Capitolo XX: Fiamme E Libidine
Cork, 14 Novembre.
La mattina cominciò con un'abbondante colazione. Il caffè era in tavola e Talia aveva servito ad ognuno una tazza fumante di latte fresco, dei biscotti e qualche pasticcino che le avevano portato direttamente dalla sua pasticceria di fiducia. In giornata lei ed Elizabeth si sarebbero occupate di ricercare altri abiti nella soffitta di casa. Dovevano risparmiare dato che le bocche da sfamare si erano moltiplicate.
Le stanze erano tutte piene: Victor condivideva la camera con Alex, Elizabeth con Cassandra mentre Nathalie e Abegail dormivano in salotto. Si stavano tutti abituando gradualmente a quel gran cambiamento e altri erano in atto. Come liberare parte della soffitta affinché vi fosse una stanza in più. Tuttavia non sarebbero andati avanti a lungo, Samuel lo sapeva bene, nonostante faticasse a prenderne coscienza.
In cucina stavano stretti, ma - almeno - erano allegri. Benché Victor fosse scontroso si era subito legato alla piccola Cassandra - forse - perché un po' rivedeva in lei parte del suo carattere.
Lui guardava Abegail poche volte, lo aveva invaso un senso di gelosia poiché ormai non era più il solo Knight a cui suo padre potesse rivolgersi. Samuel le sorrideva e la trattava già al pari suo e di Liz. Non riusciva a sopportarlo.
Con Alexander invece aveva creato un rapporto di indifferenza. L'angelo si era rifiutato di mostrargli le proprie ali, anche quando avrebbe dovuto farsele medicare. Era di nuovo spettato solo ad Abegail quel compito. Victor si sentiva tagliato fuori. Persino sua madre sembrava sinceramente felice di avere intorno quegli intrusi.
Nessuno si preoccupava per l'imminente pericolo.
— Quando hai detto che partirai?
Si lasciò sfuggire nel mentre sorseggiava dalla sua tazza del caffè ormai tiepido. Alex si irrigidì accanto ad Abby e Samuel scostò il giornale, interrompendo la sua lettura e assumendo un'espressione adirata.
— Alexander partirà quando le sue ali saranno capaci di sostenere il suo peso. — decretò l'uomo, rialzando poi le pagine per trovare qualche offerta di lavoro. — Non dobbiamo dargli fretta.
— Non è esattamente vero...
Provò a spiegare il ragazzo, ma fu interrotto da Talia.
— Caro, se non riesci a volare non credo che riuscirai a raggiungere gli angeli tanto facilmente.
Gli disse sorridendo, come se fosse la cosa più logica e naturale del mondo. Per un attimo Nathalie smise di mangiare, si pulì la bocca con un tovagliolo e parlò incredula.
— Come ci riuscite? — tutti i presenti si voltarono verso di lei. — Capisco Samuel che è nato a Fidnemid, ma voi? — la sua espressione fu contorta dallo stupore. — Come fate a credere così facilmente alla nostra storia?
Talia allargò comprensiva le labbra, chiuse il rubinetto dell'acqua calda e prese nuovamente posto al tavolo mentre Samuel ripiegava il giornale.
— Elizabeth e Victor sono cresciuti con i racconti del padre. Lui nel suo studio ha tutti i codici che è riuscito a trovare e ricevere dal College, sono storie comuni in questa casa. — alzò le spalle. — Io invece ho imparato a credergli. — confessò la donna accarezzando una mano del marito. — Le sue stranezze sono quello che più mi hanno attratta.
Samuel per poco non si strozzò con il caffè e ciò fece ridere tutti gli altri. Poggiò poi la tazza su tavolo completamente in imbarazzo e agguantò in fretta il giornale.
Dopodiché si alzò facendo rumore con la sedia e decidendo di rinchiudersi nel suo studio. Si vergognava di non aver ancora parlato del suo licenziamento.
I ragazzi vivevano tranquilli e sua moglie non si preoccupava, ma avrebbero dovuto invece. Finché non avesse trovato un rimpiazzo dovevano stare attenti alle spese. Come avrebbe fatto a spiegarlo?
— Quella spada, — Talia indicò l'arma che aveva subito adocchiato e che le suscitava preoccupazione. — ...è meglio se la nascondiamo nel seminterrato.
L'orologio della cucina segnò le otto e mezza mentre le nubi e la brina sull'erba cominciavano a sparire. Ognuno aveva trovato un'occupazione ed era l'ora di cominciare a tenersi occupati.
— Bene ragazzi, vediamo di portare a termine un altro giorno.
Sospirò poco prima di imboccare le scale e nascondersi nella sua stanza. Fu esattamente quando la porta si chiuse che il numeroso gruppo si mosse. Nathalie e Cassandra si erano offerte di aiutare Talia nelle faccende di casa, in quel modo si sentivano meno in colpa, pareva loro di poter essere utili.
Elizabeth prese la sua borsa e - dopo aver salutato ed essersi ben coperta - si diresse fuori casa per andare a lavoro. Faceva la commessa in un negozio di abbagliamento e quella mattina spettava a lei l'orario di apertura. Alexander invece sparecchiò e andò a prendere i giacchetti per Victor e Abby. Loro tre sarebbero andati nella piccola capanna - sul retro della casa - per allenarsi un poco.
Era stata un'idea di Abegail, la prima proposta che aveva fatto appena le acque si erano calmate, due giorni prima. Aveva sorpreso suo zio, ma se Lilith era davvero ad un passo da tornare avrebbe dovuto saper difendersi. Bastava quel poco per non gravare sulle spalle di Alex, non voleva che lui si distraesse troppo. Anche Nat si era trovata dello stesso pensiero. Lei seguiva gli allenamenti principalmente di pomeriggio, come Cassandra cercava di tenersi occupata e pensare poco a quanto successo a Fidnemid.
Era meglio che i loro sogni fossero vuoti.
Fin tanto che Victor non avesse trovato un lavoro era libero di impartire alle ragazze qualche lezione. Il combattimento corpo a corpo era la sua passione. Tuttavia non denigrava neanche quello con le armi, pugnali perlopiù. Si esercitava contro le balle di fieno che riscaldavano la struttura e le travi in legno. A Samuel non era mai piaciuto, ma riconosceva che - in quel momento - fosse indispensabile.
Lui si sarebbe arrangiato, ma era giusto che i ragazzi sapessero difendersi, almeno per poter scappare e sopravvivere. Di certo non sperava che avrebbero sconfitto dei demoni.
— Allora cugina, ripassiamo quello che ti ho spiegato ieri.
Dentro alla capanna Alexander se ne stava in disparte, osservando Victor molto attentamente. Se lui avesse esagerato, avrebbe di sicuro ricevuto una lezione. Lo vide allungare un braccio della ragazza e posizionare una sua mano sulla spalla di questa. Successivamente le intimò di renderlo inoffensivo e subito Abby eseguì rapida i movimenti che aveva imparato il giorno prima. Andava tutto perfettamente, ruotò su se stessa tenendo stretto il polso del cugino e glielo girò senza fare troppa forza. In quella posizione si sarebbe dovuto arrendere, ma non fu così.
Victor sentì l'incertezza della presa di Abegail e si liberò buttandola a terra, andandole sopra con il suo corpo.
Una luce a neon oscillava sopra la sua testa. Non vide da dove, ma suo cugino aveva estratto un piccolo coltello e glielo stava mostrando vicinissimo al viso.
— Morta. — esclamò. — Regola numero uno, cara cugina: mai fidarsi
Le sussurrò ad un palmo dal naso.
In seguito Alexander lo afferrò per un braccio e ripeté la stessa azione della giovane con molta più forza. Rimase poi in piedi sfidando Victor che volò e si ritrovò al centro dei cumuli di fieno. Stava fermo davanti ad Abegail - ancora disorientata - tenendo a frego la sua rabbia.
— Cosa volevi fare!
L'altro si alzò ridendo e passandosi una mano sotto al naso. Si tolse un poco di fieno di dosso e continuò come se nulla fosse.
— Le insegno a stare attenta. — spiegò monocorde. — Deve imparare velocemente. — scandì poi. — Se tu non ti sbrighi non avremo nemmeno quella piccola possibilità di essere soccorsi. — Alex fece per ribattere, ma Victor lo guardò truce. — Non credo che tu capisca, ma io mi sto solo preoccupando per la mia famiglia. Si dà il caso che anche lei ne faccia parte, non ti devi preoccupare di niente.
— Alex, Victor ha ragione. — lo richiamò Abegail che si era tirata a sedere e teneva stretti nelle mani la chiave di sua nonna assieme all'anello di Harry. — Non sappiamo quanto tempo ci rimane
Alexander la aiutò ad alzarsi e sospirò sconfitto. Gli dispiaceva che la sua protetta dovesse imparare a lottare perché lui non era in grado di proteggerla al meglio. Odiava che non potesse rallentare il tempo fino a fermalo nei momenti come i pranzi e le cene di famiglia che lei stava ritrovando.
— Vorrei farvi presente una cosa. — enunciò ancora Victor alzando un dito. — Forse non ci avete pensato, ma non credete che per voi sia stato fin troppo facile? Se Lilith è come l'avete descritta, mi sorprendo che non vi stia cercando.
L'angelo fece lunghi respiri per eliminare la tensione e - soprattutto - l'irritazione dal suo corpo. Le sue ali fremevano doloranti all'interno della sua schiena e i suoi denti stridevano l'uno sopra l'altro. Non gli piacevano i modi del cugino di Abby, ne avrebbe certamente fatto a meno. Tuttavia doveva ammettere che non avesse torto. Tremava dall'ansia. Socchiuse poi un po' gli occhi e - infine - fece per parlare, ma qualcosa lo distrasse.
Dei ringhi nacquero alle sue spalle e successivamente qualcosa prese a sfrigolare. Fu questione di pochi secondi: il fumo cominciò a salire fino a toccare il tetto in legno e un incendio si accese tra la paglia. Delle ombre si muovevano al suo interno e abbaiano. Erano tre cani, ma la loro pelle non era normale. Gli occhi erano rossi e sembrava che il loro corpo fosse costituito di cenere e fumi. Improvvisamente il loro latrato innescò uno scoppio e i loro denti si mostrarono brillanti tra il calore del fuoco.
Victor corse fuori tornando immediatamente dopo con un secchio pieno di acqua. Provò a spegnere le fiamme più vicine all'uscita, ma il liquido evaporò istantaneamente e il fuoco divampò ancora più insistente.
Sembrò che avesse fatto l'effetto contrario, come se fosse stata della benzina. Le tre bestie saltarono allo scoperto ringhiando con maggior vigore e abbaiando impazzite.
— Maledizione!
Imprecò Victor tirandosi indietro ed evitando per un soffio di bruciarsi.
— Presto, correte fuori! — urlò Alexander nel mentre spingeva Abegail e teneva gli occhi sgranati dall'incredulità. Quelle bestie erano dei segugi infernali. — Victor, avete un seminterrato, giusto?
L'altro annuì debolmente confuso.
— Sì, ma è pieno delle scartoffie di mio padre...
— Non importa! Nascondi tua madre e le ragazze là. — lo spinse un poco per incitarlo ad andare. — Mi raccomando, fai in modo che non possano guardare fuori! La spada le proteggerà. — vide Victor ancora riluttante. Stava osservando a bocca aperta la capanna andare a fuoco e quelle bestie prepararsi ad attaccare. — Presto!
Fu allora che si riprese e corse dentro casa afferrando prima sua madre e poi chiamando Cassandra e Nathalie.
Samuel avendo visto le fiamme e - sentito suo figlio gridare - scese di conseguenza.
— Alex, sono venuto a prenderci?
Lui non rispose, si preparò a combattere, ma quei cani drizzarono le orecchie e balzarono indietro, sparendo nel fumo maledetto. Tirò un sospiro di sollievo se pur confuso.
Possibile che fosse tutto finito?
Alexander non si sarebbe mai aspettato che Lilith tornasse per concludere con le sue mani ciò che aveva iniziato a Fidmenid. La riteneva una vile.
Invece, fu proprio il contrario.
Lentamente lei uscì dall'edificio che stava ormai crollando sotto l'impetuosità del fuoco. Camminava fiera e reggeva in mano il fucile da caccia di Samuel. L'unico cambiamento nel suo aspetto era l'abito, rosso e stretto in vita.
— Che arnese affascinate. — lo esaminò con molto sentimento negli occhi. — Basta un piccolo tocco e può strappare una vita.
Esclamò sparando un colpo alla cieca che andò a colpire la finestra della cucina e - di conseguenza - a frantumarne il vetro. Delle grida raggiunsero l'esterno: Talia, Cassandra e Nat avevano sentito lo sparo. Victor era con loro e Samuel si stava ormai affacciando sul retro, armato solo della sua coscienza.
— Ma tranquilli, — proseguì la donna. — non sarò io a sporcarmi le mani, vero Hereweald?
Non fecero in tempo ad accorgersi di una seconda presenza che Abegail sentì una stretta attorno alla sua vita. Le si gelò il sangue quando riconobbe la forma della mano che la cingeva, l'odore di zolfo nei capelli che le sfiorarono la guancia destra e l'eleganza delle ali che la circondarono.
— Harry? — delle lacrime le riempirono gli occhi, quasi si dimenticò della presenza di Lilith. Voleva abbracciarlo, desiderava guardarlo negli occhi e toccare le sue labbra per accertarsi che non fosse un sogno. — Sei veramente tu?
Tuttavia fu qualcos'altro che le confermò la sua presenza nella realtà. Vide una luce azzurra passarle sotto al mento e avvertì il freddo del metallo poggiarsi su di lei: era una lama. Hereweald le stava puntando una spada alla gola.
— Tu sei morta, smettila di parlarmi.
— Cosa... — boccheggiò lei. — Cosa stai dicendo?
Alexander e Samuel provarono ad avvicinarsi, ma il demone rinsaldò la presa sulla giovane, abbassando poi il volto fino a strofinare la propria pelle con quella di Abby.
— Ti ho chiamata così tante volte, ma tu non eri con me. — sussurrò preso dai ricordi. — Hai detto che non ero solo in questa battaglia, ma tu non c'eri. Non eri lì mentre scoprivo la verità. — era sicuro che nessun altro lo stesse sentendo. — Avevamo detto che avremo fatto tutto insieme...
— Come avrei potuto! — la lama premette sulla sua pelle. — Harry... — Abegail sentiva che di lì a poco - quello inciso sulla sua gola - non sarebbe stato un semplice graffio. — Anch'io non ho fatto altro che pensarti...
— Zitta! — le gridò — Bugie e solo bugie! Ma non importa più, io l'ho visto. — il suo fiato calò sul viso della ragazza. — Tu sei morta...
— Hereweald, cerca di ragionare, ti prego.
Lilith rideva e si godeva la scena nel mentre Alex provava - quanto meno - a far allentare la morsa su Abegail con le parole. Gli sarebbe bastato poco e avrebbe potuto allontanarlo da lei, ma lui non si mosse.
— Harry...
— Fai quello che ti ho detto!
La voce di Lilith risuonò severa: si era già stancata. Il fumo nero dell'incendio stava risalendo in cielo e si sentivano in lontananza le sirene dei vigili del fuoco. Avevano poco tempo.
— Non sei vera. — Hereweald lo ripeté a se stesso. — Tu, sei morta...
— Sono vera, sono viva! — Abby pianse e si dimenò in quella stretta che sognava da mesi, ma che non avrebbe voluto fosse così. Non avrebbe voluto che sapesse di morte e odio. — Ti prego guardami!
— Mi dispiace, — le sussurrò. — sono stanco delle menzogne.
Angolo autrice:
Finalmente Abby e Harry si sono rincontrati! Siete felici? Spero almeno un pochino, dato che non è andata tanto bene questa riunione.
Forse Lucifer si era sbagliato?
Speriamo di no, dai ^^
Vi è sembrato tutto un po' accelerato il fatto che Victor pensasse a Lilith e il suo effettivo arrivo pochi minuti dopo?
Alla prossima,
Capitolo XXI: Derevaun Seraun
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