Capitolo XXVII: Gente di Dublino
Alexander aprì la porta con il cuore in subbuglio, la mente annebbiata dalla preoccupazione e una voglia matta di riabbracciare Abegail. L'assemblea con gli angeli lo aveva sfiancato.
Aveva dovuto mostrarsi sicuro mentre moriva, pensando di aver abbandonato la sua protetta in fin di vita.
Gli occhi e gli sguardi degli Altissimi lo avevano giudicato. Le loro espressioni erano state in netto contrasto con le parole.
Sembrava che sapessero, ma non volessero ammettere i loro errori.
Erano stati orgogliosi fino alla fine.
Dei pessimi ricordi gli erano entrati fin dentro le ossa, circolando assieme alla rabbia. Tuttavia sperava che - vedendo Abegail - tutto quanto svanisse.
Pregava perché ogni cosa che aveva appreso facesse parte di un incubo, non fosse reale; che essere un nephilm per lui non cambiasse niente.
Nel mentre che saliva le scale, senza ascoltare né Samuel né Nathalie che lo invitavano ad aspettare, era stato assalito da un terribile pensiero.
Anche lui come Hereweald era un pericolo per gli esseri umani e per l'intero equilibrio. Aveva stretto i denti non potendo aspettare oltre.
La sua attesa era durata già abbastanza. Stava annegando nel dispiacere.
Saltò gli ultimi scalini slanciandosi verso lo studio di Samuel.
Il respiro irregolare e il cuore palpitante.
Purtroppo però tutto il suo fervore scemò, lasciandolo paralizzato di fronte alla ragazza.
Il vento scuoteva lento le tende raggiungendo la pelle scoperta di Abby e procurandole la pelle d'oca.
Talia aveva aperto le finestre e le imposte in modo da far cambiare l'aria della stanza e - al contempo - da rendere l'ambiente più luminoso.
Il sole era pallido, reduce della tempesta, ma rischiarava abbastanza per concedere ai due giovani di vedersi in ogni loro minima sfaccettatura.
Abegail trasalì sorpresa e si portò prontamente gli abiti al petto.
Non arrossì per la vergogna - perlomeno non lo fece subito - perché la sensazione di sollievo sormontò qualsiasi altra cosa. Lo aveva riconosciuto immediatamente. L'ostacolo della sua vista offuscata non le aveva impedito di essere sicura: Alexander era tornato.
Sorrise nel mentre i suoi capelli - ancora umidi - venivano accarezzati dalla brezza mattutina. Si era voltata un poco, ma ebbe modo di accertarsi che Alex avesse notato la sua schiena. Lo comprese da quanto lui stette immobile, come una statua, incredulo. Sperava che fosse per la felicità e lo stupore. Tuttavia Alexander si apprestò a sbattere dietro di sé la porta, fermando il trambusto che si era creato nel soggiorno sottostante.
Vennero lasciati soli.
— Sei tornato...
Abegail sentiva freddo alle spalle.
Fu tentata di andare a chiudere le finestre o - quanto meno - di indossare la felpa che reggeva fra le mani. Purtroppo però quelle azioni avrebbero messo terribilmente in mostra parti del suo corpo. Allora aspettò che Alex le si avvicinasse. La pace che aveva provato avvertendo l'angelo entrare in casa si stava pian piano esaurendo.
Era la tensione a farsi largo nell'aria, già intrisa di imbarazzo.
Successivamente Alexander camminò lento, gli occhi fissi in un punto imprecisato e tristi passarono di fianco alla giovane. Lui non la sfiorò né accennò a guardarla una seconda volta. Dopodiché Abegail udì le imposte sbattere e le finestre sigillarsi fra di loro. Il vento smise di giocare con la sua pelle e i sottili peli sulle braccia tornarono invisibili.
— Perdonami... — sussurrò Alexander facendola ruotare su se stessa. In quel momento i loro sguardi si trovarono. Non erano molto lontani, ma parevano più distanti di prima. I sensi di colpa li dividevano. — Perdonami, non sono riuscito a proteggerti...
Il tono del ragazzo era privo di alcuna emozione e rifletteva il vuoto che lo stava divorando da dentro.
Lui si stava reggendo al cordolo della finestra; le braccia tese e i pugni serrati erano le uniche esternazioni della sua rabbia.
Abegail lo comprese immediatamente. Strinse maggiormente il tessuto al petto, ingoiando l'imbarazzo per quella situazione. Voleva rassicurarlo, fargli capire che non dovesse tormentarsi in quella maniera. Quanto era testardo...
— Alex...
Le parole le morirono in gola perché Alexander le fu improvvisamente ad un palmo dal viso. La guardò imperscrutabile. I suoi occhi erano penetranti, di un blu cupo.
Ad Abby parve di essere soggiogata e non poté più parlare. Avvertiva solamente le mani dell'angelo risalirle lungo le braccia, provocandole dei brividi.
Queste si posizionarono poi sulle sue spalle e lì aumentarono un poco la presa. I pollici premettero leggermente sulle clavicole, donandole un senso di spaesamento.
— Puoi voltarti?
Abegail spalancò lo sguardo irrigidendosi visibilmente. Sapeva che lui avesse già visto la sua cicatrice, ma non sapeva se sarebbe riuscita a concedergli di osservarla. Lo guardò terrorizzata, tuttavia nel volto di Alexander niente cambiò.
Era determinato, come se l'aver sfidato gli angeli lo avesse reso cosciente della sua posizione.
— Abby... — lei si preoccupò di dare un'occhiata dalla porta; sperava di deviare le intenzioni del ragazzo. — Non ti preoccupare, non entrerà nessuno.
Allora Abegail sospirò pensando che - magari - quella strana situazione potesse finire in fretta. Abbassò il capo, tormentando con le dita il tessuto della felpa. I suoi capelli scesero ondulati, coprendole persino le mani e lei fece come le era stato chiesto.
Si stava abituando all'idea di convivere con quel segno. L'importante era che stesse bene, ma non capì perché Alexander le dovesse fare paura.
Lui le aveva concesso di curare le sue ali, perché in quel momento doveva essere diverso?
Ci fu silenzio fra di loro nel mentre che dalla cucina si sentiva chiaramente Victor litigare con il padre e - poco distante - la televisione mandare in onda un programma per Cassandra.
Sapevano di non essere soli eppure era come se lo fossero.
Rinchiusi in una reciproca preoccupazione.
Servirono appena pochi secondi perché Abby si posizionasse con la schiena verso Alex. Altrettanti invece per farlo avvicinare maggiormente.
In quell'istante le gote della giovane si tinsero di rosso, sia per la vergogna che per la consapevolezza che in lei qualcosa fosse rovinato per sempre.
Sentì le gambe cederle e la testa prenderle violentemente a girare. Entrambi non parlarono per molti minuti, stando fermi e concentrati.
Infine Alexander decise di allungare una mano in modo da tracciare una linea immaginaria. Stette a debita distanza; arrivò appena a sfiorare la cute arrossata rivivendo quanto i suoi occhi avevano catturato. Scambiò le sue dita per la lama della spada di Hereweald e riprodusse il movimento di questa, dall'alto verso il basso. Sapeva quanto dolore Abegail avesse potuto provare: entrambi avevano le loro cicatrici nello stesso punto.
Dopodiché prese a tremare anche lui.
Il suo sguardo divenne chiaro e le vene sul collo ben visibili. Bloccò la ragazza - che stava per girarsi - intrappolandola in un abbraccio. Le sue braccia la strinsero mentre il petto le rimase lontano per non procurarle dolore. Quell'azione fu un misto di dolcezza e rudezza.
Successivamente portò la sua testa sulla spalla destra di Abby, sospirando pesantemente. Il suo fiato solleticò la pelle della giovane e mosse qualche ciocca mentre le sue labbra sfioravano il collo.
— Non si avvicinerà mai più a te...
Abegail si pietrificò incredula, osservando le loro ombre fondersi sul pavimento.
— Cosa stai dicendo?
— Oh, ti prego, non cominciare. — disse Alex trovandosi a dover lottare per mantenere la sua posizione. Tuttavia non fu abbastanza capace e dovette disfare l'abbraccio per paura di ledere ulteriormente la ferita dell'altra. — Hai visto anche te di cosa è capace! — allargò le braccia contrariato per poi riassumere un aspetto più composto. — Non è più come lo ricordavi, prima lo capirai, meglio sarà, soprattutto per te...
— Come puoi dire questo!
Sai che è stata Lilith a cambiarlo, lui..
— Non ha importanza! — gridò adirato. Gli era impossibile contenere la sua ira quando si trattava di Hereweald. Compì qualche passo indietro finché toccò il muro al di sotto della finestra ad arco. — Se prima lo tolleravo adesso non posso più permettermelo.
Abby lo guardava stralunata: non poteva credere alle sue orecchie. Rispose al tono del ragazzo agitando un braccio, ma nel fare questo perse il controllo di parte della sua felpa. Alexander allora distolse lo sguardo, voltando la testa di lato e arrossendo.
— Maledizione, ha rischiato di ucciderti...
Nessuno dei due aggiunse altro, anche se entrambi volevano battersi per le proprie opinioni.
Abegail era spazientita e - vedendo l'angelo seduto sul cordolo - optò per continuare a fare quello che il suo arrivo aveva interrotto. Gli dette nuovamente le spalle, prendendo delle bende e procedendo secondo le solite indicazioni di Talia. L'agitazione le rendeva difficile armeggiare con quella garza.
Strinse parecchie volte sia gli occhi che i denti, assottigliando le labbra finché Alexander giunse in suo aiuto.
La sorprese toccandole le dita, dopodiché proseguirono sempre in silenzio. Lui le passava la fascia sulla schiena e lei pensava a riporgergliela passando dalla parte opposta.
Finirono tra imbarazzo e rossori sulle guance. In seguito Abby indossò - finalmente - la solita felpa presa in prestito dall'armadio di Elizabeth.
Non aveva voglia di ricominciare a discutere né voleva continuare a vedere il mondo offuscato. Si rimangiò la promessa che si era fatta e indossò gli occhiali, rallegrandosi interiormente.
Infine prese la parola, sperando che l'argomento precedente fosse chiuso.
Avrebbe dimenticato Hereweald finché non si sarebbero rivisti. Solamente allora si sarebbe permessa di provare gli stessi sentimenti di un tempo; solo in quella situazione li avrebbe fatti riaffiorare.
— Sei riuscito a parlare con gli angeli?
Alexander storse la bocca in un sorriso. Già si immaginava il perché di quella domanda: lei non era realmente interessata alle decisioni degli angeli.
— Sì, ma...
— Cosa ti hanno detto?
Quella volta la guardò con un'espressione da rimprovero mentre raccoglieva la garza avanzata e la riponeva in quello che - aveva riconosciuto - essere il kit di Talia.
— Sono con noi, si stanno armando e presto, Caliel verrà qua. Lui... — improvvisamente lo colse il senso di incapacità. — Lui ha deciso che si occuperà della tua famiglia.
Tuttavia fu solamente per un rapido frangente, successivamente prese la scatola delle emergenze per riporla sulla scrivania di Samuel. I due erano nuovamente accanto e perseguivano - ostinati - i propri obbiettivi.
— Abby sai, il tuo metodo ha perso di efficacia tempo fa. — rise tutto d'un tratto il giovane. — Cambiare discorso non ti salverà dai nostri intenti.
A quel punto Abegail fu confusa.
— Nostri?
— Nathalie è d'accordo con me. — Alexander sembrava avere la situazione sotto controllo. — Mi dispiace, ma Hereweald è nostro nemico.
La ragazza stava per controbattere di nuovo quando qualcuno bussò.
Alex fu il primo a riscuotersi, andando ad aprire.
— Ragazzi? — oltre la porta Samuel li attendeva assieme a Nathalie e Cassandra. — Posso interrompervi? — l'aroma del caffè saliva lungo le scale riempiendo il corridoio mentre Abby e Alexander annuirono all'unisono. — Prima che mi diciate qualsiasi altra cosa, seguitemi.
Con un gesto del braccio li invitò alla fine del corridoio, là dove un piccolo passaggio portava alla soffitta. Salirono ulteriormente stando attenti agli alti gradini in pietra e al poco spazio fra le pareti per poi entrare definitivamente nella soffitta.
— Abbiamo avuto un po' di tempo mentre te eri... — Samuel si grattò la testa. — Beh, mentre eri dagli angeli.
Nonostante avesse studiato quei mondi per tutta la vita, era ancora molto lontano dal concepire che il ragazzo accanto a lui avesse fatto un viaggio verso quegli esseri. Dopodiché si scusò per la polvere negli angoli e le varie cianfrusaglie di cui non era riuscito a sbarazzarsi. Le aveva sistemate tutte su degli scaffali: giochi, fotografie, qualche strumento simile a quelli che gli avevano requisito a Dublino e molti libri. Infine rise assieme a Cassandra buttandosi su uno dei quattro materassi, posti sotto al tetto a spiovente e dalle travi massicce.
— Non sono nuovi, ma almeno avrete uno spazio tutto vostro, oggi vi portiamo delle coperte e per i cuscini potete usare momentaneamente quelli del salotto.
Lo ringraziarono tutti poco prima che scendesse, lasciandoli curiosare tranquillamente. Cassandra corse alla piccola finestra circolare che - posta al centro di una parete - dava sulla strada davanti casa. Rimase a guardare quanto fossero alti e a ridere delle persone che passavano e non la vedevano. Nathalie invece si scelse il letto, stendendosi e sospirando; si portò un braccio sopra la testa e sperò che Alex ed Abby non ricominciassero a parlare.
Li aveva sentiti da oltre la porta e l'unica cosa che voleva era riposare senza dover andare contro alla sua amica. Il clima di tensione fra i due non si era ancora placato. Alexander si sedette anche lui su un materasso, aspettando che Abegail finisse di curiosare assorta tra gli scaffali pieni di libri.
Ci volle molto prima che lei seguisse l'esempio degli altri, prendendo posto sul giaciglio più vicino e rimanendo tra i suoi pensieri. Aveva tra le mani una sottile raccolta dal titolo che ricordava la città in cui erano passati: "Dubliners".
Si mise infine su di un fianco e cominciò a leggere, sdegnando l'angelo accanto a lei.
Angolo autrice:
Ci sono momenti in cui ringrazio di aver cominciato a scrivere questa saga così "presto". Ancora una volta ho fatto riferimento a James Joyce, scrittore irlandese e alla sua opera "Dubliners".
Nel prossimo capitolo capirete il perché di questa scelta.
* Piccola curiosità per chi non lo sapesse: è stato insegnate di inglese di Svevo e lo ha supportato quando l'Italia rifiutava "La coscienza di Zeno", quando l'uomo debole era scansato... Che dire? Trovate qualche somiglianza tra passato e presente? ^^
Bene, tornando al capitolo...
Come vi avevo già anticipato i nostri ragazzi stanno vivendo un po' di normalità, se così la possiamo definire. Ma non vi abituate troppo...
Tra poco arriverà la parte difficile.
Che mi dite? Alexander ha fatto troppo il furbetto? Ricordo che il legame che ha con Abby è una profonda amicizia, ma non vi posso impedire di "shipparli", nel caso succedesse. La speranza è sempre l'ultima a morire ^^'
Ps. ho già in mente anche una bella scena con il nostro caro Hereweald!
Alla prossima,
Capitolo XXVIII: Prigionieri
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