Capitolo XXV: Linea Sottile
Le ali di Alexander fremettero preoccupate. Lui si chiese come facesse Mikael a conoscere il titolo di un libro appartenente all'inferno - per giunta - lo stesso che Hereweald aveva portato con sé a Fidnemid. Possibile che bastasse quello per allontanare Lilith?
Che oltre al principe il suo obbiettivo risiedesse nel possesso di quell'oggetto?
Purtroppo però non poté pensare oltre perché qualcosa lo bloccò e gli azzerò il respiro: quel volume si trovava ancora all'interno dei bagagli di Abegail.
La sala cominciò a vorticare intorno a lui. Gli parve di poter cadere, attraversare il solaio del castello e finire contro il suolo lontano. Tremò visibilmente ritrovandosi in conflitto fra volere e dovere. Voleva andarsene, tornare immediatamente indietro e proteggere la ragazza, ma allo stesso tempo - sapeva - che non poteva permetterselo. Non in quel momento; non quando le risposte sembravano così vicine e gli angeli pronti ad aiutarlo.
Doveva rimanere.
Strinse i pugni desiderando di avere Hereweald nuovamente alla sua portata. Gli dette la colpa per aver coinvolto Abby. Lei - che avrebbe potuto salvarsi in altri modi - era finita nel mirino del destino avverso. Il suo petto si alzava lentamente, cercando di calmare la rabbia crescente, ma fu impossibile che gli altri non la notassero.
La situazione era estenuante.
Poco dopo percepì Caliel tornare verso di lui e posizionarsi alle sue spalle.
Mai come in quell'attimo avrebbe rimpianto il silenzio che tanto lo angosciava sulla Terra. Lo stesso che gli aveva percosso le orecchie e il cuore innumerevoli volte.
La solitudine e il buio dei suoi sogni sarebbero state meglio. Invece le ali di ogni creatura celeste sbattevano producendo un fastidioso brusio, costante e terribilmente penetrante. Questo lo tormentava e gli premeva con forza sul petto. Chiuse le palpebre sforzandosi per usare parecchia energia in quell'azione e contraendo la mascella. Sentì i denti colpirsi tra di loro e le lacrime inumidire la sua vista dietro alla sottile membrana.
Le sue emozioni erano nascoste, ma non troppo
— Alexander, frena qualsiasi pensiero tu stia formulando.
La voce di Mikael tagliò il terribile suono che aleggiava nel castello e fece riscuotere il giovane. Tuttavia non gli impedì di parlare e sfoggiare il suo disappunto, non appena ebbe riaperto gli occhi.
— Non capisco. Perché i demoni dovrebbero bramare uno stupido libro?
La sfacciataggine del ragazzo colpì simultaneamente Mikael e Caliel, ma mai quanto - invece - fece la notizia a loro sconosciuta. I due si scambiarono una rapida occhiata prima che sprofondassero entrambi nella confusione. Successivamente l'arcangelo deglutì, si irrigidì e l'azzurro della sua vista si scurì. L'unica soluzione a cui potè pensare fu che un traditore avesse rivelato ogni cosa.
— Qualcuno ha parlato... — pronunciò Caliel, trovandosi involontariamente concorde con le riflessioni dell'altro angelo. — Abbiamo mantenuto un segreto che non era tale.
Concluse poi rivolgendosi più a se stesso che ai presenti. Alex si voltò un poco, la pressione di un passato a lui sconosciuto lo irritava. Dopo aver osservato il suo ex tutore si ritrovò a fissare Mikael. La sfida si trasformò quasi in pena. Stranamente vide in lui qualcosa di diverso, qualcosa che non si aspettava. Pareva debole, sotto accusa e con nessuna via di fuga.
Allora il ragazzo gonfiò il petto spalancando improvvisamente le sue ali e costringendo l'arcangelo a guardarlo: Mikael doveva confessare.
— Non è il codice che loro vogliono, ma il concetto in sé delle parole che ci sono scritte, i fatti e le conoscenze che riportano. Tu... — parve timido e incerto. — Tu, lo hai letto?
Alexander negò con la testa.
Oltre che qualche pagina - utile solo a comprendere cosa fosse l'amuleto dei Knight - non aveva neppure tenuto conto di quel libro. Gli sembrò una sciocchezza, ma quale puerilità può mai essere tale se racconta di un terribile evento?
— Dobbiamo sbrigarci, fortunatamente so dove si trova: sulla Terra.
— Mikael... — fu in quel momento di confusione che Caliel si portò in avanti, frapponendosi tra il giovane e il fratello. — Lo hai detto tu stesso, non è più tempo di tacere. Mentendo abbiamo tradito i nostri ideali. — era sicuro, ma perse la voce al ricordo di quel terribile giorno. Quello che cercavano di seppellire. Per quanto fosse lontano e celato dai secoli, non era abbastanza: la loro memoria costituiva le catene di quella loro prigionia. — Non siamo tanto diversi dai caduti
Le ali di Mikael ebbero un guizzo e la sua figura prese una posa più formale, eretta. Si poterono notare i muscoli delle braccia - non coperte dalla tunica - contrarsi involontariamente. L'anima governa il corpo oltre che le emozioni.
Si immaginò le azioni irruente che quell'affermazione avrebbe creato in Raphael e sfiorò il tessuto della sua veste con i polpastrelli.
— Ha bisogno di conferme e dettagli, proviamo a redimerci. Solamente in questo modo ci toglieremo dalle mani quel nostro peccato.
— Non hai capito, vero? — Mikael scosse la testa. Si sentì stupido ad aver agito da incosciente e speranzoso. Le parole non servivano per il perdono eterno. — È impossibile cancellare quel nostro errore, forse tu puoi. — fissò il compagno con una certa insistenza. Sapeva che Alexander stava seguendo la discussione e ne approfittò per introdurre quello che gli costava molta fatica ammettere. — Tu non ti sei macchiato le mani di sangue, non sei sceso con noi né hai partecipato al massacro che io stesso ho deciso di rendere legittimo.
Era fatta. Aveva sfogato la frustrazione accumulata nei secoli e - allo stesso tempo - acceso la mente del giovane. Per tutti quei decenni aveva covato uno strano rancore nei confronti di Caliel per il semplice fatto che fosse l'unico ad aver rispettato sempre le leggi celesti. L'unico che non aveva dovuto prendere parte al peccato degli angeli. Il suo silenzio era l'unica colpa.
— Di cosa state parlando? — Alexander afferrò per una spalla del suo ex tutore e - con un terribile presentimento che gli oscurava la ragione - si portò ad un palmo da Mikael. — Avete... — gli parve di soffocare nel ricordi di quanto gli aveva raccontato Samuel. — Avete ucciso i nephilim?
Subito dopo la vergogna sembrò riuscire ad oscurare la luce innaturale della sala nel mentre si rifletteva negli occhi del giovane.
— Alexander, — fu l'arcangelo a parlare. — il Peccatum Caeleste è proprio questo.
Il brusio prodotto dalle piume degli altri angeli cadde improvvisamente come un macigno su di loro. Riempì le loro orecchie senza sosta né pietà.
— Abbiamo dovuto fare quello che sembrava giusto. — enunciò Mikael sospirando. Di lì a poco avrebbe confessato il più grande peccato degli angeli. Chiuse i pugni abbassando lo sguardo e fu allora che le sue labbra svelarono l'oscurità di quel castello. — Ognuno di noi ha ucciso i propri figli, indifferentemente all'età o dal legame che aveva. — Alexander non poté crederci. Si allontanò con le mani che gli tremavano e il petto imperlato di sudore. — Il sangue si è sparso sulla Terra come una terribile piaga. Dopo loro, ragazze, neonati e bambini, furono giustiziate anche le umane che li avevano partoriti. Loro erano le nostre debolezze e i nostri figli dei possibili traditori.
Mikael socchiuse lo sguardo provando a rialzarlo per vedere la reazione di Alex. Era seriamente dispiaciuto, ma al giovane non importò. Si mise una mano davanti alla bocca coprendo le sue labbra spalancate mentre una andò a tormentare i riccioli in testa.
— Abbiamo dovuto agire per preservare l'equilibrio. — l'altro non aveva ancora concluso. Sembrava supplicarlo di comprendere. — Come tu stesso hai detto: bene e male sono inizio e fine di una stessa linea, ma questa è fragile e costantemente attaccata dalle forze esterne.
Alex negò con il capo fissando un punto vuoto di fronte a sé. Nemmeno Caliel ebbe il coraggio di volgersi verso di lui. Gli faceva male dover assistere a quella scena protratta nel tempo.
— Ogni cosa è in vita grazie a questa linea, se la si spezza non c'è rimedio. — nel mentre Mikael continuava a parlare senza che nel suo tono ci fosse ragione. — Abbiamo fatto quello che era giusto...
— Hai ragione, — improvvisamente Alexander lasciò cadere le braccia e si morse il labbro inferiore riflettendo su ogni singola parola. Immaginò ogni scena, le grida e le suppliche di chi avrebbe dovuto ricevere protezione da quelle creature. Pensò che - forse - l'umanità avrebbe vissuto meglio senza tutti loro. Senza un costante pericolo. D'altronde erano già abbastanza fragili. — non potreste mai redimervi.
Siete degli assassini!
— Alexander!
L'angelo custode si fece sentire guardando il giovane per rimproverarlo.
— Mi spiace Caliel, ma questo è troppo! — sputò di rimando l'altro. — Vi ho difeso pure dopo che mi avete esiliato. Vedevo in voi la salvezza e la bellezza del mondo, — riprese un poco il fiato e agitò le ali. — ma mi sbagliavo completamente. Il mondo è marcio dovunque lo si guardi.
Nessuno parlò per svariati minuti.
Al di fuori della sala cominciarono a levarsi cori, chiacchiere e domande.
Gli angeli si stavano riunendo per l'assemblea convocata dal altissimi.
Era un incessante frastuono, movimento di piume e voci alterate.
— Perché io?
Qualcuno gridò contro l'esiliato e subito venne zittito. Tutti quanti stavano passando vicino a quella sala e ognuno di loro conosceva il perché di quella riunione improvvisa: l'angelo esiliato.
— Perché sono l'unico ad esser stato risparmiato? — Alexander non riusciva a comprendere, forse neanche desiderava farlo. — Perché mi avete fatto diventare come voi?
Mikael e Caliel si scambiarono un'occhiata complici e frastornati.
Pure loro cominciavano a non poterne più: quel posto era maledetto.
Il Castello nel Cielo avrebbe dovuto garantire un faro di giustizia che illuminasse il mondo, ma aveva contribuito ad annebbiare il pianeta con le loro gesta sconsiderate.
— Sono un nephilim, come quelli che avete ucciso! — sbraitò il giovane levandosi in aria. — Vi posso condurre alla rovina e lo si vede dai miei modi. Perché rischiare così tanto?
— Perché sono un debole... — pronunciò Mikael abbassando nuovamente il volto. — Assomigliare agli uomini, avvicinarsi a loro ci ha distrutti...
— Non è questa la giusta spiegazione...
Caliel si intromise. Voleva che il suo compagno si decidesse a confessare chi era per il ragazzo. Sperava che in quel modo si sarebbe sentito meno pressato dal segreto, ma fu messo da parte e considerato ben poco.
— È Aida la vera ragione, non è così?
Alex sbatteva lentamente le ali, stando immobile, a mezz'aria e proprio davanti al punto dal quale la sala prendeva la luce. Sentiva la sua schiena bruciare e le rughe della fronte segnargli il viso. Successivamente Mikael specificò quanto avvenuto secoli prima.
— Sono stato io a ordinare il massacro, io ho convinto tutti a macchiarsi le ali, a commettere atti impuri e a farsi deridere dai demoni. — Alexander vide la sua figura farsi piccola, rigida e ferita dalla vergogna, ma non avrebbe mai potuto perdonarlo. — Li ho costretti per paura che perdessi tutto questo, ogni cosa che avevamo costruito: la nostra casa. Ma poi... — l'arcangelo tornò con gli occhi rivolti al giovane. — poi ho avuto paura di perdere altro...
Non sono riuscito ad eseguire un mio stesso ordine e... — ingoiò nel mentre il suo sguardo tremava lucido. - tu ti sei salvato.
Le movenze delle pareti dettavano un netto contrasto fra tensione e calma.
— Hai capito chi sono io?
— Avrei preferito non esserne sicuro.
Alex tornò con le suole delle scarpe sul pavimento del palazzo e provò con tutto se stesso a contenere la rabbia, ma il sangue gli pulsava nelle vene senza dargli tregua e Mikael non fu molto d'aiuto.
— Amavo tua madre!
— Non avresti dovuto lasciarla sola. L'hai abbandonata alla follia! — fu in quel momento che il ragazzo esplose, mostrando adirato la sua intera essenza. — Il suo spirito è rimasto imprigionato nei suoi successori! Tu l'hai rovinata perché si è dovuta appellare alla vendetta! — le sue ali si stesero completamente, aprendosi violente. Gli occhi persero il loro colore divenendo bianchi, accecanti. — Sei sempre stato tu a darle il potere necessario per crearsi quella prigione. Tu e il tuo stupido dono! Pensavi che bastasse a colmare il vuoto che le lasciasti?
— Non è un semplice ciondolo quello che le ho regalato. — si giustificò l'altro. — Le donai ciò che le fu tolto alla nascita. Tua madre era cieca, con quella chiave potè vedere il mondo per il resto dei suoi giorni.
— Ma a quale prezzo? — Alexander guardò il padre con disprezzo, un sentimento mai provato per un suo simile. — Sei sempre stato tu a sbagliare eppure hai fatto ricadere la colpa su di me. — non gli importava più se Caliel fosse presente. Si lasciò semplicemente andare, seguendo il flusso della sua rabbia. — è colpa tua se Iris è morta, non mia. — fece poi tre passi in avanti. — Sai, anch'io la amavo. Amavo e tutt'ora la amo, lei, che era un'umana. Una debole mortale!
Il ricordo di Iris lo colpì in pieno, azzerò la sua fermezza e gli fece arrossare gli occhi. Le sopracciglia si incurvarono così come le spalle e le ali mentre le iridi sembrarono tornare al colore originario.
— Avresti dovuto uccidermi quando ne hai avuto l'occasione. — nonostante il suo stato d'animo rise amaramente. — Adesso mi fai solamente schifo. — Caliel trasalì. Aveva avvertito il ragazzo prima di entrare in quella sala eppure non era stato abbastanza. — Prova a redimerti facendo quanto promesso.
Invece di togliere le vite, proteggile!
Ma non ti aspettare che cambi qualcosa.
Mikael era rimasto di pietra. Di certo non si aspettava una reazione positiva, ma le parole che suo figlio gli rivolse gli fecero gelare il sangue: era tutto vero.
— Quella linea sottile di cui parli, l'hai infranta tu stesso.
Alexander lo superò, senza aspettare Caliel e uscì da quella stanza per ritrovarsi spinto dalla marea di angeli accorsi. Avrebbe partecipato all'assemblea, si sarebbe servito della delusione che alimentava la sua rabbia e - finalmente - le creature celesti lo avrebbero affiancato nella sua causa. Non sarebbe stato rapido, conosceva le tempistiche per convincere la maggioranza, ma non aveva altra scelta.
Doveva mostrare loro cosa stavano perdendo, cosa erano diventati: creature troppo simili ai loro nemici.
Angolo autrice:
Mikael ha accettato di offrire aiuto, ma Alex dovrà rimanere al Castello nel Cielo ancora per un po'. Tutti devono essere d'accordo per agire...
Come se la passerà Abby?
La spiegazione del peccato commesso dagli angeli vi è piaciuta? Il capitolo ha aperto un collegamento tra questa trilogia e ben due prequel che spero di portarvi presto ^^
Inoltre abbiamo capito meglio l'ultima visione di Abegail. Ricordate?
"Fu costretta a spalancare la vista nel momento in cui un lampo mostrò il contorno di un imponente figura.
Era un angelo, armato e in procinto di attaccare l'ombra inerme che stava proteggendo un neonato."
E l'incisione sulla chiave? Chi è riuscito a trovare il collegamento? ^^
Spero anche di essere riuscita a rendere il concetto base di questa saga: bene e male esistono, l'uno non può esistere senza all'altro e in ognuno di noi entrambi coesistono.
Banale, ma all'apparenza molto spesso si tende a dimenticarlo oppure è il comportamento degli altri che ci impone di dimenticarlo.
Interrompo per un mesetto gli aggiornamenti, voglio concentrarmi interamente sull'esame dato che non è ancora chiaro come si svolgerà... Il prossimo aggiornamento è previsto per domenica 7 Giugno.
Alla prossima,
Capitolo XXVI: Cicatrice
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