Capitolo XVIII: Responsabilità
Incredulità. Questa era l'unica cosa che si poteva leggere nelle espressioni dei presenti. Ci vollero parecchi minuti affinché qualcuno aggiungesse qualche reazione a quel silenzio innaturale. Qualunque fosse stata Abby sapeva che le sarebbe andata bene: ogni cosa poteva essere meglio dell'ignoto.
Il tempo si stabilizzò per molto, prima che Samuel comprendesse a chi sua nipote stesse facendo riferimento.
— Oddio, mi sono portato dietro un angelo?
Gli occhi e la bocca spalancati di suo zio la fecero ridere dalla sorpresa. L'uomo si portò infatti le mani sul capo, quasi fosse inorridito. Fu difficile per Abegail, ma - per quanto ancora poté - dovette trattenersi. Di lì a poco sarebbe venuta la parte più difficile. Pensò che avesse sbagliato a chiedere di procrastinare quelle nozioni importanti, dopotutto si trattava della sua famiglia. Chi l'avrebbe potuta comprendere e sostenere se non loro?
Tuttavia le parve incredibile. Era strano per lei tornare a pensare ad una famiglia. Strano come l'affetto e l'amore che aveva visto negli occhi di Talia: le aveva ricordato tanto sua madre. Quanto avrebbe voluto rivederla.
— Perché tutti possono vederlo? — Victor scattò verso la casa preoccupato. Adocchiò i movimenti all'interno e sgranò lo sguardo vedendo Alex conversare con Talia. — Mia madre è al sicuro?
Fu in quel momento che la superiorità mostrata dal ragazzo venne messa da parte. Nonostante fosse scettico nel credere che gli studi di suo padre si basassero su un'antica verità, aveva accantonato quei dubbi per pensare alla sicurezza della sua famiglia. Le vene si mostrarono sul suo collo piene di sgomento e rabbia nel mentre chiudeva le mani irritato.
— Sì, — lo tranquillizzò un poco Abegail. Lei aveva già capito che la convivenza non sarebbe stata facile. — non è un problema fin tanto che tiene le ali nascoste. Sono quelle la sua essenza.
Aggiunse guardando lo zio teso come le corde di un violino e bianco come un cadavere. Lo vedeva ormai sfocato, le lenti andavo ripulite, forse persino cambiate. Abby sentiva il suo corpo appesantito dal sonno, dai dolori delle cadute e dal vuoto - che la divorava perennemente - aumentò la rapidità della sua espansione. In seguito optò per fare qualche passo. Se fosse stata ancora immobile sarebbe caduta.
— Nascoste?
Domandò incredulo Victor. Non era abbastanza, lui non le credeva troppo sulla parola come invece sembrava fare il padre. Avrebbe dovuto fargliele vedere. Si rallegrò sapendo che doveva controllare che non fossero ferite e pensando che Alexander doveva mantenere la sua promessa.
Doveva tornare dagli angeli.
— Forse è meglio entrare...
Si riversarono all'interno dell'abitazione passando sul terreno ammorbidito dalla pioggia e bruciato dal freddo della notte precedente. La porta con la quale si accedeva alla cucina si chiuse nello stesso istante in cui quella principale sbatté. Da quel momento furono - finalmente - tutti presenti.
— Sono a casa, papà è tornato?
Si udì quella nuova voce venire accompagnata al suono metallico delle chiavi. Infine dei passi si avvicinarono alla stanza affollata. Il calore della cucina appannò gli occhiali della nuova arrivata. Questi erano grandi, tondi e sottili. Erano più per moda che per migliorare la vista.
— Ciao, Elizabeth!
Samuel le andò incontro impedendole di fare altre domane. Elizabeth non capì, ma fu felice che l'uomo fosse tornato dal suo solito lavoro. Lo abbracciò forte per poi guardarlo negli occhi e sorridere raggiante.
— Cosa sta succedendo?
In seguito vennero ripetute le presentazioni e la cucina di riempì di una momentanea gioia. Fu un attimo davvero rapido perché non appena le due cugine si furono salutate timide e Cassandra ebbe curiosato nel forno - stando bene attenta a ogni movimento prodotto dalle fiamme - il gelo crollò sopra di loro. Nathalie studiò l'aspetto e l'abbigliamento di Elizabeth. Era una ragazza di appena ventisei anni, alta e robusta. La pelle - come quella del fratello - era priva di imperfezioni, lucida e scura. Quasi gliela invidiava. Finì mentalmente di lodare i vestiti dallo stile casual che lei adorava e che - notò - si sposavano perfettamente con gli occhi color acqua. Le invidiò inoltre i capelli che - lunghi e grossi - teneva ribelli e sciolti. A quel punto le sue considerazioni si stopparono, Samuel sospirò e decise assieme alla nipote che era l'ora di parlare. Erano tutti riuniti, non ci doveva più essere alcun segreto.
— Cara, è meglio che prepari del tè
Dopodiché Victor fece alcuni viaggi per portare delle sedie e poi prese posto di fianco ad Abegail, separandola da Alex. Fu una mossa avventata perché l'angelo lo prese subito in antipatia. Samuel fece ridere Cassandra con delle buffe espressioni e Talia ed Elizabeth si passarono delle tazze per poter servire tutti i presenti. Finito di apparecchiare anche la giovane si sedette, mettendosi accanto a Nathalie. Loro non si parlarono a causa della timidezza, ma si guardarono a lungo finché l'acqua nel bollitore fu pronta e il latte caldo. Sederono al tavolo da pranzo, Talia servì i nuovi arrivati e lasciò a loro la scelta tra i vari gusti.
Aggiunse alla tavola dei biscotti al burro e all'avena che aveva comprato quella stessa mattina poi giunse il momento delle spiegazioni. Uno ad uno i giovani di Fidnemid parlarono di quanto avevano vissuto e quanto avevano appreso. Alexander fu il primo. Rimase obbiettivo e raccontò di come avesse trovato quel luogo: stava fuggendo e gli pareva che là dentro gli occhi degli angeli non lo seguissero.
Dopodiché toccò ad Abegail. Rimase vaga sull'incontro con il principe demoniaco, il suo tono di voce era freddo e distaccato. Parlò di quando aveva trovato le fotografie - che mostrò nuovamente - e la chiave di sua nonna. Questa decise di togliersela di dosso e passarla anche ai cugini, dimenticandosi però di togliere l'anello regalato le da Harry. Successivamente fece scorrere anche le foto che custodiva nel telefono, vecchie e poche. Victor ed Elizabeth poterono vedere la fisionomia di Helen tramite una di queste e Samuel per poco non si mise a piangere..
In seguito fu il turno di Nathalie, aggiunse dei particolari affinché fossero chiari i pericoli per chi non possedeva il dono dei Knight e continuò finendo al giorno in cui tutto stava per disfarsi. Quando i cittadini di Fidnemid cominciarono a farsi la guerra invece di aiutarsi reciprocamente.
Cassandra non poté aggiungere altro, annuiva solamente sentendosi crollare ogni volta che il discorso si avvicinava alla sua famiglia. Gli Aubert non furono nominati, non direttamente. Tuttavia sentiva che il loro ricordo era presente in quegli avvenimenti. Si strinse nelle spalle sorseggiando il suo tè al limone che si stava raffreddando.
Il dado era tratto, la verità rivelata. Crederci o meno adesso spettava agli altri.
Victor era quello che pareva più catturato dai racconti. Suo padre stava ancora zitto, a braccia conserte aspettando chissà cosa. Si stava infastidendo. Scattò quindi in piedi sbattendo le mani e facendo trasalire il resto del gruppo. Cassandra stava mordendo un biscotto e per la paura questo le cadde. Chiese scusa, ma nessuno la ascoltò: Victor si stava rubando tutta l'attenzione.
— Avete aspettato tanto per raccontarci questo? Maledizione! — sospirò buttandosi sulla sedia che aveva recuperato dal fienile. — Adesso che conosciamo... — si trovò in difficoltà e passò le mani sugli occhi per recuperare un po' di lucidità. — Sì, insomma sappiamo cosa accadrà! Noi quattro — indicò se stesso, Alex, Abby e Samuel. — abbiamo una responsabilità nei confronti del mondo. Se possiamo vederli, possiamo combatterli e non scappare con dei codardi!
— Non sai le assurdità che stai dicendo
— Victor, ma hai sentito cosa hanno detto? Quanti demoni hanno visto?
Sua madre e Nathalie parlarono insieme, la seconda angosciata e l'altra alterata dall'insensibilità mostrata dal figlio.
— Fino a qualche minuto fa credevi che papà fosse un pazzo! — asserì Elizabeth avendocela anche lei con il fratello. — Victor, sii un po' coerente con te stesso.
— Assurdità! — esclamò questo, ma si ridimensionò notando le espressioni dei presenti. — Va bene Liz, hai ragione, ma solo perché loro sono delle creature bibliche li lasceremo vincere senza combattere?
Si era in parte ricreduto perché era impossibile che fossero tutti quanti dei matti. La storia da loro raccontata era troppo dettagliata e coerente per essere fasulla. Certo rimaneva però la surrealtà: angeli e demoni mescolati alla vita mondana?
— Maledizione, questo è il nostro mondo!
— E lo hanno creato loro! Stai attento a come parli. — lo redarguì Talia iniziando a mettere le tazze nel lavabo. — Che Dio sia paziente con te.
Alex si trovò in imbarazzo. Troppe cose erano diverse da come le credevano gli umani, ma non fece in tempo ad aprire la bocca che il ragazzo - seduto di fianco a lui - ricominciò a sputare accuse.
— Pensi che se Dio fosse esistito, tutto questo sarebbe stato possibile? — sua madre aprì di colpo il rubinetto dell'acqua calda e Samuel sbuffò reggendosi la testa con una mano. — Dovrebbe proteggere le sue creature e invece le lascia distruggersi l'una con l'altra. — nel mentre Victor continuava. Accavallò le gambe allargando le braccia in modo da circondare le spalle della cugina. — Anzi lascia che il suo nemico le divori! — dopodiché puntò i suoi occhi neri sul padre in un gesto di sfida. — Ha persino lasciato che avvelenassimo il suo mondo.
— Vedi di smetterla adesso!
Elizabeth fece un cenno a Nathalie e invitò la bambina accanto a suo padre a seguirle nel salotto adiacente. In quelle circostanze si vergognava di suo fratello. Non riusciva a sopportarlo e lei aveva già capito che non avrebbero avuto scampo in quella battaglia tra immortali. Quello che però comprese poco dopo era che in Cassandra - troppo piccola per sapere come realmente il mondo andasse - era nata una piccola scintilla. Lo vedeva dai suoi occhi ed era tutta colpa di suo fratello. Forse sperava che tutto sarebbe andato meglio, magari per lei il peggio era passato. Tuttavia non era così perché nessuno li avrebbe aiutati.
— Non ha colpa lui se gli umani peccano!
— Allora chiediglielo, scopri se esiste realmente! — gli altri non riuscirono a capire a chi si riferisse. — Hai davanti a te un suo diretto servitore, chiedigli che faccia abbia.
— Victor, smettila! — sbraitò Samuel ripetendo i precedenti movimenti del giovane. — Non dovresti deridere la fede di tua madre.
— Stavo solo dicendo verità.
Talia stette in silenzio, afflitta. Sciacquò le tazze cercando di reprimere la frustrazione, ma non sopportava più quella situazione. Il lavoro del marito aveva accentuato la repulsione che suo figlio provava per la religione, ma comprendeva che le faccende erano delicate. Non si trattava solamente di un credo, non era la solita filosofia spirituale. La loro esistenza era in pericolo perché tutto era reale. Gli scritti che aveva letto da bambina, quelli da cui sua nonna la metteva in guardia. Ogni cosa era reale, poco importava se le sue verità fossero altre. Di verità ne esisteva solamente una.
— La verità è quella che uno accetta. Talia, — Alex prese le redini della discussione soffrendo per i pensieri della donna. — sei una brava persona, se il tuo Dio esiste è dentro di te che dimora, non dimenticarlo mai. — Talia si voltò incontrando il blu degli occhi dell'angelo e provando un forte senso di conforto. — La fede è il dono più potente che voi umani avete, significa fidarsi, molto spesso, senza aspettarsi niente in cambio.
— Non sono questioni che ci riguardano. — Nathalie e Elizabeth tornarono dopo aver lasciato Cassandra davanti alla televisione. — Dovrebbero pensarci gli angeli a risolvere la questione.
— Hai detto bene: dovrebbero. — ribadì incalzante Victor. — Torniamo al discorso precedente!
Da quando in qua a loro è importato qualcosa? — pareva voler saperne qualcosa in più degli altri nel mentre giocava con il ciondolo di sua nonna. — Non dovevano lasciare che l'umanità marcisse e si distruggesse da sola. È ovvio che non hanno la situazione sotto controllo. — dopodiché tornò a fissare negli occhi Abegail. — Sicuramente la vostra città non sarebbe mai esistita se avessero tenuto tutto sotto controllo.
— Stai realmente dicendo che dovremmo batterci contro dei demoni? — Abby era scioccata, stranita dalla sciocca determinazione dell'altro. Non comprendeva il motivo che lo spingeva ad andare incontro alla morte, forse - pensò - non l'aveva ancora provata sulla propria pelle. — Siamo in tre, oltre vederli senza morire, cos'altro potremo fare?
Victor passò lo sguardo dalla collana che teneva fra le mani alla cugina Era incredulo. Se gli studi di suo padre avevano ragione, teneva in mano la chiave per un immenso potere.
— Mio padre non te ne ha parlato?
I suoi occhi brillarono di un'emozione sconosciuta ad Abegail. Era forse bramosia? Stentava a capire suo cugino.
— Non ne ho avuto tempo e adesso non è il momento. — sentenziò Samuel. — Sono appena arrivati, Dio solo sa cosa hanno vissuto.
— Sei serio? Ancora questo Dio?
— Victor, ridalle la collana.
Il silenzio crollò nuovamente sulla famiglia. Quella discussione che li aveva tenuti occupati per due ore doveva risolvere la situazione. Avrebbe dovuto far finire i segreti. Invece i nuovi arrivati e Fidnemid non erano gli unici a celare dei misteri.
— Sei fuori di testa, ma posso provare a fornirvi dei guerrieri. Sono d'accordo sulla posizione che devono prendere gli angeli. — Alexander sospirò volendo che tutto finisse e che le ragazze potessero respirare. Vedeva il colorito della carnagione di Abegail terribilmente pallido sotto la luce della cucina e se ne preoccupava. — Era già nei piani che provassi a farli ragionare. Potrei mettere gli angeli dalla nostra parte. Renderli attivi in questo conflitto.
— Sarebbe un miracolo!
Esclamò Victor ruotando il busto in direzione dell'angelo.
— Siete troppo impulsivi, sono creature più antiche della Terra. Alex, tu dovresti saperlo.
Samuel si grattò la testa non sapendo cosa pensare nel mentre Talia finiva di riporre le ceramiche nelle mensole. A qualcuno però non tornò qualcosa e il dubbio venne subito espresso. Si era già compreso essere il carattere di Victor.
— Scusami un attimo, ma se sei uno di loro, come mai ti trovi qua?
Il cuore balzò in gola al giovane angelo e cominciò a pompare fortemente. Doveva andarsene prima di distruggere tutto nuovamente.
— Mi esiliarono secoli fa, ma... — deglutì trovando un appoggio nello sguardo di Abegail. — adesso che le ragazze sono al sicuro, partirò domani stesso.
Angolo autrice:
"— Pensi che se Dio fosse esistito, tutto questo sarebbe stato possibile?"
Quante volte pure voi vi siete fatti questa domanda?
Ebbene - tornando al capitolo - adesso Alexander procederà e proverà a tornare dagli angeli. Ci riuscirà?
E se vi dicessi che Lilith si sta stancando di stare rinchiusa nel sottosuolo?
Beh - come nel nostro caso - non fa bene a uscire di casa. Vedremo come andrà a finire... ^^'
Alla prossima,
Capitolo XIX: "Ira"
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