Capitolo II: Conflitto D'Anime

Cork, 14 Dicembre.

   Alexander fu l'ultimo a uscire. Si chiuse la porta alle spalle pensando che sarebbe tornato da Deimos per dargli da mangiare e così fu.
Ancora una volta non ottenne niente se non l'ennesimo suo ghigno e lui, di conseguenza, si comportò in modo fin troppo irruento. Gli gettò il piatto contenente delle zuppa tiepida ai piedi, finendo poi per scusarsi con Talia per i cocci rotti.

Da quel momento erano passate svariate ore. Il sole era tramontato, le stelle avevano danzato nel firmamento accanto a uno spicchio di luna e, infine, era tornato giorno. Tuttavia Alex sentiva ancora le posate tintinnare sul pavimento dello scantinato, lentamente e insistentemente. Quel rumore lo tormentava come il rapido ticchettio dei secondi.

Assieme a Hereweald aveva ripetuto la solita sceneggiata, aveva perso tempo. Allora si era coperto; aveva indossato una giacca di Victor ed era uscito nel giardino sul retro. Non prima però di aver rovistato tra la sua roba e aver estratto del tabacco e una scatola di fiammiferi.

Si sedette all'ombra dei rami, accanto alle poche piante rimaste verdeggianti e sotto a un cielo greve. Il suo respiro creava delle nuvole di condensa, il suo naso era arrossato. Teneva il collo al caldo tirando di tanto in tanto il cappuccio felpato sui capelli arruffati.

Improvvisamente si decise. Sospirò e si lasciò andare al vizio. Si preparò una sigaretta, prese la scatola dei fiammieri e rovistò all'interno per estrarne uno. Dopodiché lo accese facendo sfrigolare la fiamma.

Lo avvicinò alla sigaretta, già tra le sue labbra e inspirò. Guardò il fiammifero spegnersi fra le sue dita con aria malinconica e seria allo stesso tempo. Gli era difficile capire come si sarebbe dovuto comportare; gli sembrava di essere spento, come il fiammifero che in quel momento teneva nel suo palmo sinistro. Era cenere e fumo.

Sbuffò e rivolse lo sguardo verso le rade e scure nuvole in cielo. Infine provò a far tacere la sua mente. Ma fu del tutto inutile.

Gli mancava parlarle, terribilmente. Il suo rapporto con Abegail era la cosa che lo tormentava di più. Lo vedeva sfumare, dissolversi. Non poteva negare che lei tenesse a lui, ne era certo, ma avrebbero saputo litigare, specialmente in quei giorni.

Eppure, Alex aveva tante cose da raccontarle; avevano tanto da discutere, serenamente e sinceramente.
Lui doveva rimediare...
Si rese conto solo allora di non aver avuto modo di confessare cosa aveva scoperto sul suo conto.

Doveva ancora dirle chi era l'angelo che Aida cercava di incontrare di nuovo, abitando il corpo dei suoi discendenti. Lo stesso che lo aveva esiliato e fatto sentire impotente per molti secoli.

Non si era ancora abituato a quell'idea. Anzi, lo soffocava il solo pensiero che, proprio lui, Mikael, fosse suo padre.

Per qualche attimo il blu dei suoi occhi si incupì. Successivamente tornò a ragionare su Abegail. Giustificò la sua mancanza pensando che la situazione gli era sfuggita di mano. Lei era stata ferita, lui aveva perso il senno, era salito dagli angeli e poi... Poi era tutto cambiato. Poggiò la sigaretta sulle labbra, ma aspettò, lo sguardo perso nel vento.

   Dovrei dirglielo? Le importerebbe?
Si domandò se dovesse ancora riconquistare la sua completa fiducia. Gli pareva che Hereweald ne nutrisse di più nei suoi confronti e sperava che fosse solo una sua sciocca impressione. Se fosse stato altrimenti si sarebbe trovato all'interno di un tremendo paradosso.

— Cosa fai qua da solo?

   Alexander sgranò gli occhi tornando nella realtà. Si voltò e la delusione si dipinse sul suo volto l'istante seguente.

— Cassandra! Sei tu....

   Lei lo fissò corrugado la fronte.

— Ah, pensavi fosse Abby...

   Sorrise e congiunse le mani giocando con i pollici. Le sue gote si erano arrossate a causa del freddo. I capelli seguivano il vento, uscendo dal collo largo del maglione. Sotto ai flebili raggi del sole parevano avere lo stesso colore dell'alba.

— Rientra, ti ammalerai.

   Alexander fletté le gambe per tirarsi in piedi e la sovrastò in altezza, ma lei non si lasciò intimorire.

— Dovresti parlarle di più. — Cassandra parlò con la sua solita sfrontatezza, senza paura, come se il disastro di Fidnemid non fosse mai accaduto e lei non avesse perso i suoi difetti. — Vi ho sentiti. Quando Abby... — deglutì a disagio spezzando la sicurezza del suo tono. — Quando si stava riprendendo. Ho sentito te e Nathalie promettere che quel d-demone non le si sarebbe più avvicinato.

— Sei troppo piccola per questi discorsi...

— E te pensi troppo!

   Alex la guardò confuso. Era quasi sul punto di ridere: un angelo messo in riga da una ragazzina.

— Pensi che mi sia sfuggito tutto quel sangue per le scale? Oppure, credi che non tenga a lei? — concluse con un filo di voce, quasi fosse imbarazzata. — Dopo le scenate che mi hai visto fare puoi anche non crederci... Ma mi rimane solo Abby, non posso far finta di niente. Anche se la situazione continua a sembrarmi irreale...

   L'altro la fissò triste, sospirò e spense la sigaretta giocandoci poi con le dita.
Non sentiva niente...

— Mi avete lasciata da parte e... — Alexander la squadrò nuovamente, storcendo le labbra e dispiacendosi in silenzio. Cassandra alzò le mani come per correggersi e impedire al ragazzo di aggiungere altro. Avrebbe parlato lei e, per la prima volta da quando era fuggita, sarebbe stata ascoltata. — Comincio a capire il perché... Forse non sarei nemmeno dovuta sopravvivere, ma, — parve sforzarsi per cambiare discorso. — con il ritorno dell'altro demone Nathalie non riesce a occuparsi di Abby. Non hai visto com'è cambiata? Mi chiedo perché...

   Lei era perplessa, invece, Alex non lo era affatto. Lui sapeva bene cosa stesse passando per la mente di Nathalie e temeva di dover fare i conti anche con quello. Sarebbe stata un ulteriore ostacolo, dopo Hereweald.

— Abby invece mi sembra felice, non metto in dubbio che lo sia, però, insomma...

   Il vento li accarezzò, le nubi coprirono per un attimo il sole. L'angelo continuava a studiare la ragazzina, la vedeva tremare, le labbra secce e scure. Quindi tagliò corto, passando sopra ai suoi gesti imbarazzati.

— Ho capito, devo parlarle di più. Adesso rientra in casa. — si premurò di spingerla per incitarla a seguire il suo consiglio. — È strano che tu ti sia preoccupata.

— Sarebbe strano non lo avessi fatto...

   Cassandra si bloccò in mezzo al giardino e Alexander approfittò per mettere la scatola dei fiammiferi nella tasca del giacchetto.

— Un'ultima cosa. — lui sospirò e lei sorrise furba e in apprensione. — Mia sorella è...

   Si era preparata a quella domanda, eppure le fu difficile essere chiara e diretta. Si servì ancora una volta dell'aiuto dei gesti e indicò il cielo con un dito.

— È più complicati di come immaginate voi umani. Ma, — Alex si morse un labbro lasciando che il vento gli scompigliasse i capelli e glieli gettasse sugli occhi. — sta bene.

   Le luci della casa erano tutte accese, il camino fumava ininterrottamente, come quello dei vicini e delle case di fronte. Il suono delle onde e delle imbarcazioni ancora attive era pressappoco coperto dal vento gelido. Ma il sospiro di Cassandra fu ben udibile. Lei inclinò di lato la testa. Guardò poi dritto negli occhi il ragazzo e lui notò solo allora le lentiggini sul naso della bambina.

— Non sei cambiato. — enunciò, in parte sollevata. — Quel demone, nel seminterrato, si sbagliava. Non sai mentire così bene.

— Hai origliato!

   Alexander si impettì e spalancò la vista. Serrò i pugni irritato e batté un piede sul suolo e sull'erba umida. La bambina sollevò semplicemente le spalle, la vista lucida e rattristata. Dopodiché si sporse in avanti, in punta di piedi.

— Non posso farci niente, hanno sentito tutti. — sussurrò sorridendo nonostante stesse battendo i denti. — E ora, preparati...

   Soffiò e lui non capì. La lasciò allontanarsi, come se aspettasse qualcosa.

— Cassandra! È freddo. Accidenti, non puoi uscire così.

   Alex strabuzzò gli occhi sorpreso per poi spostare la sua attenzione verso la casa.

   Peste...
Apostrofò Cassandra per poi fermare lo sguardo sotto alla cornice della porta. Abegail era proprio sulla soglia con indosso un'espressione tra la preoccupazione e la stizza. Si sistemò gli occhiali sul naso, indossò rapida un cappotto e uscì per costringere Cassandra a rientrare. Questa non oppose resistenza, anzi, corse all'interno dell'abitazione senza emettere un suono.

Aveva fatto una smorfia che Alex riconobbe essere carica di soddisfazione. Quando si era allontanata, poco dopo l'arrivo di Abby, lei era contenta di aver fatto la sua parte. Sarebbe tornata a crogiolarsi sul divano, accanto al camino acceso, cercando di distrarre Nathalie dai suoi pensieri. Magari avrebbe chiesto a Victor di spiegarle uno di quei suoi strambi giochi da tavolo e, intanto, avrebbe tenuto d'occhio Hereweald.

Abegail osservò la chioma vermiglia passarle accanto e svanire. Immaginò giustamente che sarebbe corsa a riscaldarsi nel salottino.

Il cielo mutò, le nuvole si addensarono, presagendo pioggia e lei rimase sola, con Alexander. Inizialmente lo guardò un po' imbarazzata. Si domandò se lui già sapesse di cosa era successo con Hereweald; se dovesse raccontargli oppure passarci sopra ed evitare di farlo arrabbiare.

Fece per parlare, ma socchiuse solamente le labbra, in silenzio.
Non c'era niente di male, ma, pur con la sua buona volontà, immaginò che Alexander non sarebbe stato contento.
Lui aveva altro a cui pensare, altri problemi. Non se la sentì di appesantirlo ulteriormente solamente per richiamare la loro amicizia.

Successivamente sembrò accorgersi di qualcosa: Alex aveva un'espressione mesta. Chiuse la zip della giacca, scostando i capelli e fece altri due passi preoccupata.

   In effetti, non parliamo da un po'... Rifletté, credendo che il motivo di quell'aria bigia fosse causa delle poche confessioni che lui si era lasciato sfuggire. Non era tanto lontana dalla realtà. Era stata egoista...

— Alex, va tutto bene?

   Lui non rispose, si limitò a studiarla da capo a piedi. Voleva farlo per davvero; voleva svuotare la mente e risentire quella vicinanza che c'era fra loro prima che tutta quella storia iniziasse. Quando ancora vivevano a Fidnemid e lui faceva finta che la città fosse normale solo per fuggire al giudizio degli angeli.

   Che egoista... Lo sono stato e continuo a esserlo...
Abbassò le palpebre per un istante, sentì dentro di sé una strana sensazione; uno strappo. Non era il cuore a fargli male, ma l'anima. La sentì rovente e pressante, razionale e in conflitto, come se fosse divisa. Gli parve assurdo, tuttavia era preda di un lotta fra passione umana e raziocinio celeste.
Portò una mano al petto e la chiuse quasi potesse sconfiggere il suo malumore e la sua indecisione tramite quel semplice gesto.
Infine, si decise.

— Senti, dovrei dirti una cosa...

   Tornò a concentrarsi su Abby. Il suo petto doleva come se fosse compresso.
Doveva sbrigarsi; doveva sentirsi libero e privo di rimorsi. Ma, purtroppo, i suoi occhi indugiarono lentamente sul collo dell'altra e la sua mente si annebbiò all'improvviso.

— Cosa ti ha fatto! — Abegail sussultò sorpresa da quel cambio di umore e Alex le si avvicinò scostandole meglio i capelli. Mise in mostra un piccolo livido rossastro. — Questo è troppo... —Abegail comprese e arrossì immediatamente dopo. — Lo ammazzo seriamente. Adesso, così sarà tutto finito!

— Fermati! — lo strattonò con tutta la forza che aveva in corpo, tenendo le mani ben salde, attorno al giacchetto di Victor. Provò a fermare i suoi passi, ma lui la trascinava con sé facendola scivolare sull'erba bagnata. — Alex, stai delirando!

   L'angelo, a sua volta, la spinse bruscamente con uno scatto del braccio. Digrignò i denti e si chiese con quale forza stesse riuscendo a stare immobile, a pochi metri da Hereweald.

— Non riesco a capire questi tuoi scatti. Maledizione!

   Abegail corse di fronte a lui, spalancò le braccia per evitare che passasse e lo guardò con uno sguardo corrucciato.

— Certo che non capisci... — Alexander sussurrò lasciando libero il suo pensiero, dopodiché tornò serio. — E non imprecare.

   La ragazza frenò a stento un sorriso per il tono glaciale che Alex aveva usato, come se si fosse immedesimanto in un padre. Poi anche lei tornò decisa sui suoi quesiti.

— Che ti succede?

— Niente.

— Non è vero...

   Abegail incrociò le braccia al petto mettendosi in una posizione di rimprovero. Tuttavia non ebbe l'effetto sperato. Alexander non sbuffò né si lasciò andare come lei aveva immaginato. Anzi, proseguì con la sua follia.

— Non avrò più bisogno di Hereweald con Deimos. Riferisciglielo.

— Anche questo non è esatto...

— Beh, facciamolo passare per vero! — sbraitò, dopodiché cercò di darsi un contegno. — È meglio che lui non mi rivolga la parola...

— Come puoi essere così?

   Lui la guardò, strinse i denti e una strana luce brillò nei suoi occhi cupi. Deglutì a fatica, tirando su con il naso e volgendo subito lo sguardo a terra.
Comprendendo la sua natura aveva imparato a odiarsi meglio: sapeva esattamente a cosa dare la colpa.

   Sono un nephilm, ecco perché mi comporto in questo modo. Pensò. Non c'è bene che regga di fronte al peccato che mi ha generato né davanti a quello che mi ha permesso di vivere. Tradimento... Si è trattato sicuramente di quello in entrambi i casi.

Sono solo.
Non sono un angelo né un uomo.
Ho in me due anime che fanno a pugni fra di loro: purezza e fragilità.
Dovrei brillare, puro come una stella, come la giustizia e la bontà. Potrei farlo, e inveve... Sento il tocco del peccato. Quelle sue fredde dita bagnate di sangue e bugie. Non riesco a far altro che cedere alle emozioni. Riconoscere il bene e vederlo deformarsi per un mio tornaconto...
Come adesso, proprio in questo momento...

— Alex?

   Alexander sbatté le palpebre e ritornò in sé, spostando nuovamente lo sguardo in quello preoccupato di Abegail.
Infine si arrese: disse metà verità.

— Voglio solo che tutto questo finisca presto...

Angolo autrice:

Come potevate immaginare, quello che è successo tra Abegail e Hereweald non è stata una lieta notizia per Alexander. Anche se lei non è riuscita a dirlo chiaramente, Alex lo deve aver intuito, almeno in parte. Purtroppo ha reagito molto male, ma vedremo come la situazione si evolverà...

Alexander è abbastanza combattuto, il fatto di essere un nephilm lo ha turbato più di quanto si aspettasse. Sta nascondendo le sue preoccupazioni perché non ha tempo da perdere, ma non potrà sopportare a lungo...

Come al solito lasciatemi dei pareri ^^
E perdonatemi se sono lenta...

Alla prossima,
Capitolo III: Sentimenti in Subbuglio

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