosi impotente. Eppure non avrebbe mai potuto immaginare lei quando ripuliva le navate e rastrellava il campo santo assieme ai suoi amici per togliere le foglie autunnali.

Scosse un poco la testa, svoltò all'angolo della strada e seguì il marciapiede.

   No, non sapevo nemmeno a cosa credere.

Abegail camminava di fianco a lui. Seguiva il suo passo con estrema fatica, appesantita da alcuni sacchetti.
Erano di ritorno alcune spese. Avevano comprato qualche decorazione nuova per l'albero e la casa, zucchero, farina e cacao per i biscotti di Talia.

Lei sollevò il capo curiosa. Avvertiva che qualcosa era cambiato. L'espressione di suo zio era mutata improvvisamente. Si era fatta più dura e la preoccupava.

Dietro di loro arrancavano Nathalie e Cassandra, troppo occupate a curiosare tra gli oggetti appena comprati come se non avessero mai visto nulla del genere. E in parte era vero.

Attraversarono di fretta la strada ed entrarono nel loro piccolo quartiere. I vicini li avevano anticipati, o meglio, così pensò Abegail stringendosi nel giacchetto. Vedeva le abitazioni illuminate, le finestre decorate con della neve finta e le ghirlande appese agli ingressi. Una macchina passò rapida in strada, la radio ad alto volume e il motore scoppiettante. Dei ragazzi li sorpassarono in bicicletta schiamazzando e ridendo come se tutto andasse bene; come se non dovessero temere per la loro vita.

Abby li osservò impennare su di una ruota e fermarsi davanti a un garage. Poi si concentrò nuovamente su Samuel.

— Qualcosa non va?

   L'uomo sembrò bloccarsi. Si impettì rallentando il cammino e osservando alle sue spalle la distanza che aveva messo tra lui, sua nipote e le altre.

Successivamente serrò i pugni attorno alla carta dei sacchetti e buttò fuori il suo respiro. Una nuvola salì accentuando il rossore del suo naso e annebbiando i sottili occhiali da lettura. Spostando il carico da un lato, liberò una mano con cui andò a togliersi la montatura.
Sguardo perso. Si chiese da quanto li avesse in dosso.

— Stavo solo riflettendo. Penso che Caliel voglia dirci qualcosa, ma non sono sicuro che sia una scelta giusta. — mentì, in parte. — Insomma, se ha timore di parlarcene non deve essere qualcosa di piacevole...

— Ha detto che i suoi fratelli sarebbero scesi a breve.

   Samuel rifletté. Abby aveva ragione, ma lui non ne era troppo contento. Gli sembrava di vivere in una situazione di stallo: tanto fastidiosa quanto sicura.

— Già, potrebbe essere vero, — sussurrò appena. — ma possiamo esserne felici?

   Cosa succederà quando saranno qua?
   Non ebbe il coraggio di dirlo ad alta voce, tuttavia le pieghe attorno ai suoi occhi fecero intuire quella sua domanda e la preoccupazione per la famiglia.
Si chiese dove sarebbero dovuti andare, specialmente Talia ed Elizabeth che non godevano del dono di Aida.
Sospirò poi affranto.

— Non abbiamo alternative. — Abegail lo sorprese poco dopo, imitando il suo tono, e lo superò di qualche passo. — Possiamo solo fidarci.

   Una sciarpa di lana viola le avvolgeva il collo, coprendole la bocca. A ogni suo respiro gli occhiali si annebbiavano.

— Già.

   Quello dell'uomo parve un lungo lamento. Non aggiunse altro. Attese soltanto qualche secondo. Il tempo sufficiente affinché Nathalie e Cassandra lo raggiungessero.

Una volta riuniti, con gli addobbi tra le braccia, svoltarono a un paio di incroci prima di giungere definitivamente a casa.

Quando entrarono nell'abitazione tutti e quattro sospirarono per il tepore del fuoco acceso. Passarono i sacchetti a Hereweald e si svestirono accatastando sciarpe, guanti e cappotti gli uni sopra agli altri tra le pieghe del divano. Dopodiché procedettero con il lavoro: decorare il piccolo e affollato salotto. Quella era più che altro una piacevole distrazione. Impiegavano tempo e mente in altro, qualsiasi futilità che potesse allontanarli dall'angoscia.

   Il pomeriggio trascorse rapidamente e la sera oscurò presto il cielo. Nella casa dei Knight il brusio era perenne. Il volume del televisore, impostato su un canale con playlist natalizie, e lo scoppiettio del camino venivano sormontati dai battibecchi e dalle chiacchere; i passi pesanti e il ticchettio del timer del forno.

Nathalie e Viktor stavano litigando su quale punta fosse migliore per l'albero: quella simile a una stella o una allungata e in cristallo azzurro. Elizabeth passava al padre delle luci con cui avvolgere il piccolo abete all'angolo della stanza, queste tintinnavano scontrandosi fra di loro e strusciando sulla finestra.

Cassandra sfogliava un ricettario camminando assorta. Delle espressioni curiose dipingevano il suo volto ogni volta che voltava pagina. Caliel e Alexander si scambiavano semplici occhiate, entrambi poggiati a braccia conserte di fronte alla porta del seminterrato, come delle sentinelle.

In cucina, invece, Talia stava sfornando i biscotti. Borbottava mentre il profumo di cacao e arancio inondava l'aria e il vapore del forno saliva rapido fino al soffitto.

— Vado a vedere cosa combinano gli altri! — muovendosi agilmente tra sedie e ciotole, Talia fece spazio sul tavolo e vi poggiò la placca calda. — Preparate voi i prossimi?

   Osservò poi Abegail e Hereweald passando loro delle formine e sparì nel salotto. Non prima però di aver sentito la risata della giovane.

— Penso di essere passata da un estremo all'altro.

   Abby si era lasciata fuggire quel pensiero. Gli angoli delle labbra piegati all'insù, le braccia scoperte e le mani infarinate intente a stendere un secondo impasto. Scuoteva leggermente la testa, incredula e divertita.

— Parli della tua famiglia?

   Lei annuì, sorridendo. Passò poi il mattarello sui bordi e livellò meglio il composto ai fiocchi d'avena, uvetta e cannella fatto da sua zia. Nel mentre Hereweald la guardava con un misto di gioia e dispiacere.

Osservava i capelli raccolti e in disordine, le ciocche, leggermente ondulate che sfioravano gli occhiali; il maglione largo che copriva ogni sua forma fino alla vita. Il suo sguardo passò assorto dalle labbra alle dita finché non si riscosse.

— Harry, vuoi farlo te?

   Lui sbatté le palpebre e abbandonò lentamente il lavabo. Abegail lo aspettò porgendogli uno stampo a forma di fiore per poi scivolare dietro di lui in modo da raggiungere la teglia e poter spostare i biscotti pronti. La superficie del tavolo era imbandita di farina, stampi colorati, ciotole sporche e cannella in polvere.

Lei storse la bocca, si allungò verso la credenza e prese un piatto di porcellana dalle rifiniture verdognole. Hereweald si rimboccò le maniche della felpa e cominciò a tagliare l'impasto.

Lo aveva visto fare a Talia ed era quasi sicuro di star facendo come lei. Era concentrato, attento a non usare troppa forza sugli stampini. Abby lo trovò buffo. Il suo petto sobbalzò nel mentre che lo spiava.

Si ritrovò a soffermarsi sulle sue braccia; sulle cicatrici che Lilith gli aveva lasciato e dimenticò cosa stava facendo. Le sue dita sfiorarono la carta da forno, ma non si accorsero del calore del metallo sottostante.

— Abby, — lei alzò lo sguardo trovando quello del demone abbassato. Inarcò un sopracciglio non capendo. — fai attenzione.

   L'attimo seguente le fu tutto chiaro. Scattò indietro per la sorpresa e imprecò mentalmente: si era scottata. Hereweald le fu subito accanto, aprì il rubinetto e la costrinse a mettere le mani sotto al getto dell'acqua fredda. Era teso, gli occhi brillanti.

— Non devi preoccuparti per una scottatura... Guarda, non è niente!

— Mi preoccuperò sempre per te. Per ogni cosa.

   Abegail dischiuse le labbra non sapendo cosa dire. Le richiuse l'attimo dopo, il respiro mozzato per la vicinanza con il demone. Le braccia erano intrecciate, la sua pelle sfiorava quella di Hereweald e il volto era a un palmo dal suo.

— Ho impugnato una spada angelica, posso badare a me stessa...

   Il suo sospiro colpì l'altro. La sua voce, se pur fievole, era decisa.

   Lo so... Hereweald strinse i denti infastidito. Per quanto in piccola parte lo rincuorasse, sapere che Abegail poteva usare le sue stesse armi lo devastava. Non l'avrebbe mai voluta al suo fianco, non in battaglia. Non quando aveva due nemici da combattere in contemporanea: Lilith e se stesso.

Allo stesso tempo non trovava il coraggio di allontanarla. Credeva che non sarebbe riuscito a farlo una seconda volta.

La avvicinò maggiormente a sé, cinse i suoi fianchi e affondò il viso nell'incavo del suo collo. La risata di Cassandra li raggiunse subito dopo, assieme alla voce di Victor. Infine, nel silenzio che seguì, Abby provò a cambiare discorso.

— Non ti sembra strano?

— Cosa? — Hereweald parlò tra i suoi capelli.

— Tutto questo, — confessò lei, chiudendo il rubinetto e tamponando i palmi con uno strofinaccio. — festeggiare mentre Lilith progetta di distruggere ogni essere vivente e... noi.

   A quel punto Abby avvertì uno spostamento improvviso. Il tepore che stava nascendo abbandonò le sue spalle.

— Ci stiamo solo distraendo, prima di qualunque cosa ci aspetti. E no, — Hereweald la fece girare in modo da guardarla direttamente. Abbassò poi il tono, fino a un sussurro. — non siamo strani. Ci completiamo e questo basta per renderci perfetti.

   Le accarezzò le guance, premendo la fronte contro la sua. In quel preciso momento un ricordo riaffiorò assieme a un lampo. Il fumo, la terra, il sangue e i ringhi dei demoni. Abby chiuse gli occhi e strinse le mani attorno a quelle di Hereweald. Parve volesse trattenerlo; impedirgli di fuggire.

   Questa volta non te ne andrai.
Lui, con sguardo sognante, lasciò che Abegail lo attirasse. Aspettò che lei lo supplicasse di baciarla. Infine sorrise sulle sue labbra e la accontentò; accontentò entrambi. Quel loro bacio seppe di cacao e arancio, profumò come la cannella.

Vennero interrotti da un fulmine che squarciò il cielo. Il suo tuono fece vibrare i vetri delle finestre.

— Sta arrivando qualcuno.

   Alexander irruppe nella cucina correndo e spalancando la porta sul retro. Il vento entrò nell'abitazione sibilando mentre Abegail arrossiva e Hereweald sospirava.

— Chi?

   Chiese poi scocciato, braccia conserte ed espressione dura.

— Mikael.

   Caliel fece capolino dal salotto poco dopo. Raccomandò alle ragazze di rimanere dove si trovavano e affiancò il suo protetto. Sguardo indecifrabile e pugni stretti. Hereweald sospettò immediatamente che qualcosa non andasse. Un secondo fulmine si ramificò sopra alla casa, chiaro e abbagliante. Dopodiché qualcosa atterrò nel giardino: un angelo.

La sua luce era talmente abbagliante che per un momento il demone si protese per coprire gli occhi ad Abby. Nascosto dietro al vetro opaco della finestra, sperò che i vicini fossero al sicuro.

Si volse nella direzione di Alexander con fare da rimprovero, ma l'espressione che trovò lo fece desistere. Sembrava non essere l'unico turbato dalla sconsideratezza dell'arcangelo.

Infine tornò a studiare Mikael, le sue grandi ali, possenti e chiare. Si chiese come facesse a portare sulle spalle un simile peso e per un secondo ricordò il dolore delle sue, quando era ancora un bambino e crescevano senza sosta.

Abegail si ribellò alla sua stretta, curiosa quanto lui. Hereweald allora la lasciò. Si stava concentrando sugli abiti, o meglio, l'armatura. Lucida, rifinita, stringeva al petto una tunica candida come la luna. Al fianco destro invece pendeva una spada. Diversa da quelle che lui e Alex usavano, era più ricurva. Ma immaginò fosse letale allo stesso modo.

— Fratello.

   Caliel lo accolse uscendo e bisbigliando qualcosa. Subito dopo Mikael incrociò lo sguardo del demone. Fu severo, spietato e carico di odio. Hereweald non poté che rimanerne stupito: quell'espressione era così simile a quelle di Alexander.

Il custode gesticolò parlando a voce più alta e, finalmente, l'angelo nascose la sua essenza. Il cigolare del metallo celeste aleggiò nell'aria carica di tensione finché Mikael varcò la porta.

— Caliel, Alexander. — la sua voce era prima di emozioni. — Perdonate il ritardo.

   Erano rimasti tutti ammutoliti, Samuel per primo. Poggiato al muro, pallido, cercava di dire qualcosa, ma le parole gli morivano in gola. Mikael studiò meglio l'ambiente. Si soffermò su Hereweald forzandosi di tacere. Ignorò Alexander e aggrottò le sopracciglia notando le decorazioni e i biscotti in preparazione.

— Non li hai ancora avvertiti?

   Caliel trasalì. Cominciò quindi a giocare con le sue dita, agitato e preoccupato.

— Non era mai il momento opportuno...

— Questo lo vedo... — dalla sala adiacente le canzoni mandate alla televisione stonavano. Nathalie ed Elizabeth si erano bloccate nel mentre che aggiungevano decorazioni all'abete e Cassandra si era fatta vicina a Talia. Mikael parve ricercare le parole adatte, ma non ci riuscì: fu fin troppo schietto. — Forse lo avrete già immaginato, ma non tutti potrete venire con noi.

   A quel punto Samuel avvertì le vertigini prendere possesso del suo corpo. Da tempo ormai immaginava cosa sarebbe successo; aspettava solo quella terribile sentenza.

Victor invece si mosse al suo fianco, audace come suo solito.

— Sinceramente, credevo che questa faccenda riguardasse solo voi, angeli e demoni.

— Victor!

   Suo padre si meravigliò. Spalancò gli occhi e fece per zittirlo con una mano, ma ormai era troppo tardi. Dall'altra parte però, Mikael non si scompose. Rimase rigido e fiero.

— Mi dispiace, non era mia intenzione né quella di Aida condannarvi con un dono del genere, ma — nelle sue parole non vi era la minima traccia di pentimento. Che nascondesse ogni cosa? — voi tre dovrete partecipare alla battaglia.

— Perché? — Alexander si intromise. Chiuse di colpo la porta sbattendola e ottenendo l'attenzione di suo padre. — Così se moriranno potrai seppellire tutti i tuoi errori?

— Non mi sembra il momento di discutere di questo.

   Per te non lo è mai. Alexander digrignò i denti e la luce nei suoi occhi si accese. A fermare qualsiasi suo azzardo fu Caliel.

— Calmati. Credimi, non è per quello.

   Lui si dimenò, ma alla fine cedette. Incurvò le spalle sconfitto per poi guardare Abegail.

— La vostra presenza attiva i demoni... — Samuel tremò e si avvicinò al figlio. Aveva compreso chi l'angelo volesse portare con sé, ma provò a non mostrarlo. Dimenticò parte di ciò che Mikael aveva detto. — La mia famiglia dove potrà essere al sicuro?

— Non siamo noi ad attirarli, ma lui. — l'arcangelo fu rapido, indicò Hereweald facendo scintillare la sua armatura. — Un principe che dovrebbe essere morto secoli fa.

— Anche tu sei pronto ad addossarmi una colpa che non ho?

   Hereweald ringhiò serrando i pugni, Mikael parve non accorgersene. Semplicemente continuò a ignorarlo. Nathalie e Talia si fecero avanti, si avvicinarono per osservare l'angelo e ascoltare cosa ne sarebbe stato di loro.

— Loro invece potrebbero andare oltre oceano, il più lontano possibile. Almeno finché non avremo fermato Lilith e Lucifer. — per un attimo un barlume di speranza attraversò gli occhi di Samuel. Fu però breve. — Ma tuo figlio dovrà seguirci e la stessa cosa vale per lei. — quella volta Mikael si volse in direzione di Abby. Mossa che non piacque né ad Alex né a Hereweald che provò a difendere suo padre inutilmente. — A quanto pare ho dato ad Aida più potere di quanto volessi... Non mi sorprenderei se uno di voi riuscisse a sfruttarlo per battersi.

Abegail trasalì.

— È così allora? Per colpa tua dovranno pagare altri innocenti? — Caliel sospirò impotente di fronte al temperamento di Alexander. — Rispondimi, padre.

— Non ho voluto io tutto questo! — quella reazione lasciò tutti esterrefatti. Fu come se Mikael avesse trattenuto la tensione fino a quel punto; fino a esplodere. — Lucifer doveva sbarazzarsi di suo figlio e di Lilith. Era quello il suo compito! Ci aveva giurato che lo avrebbe fatto. E invece? Quanto è valsa la sua parola?

   Alzò un braccio, fece un passo verso il figlio credendo di intimorirlo, ma lo trovò impassibile.

— Dovevate prevederlo. Vi ha ingannati oppure... Ha provato pietà.
Non ha fatto niente di diverso da quello che voi avete fatto.

   Il ticchettio del timer penetrò il silenzio. La televisione era stata spenta, nessuno osava parlare. Persino Hereweald era scioccato. Non seppe se definirsi orgoglioso. Alexander non era tanto diverso da lui e, forse, anche lui se ne stava accorgendo.

— Comunque, sei sceso per infierire, quindi... Qual è il piano?

   Mikael serrò la mascella e ripensò alle parole di suo figlio, quelle che lo avevano smosso.

   Angeli, demoni o umani. Che differenza c'è? Nessuna... A quanto pare è veramente così. Lo aveva sostenuto, ma non aveva mai sentito veramente sue quelle parole.

Eppure, in quel momento, era in mezzo agli umani e si stava comportando come loro. Era irrazionale, la sua testa scoppiava. Era indeciso, in parte persino impaurito. Stentava a ricordare come fosse battersi contro i demoni, sguainare la spada per fare la cosa giusta.

   Una spada per difendere, l'altra per comprendere se sia giusto o meno combattere... Non c'era alternativa se non quella di battersi. Passò in rassegna ognuno dei presenti e recuperò la calma.

Nonostante ognuno combattesse da solo, per le proprie motivazioni, doveva procedere con il suo piano. Doveva servirsi di quelle loro divisioni per il suo scopo. Non aveva alternative: doveva ripristinare l'equilibrio.

— La cosa più importante è attirare Lilith lontana dagli insediamenti umani. Useremo il demone, ma prima, — la sua attenzione calò su Samuel. — ho scoperto che voi conoscete un certo Hugh Williams. — l'uomo annuì confuso e agitato. — Bene, devo incontrarlo.

Angolo autrice:

Anche questo capitolo è abbastanza lungo beh, rispetto al mio solito. Spero non vi abbia annoiati. Ormai i giorni sono contati, come avrete capito il gruppo si dividerà per far fronte alla battaglia. Talia, Nathalie, Cassandra ed Elizabeth verranno mandate il più lontano possibile, oltre oceano, mentre gli altri incontreranno questo (non tanto) nuovo personaggio: Hugh.

Se ben ricordate, in Fighters lui era già apparso. Spero non sia stato del tutto dimenticato, perché come avrete capito niente è scontato e ogni figura è importante per il fine della narrazione.

Comunque sia... Prima di tutto questo trambusto meglio non farsi odiare, giusto? Li lascerò passare un Natale il più possibile normale e, chissà, magari vedranno anche qualche scintilla durante i fuochi d'artificio.

Alla prossima,
Capitolo V: Illusione

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