Capitolo XXII: Nephilim

   Il caos esplose nell'abitazione. I vigili del fuoco saltarono la recinzione che delimitava la proprietà privata e raggiunsero la capanna in fiamme, domando l'incendio.
Di Lilith non c'era già più traccia.
In quegli stessi attimi Alexander sparì completamente all'interno della cucina riuscendo - fortunatamente - a non farsi notare.

Là, si inginocchiò nascondendo le sue ali e controllando attraverso la finestra rotta se gli uomini - appena arrivati e che si stavano alternando ordini e azioni meccaniche - lo avessero scorto.
Per fortuna erano occupati a fare altro. Incespicò poi sui suoi passi - sollevato - e con l'affanno in corpo raggiunse il piano superiore. Sentì scricchiolare i frammenti di vetro sotto ai suoi piedi.
Le sue mani dovettero reggerlo.
In parte perché scivolava, ma soprattutto perché era debole. Queste si aggrapparono alle pareti, agli stipiti delle porte e sul corrimano delle scale: era veramente distrutto.

Intanto Abegail era stata portata nello studio di Samuel e messa a pancia in giù sopra ad un divanetto in pelle. Non rispondeva, era rigida e bianca come un cadavere.

— Maledizione!

   Urlò Victor, era disperato.
Non sapeva cosa fare oltre che portare le mani in testa e camminare avanti e indietro. Quella camera non era abbastanza grande per annientare la sua frustrazione.
Pochi attimi dopo Alex comparve trascinandosi e grondando di sudore.

— Samuel, — esclamò improvvisamente nel mentre cercava di restare in piedi. Tremava e ansimava. Le sue ali dovevano guarire, stare libere invece era costretto a celarle, di nuovo. — devi scendere...

   L'uomo annuì e si guardò le mani sbiancando: erano rosse. Lo stesso si diceva dei suoi abiti. Si tolse la camicia con movimenti adirati, rimanendo con una leggera canotta di cotone. Sembrava che soffrisse alla vista del sangue. Strappò poi l'indumento provando a racchiuderlo in una sola mano.

— Victor, presto! — Samuel agitò l'ammasso di tessuto porgendolo al figlio. — Continua a premere!

   Ordinò correndo fuori dalla stanza. Prima di presentarsi fuori passò dalla camera accanto: il bagno.
Le sue scarpe scivolarono sopra ai residui di sangue che si trovano lungo il corridoio. Si lavò frettolosamente mani e viso. Successivamente corse giù dalle scale aprendo rapido la cantina.
Toccò appena la chiave che questa fece scattare la serratura e un mormorio nacque oltre la porta. Infine - alla vista dei pompieri - rallentò l'andamento dei suoi passi. Indossò velocemente la sua giacca, riposta sull'attaccapanni della sala e proseguì risoluto.

Avrebbe inventato una scusa: suo figlio stava stupidamente giocando con le attrezzature da caccia quando un cortocircuito aveva dato fuoco alla paglia della capanna.
Così dicendo avrebbe spiegato la finestra rotta e gli spari avvertiti dal vicinato. Tuttavia non aveva calcolato il sangue della nipote che ancora macchiava il prato. Non era molto, il più lo aveva assorbito la maglia della ragazza, ma sicuramente gli agenti non se lo sarebbero lasciato fuggire.

Sbatté ansioso la porta sul retro, impedendo la vista del disastro che invece era sopra al pavimento, benché pure i suoi pantaloni lasciassero poco all'immaginazione. Ringraziò la fortuna che fossero scuri, magari le macchie sarebbero sembrate dello sporco qualunque.

— Cercate di stare più attenti la prossima volta. — pronunciò sapientemente l'uomo al quale Samuel aveva esposto la situazione. Sulla divisa era cucita l'iniziale del suo nome e il cognome: J. Jackson. — Per il resto state bene?

   Poco dopo, proprio quando Samuel pensò di averla spuntata, l'occhio dell'agente cadde sulle tracce di sangue ai loro piedi. Allora il suo volto si contorse dal sospetto. Ciò nonostante non fece in tempo a parlare ulteriormente che Talia affiancò il marito sorridendo e confermando quanto gli aveva appena sentito dire.
Era tesa, ma le parve di essere riuscita nel suo intento.

— Vostro figlio non si è ferito, vero?

— Niente di grave!

   Rispose Samuel a denti stretti nel mentre si costringeva a sorridere.
Ci vollero altri minuti affinché J. Jackson se ne andasse assieme alla sua squadra.
Altri ancora perché i due coniugi tirassero un sospiro di sollievo. Riuscirono a parlarsi solamente quando udirono la vettura dei vigili allontanarsi e videro il fumo mescolarsi definitivamente alle nuvole del cielo.

— Cosa accidenti è successo! — Talia incrociò le braccia e pestò il terreno. — Tuo figlio ci ha letteralmente chiuse al buio, Cassandra aveva paura! — lei non sapeva che ogni secondo era prezioso. — Glielo hai ordinato tu?

   Samuel ebbe bisogno non più di qualche battito di ciglia per riflettere.

— No, ma ha fatto bene. — la liquidò prendendola per un braccio e conducendola ansiosamente in casa. — Vieni, ti spiegherò tutto dopo, prima devi medicare Abegail.

— Cosa si è fatta?

   Samuel strinse i denti e la pregò di non fare altre domande. Odiava il pensiero di dover spiegare la realtà a sua moglie. Questo avrebbe significato farla sentire scoperta perché i demoni li avevano trovati.

Talia e il marito incrociarono Cassandra e Nathalie in cucina. Loro erano intente a guardare il disordine con profondo sospetto e il sangue sul pavimento con immenso terrore.

L'uomo decise di lasciarle sole, senza spiegazioni. C'era altro a cui doveva pensare. Nel breve tragitto dal salotto al suo studio, aveva già progettato le sue prossime mosse. Lui si sarebbe fermato a prendere il necessario: disinfettante, garze e punti di sutura sintetici, oltre che il kit per le emergenze. Sperava che le abilità di sua moglie bastassero. Pregava che con qualche medicina sarebbe tutto passato.

Tuttavia non riusciva a togliersi dagli occhi quello squarcio, tutto quel sangue colato. Nel mentre la sua mente riproduceva il suono della carne lacerata, aggravando il suo stato d'animo.
Ricordò la lama che aveva ferito sua nipote e vi riconobbe sopra delle incisioni angeliche. Le aveva studiate.
Il compito di quella doveva quindi essere puro, eppure erano state usate come una terribile arma oscura.
Si chiese cosa stesse succedendo.
Ebbe modo di soffermarsi persino su cosa ci fosse tra Abegail e il suo aggressore mentre imprecava tra le confezioni si shampoo e le saponette.

— Mia madre forse sa cosa fare... — sussurrò Victor nella stanza adiacente. Era agitato e si volse completamente verso Alexander. — Devi liberare le ali?

   Alex avrebbe tanto voluto farlo, ma Abby veniva prima di tutto. Negò dunque in silenzio, tremando dalla rabbia. L'impotenza viaggiava rapida nel suo debole corpo.
Victor gli indicò una sedia - che si era prontamente avvicinato - e dopo secondi di riluttanza l'angelo decide di sedersi. Guardava la ragazza come se egli stesso fosse un pupazzo. Dipendeva da lei - lo sapeva bene - eppure non era riuscito a proteggerla.
Se Hereweald era il pericolo, lui era sicuramente l'inetto della situazione.

— Dobbiamo fermare il sangue... — si allungò lentamente toccando con il palmo la fronte della ragazza. Era calda, aveva la febbre e stava battendo i denti. — Quello che tua madre può, lo deve fare. — poi le aggiustò un poco i capelli finendo per toglierle gli occhiali. Guardò prima le lenti e la montatura - che richiedevano una drastica sistemata - infine i suoi occhi ricaddero nuovamente su Abegail. — Resisti Abby, andrà tutto bene...

   Bastò che Victor gli chiedesse di dargli il cambio nel premere sulla ferita che Talia - assieme a Samuel - lo scostò malamente. Prese lei le redini della situazione. La pallida luce del sole accentuò la sua espressione sgomenta dopodiché gesticolò qualche secondo colta alla sprovvista. Non si sarebbe mai aspettata una ferita del genere.
Si immobilizzò e prese il respiro così che riuscisse a contenersi.

— Apri la cassetta delle emergenze... 

   Il marito era in preda al panico, ma obbedì. Talia era stata infermiera prima del loro trasferimento in Irlanda, sapeva quello che faceva. La fissò tagliare l'indumento della ragazza e sospirare sollevata.

— Avete fatto bene a premere sul taglio... — sussurrò spostando il tessuto bagnato dal liquido scarlatto. — Sanguina poco ormai, devo pulirla e... — deglutì. I suoi occhi erano tristi. Sapeva di non poter rimediare più di tanto. Anche se Abegail fosse stata forte, le sarebbe comunque rimasta un'enorme cicatrice a testimonianza di quanto successo. — I punti sintetici non credo basteranno... Samuel portami una bacinella con dell'acqua e degli asciugamani.

   L'uomo annuì in silenzio. Si allontanò assieme ai suoi tormenti, abbandonando Talia. Lei stava cercando impaziente all'interno della cassetta creata dal suo senso di prevenzione. In quei momenti frenetici Samuel non poté che ringraziare le manie di sua moglie, ma neanche evitare la voce di Lilith.
Questa era sempre presente.
Il timbro e la cadenza passionale delle sue parole gli avevano fatto venire il voltastomaco. Era carica di sadismo e marcia. Inoltre lo strano termine che lei aveva pronunciato lo stordiva.

Aprì di colpo il rubinetto dopo che ebbe riposto un secchio di plastica nel lavandino e - afferrati i primi asciugamani che aveva adocchiato - tornò indietro.
Improvvisamente sentì le voci di Nathalie e Cassandra. Erano lontane, ovattate, come se lui si trovasse all'interno di una bolla tutta sua. Però capì perfettamente cosa stessero dicendo. Chiedevano cosa fosse successo, chi si fosse ferito e lui non fu in grado di rispondere. Quel suo silenzio fu ben interpretato da Nat che subito si fece prendere dal panico e sbiancò in volto.

— No...

   Nathalie sentì la testa leggera, la vista le si offuscò e agì senza pensare. Corse addosso la porta che la divideva dall'amica, ma ci sbatté contro perché Samuel le impedì di procedere.

— Ferma, ferma! — ripeté afferrandole un braccio e buttandola indietro. Nel fare questo dal secchio - che aveva riempito - cadde del liquido che rese il corridoio scivoloso. — Non entrare, non adesso.

— Ti prego... — sussurrò l'altra con gli occhi fissi nel vuoto e le lacrime pronte a scendere. — Questo sangue... Non può essere suo!

— Mi dispiace... Ascoltami ora faccio uscire anche i ragazzi, okay? — cercò di farla ragionare, quanto meno non mandarla ulteriormente nel panico. Gli fu però difficile dato che - lui per primo - non riusciva ad accettare la situazione. Il suo cuore pulsava ad un ritmo impazzito. — Tornate di sotto, non possiamo fare altro che aspettare...

— C'è sangue dappertutto! — gridò di nuovo Nathalie con il fiato corto. — Dobbiamo andare all'ospedale.

— E cosa racconteremo, eh? — Samuel parlò pacato, rivolgendosi pure a Cassandra che vedeva essere molto scossa. — Vi prego, andate in salotto.

   Dopodiché fece come aveva detto. Consegnò gli asciugamani a sua moglie, poggiò il secchio con l'acqua di fianco a lei e condusse fuori dal suo studio Victor e Alexander. Avrebbe tanto voluto stare in silenzio, aspettare che Talia uscisse con un sorriso sulle labbra e annunciasse il pericolo scampato. Tuttavia non aveva tenuto conto dell'angelo, interessato quanto lui alle parole della creatura pazza.

— Samuel, hai sentito anche te cosa detto Lilith?

   Trasalì.

— Sì...

   Alex era serio. Sfinito dall'ansia e dal dolore, non gli rimaneva alcuna emozione da esprimere.

— Cos'è un nephilim?

— Alexander, — boccheggiò l'uomo adocchiando Victor che stava continuando a camminare avanti e indietro senza ascoltarli. — credevo ne sapessi più di me.

— A quanto pare dovrò chiedere altro agli angeli!

   Il ragazzo fece un movimento con le spalle e una smorfia di dolore gli attraversò il volto.

— Loro sono delle creature nate dall'unione tra angeli e umani. — si decise quindi a parlare l'altro. Era realmente il tempo di mettere a tacere i segreti. — Credo che Abegail ti abbia parlato della donna delle nostre visioni, giusto? — Alex annuì, pronto a fare la sua parte nella discussione. — Credo che le abbiano fatto un torto, per questo il suo spirito è rimasto nei suoi discendenti. Finché non otterrà ciò che le è stato negato rimane bloccata nelle nostre menti, attraverso i secoli.

— Lei... — sospirò il giovane. — Credo che lei sia mia madre.

   Lui stesso poteva dunque essere un Nephilim? Ancora una volta sembrava che Lilith sapesse più di loro.
Era snervante. La nozione che dette Alex passò rapida nei pensieri di Samuel e i suoi ricordi si focalizzarono su un momento di quarant'anni prima.

   — Riportatemi il mio Alexander.

— Strabiliante... — ripensò alle parole di Aida, ma dovette trattenere la poca soddisfazione che stava provando. — Mi dispiace, io...

— Non devi scusarti, stai solo mettendo i tasselli al loro posto. — Alex poggiò leggermente la schiena al muro, ma si ritrasse ringhiando. Il dolore era insopportabile, gli bloccava il respiro. — Perché non mi hanno mai detto niente?

— Ragazzo, noi umani abbiamo una verità distorta dalla nostra fantasia. — spiegò pazientemente, avendo visto Victor scendere al piano inferiore. — Non possiamo sapere la realtà com'è veramente, dove la nostra scienza non arriva, arrivano le teorie. Non posso dirti se sia o meno giusto quanto ho imparato, ma i nephilm erano pericolosi. — seguì un lunga pausa in cui i due alternarono lo sguardo tra di loro e la porta che li separava da Abegail. — Loro erano potenti come i padri, ma dalle fattezze umane. In terra potevano fare tutto, persino rivoltarsi contro i loro stessi creatori.

   Alexander sgranò gli occhi.

— Accrescevano il potere di Lucifer...

— Esatto.

   Fu allora che il ragazzo sbuffò per l'ignoranza che - si accorse - stava mostrando. Sicuramente non l'avrebbe fatta passare liscia nemmeno a Caliel: lui doveva rivelargli ogni cosa.

— Come si è risolta la questione?

— Discese su di loro una maledizione, ma questo è quanto. Ho sempre odiato non poter sapere le cose con certezza...

   Tra di loro viaggiò per qualche minuto il rumore dell'acqua mossa da Talia e i particolari dell'incontro bisbigliati da Victor alle ragazze.

— Partirò appena Abby si sarà ripresa.

— No! — Samuel scattò adirato. Non dovevano perdere tempo. — Ti prego, la mia famiglia è in pericolo qua. Devi partire subito, mi dispiace, ma se ci hanno già attaccato una volta non è da escludere che ritorneranno. — vide negli occhi del giovane una tremenda resistenza. Sapeva cosa stesse provando. — Ci prenderemo noi cura di lei, al tuo ritorno starà bene.

— E se tornassero prima i demoni?

— Beh, spera che il tuo piano si concluda in fretta.

Angolo autrice:
Alex deve partire, ma il suo viaggio non sarà facile. Le sue ali non sono guarite, anzi stanno peggio di prima. Inoltre il fatto che possa essere un Nephilim gli terrà la mente ben occupata. Voi che ne pensate?

Con questo capitolo mi sono voluta riallacciare alla sua storia. Spero di portarvela finita la trilogia ^^

Non c'è altro tempo da perdere.
Lilith farà presto a recuperare il controllo su Hereweald...

Intanto, come vi aspettate il Castello nel Cielo? ^^

Alla prossima,
Capitolo XXIII: Oltre L'Etere

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