Capitolo XII: "Chiudi Gli Occhi"

   Il terreno continuava a cedere sotto ai loro piedi - pezzo dopo pezzo - mentre un rumore infernale batteva al posto del solito pulsare dei cuori: era la paura. Sembrava non avere fine.
Inghiottiva ogni casa, tenda e persona che cercasse di emettere un singolo respiro. Qualsiasi traccia di vita veniva spazzata via con la potenza di milioni di ordigni fatti esplodere nel sottosuolo.

Era uno spettacolo pirotecnico riservato ai demoni, ghiotti di sangue e carne. La stessa materia organica che si andava a lacerare, bruciare e coprire di terreno in quel tumulto infernale che stava divenendo l'intera Fidnemid.
Una voragine abissale mangiava metri e metri di territorio, senza sosta. Il rumore prodotto non era paragonabile a nessuno stato d'animo, niente che valesse la pena di esistere. Lo si sentiva percuotere le membra a intervalli, come se stesse prendendo tempo per illudere chi era scampato alla morte nel precedente attacco.
Poi sopraggiungeva un nuovo boato.

Dunque ogni volta che la quiete pareva intrufolarsi nel paesaggio, avveniva un ribaltamento, violento e privo di pietà.
Il suolo crollava e borbottava, rivoltandosi come se fosse vivo e non più assopito.
Sembrava non volesse mantenere segrete le faccende che vi si annidavano.
Nuovi innalzamenti di terriccio, fumi maleodoranti e fuoco si levavano con forza disumana, borbottando con tono cavernoso. Erano simili a dei geyser, la cui origine era da trovare direttamente nelle profondità bollenti del pianeta.

Nel mentre le radici degli alberi venivano sradicate con maestria, frantumate senza sosta. Dopodiché toccava ai tronchi essere distrutti. Molti furono spezzati - come se fosse stato un fulmine a ferirli - altri invece presero semplicemente fuoco.

L'aria divenne ben presto irrespirabile e impenetrabile dalla vista. Chi si trovava - suo malgrado - ancora in quel caos poteva vedere ben poco, comprendere nulla, ma sentire tutto.
Udiva il mondo cedere intorno a sé, le urla di chi lasciava quell'esistenza e il proprio timore soffocarlo dallo stomaco.
Era inutile provare a calmarsi.
Le polveri sottili sarebbero entrate nell'organismo ad ogni respiro, lo avrebbero frenato, stroncandolo pochi minuti dopo a seguito di una lunga ricerca di ossigeno.
Ciò accadde a molti individui.

Tuttavia quella nube tossica dava ancora agio - nel Coed Diflas - di scappare.
Là la terra tremava, ma non si squarciava né disturbava più di tanto la solennità del bosco maledetto. Era solo questione di pochi metri. Una linea sottile componeva il distacco tra Inferno e limbo. Eppure il silenzio aveva fatto presto a comprimere le orecchie facendole fischiare.
In quel luogo niente era razionale.

Si poteva osservare molto bene il sentiero - tra le piante solide - benché una lieve coltre di cenere si stesse depositando fra queste. Ciò però non fu l'aspetto che donò maggiore preoccupazione. Gli occhi - che scrutavano in cerca di una qualsiasi fine - erano ghermiti da un contrasto sadico e fastidioso. Bruciavano a causa del continuo defluire delle emozioni e rifiutavano le scene alle quali avevano appena assistito.

Inoltre sopra le loro sagome si stagliava un cielo rosso come il sangue che scorreva da Annwn fino a Badb.
Questo ricopriva i territori di Hibernia e Armogen dove le sepolture erano ovunque, sotto gli occhi delle stelle.
Bernt e Fad invece non esistevano più: ribaltate completamente come un campo arato. Di loro rimanevano poche rocce bollenti e un'infinità di terreno in fiamme. La stessa sentenza era toccata alle frazioni Sentana, Bran e Airmed.
Là - dove Iside avrebbe riposato in eterno - un assoluto nulla regnava incontrastato tra lo scalpiccio delle voraci lingue di fuoco e i forti tremori del sottosuolo.

Nel frattempo però esisteva anche una crudele calma. L'ambiente della foresta - infestato e con la sua prepotente aura gelida - si contrapponeva quello spietato scarlatto e veniva immerso sempre più nella nebbia mista a ceneri e polveri.
In quel luogo era come stare tra guerra e morte, osando nel dosare le energie rimaste affinché si trovasse una scappatoia.
Come dei codardi si sognava il confine.
Tuttavia la Barriera da oltrepassare era ancora lontana e il tempo era insufficiente per condurre tutti quanti in salvo.

Nonostante il gruppo dei sopravvissuti corresse, stremato e confuso; benché ad ogni sconquasso del suolo i corpi perdessero battiti del cuore - quasi questo sapesse che la fine era giunta - non fu abbastanza. Nella confusione della fuga Ronald strattonò Cassandra e - qualche metro più avanti - Cristal la incitò a muoversi. La piccola però era debole, paralizzata dal terrore.

Entrambi i genitori invece - finalmente coscienti della maledizione del luogo - seguivano le azioni dei tre ragazzi che spianavano loro il cammino. Avevano imparato da un secondo all'altro ad affidarsi a coloro che ritenevano degli strambi.
Erano costretti a farlo se volevano evitare di bruciare.
Inoltre il loro stato - troppo sotto shock - impediva di ragionare ulteriormente.
Cos'altro serviva per essere dei seguaci di quegli ultimi barlumi di speranza?

In tutto ciò un solo e unico pensiero si era stanziato nelle loro menti e non accennava a svanire: Abegail aveva sempre detto la verità. I suoi sogni - che spesso svegliavano la famiglia - riflettevano i pericoli reali e le sue urla altro non erano che un assaggio del futuro.
Quel loro stesso presente.
Si sentirono tremendamente insensibili e stupidi: per l'ennesima volta le leggende di Fidnemid avevano dato prova di possedere un fondo concreto.
Oltre al fatto che la famiglia Knight non fosse pazza, maledetta.

— Correte, forza!

   L'incitamento di Alexander sormontò i lontani boati e spezzò gli affanni. 
Il giovane si voltò indietro - pure lui privo di respiro e stanco - per notare che gli Aubert erano troppo distanti, troppo occupati a non farsi del male - tra le radici degli alberi - per stare al passo.
Preoccupazione che era venuta meno nei giovani. Questi non si curavano più del dolore di una storta alla caviglia. Semplicemente procedevano zoppicando perché sapevano di dover correre, qualunque cosa accadesse.

— Cassandra!

   La quiete non durò a lungo.
Gli abiti volarono attorno ai corpi appesantendoli e ferendo l'aria.
Il timore facilitò le movenze impacciate e non ci fu nient'altro da fare.
La terra crollò pure nella foresta.
Un impeto del suolo scaraventò a terra tutti e sei i fuggiaschi.
Il brontolio delle placche tettoniche giunse fin sotto ai loro piedi e numerose furono le fenditure che si diramarono.
Sotto fango e fogliame morto, una tela di ragno prendeva forma pronta a spaccarsi e rinchiudere tutti nell'oscurità.

— Maledizione! Abby, continua ad andare avanti con Nathalie! — gridò Alex rimettendosi in sesto per poi avvicinarsi a Ronald. — Coraggio!

   Insistette vedendo la riluttanza della fanciulla. Infatti con molta incertezza Abegail eseguì l'ordine, ma non prima di aver avuto modo di scambiare un sguardo d'intesa con l'amico.
Doveva tornare da lei, altrimenti non lo avrebbe mai perdonato.

Con le lacrime che le pizzicavano gli occhi, spinse Nat a proseguire imperterrita mentre i loro passi parevano portarle sempre più giù, tra l'arido dell'Inferno.
Uscirono dalle fronde pullulanti di spettri e si ritrovarono a costeggiare lungo il lago in cui Caliel era sceso per amor del suo allievo.
Non poterono sapere cosa fosse accaduto nè si fermarono per ammirare - un'ultima volta - quel pezzo di paesaggio.
Prima avrebbero riconosciuto la via - percorsa nel giugno precedente - meglio sarebbe stato.

— Dove dobbiamo andare!

   Il fiato corto e lo sguardo paonazzo delinearono l'agitazione di Nathalie.
Mosse le braccia spostando la vista da destra a sinistra, in cerca di qualche ricordo. Tuttavia non riconobbe il luogo. Non erano mai passate di lì.
Il sudore le imperlava la fronte e le inumidiva gli abiti. Era freddo come il vento che si abbatteva su di loro e che fischiava tra i sentieri.

— Abby?

   Si rivolse ancora alla ragazza, ma questa non rispose. Non poté poiché se ne stava in ginocchio, agonizzante e con le mani premute sugli occhi.

— Non adesso, ti prego...

   Delle fitte lancinanti la fecero urlare e la voce di Aida le invase le orecchie.

— Calmati e guarda il cielo. — le fu detto. — Il tuo sangue ti protegge, se lo accetterai ti indicherà la via.

   Il mio sangue?
Non capiva come ciò fosse possibile. Pochi attimi dopo Nathalie prese a scuoterla, preoccupata mentre lei rivolse lo sguardo verso il cielo, proprio dove Aida aveva detto di guardare.
Compì quell'azione anche se già sapeva che cosa si sarebbe ritrovata. Lo aveva visto durante il tragitto: un cielo rosso che urlava quanto le anime dei defunti.

Sentendo lo spirito - che albergava in lei - invitarla a concentrarsi nonostante il putiferio che si stava avvicinando, riuscì a scorgere qualcosa di diverso. Abegail si sorprese. La presenza di Aida e dell'amica - accanto a lei - le furono necessarie per non svenire.
Difatti la Barriera - come l'aveva vista quando era assieme a Harry - si balenò fra le nubi rossastre.
Una struttura in movimento, fluida, che ricordava bene, ma era un'immagine così debole che ebbe il dubbio di averla vista a causa del suo stato provato.
Perché Nathalie non ci riusciva?

— Coraggio alzati!

   Coraggio.
Era una parola che si ripetevano continuamente da un tempo a quella parte.

L'ennesimo boato ridestò le due ragazze e - con il cuore in gola - Abby dette nuovamente agio alla donna della sua mente di comandarla. Optò per ripetere l'azione - da poco conclusa - quando una potente scossa le tolse l'equilibrio gettandola faccia a terra.
Gli occhiali le si sporcarono, ma riunì la sua attenzione soffiando e guardando quel poco che le era consesso davanti a sé, oltre le cime degli alberi.
Doveva trovare una fine, doveva vedere la salvezza. Però a quale prezzo lo avrebbe fatto?
Aveva lasciato Alex e la sua famiglia indietro.

Un guizzo dello sguardo e scattò improvvisamente: aveva adocchiato il confine. Si tirò malamente in piedi con le sue ultime forze e corse, strattonando Nat per un braccio. Senza pronunciar parola la tenne stretta per non perdere anche lei nel mentre ripensava ad Alexander. Si era fidata, ma aveva fatto bene? Non poteva saperlo.

Dov'è il mio Alexander?
   Aida contribuì a infliggere dolore ai suoi pensieri.

 — Dobbiamo fidarci di lui...

   Qualche minuto più tardi la sua corsa si arrestò bruscamente. Cade a terra strusciando le braccia contro i detriti che questa accoglieva. Con sé portò dietro Natalie ed entrambe si ferirono nonostante i vestiti pesanti. I palmi sanguinavano, le unghie erano piene di terriccio e il volto graffiato.
Era incredibile come la sfortuna le stesse continuando a baciare.
Erano sfinite, i muscoli non reggevano più. Tremavano e basta, tramortite sul suolo fangoso.

In pochi secondi un'ondata di altri detriti e polvere si abbatté su di loro. Ancora poco e avrebbero mollato. Si ritrovarono entrambe a stringere i denti e strisciare al suolo. I pantaloni divennero pregni di pioggia e i giubbotti fecero lo stesso. Fino a quando sollevarono il viso e trovarono un muro trasparente: lo stesso che avevano già provato a superare.  

— Pensi che ci respingerà anche questa volta?

   Chiese Nathalie. Nonostante quella fosse l'unica via di fuga era scettica: non aveva dimenticato cosa aveva fatto ad Abegail. Quella volta però non doveva importare: l'ignoto oppure la morte.
Si portarono quindi in piedi, decise a farla finita. Tuttavia il suolo non permise altri spostamenti. Riprese a tremare sprofondando proprio sotto ai loro piedi. Gridarono all'unisono quando una voragine cominciò lentamente a formarsi e a mangiarsi le loro sagome.

La gravità - che le spingeva in basso, all'interno dell'abisso - era terribile. Nathalie e Abby incominciarono una nuova lotta per la sopravvivenza, aggrappandosi a tutto ciò che era più conveniente: radici e rocce. Erano al centro dell'ennesima trappola di Lilith che forse sapeva; era cosciente del loro progetto e voleva fargliela pagare. Voleva infierire ulteriormente, illudendole così da gustarsi delle anime prelibate.

   — Mamma, papà!

   A distanza di qualche chilometro Ronald e Cristal piansero, scivolando anch'essi in una fenditura appena formatasi. L'eco della loro voce riempì il vuoto all'interno del cuore della figlia poco prima che le spalle di questa fossero brandite dalle mani dell'angelo, anch'egli stremato.

Alex tremava assieme a tutto l'ambiente, addolorato e oppresso dalla colpa. Pensò che non sarebbe riuscito a raggiungere la sua protetta: il cammino era lungo e la fine vicina, a distanza di un paio di passi. Guardava con aria assente la bambina, privata di ogni cosa, come desiderava Lilith. La morte eterna sembrò stesse per abbracciarli, eppure c'era sempre qualcosa che poteva fare. Un ultimo tentativo. Si sporse verso Cassandra mentre la spada gli premeva gelida sul fianco e preparò le sue ali affinché solcassero le nubi in cielo.

Chiudi gli occhi. — le sussurrò. — Ti prego, fidati.

   Fu così che Cassandra gli dette ascolto, fece un lungo respiro e si abbandonò alle cure dell'angelo. Magari avrebbe rivisto presto i suoi genitori. Tuttavia ciò non avvenne. Si sentì sollevare e represse l'istinto di vedere cosa stesse accadendo, non lasciandosi trasportare dall'emozione. Rimase rigida tra le braccia del ragazzo soprattutto quando avvertì l'aria circondarla con maggior pressione e - infine - il vuoto sotto di lei.

Alle ali angeliche bastarono tre colpi per sollevare la bambina e il suo portatore, altrettanti per condurli in prossimità del tanto acclamato confine. Purtroppo però, benché potessero mettersi in salvo, Alex bloccò il suo volo volgendo lo sguardo in basso, proprio dove Nat e Abegail lottavano a pochi metri dalla Barriera. Pregò affinché la bionda non lo vedesse nello preciso momento in cui Abby sgranò gli occhi, accorgendosi della sua presenza.

Dopodiché si adoperò per ottenere l'attenzione dell'altra ragazza, occupata come lei a non cadere. Le si gettò addosso noncurante del fatto che l'avrebbe condotta un po' più giù.
Udiva lo sbattere delle ali come se fosse il battito del suo cuore.

— Cosa fai?

— Non guardare.

   Si fidava del suo angelo, dunque lo aspettò controllando per bene che Nathalie tenesse la vista dietro le palpebre. Non dovette attendere oltre.
Si strinse all'amica ed entrambe furono finalmente gettate fuori dal baratro, concludendo la loro fuga e oltrepassando il confine.
Era fatta, Fidnemid aveva finito i suoi giorni.

Angolo autrice:

Siamo circa ad un terzo della storia e il vero sequel inizierà da ora in avanti.
Non credo di dover aggiungere altro...

Come vi è parso questo capitolo?

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top