Capitolo X: L'inizio Della Fine
10 Novembre, Annwn.
Quella mattina la pioggia imperversava fredda e maledettamente prepotente, mischiandosi al vento altrettanto impetuoso. Qualche chicco di grandine batteva ogni tanto su teloni, lamine di alluminio e tetti spezzati.
Il suono si propagava poi come un rintocco di orologio, scandendo il tempo pigro. Era odioso. Un insistente dettare di respiri concitati.
Questi, eccitati per la possibilità che la nuova perturbazione desse una tregua alle copiose nevicate - accumulatesi nei giorni precedenti sul suolo febbrile - parevano un vociferare di spiriti e andavano a scalare in un tumulto assordante.
Improvvisamente i granelli di ghiaccio aumentarono di quantità e l'ambiente - attaccato da questi minuscoli proiettili sferici - si proiettò dinnanzi ad Abegail più violento che mai mentre un crescendo di ticchettii alimentava un fastidioso mal di testa.
Era stata attratta dal cielo, richiamata dalla sua tristezza e rabbia. Se ne stava a braccia conserte scrutando l'esterno da un piccolo spiraglio concessole dalla tenda.
In seguito poi ad un movimento delle labbra e dopo aver ingoiato l'ansia, sospirò tirando su con il naso e rabbrividì colpita da un alito di vento.
Era tormentata dal clima e pure dal suo stesso subconscio. Doveva soggiogare i pensieri, quelli più fastidiosi.
Non aveva altri metodi per placare il vuoto che la divorava costantemente.
Tuttavia era assai complicato.
Si sentiva terribilmente perduta, inutile e controllata da qualsiasi cosa la circondasse. Persino gli oggetti inanimati parevano leggerle dentro.
Inoltre avvertiva la sensazione di un fucile puntato alle viscere e ciò accresceva notevolmente il timore che in quel momento la assediava.
Aveva paura di non rivedere mai più Nathalie, come se la stesse tradendo, uccidendola.
Era tremendo da concepire, mortale invece se pensava che sarebbe avvenuto di lì a poco.
Sto nuovamente per perdere tutto.
Ogni cosa che lei avesse pensato di possedere, ciò che aveva guadagnato con fatica. Tutto quello che aveva aggiustato a seguito delle lacrime sarebbe svanito nel nulla, permeando un annichilimento pari a ciò che pregustava la ripugnante mente della Dea lussuriosa.
Di quella sua vita le sarebbero rimasti solamente Alexander e le sue cicatrici. Soli contro un mondo sconosciuto oppure in cammino verso le fauci dell'oblio dannato.
Questo non lo sapevano.
I ragazzi non conoscevano affatto cosa li attendesse. Il reale oltre la barriera era un mondo nuovo, diverso.
Addirittura non erano certi che esistesse ancora qualcosa al di là da quella.
Non facevano altro che tormentarsi con la medesima questione: cosa era scampato alla morte?
Gli unici appigli che permettevano ai due una generale visione erano i ricordi dell'angelo: vasti oceani, terre popolate, città urbane e una tecnologia fiorente. Tuttavia era trascorso un decennio.
Gli insegnamenti ricevuti a scuola non potevano compensare la lacuna voluta da Lilith. Ciò che rendeva speciali le anime del suo allevamento.
Lei avrebbe già potuto mietere in una maniera inimmaginabile attraverso un suo singolo soffio.
Vi era però un piccolo, inquietante spiraglio di speranza.
Li consolava rimembrare le parole di Gideon: — Questa città sarà la prima a soccombere.
Poteva essere veritiero e di conseguenza - come il principe dell'Inferno aveva supposto - avrebbero guadagnato del tempo.
Tempo prezioso, ma ottenuto con il sangue di molti innocenti a macchiare la coscienza.
Abegail serrò gli occhi infastidita da quei pensieri. Molteplici volte si era chiesta come tutto ciò fosse possibile.
Perché una tale ingiustizia prendeva forma sotto la supervisione delle creature celesti? Perché queste non potevano adempiere al loro compito e proteggere?
Prima di riposizionare il telone in modo che non trapelasse ulteriore freddo, prese a massaggiarsi le tempie confusa. Non vi era una sola cosa che avesse abbastanza logica per definirsi morale.
— Se la temperatura non cala, il ghiaccio per le strade si dovrebbe sciogliere.
Appena la mora si fu seduta su di uno sgabello che puzzava di muffa, Cassandra si intrufolò negli aneliti di questa e la sorprese, facendola sussultare.
La bambina se ne stava comoda tra gli abiti - buttati alla rinfusa e utilizzati come coperte - nel mentre studiava Abby. Nonostante il suo apparente distacco, pareva avesse intuito qualcosa di losco nella figura sovrappensiero della mora.
— Speriamo...
La più piccola non fu contenta della reazione e in seguito cominciò a scrollarsi di dosso delle felpe color pastello. Abegail era rimasta quasi completamente impassibile. Pareva che la questione non la riguardasse.
Il suo sguardo vacuo era la perfetta dimostrazione di ciò.
Fu così che la rossa storse le sopracciglia e inclinò un poco la testa.
Non era una stolta.
Saltò giù dal materasso, scoprendosi del tepore che si era creato in una buona mezz'ora di immobilità. Marciò dritta verso la branda di Abegail per poi piegarsi su se stessa e recuperare un oggetto. Questo stava nascosto, tra i lembi delle lenzuola stropicciate e scese sul suolo fino a sporcarsi di fango.
La mora tentò di fermarla, ma non ci riuscì.
— Che vuoi fare con questa borsa? — Abby era stata troppo lenta.
Lo scatto compiuto non era bastato per impedire all'altra fanciulla di accusarla con in mano una prova schiacciante, la quale la incriminava definitivamente. — Te ne vuoi andare, vero?
— Non è come credi, non ho altra scelta.
Parlò inutilmente poiché la rossa prese a svuotare lo zaino con movimenti talmente bruschi da sembrare sull'orlo di una crisi di nervi. Tirò forte la cerniera rompendola e dovette squarciarla completamente al fine di completare la sua azione.
Per concludere rovesciò poi tutto il contenuto, faticando anche in quello.
Gli oggetti erano tanti e incastrati con abilità.
— Guarda! — La ragazza stava osservando più che bene mordendosi le unghie e avrebbe voluto sparire piuttosto che dare altre spiegazioni. — Dei vestiti, una borraccia e...
— No, ferma!
La bambina ancora una volta non dette attenzione alle parole e raccolse un piccolo volume le cui pagine - tinte da scritte incomprensibili - erano protette da una copertina spessa e nera come il catrame denso.
— ...un libro? Sei seria? — Concluse poi studiandone il titolo lucente e i segni al suo interno. — Uno stupido libro pieno di scarabocchi?
Era perplessa, inizialmente avrebbe giurato che la passione della cugina fosse più simile ad un'ossessione. Tuttavia dopo aver curiosato l'interno rovente di quel manoscritto un moto di tremore aveva preso a scuotere la sua figura.
Cosa poteva significare?
L'unica persona che per lei - in quel momento - era più simile ad una sorella era forse una psicopatica?
Mandò giù il respiro tendendo i muscoli delle braccia poco prima di perdere la pazienza e esser colta dall'isteria.
— Ragiona. — La voce con cui enunciò era debole e incrinata. Gli occhi azzurri luccicavano coperti da un velo di lacrime. Decise di passare sopra alla stranezza e tormentandosi le maniche della felpa, proseguì. — Non siamo in una di quelle stupide storie a lieto fine!
Credevo che tu, più di tutti, lo sapessi.
Abby resistette a malapena all'impulso di rispondere e contrasse la mascella avvertendo i denti scricchiolare a causa della troppa forza con cui fece scontrare le arcate. Quanto le mancava dover pensare ai mondi fantastici come un utopia in cui rifugiarsi.
— Non puoi andartene! — D'altro canto Cassandra non smise di argomentare il suo stato di shock. — Ci hai già provato una volta e hai fallito.
Mamma e papà non la prenderanno bene se sapranno che stai degenerando nuovamente.
Abegail era stufa di essere trattata come una decerebrata e soprattutto non sopportava più l'idea di esser vista come una bambina da accudire.
In quegli istanti quasi non rimpiangeva il fatto di lasciare tutto alla rovina, ma erano attimi di debolezza che aveva imparato a governare molto bene. Respirò profondamente sentendo la tensione allentarsi nel suo fragile corpo. Avendo ragionato a sufficienza - mentre stringeva, apriva e chiudeva le mani - optò per condividere la sensatezza del folle progetto creato con Alexander.
— Questa volta è diverso...
— Diverso? — Sembrava inutile provare a far ragionare chi non conosceva l'intera realtà. Nemmeno poté fiatare che Cassandra le si gettò addosso puntandole un dito al petto. — Cosa dovrebbe essere diverso?
L'aria era irrespirabile, pregna delle solite faccende irrisolte e segreti fondamenta poste troppo in profondità. La discussione in cui si erano rinchiuse le due, le aveva distratte fino a non farle accorgere che la perturbazione era ormai conclusasi da un bel pezzo e - mentre la mente della maggiore formulava spiegazioni sensate - il suono di alcuni passi occupò la calma tornata a regnare incontrastata.
— Venite con noi.
La corsa all'esterno crebbe di intensità e si fece sempre più attigua.
I pensieri di Cassandra saettarono da una sinapsi all'altra, incendiandosi nell'attimo del collegamento.
Non comprendeva affatto.
— Voi?
Successivamente un'ombra scostò l'ingresso dell'intelaiatura e tutto divenne improvvisamente cristallino.
— Oh, certo, pure Alexander. — Enunciò schioccando la lingua e incrociando le braccia mentre ancora teneva nella mano destra il libro infernale. — Accidenti, certe volte non sembrate essere molto maturi.
Il ragazzo si catapultò all'interno della tenda. Vi si precipitò con tanta irruenza da non badare nemmeno alla presenza della bambina. Al suo fianco pendeva la spada celeste. Aveva appena avuto il tempo di correre a recuperarla.
— Nathalie si è decisa... — Aveva il fiato corto e lo sguardo paonazzo. — Non so cosa le abbia fatto cambiare idea, ma è scappata per rifugiarsi qua da noi...
— Cosa? Sta bene?
La premura nei confronti della Laurent sovrastò qualsiasi discussione o pensiero precedentemente creato.
Alex non rispose.
Fece schioccare la lingua alternando il peso del corpo da una gamba l'altra. Infine si decise e optò per fare il vago.
— Non è tutto, ho sentito dire che il terreno ha ripreso a muoversi verso Badb. — Si avvicinò ad Abegail. — Lilith potrebbe decimare nuovamente la popolazione.
Dobbiamo sbrigarci.
Dai suoi occhi caddero calde lacrime, fuggirono alla sua volontà come ormai si erano abituate a fare. Colarono senza freni sul giacchetto inumidito dal concludersi della pioggia.
Odiava dover fare i conti con il numero dei morti che avrebbero lasciato alle spalle, ma non avevano scelta.
Non facevano altro che ripetere quella frase da giorni. Forse perché era la realtà oppure - semplicemente - provavano a nutrire il meno possibile i sensi di colpa che divoravano entrambi.
— Voi siete dei pazzi! — Sbraitò in quel momento Cassandra, facendosi largo con la sua minuta corporatura, finendo per affrontare Alexander con la sua infantile sfrontatezza. Un'innocente sicurezza che colmava gli animi di tutti i cittadini di Fidnemid. — Ovvio che si muova, sono delle scosse di assestamento!
— Mi ha scoperta
Simultaneamente la voce di Abby viaggiò vana, amalgamandosi e disperdendosi nella tensione tangibile. Ciascuno sguardo, ogni fiato emanato feriva il giusto, disturbava quel poco affinché l'insieme risultasse malsano e sul punto di sfociare nel caos assoluto. L'angelo ruotò rapidamente il capo concedendo l'attenzione alla piccola e - incredulo - spalancò le labbra.
— È ciò che vi dicono?
Stentava a credere al suo udito ed era inorridito al tempo stesso: potevano i demoni prendersi gioco di quelle povere anime? Alimentare la loro speme per poi frantumarla barbaramente e compiacere la propria ingordigia ingozzandosi di quelle deboli creature fino al loro ultimo respiro?
Farli pensare ad una conclusione dei loro patimenti mentre - invece - sarebbe stato solo l'inizio della fine, la loro.
— Chi mette in giro queste voci?
Alex serrò le mani in due pugni, talmente stretti da divenire di pietra.
Gli prudevano da tanta ira che il suo sangue trasportava nell'intero fisico.
Calò infine il suo sguardo - curiosamente irritato come la voce - su Cassandra. Avrebbe voluto vederla vacillare, farle comprendere quanto ciò fosse folle oltre ogni limite. Tuttavia la convinzione della giovane era troppa per venir demolita con così poco.
— Ieri un uomo è passato e ha riferito a mio nonno che non c'è niente di cui preoccuparsi.
Ha detto che tra poco sarà tutto finito, potremo provare a ricostruirci una vita
— Frank lo conosce?
— No, ma non vedo come questo dovrebbe importare.
Alex schioccò nuovamente la lingua contrariato e nello stesso momento Abegail rabbrividì ulteriormente.
Tutti e due avevano più pochi dubbi.
— Partiamo domani mattina! —Sentenziò duro il ragazzo rivolgendosi all'amica. — Abby, prova a far ragionare la tua famiglia...
Dopodiché procedette a scatti, meccanico come se stesse eseguendo degli ordini impartiti da un qualche generale. Uscì spostando veemente il telo della tenda, stando attento a nascondere la spada il più possibile. Non aggiunse altro. Bastò la sua postura - rigida e turbata - per esternare il suo disappunto.
— Alex! Aspetta! — Preoccupata la mora lo seguì all'esterno. — Pensi sia stato un demone?
Il quesito perse la sua riservatezza non appena ricevette la risposta.
— Chi altro potrebbe essere!
Alexander urlò; il sangue ribollì nelle sue vene, pulsazioni calde avvamparono le sue gote e gonfiarono il petto.
Era odio quello che provava.
Un profondo odio verso le creature dell'ombra.
Strinse nuovamente i pugni, digrignando i denti. Aveva il respiro mozzato e si scrutava intorno maniacale come se il nemico potesse spuntare da un momento all'altro.
— Dovevo avere più tempo!
Era esausto e si lasciò andare per pochi attimi, premendo i palmi sugli occhi e cacciando indietro le lacrime di frustrazione.
— Calmati...
L'angelo negò con la testa per poi sbuffare. Il suo sguardo si era già arrossato.
— Anche se riuscissi a farmi ascoltare dagli angeli, non c'è più tempo... — Ammise con un filo di voce. — Non li posso salvare!
Successivamente ruotò su se stesso osservando una per una le persone che capitavano nel suo campo visivo. Giovani, genitori, anziani: sarebbero tutti svaniti, divenuti cenere per addobbare l'Inferno. Era inaccettabile.
— Ascoltami... — Abegail azzerò la distanza imposta dall'amico e provò a farlo ragionare tenendogli la testa ferma. — Ascoltami, nessuno ha detto che spetta a te questo compito.
Nessuno te lo ha mai chiesto.
Precisò, ma non fu abbastanza.
Alex era capitato a Fidnemid per una ragione. Quel luogo aveva bisogno di un miracolo e questa era la sua missione per redimersi, almeno così la pensava.
— No... — Il biondo poggiò la sua fronte su quella della fanciulla e puntando i suoi occhi in quelli opposti, trovò un compenso al suo tracollo. — Hai ragione, ma ho giurato a me stesso che ti avrei protetta!
Sin dal primo giorno che ti ho vista coperta di sangue fra i rami del Coed Diflas.
Le posizioni si scambiarono.
Erano le dita della creatura alata a sfiorare le guance della ragazza mentre i suoi capelli solleticavano le lunghe ciglia di questa. I due erano vicini, assorti in quello che divenne il consolidarsi del loro reciproco e infinito affetto.
— Non ti devi preoccupare, questa volta proteggerò te e Nat. — Abegail si riscosse da uno strano torpore. — A qualunque costo.
Alexander aveva parlato a se stesso.
Dopodiché si affrettò a soddisfare la curiosità della sua protetta.
— Coraggio, vai. Lei ti sta aspettando nella stanza delle razioni.
Al resto avrebbe pensato lui.
Angolo autrice:
Buon Natale!
Come lo state/avete passato? ^^
Ebbene sì, ce l'ho fatta!
Spero di riuscire ad aggiornare anche la prossima settimana, ma vedrò...
I professori non hanno avuto pietà...
Inoltre sto revisionando a fondo il primo libro con la speranza, magari fra qualche mese, di tentare con una CE..
Lo so è utopico, ma sto imparando a mettere in pratica il detto tentar non nuoce.
Tipica domanda generale: cosa ne pensate? ^3^
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