Capitolo VIII: Utopia
Fidnemid, 3 Novembre.
I bagagli erano nuovamente pronti, riposti in angoli poco visibili per creare meno sospetti. I muscoli venivano spronati a tremare dall'ansia e una sfida da vincere si affacciava all'orizzonte, fra i camini dei palazzi in vista.
Ammassi di materiale che ancora una volta sarebbero stati lo scenario perfetto di incontri rischiosi, nonostante stavolta fossero preventivati, anzi desiderati.
La mattina trapelò definitivamente dai tessuti impermeabili della tendopoli di Annwn. Le sirene si erano avvertite tempo prima, tuttavia ogni mestiere che fosse, aveva l'obbligo di incominciare quando il sole avesse oltrepassato le cime più alte del Coed Diflas.
Il freddo era tale da aver ricoperto di ghiaccio ogni strada percorribile e i vestiari scarseggiavano.
In quel frangente Alex chiuse deciso la zip del suo nuovo cappotto, uno straccio ricucito svariate volte per reggere. Sospirò in piedi, di fronte al suo riflesso proiettato nello specchio dell'alloggio in cui dormiva e si vide ridicolo sotto al pallore del sole cadaverico.
Aveva un fisico che non gli serviva, le occhiaie degli incubi accarezzavano il suo sguardo e i capelli aggrovigliati come i tanti pensieri, aumentati a dismisura nella gelida nottata trascorsa a battere i denti, cadevano lunghi in chiare volute fino alla punta del naso.
Ogni azione compiuta nelle ore precedenti, tornò impetuosa in un sol lampo e scalfì la misera determinazione dell'angelo.
Gli immortali non si dovrebbero preoccupare di simili problemi, ma allora perché lui si era rifugiato sotto le lenzuola congiungendo le mani e implorando di rivedere la sua protetta?
Era un debole, più umano di quanto pensasse e volesse ammettere.
Tuttavia non ne capiva le ragioni; non c'era un solo, dannato motivo per sentirsi tale. Aveva sbagliato ogni passo nella sua esistenza; aveva rinnegato il suo essere, prima dando la colpa a se stesso e poi, accanendosi contro gli angeli. Queste erano le uniche spiegazioni plausibili.
Purtroppo però aveva ceduto: era tornato a mostrare, a coloro che stanziavano nell'etere, rispetto per il continuo operato.
Non sapeva più che strada prendere poiché gli era stato detto il falso per l'intera vita e, comunque andasse, sorgevano sempre i medesimi quesiti.
Perché? Cosa devono tenere segreto?
Due domande, ripetute nell'interrogatorio notturno; durante il tempo passato tra preghiere e lacrime silenziose in cui i singhiozzi lo avevano sommerso, soffocando i tentativi di non farsi sentire dai compagni assopiti.
Non credeva di essere rimasto inosservato.
Successivamente rimosse dei fiocchi di neve dal suo zaino - messo troppo in prossimità degli spifferi - e, scuotendo il capo, si avviò al confine, dove avrebbe incontrato Abegail per poi procedere in direzione del centro città assieme agli altri. L'atmosfera gelò all'istante quando aprì l'entrata della tenda e dei lamenti giunsero alle sue spalle.
Nel tragitto che seguì non guardò né il cielo né salutò i pochi passanti che gli rivolsero teneri convenevoli.
Scrutò invece il suolo scivoloso finché le scarse chiacchere si sostituirono con il silenzio del bosco.
Pochi passi e sarebbe arrivato a destinazione; là dove le macerie dell'antichità abbracciavano suadenti e protettive la frazione maledetta, luogo in cui, la giovane lo attendeva pestando il terreno ansiosa.
Quello sarebbe stato il giorno più audace e pericoloso da concludere. Dovevano convincere Nathalie a seguirli nuovamente nei sentieri macchiati di sangue e pianti; perdite e torture insensate.
Non sarebbe stato affatto facile.
Le loro precedenti orme erano in quel maledetto luogo, impresse come se fossero state create col fuoco, mentre le grida e i ringhi delle belve riecheggiavano, battendo veementi sulle cortecce dei faggi.
Un incubo per chiunque, ma una tortura infinita per chi vi avesse assistito impotente.
Un cenno del capo sostituì l'usuale buongiorno tra i giovani e, immediatamente dopo, i due vennero entrambi richiamati dai cercatori per partire.
La successiva mezz'ora fu estenuante, non per la fatica fisica, ma per quella provata psicologicamente.
Le possibilità di incontrate Nathalie aumentavano e nessuno dei due giovani sapeva come spiegare le ragioni di una seconda follia.
L'odore immondo dei rifiuti, di feci e scarichi penetrò in quello del muschio, battendo pure l'umidità.
Vi era un'aria nauseabonda, irrespirabile e non avevano ancora varcato completamente le soglie delle mura antiche.
Appena lo fecero però, l'olfatto non fu più il senso sottoposto a strazi.
I timpani vibrarono improvvisamente e con tanta irruenza da dover tappare le orecchie per cercare di lenire il fastidio, mentre un'esplosione prendeva vita a pochi passi dai cercatori di Annwn.
Questi furono costretti ad accasciarsi per schivare la maggior parte delle schegge che riempirono l'ambiente.
Scivolarono sulle macerie smosse, urlarono e mirarono spaventati una colonna di fumo innalzarsi a venti metri dalla loro posizione. L'udito tornò placidamente alla normalità dopo svariati minuti di sangue pulsato all'estremo, fischiando un poco nel mentre brusii e applausi si levavano da dietro la polvere prodotta.
— Cosa accidenti è stato?
Sputò il capogruppo scrollandosi microscopici pezzi di cemento dal cappotto. Era sbiancato e gli occhi parevano uscirgli dalle orbite.
Nessuno dei sette presenti gli rispose, ognuno occupato a tener sotto controllo il proprio respiro e i battiti impazziti del cuore.
Il primo pensiero di Abegail andò alla sua amica; ebbe paura che ella fosse nelle vicinanze, impaurita o peggio, ferita. Mosse quindi le mani per catturare l'attenzione del biondo e, combattendo contro il tremolio delle gambe, si introdusse in un sentiero che correva lungo le mura di Fidnemid, parallelo alla strada che la ragazza aveva sempre percorso per raggiungere la scuola.
— Abby, aspetta!
Alex la seguì richiamandola con un bisbiglio un poco forzato, in modo da non farsi sentire dagli altri cercatori ancora storditi. Entrambi i ragazzi entrarono poi in cunicoli che traballavano incessanti a causa del precedente scoppio e, dopo enormi difficoltà, sbucarono al di là della montagna di case crollate.
— Fermati un attimo! — Gridò Alexander, rimasto incastrato a causa di aste di ferro che si erano aggrappate al suo giacchetto, lacerandolo ulteriormente. — Cosa vuoi fare?
Domandò infine, facendo voltare l'altra totalmente spaesata: l'istinto l'aveva fatta muovere.
Abegail aprì la bocca, balbettò qualcosa confusa e spalancò gli occhi prima di mirare il circondario preoccupata: il timore di annunciare a Nathalie le sue prossime azioni era scemato assieme al pulviscolo dell'insolita esplosione.
— Abby... — Pronunciò dolcemente l'angelo, ma dovette bloccarsi per irrigidirsi alla vista di uno sconosciuto, per giunta armato. — Abbassati!
Si gettò letteralmente addosso alla fanciulla schiacciandola contro al proprio corpo, come successo giorni prima, nell'istante in cui un proiettile produsse una scintilla e volò lontano da loro.
La figura, nascosta all'incrocio di strade e macerie, incespicò sui propri passi, imprecando incerta su come usare l'arma.
— Nat?
Alla mora bastarono pochi secondi; riconobbe i lunghi capelli biondi, il fisico dell'amica e un inconfondibile profumo, divenuto delicato, fu trasportato dallo spostamento d'aria di un secondo boato.
L'altra ragazza vacillò e si mostrò stralunata, con il respiro mozzato.
Aveva realmente sparato ai suoi amici?
— O-oddio. — Esclamò senza voce. — Abby, sei veramente tu?
Nathalie deglutì aria da tanto che aveva la salivazione azzerata; le mani le sudavano e scattavano sfrenate seguendo la logica di una malattia priva di cure. In seguito non fece più di cinque falcate, arrestandosi per aspettare che fossero gli altri ad avvicinarsi.
— Cosa sta succedendo?
Proruppe allora Alexander, scrutando maniacale la pistola della giovane e alzando per brevi attimi gli occhi in direzione della nuova nube, innalzatasi una decina di metri a sud della precedente.
— A-abbiamo usato degli esplosivi per entrare nelle case inaccessibili... — Ripose la bionda. — Ci servono scorte di cibo e qualcosa da bruciare.
— Esplosivi?
Fu il turno di Abegail, interdetta fece scorrere la vista lungo tutta la divisa dell'amica. Era scura e aderente, una muta coperta da una giacca mimetica. La mente elaborò rapidamente e i muscoli le si bloccarono inorriditi.
— Ma dove prendete tutta questa attrezzatura? — Chiese troppo aggressiva. — Ad Annwn non abbiamo nemmeno la benzina per far funzionare l'unica macchina autorizzata a circolare.
Non era sua intenzione essere violenta con le accuse; sapeva per certo che Nat non voleva prendere parte a tali macchinazioni, tuttavia non poté scongiurarlo. Una guerra civile era più vicina di quanto si fosse immaginata.
— Airmed ha accesso alle armerie delle autorità, n-non so come ci siano riusciti.— Spiegò l'altra, cercando di calmarsi emotivamente. — I capi delle organizzazioni sfruttano noi cercatori per avvisare gli altri della nostra superiorità... — Fece un respiro profondo e si guardò attorno prima di continuare. — Vogliono prendere il comando per sopravvivere, per avere più approvvigionamenti.
Stava accadendo esattamente ciò che aveva predetto Alex.
— Ho paura Abby! — Confessò improvvisamente Nathalie, tagliando le trame dei pensieri altrui. — Non ho mai visto una pistola che non fosse oltre uno schermo, ben lontana dalla realtà e adesso guarda!
Mise in mostra l'arma, reggendola sui palmi aperti di entrambe le mani bianche, stanche e stremate.
— M-mi hanno ordinato di sparare a chiunque si rifiutasse di darci le provviste. — Il suo sguardo mancò di stabilità. — Senza fare distinzioni!
Dopodiché, usando la medesima instabilità con cui aveva camminato, ripose l'arma da fuoco nell'apposita cintura. Fu allora che gli spasmi risalirono le braccia fermandosi sulle labbra.
— I-io n-non volevo s-spararvi...
Pianse portando le mani agli occhi e premendo per evitare che le lacrime scappassero, ma fu più forte di lei.
La stretta allo stomaco, che aveva avvertito sentendo dei movimenti non suoi, e il veleno sottoforma di adrenalina che le aveva fatto premere il grilletto, si riversarono ancora una volta in lei facendole venire la nausea.
— A-avevo paura...
Infine stramazzò a terra esausta.
— Nat, va tutto bene.
Abegail si inginocchiò immediatamente di fianco all'amica, abbracciandola e provando ad attenuare il supplizio psicologico di cui era preda.
— No! Non va per niente bene! — Strillò però questa, andando su tutte le furie e alimentando un flashback terribile nella mora. — Non posso ribellarmi altrimenti mia nonna non avrà le medicine che le occorrono!
Mi hanno in pugno e vogliono che... — La voce le si affievolì assieme alla presa di coscienza. — ...che uccida!
Come se non ci fossero state abbastanza perdite!
— Ascolta, calmati, respira...
Tentò nuovamente Abby, stringendola in un abbraccio e simulando ciò che Nathalie aveva fatto per lei, quando ancora le sue crisi non si riducevano a manifestarsi solo durante la notte.
— Nat, dobbiamo andarcene definitivamente.
Un barlume di miglioramento venne interrotto dalla sfrontata indelicatezza dell'angelo. La giovane dagli occhiali dovette quindi sospirare e rimediare al danno fatto dal biondo.
— È l'unico modo per fuggire da tutto questo. — Enunciò con accortezza. — Per provare a vivere una vita migliore!
Tuttavia non ebbe il risultato sperato.
— Cosa state dicendo! — Sbottò completamente la Laurent. — Ci abbiamo già provato, non lo ricordate?
Non è andata per niente bene!
— Nathalie, questa è veramente la nostra unica possibilità.
Alexander la guardò severo agitarsi come una matta, spezzare le cure della mora e alzarsi sbuffando.
— Lilith ha avuto ciò che voleva, non ha motivo di intralciarci nuovamente la strada.
Era vero e terribilmente faticoso da ricordare.
Abby strinse le palpebre per impedire al nome del principe oscuro di fluire nella sua mente: quello non era assolutamente il momento adatto.
— Rifletti ti prego... — Si limitò a dire. — Abbiamo i giorni contati.
Come i due ragazzi di Annwn avevano immaginato, convincere Nathalie era prettamente impossibile.
— Non posso abbandonare la mia famiglia... — Infatti questa negò con il capo. — Per cosa poi?
Tornare dove Gideon è morto? — Si morse il labbro conscia di aver riesumato un ricordo doloso. — Ritrovarmi in un mondo diverso?
Magari nella bocca di qualche mostro, ammesso che non muoia prima, semplicemente vedendolo!
Nei suoi occhi scuri si accese una scintilla di rabbia, il suo petto si alzò deciso comunicando maggiormente le intenzioni della giovane.
— No, mi dispiace, io ho smesso di seguire questa pazzia.
È un'utopia scappare dalla vita che ci è stata destinata.
Furono quelle ultime parole, dette con astio, che spinsero Abegail a tornare in piedi, stufa di assistere ad una pagliacciata.
— Allora preferisci questa follia? — Pestò il terreno e si apprestò subito a sottolineare l'evidenza, digrignando i denti. — Se fosse così non ti lamenteresti.
L'ovvio lacerò i sentimenti; l'amicizia franò momentaneamente finché Nathalie sospirò e si mosse frustrata.
Fu in quel momento che sopraggiunsero delle persone e il tintinnio del metallo si insinuò minaccioso nell'ambiente.
— Laurent, allontanati!
Un ordine venne impartito alla bionda, la quale in pochi secondi saltò sull'attenti rifilando un ultimo, rapido sguardo all'amica e ascoltando la preghiera sussurrata di questa.
— Ti prego, pensaci bene...
I cercatori di Airmed balzarono in bella vista, dondolando sui loro scarponi e estraendo ognuno un'arma differente.
L'armamentario variava da dei tirapugni, a catene fino alle armi da fuoco di varie dimensioni.
— Di nuovo voi? — Incalzò Luke con un ghigno altezzoso mentre brandiva la propria pistola. — Volete forse una pallottola in testa!
Immediatamente dopo Alex e Abby vennero ghermiti dagli scagnozzi, gettati a terra e privati delle loro borse.
Gli assalitori frugarono in queste vogliosi di trovarvi qualcosa, ma i giovani erano da poco giunti in centro e non avevano avuto tempo per occuparsi delle cibarie.
— Zaini vuoti, siete proprio inutili!
Sibilò una ragazza buttando le borse in faccia ad Abby e graffiandole le guance.
— Siete stati fortunati. — Luke tornò a parlare, scaltro e con i capelli scuri che scappavano dal ciuffo in testa. — Lasciateli! — Mosse poi la testa, agguantando Nat per un braccio e riportandola nei sentieri di Fidnemid. — Andiamo, dobbiamo piazzare dell'altro esplosivo.
Angolo autrice:
Il ricordo di Gideon si è fatto sentire di nuovo... A voi fa ancora male?
Pensando a quanto è stato importante, se pur presente per poco tempo, per me è stato come premere su una ferita aperta...
E il peggio non è ancora passato...
Vi avverto: il prossimo capitolo è il più difficile che abbia scritto...
Sarà un punto di svolta.
Alla prossima con : Capitolo IX - "Croce sul cuore"
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