Capitolo XXXVIII: Inetto

Vedrete i discorsi in corsivo perché ho pensato di distinguere quando parlano nella lingua umana da quando invece usano l'idioma dell'Inferno. Spero che questo cambiamento non vi disturbi. Buona lettura ^^

Inferno.

   Dopo che Hereweald se ne fu andato Deimos arrancò lungo i corridoi del palazzo; provò a correre, ma gli riuscì solo zoppicare malamente. Si resse dolorante alle pareti sporche di fuliggine e petrolio nel mentre che premeva una mano su di una gamba. La spinta che aveva ricevuto aveva messo in difficoltà il suo corpo mortale. Trascinandosi verso delle scale a chiocciola ringhiò frustrato: odiava sentirsi inferiore. Dovette però accantonare subito la sua rabbia per preoccuparsi maggiormente delle parole di Taon man mano che si avvicinava alle sue stanze.

   — Non sbagliare di nuovo... A Lilith serve il principe... Ammise a se stesso che esserselo fatto sfuggire era stato l'errore più grande della sua intera vita. Dopodiché non poté fare a meno di riflettere sulle sciocchezze che quel demone insignificante gli aveva detto. Come poteva sostenere che sua madre gli avesse donato dei ricordi? Ogni cosa che sapeva l'aveva vissuta sulla propria pelle, fin dal suo primo respiro nella grotta in cui era stato creato.

Optò per evitare la madre cominciando sempre più a dubitare delle sue azioni. Avrebbe dovuto fermare Hereweald oppure procedere con il suo piano. Invece era riuscito solamente a farlo vincere: si era liberato.
Aveva perso la preda preferita di Lilith e non faceva altro che ripeterlo a se stesso.

Decise di restare in disparte e finì per passare diversi giorni a fissare con sguardo neutro il nero che macchiava la sua mano destra. Fu poi però costretto a incontrare la regina. La piuma sul suo petto cominciò improvvisamente a bruciare e lui si ritrovò a contorcersi dal dolore tra il sudicio dei suoi alloggi. Rotolò tra le coperte sgualcite abbandonando il suo giaciglio. Prima di accasciarsi a terra fece cadere un candelabro le cui candele si spensero una dopo l'altra.

Si portò quindi le braccia al petto sentendo il respiro morirgli in gola e - spaventato - riuscì ad alzarsi dirigendosi alla sala del trono.

Corse schivando alcuni servitori per arrivare il prima possibile da sua madre. Ad ogni metro che compieva il dolore si affievoliva e la sua mente si riempiva di una sadica euforia.

Giunto in prossimità della sala si mostrò fiero spalancando le porte che gli schiavi avevano appena finito di installare. Tolse la mano dal punto dolente e si pulì l'altra al tessuto leggero della sua camicia in modo da rimuovere del tutto lo sporco che si portava addosso da giorni.

Dopodiché osservò la luce della stanza e si fermò a mirare oltre il vetro delle enormi finestre. Allora sentì il petto gonfiarsi di orgoglio e la pelle tirare in prossimità del suo marchio. I suoi occhi solcarono le terre desolate del regno assottigliandosi per il piacere che provarono a quella vista. Il fuoco divampava dalle fessure del terreno, il magma inondava le anime e le corrodeva all'infinito facendole strillare. Intanto erano numerosi i demoni che solcavano l'atmosfera pestilenziale del luogo e molti altri invece quelli a terra, i cui arti erano bloccati da catene.

La felicità che gli procurò vedere il sogno di sua madre concreto si aggiunse poi a quella di aver eliminato un traditore. Riconosceva che la fuga del principe gli avrebbe dato parecchi problemi, ma - al contrario - essersi sbarazzato di Taon gli dava molti punti a suo favore. Doveva avere paura, tuttavia per il momento la sapeva mascherare bene persino a se stesso.

Successivamente spostò la sua visuale scostando i capelli dal volto e sorridendo alla sovrana. Fece un inchino avendola vista rigida sul suo trono, ma scoprì ben presto che quel distacco non era dovuto alla sua maleducazione, piuttosto alla sua imprudenza.

Cosa hai fatto?

   Deimos spalancò gli occhi avvertendo dei brividi risalire lungo la schiena. Fu allora che i timori in cui era caduto giorni prima lo assalirono voracemente. Deglutì cercando di sghignazzare e far finta di niente. Ciononostante quando i suoi occhi azzurri incrociarono l'ira racchiusa in quelli di Lilith ogni briciola di sicurezza scemò.

Lei era seduta con la testa alta e un abito scuro che la rendeva più regale di quanto era realmente. Dietro al suo capo il trono si diramava formando dei raggi dorati, ma la loro luce non bastava per mostrare completamente il volto della donna. Anzi, ai lati riflettevano il rosso vivo delle fiamme che ardevano all'esterno, incupendo maggiormente la sua figura.

Scusate se non ho assolto ai miei compiti...

   Lilith batté un pugno sul braccio del suo seggio. Il suono duro del colpo volò per l'intera sala ritornando indietro e facendo rabbrividire il giovane.

Le anime dei dannati possono aspettare. — pronunciò lei riferendosi al compito affidato al figlio: eliminare le anime più vecchie, quelle che avevano scontato abbastanza la loro pena per poi spedirle nel nulla, oltre la morte. — Qualche tortura in più prima della loro distruzione giova solo al mio interesse.

   Aveva mantenuto intatta quella funzione dell'Inferno perché la vedeva come la giusta conclusione di un lungo travaglio. Le anime dei peccatori erano le prime a meritare la dissoluzione finale. Lei avrebbe poi provveduto ad allargare quel privilegio. Voleva vedere bruciare tutti; indifferentemente dai loro peccati. Avrebbe trascinato ogni essere vivente nella sua stessa flagellazione; avrebbe fatto provare a tutti l'amaro sapore della sua vita. Per quel motivo stava puntando agli angeli: messi in ginocchio loro nessuno l'avrebbe potuta arrestare.

Allora...

   Il giovane tentò un nuovo approccio, ma fallì miseramente.

Come puoi essere così stupido!

   Deimos aveva compreso perfettamente cosa lei intendesse, non era certo stupido. Eppure finse finché poté. Temette di averla delusa e pensò che ogni punizione che gli avrebbe inflitto non sarebbe mai bastata per compensare la grandezza del suo errore. Lilith si alzò poco dopo brandendo una sottile spada. Nelle sue movenze si vedeva chiaramente l'attenzione che metteva in ogni particolare affinché questi seguissero la linea malata della sua mente.

La lama scintillò sotto il suo sguardo. Era un'arma elegante e fine, la cui impugnatura avvolgeva completamente la mano della sovrana, proteggendola.

Erano dei traditori... — il demone provò a giustificarsi non riuscendo più a reggere il potere che Lilith sprigionava. Lo stava mettendo sotto torchio con il solo sguardo. — Madre p-pensavo di rendervi giustizia. — disse poi osservando i suoi movimenti e portando le mani in avanti. — Non era mia intenzione far scappare il principe...

   Quelle parole produssero un effetto mai immaginato. Deimos si ritrovò con le spalle al muro in batter d'occhio e con la spada di sua madre che gli corrodeva la pelle del collo sfiorandolo appena.

Pensavi? Beh, hai pensato male! — sbraitò lei terribilmente seria, sputando nella sua lingua dura. Non poteva credere che i suoi figli non riuscissero ad essere intelligenti. La mano con cui brandiva l'arma tremò sotto l'ondata di rabbia che si riversò improvvisamente nel suo corpo. — Oltre che avermi privata di Hereweald hai ucciso un mio servitore.

   Il suo sguardo divenne rosso e i suoi capelli cominciarono a fluttuare attorno al viso. Erano pronti a bruciare e a seguire la trasformazione della donna così come lo era il suo corpo: carico di potere represso troppo a lungo.

Quel servitore era inutile... — Deimos si concesse di parlare studiando la lama che aveva alla gola. Si chiese come sua madre potesse impugnare quel metallo, dopo poco però riacquistò decisione e si mosse per allontanare Lilith. — Ha portato il principe da Lucifer!

   A quel punto la donna perse la pazienza e lanciò la spada con molta forza. La conficcò a pochi centimetri dal volto del giovane facendolo trasalire. Successivamente si portò in avanti con il busto riafferrando possessiva l'elsa. Nonostante fosse molto più bassa del figlio era lei a reggere le redini di quella discussione.

Tu sei inutile! — il suo tono fu glaciale. — Quella feccia mi serviva quanto Hereweald! — strillò esausta tirandosi i capelli con la mano libera. — Tu non sai niente. Hai ucciso Taon e mi hai fatto perdere il potere del principe! L'ho perso di nuovo...

   A seguito di un breve attimo in cui il silenzio calò assieme all'imbarazzo, Lilith tornò a concentrarsi completamente su Deimos.

Sei un inetto. Hai la forza di dieci uomini, ma manchi di scaltrezza. — enunciò priva di emozione. Sembrava seriamente delusa nel mentre che avvertiva i ricordi prendere possesso di lei. Si sforzò, ma non poté evitarli. — Devi imparare a pianificare ogni cosa, devi calcolare ogni tua mossa perché l'istinto porta solo verso l'ignoto. — strinse meglio le dita attorno alla spada che si era fatta forgiare poi sospirò, tenendo tuttavia la pazzia nei suoi occhi e assottigliando le labbra. — E l'ignoto non sempre ci è favorevole.

   Quel suo atteggiamento sorprese non poco il figlio. Lui però non poteva immaginare che dietro a quella sua strana pazienza si nascondesse un sentimento altrettanto singolare: il rimorso. Lilith era tormentata dal rammarico e dal volto di Gideon che le ricordava sia la sua vittoria che una perdita.

Ditemi come posso rimediare.

   Deimos continuò ad approfittare della sua fortuna. Guardava la madre con una determinazione che in un'altra creatura sarebbe sembrata bizzarra in quella circostanza. La donna sbatté le palpebre e rise di gusto cominciando a sentire il palmo della sua mano destra bruciare.

Rimediare? — spostò lo sguardo dal demone alla spada digrignando i denti: non era ancora abbastanza. — Sei davvero patetico. Pensi che abbia bisogno di essere aiutata?

   Dopodiché ringhiò estraendo la lama dalla parete e gettandola lontano da sé. Aveva preso a tremare e Deimos non seppe se fosse per la rabbia o per la pena. Vide solamente del sangue colare dalla mano che prima impugnava quel nuovo armamento e qualche sua ciocca volare via seguendo l'impeto di sua madre.

Sto perfezionando questo metallo. — dichiarò lei compiendo due passi per avvicinarsi alla fonte della sua attenzione. — Presto non riuscirà a distinguere la luce dalle tenebre.

   Chiamò poi dei servitori che accorsero facendo tintinnare le loro catene. Deimos li riconobbe: li aveva incrociati andato lì. Con un gesto della mano Lilith ordinò loro di portare via la spada e quegli esseri obbedirono senza obbiettare. Erano in tre, i loro corpi erano mutilati, ustionati e i tratti animaleschi dei musi si riconoscevano a fatica da tanto che erano tumefatti. Repressero dei lamenti nel mentre che si passavano la spada e la loro carne prendeva a disfarsi. Sapevano di non poter scampare al quella loro condanna eppure accettarono l'umiliazione: doverono accettarla.

I miei piani non sono ancora stati ostacolati, tuttavia, — Lilith tornò a rivolgersi al figlio solo quando il portone di ingresso venne chiuso e al di là da quello udì propagarsi un rumore metallico: i tre demoni erano morti. — dovrai trovare per me Hereweald. Non credo sia difficile scoprire dove si trovi. - ruotò il capo, inclinandolo un poco per studiare meglio il ragazzo. — Voglio lui e il libro che ha rubato dal mio regno. — specificò agitando le mani e mormorando qualcosa che Deimos non capì. Dopodiché dal pavimento presero vita degli esseri composti di cenere. Lei aveva richiamato quelle creature già una volta. — I miei segugi ti precederanno di poco. Fa sì che sia valsa la pena risparmiarti.

   Cinque cani finirono di prendere la loro forma. Lo sguardo pazzo, i denti aguzzi e l'alito di questi fecero indietreggiare Deimos fino a che ritoccò con la schiena la parete della sala.
Li guardò giocare attorno alla sovrana ringhiando e ululando. Con la loro stazza - pensò - avrebbero potuto ingoiare un comune canide mortale.

Volete ancora quel traditore con voi?

   Domandò confuso. Se sua madre aveva ogni cosa sotto controllo perché doveva insistere per rincorrere un rischio?

Ho sottovalutato Lucifer e mi sono fidata troppo di quel giovane. — Lilith intuì i suoi pensieri e si apprestò ad aggiungere le sue motivazioni. Lei non stava cercando il rischio: lo voleva scongiurare. — Non era ancora pronto, mancava poco alla perfezione, ma ho affrettato i tempi.

   Sospirò riconoscendo il suo errore. Tuttavia non aveva importanza. Era certa che i suoi progetti si sarebbero realizzati; in un modo o nell'altro sarebbe riuscita nel suo intento.

Andrai da lui e risolverai ogni piccola incongruenza! — scandì nel mentre che i segugi sparirono e anche Deimos cominciò ad essere circondato da una nube cinerea. — Goditi la Terra, non so se la prossima volta sarai così fortunato.

   Il ragazzo si ritrovò a muoversi agitato sentendo il suo corpo venir trasportato lontano. Gli parve strano provare quelle sensazioni. Era la prima volta che veniva gettato nella realtà mortale eppure poteva giurare di essersi già sentito in quel modo. Ingoiò la confusione e guardò un'ultima volta Lilith finendo per vederla attraverso una spessa coltre.

Deimos, riportarmi Hereweald e... — la sentì a malapena, ma fu certo che nei suoi occhi l'invidia bruciasse potente. - uccidi quella maledetta umana una volta per tutte!

Angolo autrice:

Eccoci tornati da Lilith e Deimos. Come avrete notato Lilith è un personaggio un bel po' complicato... Probabilmente voleva più bene a Gideon che a Deimos, il problema è che è stata capace di ucciderlo. Il povero Deimos invece conta poco meno di niente. Lui ha lo stesso carattere della madre: è ingestibile e pazzo, ma manca di pazienza.

Comunque sia, siete pront* all'incontro con Nathalie? Lei non potrà vedere i segugi, ma Deimos non le scapperà di certo ^^

Ultima cosa: vi siete mai chiest* come Lilith abbia ottenuto il metallo degli angeli? Lei di sicuro non è andata a rubarlo, non può nemmeno toccarlo Allora, come ha fatto? ^^

Un piccolo indizio sta nella revisione di "The Original Sin", aggiunto nel capitolo XXXVIII - L'Ultima Avanguardia:

"— Catene angeliche, sapevo mi sarebbero servite. — si congratulò con se stessa, applaudendo e voltandosi verso l'ingresso dove un'ombra volò rapidamente via."

Sarà molto importante ricordare questo particolare.

Alla prossima,
Capitolo XXXIX: Verità E Menzogna.

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