Capitolo XIII: Fato
Erano riusciti nel loro intento.
Stavano fuggendo e oramai potevano sfiorare la realtà con la punta delle dita. Eppure l'ignobile destino non aveva ancora finito di farli patire. L'impresa - dal sapore amaro - non era terminata del tutto. Nel preciso momento in cui toccarono il confine, entrando nell'invisibile ostacolo - chi saldamente tenuto in braccio e chi, invece, invogliato da una spinta procedeva alla cieca - una scarica elettrica attraversò le loro membra.
Rimasero bloccati, gridarono stringendo i denti e tremando tra paura e pena.
Il vento si insinuò poi fra loro, mosse veementemente i capelli e - fortunatamente - spinse i giovani a fare un passo in più. L'ultimo verso la purificazione del loro peccato: esser nati e vissuti in un campo costruito dal male assoluto.
Procedere fu complicato, quasi dovessero superare un muro d'acqua fattasi improvvisamente densa.
In seguito batterono il capo, le spalle e le ali contro un suolo immobile e placido. Erano passati dal limbo ad un successivo stato confusionario. Sentirono il fiato abbandonarli e cedettero alla leggerezza dei muscoli intorpiditi. Infine la vista e la ragione si offuscarono rapidamente finché - uno dopo l'altro - ognuno di loro perse i sensi.
Nel frattempo - a distanza di chilometri - dal cuore ormai distrutto di Fidnemid nacque un'onda d'urto, generata da un'ulteriore esplosione - forse - l'ultima. La Barriera incassò il colpo una sola volta poi - con la seconda e definitiva ondata - fu costretta a perdere.
La forza ignota rigettò i corpi inermi dei ragazzi molti metri più lontano.
Lo spostamento fu tanto violento, persino gli alberi ondeggiarono.
Alexander venne bloccato da uno di questi e gemette dal dolore. Le sue ali accolsero fratture e ferite pronte a perdere altro sangue. Successivamente sentì il tintinnio del metallo sprigionarsi poco più indietro. La sua arma era uscita dal fodero.
Cassandra scivolò invece dalla stretta dell'angelo e rotolò inanimata fino a trovarsi addosso ad Abegail e Nathalie. Avvertiva il buio opprimerla e l'erba bagnata mescolarsi al sudore. Non poté capire se stesse piovendo, erano troppe le sue preoccupazioni e troppe poche le energie rimastele. Cercava di resistere, ma era difficile non crollare dalla stanchezza. I corpi di tutti loro erano in balia dell'esterno.
In quel nuovo ambiente che ospitava i ragazzi, il silenzio regnava sovrano e il freddo - benché non vi fosse dubbio che il tempo scorresse come erano abituati e dunque l'inverno fosse giunto pure lì - era meno persistente. Le menti vibrarono all'unisono mentre la consapevolezza di ciò che era accaduto cominciava a prendere forma e bruciare - come i campi riarsi della loro città - sia nella testa che sulla pelle attraverso tagli e sbucciature. Quel dolore li lasciò assopiti per ben poco tempo.
Dei brividi di freddo si sostituirono all'elettricità che aveva scosso loro gli arti. Una leggera brezza li accarezzava dolcemente e non era certo simile al clima di Fidnemid. Infine un'inconfondibile boato colmò l'ambiente tacito l'attimo prima che questo venisse zittito bruscamente.
Parve che il suono fosse stato risucchiato dal terreno e - per piccoli frammenti di secondo - aveva strappato il velo di quiete che si stava addensando tutt'attorno, con la facilità con cui si taglia la carta.
Lenti respiri alimentavano i petti mentre le mani tastavano la terra cercando di captare se questa prendesse a muoversi nuovamente. Non osavano guardare. Temevano di aver fallito, di non essere in salvo. Difatti avevano imparato a proprie spese che - finché il terreno tremava - non lo erano affatto e - in quel momento - delle scosse scuotevano ancora i loro corpi abbandonati alla stanchezza. Avevano paura; paura che il loro patimento non potesse aver fine. Tuttavia quel tremolio era un'illusione, creata dalla stessa ansia di dover riprendere a correre senza sosta.
Alexander fu il primo a dare dei segni di ripresa. Cominciò con il muoversi a scatti tossendo e provando a mettersi composto. Spingeva con le gambe doloranti, ma il peso del suo essere gli impediva di concludere decentemente l'azione. Ripiombava difatti subito a terra, dove serrava denti e pugni soffiando dal naso.
Sbatté quindi le ali involontariamente e fu costretto a lamentarsi per le fitte.
Successivamente parve arrendersi.
Gettò il capo all'indietro, trovando la corteccia di un giovane faggio ad accoglierlo e fu proprio in quel momento che vide qualcosa di terribile.
I suoi occhi catturarono dei movimenti nel cielo, dove la Barriera - o meglio, ciò che ne rimaneva - pulsava come se stesse chiedendo anch'essa pietà.
Dei barlumi dal color lilla e indaco animavano la sommità della struttura e - al contempo - dal fondo di questa affiorava la devastazione.
Dei brontolii sommessi esplodevano lungo il confine, quasi volessero irrompere nella realtà e flagellare immediatamente la serenità della natura. Alex deglutì, sconcertato davanti a tale possibilità e - assecondando il proprio istinto - si voltò in cerca di Abegail. Trovò la ragazza molto lontana, ma occupata a guardare anch'ella la Barriera.
— Ha gli occhi degli angeli...
Capì che non c'erano altre spiegazioni.
Osservò come la ragazza guardasse intensamente quello scherzo della natura. Gli umani non avrebbero potuto vederlo: era un'opera del male.
Fu allora che egli ricordò amaramente le parole di Lilith: — in te scorre della forza celestiale; un potere chiaro, puro.
La sua stessa dote.
Che quella maledetta Dea sapesse più di loro? Il giovane avrebbe dovuto sbrigarsi a chiedere consiglio agli angeli.
Con una tale conoscenza non potevano gettarlo nuovamente sulla Terra: avevano anche loro troppo da perdere.
Quanto meno cercava nuovamente di autoconvincersi che stesse seguendo l'unica e giusta alternativa.
— Abby! — gridò cambiando posizione. — Sei ferita?
Abegail ebbe un fremito, parve essere ributtata nel presente. Il suo fisico fu preso d'assalto da alcuni scatti ansiosi, ma riuscì a rimettersi in un batter d'occhio.
— Alex, le ali, presto!
Si agitò vedendo le ali dell'angelo risplendere mentre Cassandra e Nathalie si stavano lamentando intorno a lei.
Facendo forza su un ginocchio riuscì ad alzarsi e corse da Alex.
Si inginocchiò poi di fianco al ragazzo sfiorandogli la spalla sinistra e una guancia. Con non poche difficoltà le ali vennero nascoste mentre il respiro del giovane diveniva sempre più affannato.
— Lo so, fa male, ma adesso non puoi tenerle.
Alexander annuì il più silenziosamente possibile, tormentandosi le labbra: lo sapeva.
— E finita?
In seguito udirono una risata e - posando lo sguardo dietro di loro - videro Nathalie con il busto alzato, sorretto dalle braccia deboli. Lei rideva, ma gli altri non capirono il perché.
La trovarono strana.
Anche Cassandra rinvenne e non le ci volle molto perché si unisse alla conversazione.
— Alexander, — parlò, riuscendo a contenere l'ilarità della sua compagna. — sai dove ci troviamo?
Per ottenere la risposta ci volle qualche minuto. Benché i boschi fossero simili, Alex era certo di trovarsi nei sentieri del suo passato. Rivide i trascorsi camminare sotto a quella pioggia fine e gentile e il vento trasportò la una voce soave.
Iris... I ricordi lo stavano uccidendo.
Poté contare unicamente sul calore che gli infondeva il contatto con Abegail per non arrendersi. Deglutì e - con i capelli incollati alla fronte e le ciglia colme del principio di un temporale - si rese utile.
— Dieci anni fa camminavo in una foresta della Francia. — subito le ragazze lo guardarono stranite. Pure Nat smise completamente di ridere. Era inutile, non conoscevano il mondo. — Inutile spiegare, a scuola non parlavate altro di leggende e massacri di Fidnemid. — si portò una mano tra i capelli e li tirò forte. Era frustrato. — Il vostro mondo cominciava nella Piazza dell'unione e finiva alle soglie del Coed Diflas.
Si maledisse per quanto poté.
Non aveva considerato quel fattore: erano soli in un intero mondo straniero, oltre al fatto che avrebbe dovuto lasciare incustodite le ragazze per un tempo indefinito. Tutto affinché ricevessero un aiuto. Fu lampante quanto la voglia di sopravvivere avesse vinto su ogni ragione e su ogni necessità.
Dovevano uscire dai confini di Fidnemid, ma il piano si era fermato lì.
Nessun altro obbiettivo.
Si allontanò di poco solo per raccogliere la spada e riporla al suo fianco.
— S-sto decisamente avendo un incubo...
Bisbigliò Cassandra, trovandosi persa e sotto i riflettori per il suo volto: l'unico che - in quel frangente - non fosse apatico. Abegail la guardò, ma non accennò niente eccetto una lieve sfumatura di tristezza dovuta ai ricordi che la bambina alimentava in lei.
Quanto le rammentava la sua infanzia.
Quando nessuno le credeva, neppure se stessa.
— No Cassandra, mi dispiace. — esordì infine Alex. Era serio e tremendamente scostante. — Vivevate in un'illusione, forse quelle leggende che tanto vi incutevano paura, servivano a tenervi prudenti, ma non certo al sicuro.
Cassandra si irrigidì sul posto.
Gli abiti erano umidi, infangati e lacerati. La facevano assomigliare ad una povera mendicante di giovane età.
— Cosa stai insinuando? — sbraitò fuori di senno. — Che esista la magia!
Non avrebbe potuto andarci più vicina. In effetti per i miscredenti sarebbe stata la soluzione: una magia insensata e senza controllo.
Nessuna creatura che si potesse mistificare, soltanto fatti e desideri.
Gli stessi che erano stati in grado di portare Lilith alla rivalsa, non facendola demordere, ma - anzi - dando nutrimento alla sua follia.
— Molto di più...
Alexander si sentì in dovere di specificare, ma non riuscì ad andare oltre. Avrebbe svelato come fosse riuscito a condurla in salvo e preferiva rimanesse un segreto. Una domanda che si sarebbe poi mescolata agli orrori appena accaduti.
Perché credeva che un giorno Cassandra avrebbe guardato al passato - sofferente come in quel momento - ma avrebbe sorvolato il modo in cui fosse stata tratta in salvo. D'altronde erano troppi i caratteri da ricordare.
— Come mi hai portata in salvo? — ovviamente egli aveva errato di nuovo. Immediatamente il pensiero della bambina si spostò a ciò che doveva omettere dalle sue conoscenze. — Alexander...
— Dobbiamo allontanarci, adesso.
Decretò questo alzandosi in piedi e compiendo qualche passo zoppicante.
— Aspettate, Nathalie non sta bene. — Abegail lo frenò subito dopo, affiancando l'amica che ancora stava abbandonata sul terreno, con lo sguardo fisso su di un punto imprecisato. — Nat?
— Dunque è veramente tutto finito... — parlò flebile mentre gli occhi le divennero cupi e contrasse la mascella. — Vaffanculo! — urlò improvvisamente saltando in piedi e lanciando lo zaino lontano. — Maledetta Lilith, maledetta Fidnemid, — fu allora che si mise in ginocchio. Forse voleva alzarsi. La sua voce tremò e delle lacrime riempirono la sua vista. — maledetti questi occhi e questa vita del caz-
Abby le tappò la bocca. Aveva sentito un rumore così come Alexander che già si stava preparando.
— C'è qualcuno.
Sibilò infatti poco dopo, tendendo i muscoli e osservandosi attorno finché un fruscio lo indusse a gettarsi alla sua sinistra. Là dove un cespuglio fiorente sotto la pioggia nascondeva un intruso.
Un uomo giaceva a terra, fradicio e ricoperto fino a metà coscia dalla fanghiglia. Si divincolò dalla presa del ragazzo che aveva brandito la sua strana strumentazione. Bofonchiò qualcosa mentre sguazzava tra altro fango, da lui portato in superficie. I suoi scarponi scavano e lasciavano impronte molto profonde, aiutandolo tuttavia nel tenersi saldamente con le proprie gambe e non cadere facilmente sotto l'attacco dello sconosciuto.
— Hey! calmo, — sbraitò grugnendo e alzando le mani in segno di resa. Dopodiché guardò le tre ragazze poco distanti con molta freddezza. — non vi faccio niente!
I suoi lineamenti erano duri, nascosti sotto ad un cappello di lana intriso d'acqua, tanto quanto lo erano i suoi riccioli neri e la folta barba.
Spinse Alex per torglierselo di dosso e muovendosi si accorse della strana arma che aveva il ragazzo.
— Cosa ci fate nei boschi con questo tempo? — non era arrabbiato, solo sorpreso e un po' impaurito. Prese un oggetto che pendeva dal suo borsone e lo pulì grazie ai guanti. — È pericoloso, lo sapete?
Distolse lo sguardo dai ragazzi, ma solo per puntarlo sui suoi indicatori di pressione.
Batté il palmo sopra al vetro dello schermo e, benché sembrasse un inutile ciottolo di latta e vetro, questo si illuminò. In quel momento l'uomo rise flettendo le gambe dalla contentezza nel mentre Alexander retrocedeva. Lui tornò a fare da scudo alle fanciulle posizionando una mano sull'impugnatura della spada.
Le ragazze trovavano la lingua dello sconosciuto molto strana, nonostante alle loro orecchie l'accento suonasse famigliare.
— E lei invece? Se dice che è pericoloso perché è qua.
Chiese prontamente Alex, stupendo maggiormente le altre del suo repentino cambio. Non pensavamo conoscesse altri idiomi, ma del resto dovevano ricordare che egli era una creatura immortale.
Chissà dove avesse vissuto prima di trovare Fidnemid.
— Oh, — l'uomo scrollò le spalle assumendo un'espressione concentrata. — beh, io sto conducendo uno studio per l'università di Dublino, converrete che il mio accento non sia dei migliori. — sorrise debolmente poi prese un secondo indicatore e lo mosse nell'aria davanti a sé. — I miei radar hanno percepito un'anomalia, quindi vi consiglio di allontanarsi immediatamente.
Lui si morse le labbra trovandosi in imbarazzo. Era abituato a giustificare il suo linguaggio, poco preciso nella comunicazione. Tuttavia non sapeva di star parlando una lingua non tanto diversa da quella di chi aveva di fronte.
Si schiarì la voce e finalmente poggiò la sua attenzione sul gruppo che lo osservava con curiosità, paura e diffidenza.
— Oddio, ma siete feriti! — esclamò mettendosi a cercare qualcosa nelle tasche del suo giacchetto. — Accidenti, aspettate, poco fa avevo del segnale al telefono, chiamo i soccorsi. — digitò malamente dei numeri prima di decidersi a sfilare un guanto. — Riuscite a fare ancora qualche metro? Ho il furgone parcheggiato lungo la strada, è poco lontano...
— Non abbiamo bisogno di aiuto.
Lo riprese Alexander sforzando la lingua che ricordava essere il francese e provando a recuperare un accento che sembrasse naturale.
— Io invece credo proprio il contrario, come avete fatto a ridurvi così?
L'uomo era incredulo, preoccupato e per un secondo dimenticò ciò che stava cercando e il timore per la lama che aveva intravisto.
— Stiamo scappando...
Purtroppo però Cassandra fu troppo ingenua. Tentò un dialogo, parlando lentamente e con gli occhi puntati in quelli marroni dell'adulto.
Nathalie e Abegail la presero per le spalle e le tapparono la bocca.
La zittirono subito.
Tuttavia era troppo tardi.
— Scappati? — li guardò poi l'altro, stupendosi della lingua grezza della ragazza. — "Difficile rivoltarsi alla natura maledetta, ma una volta usciti non vi si può più entrare". — recitò. — Quanti chilometri avete fatto? Da dove siete arrivati. — le domande lo lasciarono senza fiato. — Sono anni che faccio sopralluoghi!
Non ricevette alcuna risposta.
I ragazzi erano troppo spaventati e diffidenti. Alex lo guardava truce respirando a pieni polmoni l'umidità del luogo.
— Maledizione! — imprecò e allora i nervi nell'angelo tesero maggiormente. — Parlate, vi capisco! — proseguì, questa volta adottando un linguaggio comune e naturale per il gruppo dei fuggiaschi. — Dove devo andare, sud-est oppure più verso nord?
Sembrava esanime, turbato. Muoveva le braccia come se fosse l'ago di una bussola in cerca del proprio polo.
— Vi prego ditemelo... — li supplicò. —Devo tornare a Fidnemid!
Fu dopo quella dichiarazione che Cassandra e Nat spalancarono la bocca e Alexander si interessò di più a cosa egli stesse dicendo.
— Conosce quel posto?
L'uomo annuì energicamente e rimase in attesa di una spiegazione.
Eppure fu lui che dovette darne una.
Abegail camminò verso lo sconosciuto, superò l'amico anche se questo provò a fermarla e - con il cuore in mano - si affidò al fato. Forse - per la prima volta - non le era avverso come pensava.
— Chi è lei?
— Mi chiamo Samuel Knight.
Angolo autrice:
Perdonate il ritardo...
Ebbene! Vi aspettavate di trovare Samuel? Ricordate chi è? ^^
Ps. Altri pochi capitoli di meritata vita "normale" e potremo rivedere il nostro amato HARRY! Che nel frattempo ha cambiato il suo nome da principe ^^
Siete curiosi?
Tutto merito di consigli e di più di una revisione ahahah!
Spero che gli impegni mi permettano di avere costanza...
Volevo inoltre avvertirvi delle stranezze presenti nel capitolo e forse anche in quelli successivi (come ad esempio il discorso di Alexander sull'istruzione delle ragazze oppure la Piazza dell'unione ovvero quella davanti alla scuola) sono delle aggiunte dovute alla revisione del volume precedente. Ho trovato molte cose non dette oppure poco approfondite che sto cercando di migliorare. Una volta conclusa tutta la revisione aggiornerò l'intera storia qua su Wattpad ^^ Ci saranno piccoli cambiamenti... (come già annunciato con Harry)
Un bacione e alla prossima!
Non dimenticatevi di farmi sapere che ne pensate! È importante per me ^^
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