Capitolo IV: Il Canto Di Aida
I passi frettolosi di Abegail affondarono uno dopo l'altro nel terreno troppo carico di pioggia.
Quella notte il cielo si era completamente scaricato, così facendo, almeno l'etere era più leggero, privo di una pesante angoscia insostenibile pure per l'eterno.
Il cuore della ragazza batteva all'impazzata dopo la crudeltà che aveva dimostrato di possedere e il suo corpo avvampava sotto la vergogna.
Deglutì e batté le ciglia, aumentando la marcia solo quando si accorse che Cristal stava giungendo nella sua stessa direzione con due vassoi contenenti la colazione.
Non aveva la volontà di scontrarsi anche con lei. Era passata appena un'ora dal suo risveglio e già rimpiangeva gli incubi fatti durante la notte.
Puntò lo sguardo sui propri piedi lesti, correndo e provando ad abbottonare meglio il giubbotto scuro.
Purtroppo però, benché cercasse di evitare il contatto visivo, la sua fretta la condusse a sfiorare il corpo della donna, la quale approfittò per bloccarla.
Le prese un braccio, spostando gli enormi piatti tutti su di un lato, strattonandola da parte e rischiando nel mentre di rovesciare il contenuto dei vassoi, semplici tazze sbeccate di latte e caffè con scarsi biscotti, forse, oltre la data di scadenza.
— Nella cucina ho detto che stavi male stamattina. — Fiatò questa, soffermandosi davanti alla traiettoria dell'immediata fuga della giovane. — Ho dato al tuo amico delle razioni in più, cerca di mangiare.
Sussurrò come se avesse commesso un qualche reato.
Dopodiché tornò rilassata, guardandosi attorno e sorridendo ai passanti incuriositi.
— Tu... — Abby, al contrario, era in difficoltà, preda di un crescente panico. — Tu hai parlato con Alexander?
Il respiro le mancò tutto d'un tratto mentre le mani andarono a strattonare i capelli sul capo: si sarebbe dovuta sorbire anche i discorsi di un angelo mancato. Parole sentite centinaia di volte, sguardi compassionevoli che sfociavano in espressioni colpevoli.
Odiava la preoccupazione dell'amico, soprattutto perché, in un modo o nell'altro, questa si ripercuoteva su di lui; calando pesanti sensi di colpa sopra quel corpo assai scosso.
— Non gli ho detto niente, tranquilla. — Riferì prontamente la donna dopo aver visto la reazione, più che esagerata, della giovane. — Nemmeno Ronald parlerà. — Proseguì con tono risoluto per poi addolcire lo sguardo. — Questa situazione sfianca tutti, ti capiamo.
Non avrebbero mai potuto comprendere.
Era illogico che entità sovrannaturali giocassero con le loro vite: nessuno avrebbe potuto capire le cause di quel cataclisma.
D'altronde era ciò che voleva Lilith: un sistema di anime ignoranti, ma speranzose; speranzose nell'impossibile.
Perché sì, i popolani credevano che sarebbero riusciti a ricostruire la loro città; amici e conoscenti separati, si sarebbero ritrovati sorridendo.
Quando le scosse si sarebbero assestate, avrebbero usato ogni mezzo per tornare alla normalità.
Peccato che, il carnefice non aveva la minima intenzione di fermarsi.
— Spero per voi che non sia così.
Sussurrò prima di scattare verso la postazione di partenza; là, dove Alex spostava il peso del suo fisico asciutto da una gamba all'altra, nervoso con al suo fianco decine di altre persone pronte per la "caccia".
Optò per un sorriso tirato mentre pregiudizi sprizzarono dagli sguardi degli altri abitanti, i quali costeggiavano le mura martoriate delle abitazioni vicino al confine.
Udì le loro voci, offuscate dalle mani; la toccarono con parole di astio e superstizioni, poco prima che il biondo la vedesse e sgranasse i profondi occhi blu come l'etere notturno.
— Cosa è successo? — Domandò di getto. — Cristal non si è mai permessa di trasgredire alle regole.
Soffiò infine, fissando malamente le stesse persone che stavano bisbigliando insulti poco velati.
Era sbalordito e certo che l'azione della donna fosse causa di qualcosa di ben più grave del rubare poche provviste dal minuscolo magazzino.
— Niente, stai tranquillo. — Pronunciò d'istinto l'altra con un calibro piatto. — Muoviamoci, tra poco suoneranno le sirene di inizio caccia.
Nemmeno il tempo di finire la frase che delle trombe si fecero sentire, suonando quasi all'unisono.
Esse partirono dalle disparate postazioni delle frazioni e finirono, nei minuti successivi, con un eco maestoso.
Abegail ispirò rumorosamente, concentrandosi sulle strutture decadute, palazzi di sofferenze che poteva scorgere oltre i rami spogli delle piante.
Non dette peso al suo compagno né alle sue gesticolazioni, ma prese a camminare determinata come ogni altro giorno, seguendo gli altri cercatori di tesori di Annwn.
Uomini e donne che si erano aggiudicati quel nome poiché temerari e fiduciosi anche di fronte all'evidente nulla.
Scavavano e setacciavano in ogni dove; frugavano quasi stessero cercando delle pepite d'oro o un forziere stracolmo di gemme.
Loro, per primi, erano ricolmi di speranza anche quando era ovvio che, eccetto gli animali, non vi fosse più vita nel centro: le cose più preziose che trovavano infatti erano medicinali, cibo e, al momento, questi erano ambiti, più di qualsiasi cifra in denaro.
— Prendi questa cosa troppo sul serio, Ab. — Sospirò il biondo, pestando il suolo con i suoi scarponi e posizionando bene lo zaino in spalla. — Facciamo solo razie di ciò che è rimasto commestibile, niente caccia.
Per ora.
Pensò prontamente la ragazza.
Purtroppo tutti sapevano che mancava poco alla completa estinzione delle scorte fornite da supermercati, case e negozi.
Finite quelle cibarie sparse, gli abitanti sarebbero caduti nel circolo della violenza.
Camminarono per le successive due ore prima di sentire l'aria appesantirsi e impregnarsi di odori disgustosi.
Le fognature, venute alla luce erano le maggiori cause; con la pioggia e i cassonetti rovesciati, ristagnava pure l'odore nauseabondo del bitume.
Nel preciso istante in cui il gruppo varcò le antiche mura della città, Alexander e Abegail si distanziarono dagli adulti, decisi a raggiungere nuovamente i resti dell'ospedale Sant'Adele, divenuto il punto d'incontro con Nathalie.
Ad ogni passo, gravava su di loro la potenza della devastazione.
Strisciarono fra polvere e rottami; entrarono in cunicoli, attraversando sale da pranzo, cucine, camere da letto immutate grazie al disfacimento.
Entrambi stettero zitti, cercando solamente di poggiare i piedi su zone stabili, finché le strutture cedute al sisma diminuirono un poco, affacciandosi su ciò che rimaneva della grande piazza, un tempo trafficata, davanti alla struttura ospedaliera.
Cercarono in lontananza la figura dell'amica, ma non avevano considerato la loro postazione scoperta.
Uno sparo esplose alle spalle dei due proprio in prossimità di un incrocio illeso, facendoli ridestare dallo stato inconscio in cui erano caduti.
Partì poi un secondo proiettile, rimbalzò su lamine di alluminio, fischiando sopra la testa di Alexander.
Aveva sbagliato bersaglio, anche se non erano i nuovi arrivati, in quel momento sdraiati a terra, ad essere il nemico.
— Resta giù.
Intimò fra i denti l'angelo, nel mentre schiacciava il corpo della ragazza sotto al proprio, in modo da farle da scudo.
Seguirono altri suoni, dispute e imprecazioni, come per dare conferma di uno scontro in atto.
Alex si sfilò dunque lo zaino, abbassandosi maggiormente al livello del terreno e, individuato il focolare, si precipitò per soccorrere chiunque potesse essere nei guai.
— Dammi la tua borsa o giuro che ti sparo!
La mano dell'ivasore dalla voce rauca, aveva una stretta insicura attorno all'impugnatura della pistola; era paonazzo e decisamente malnutrito.
I capelli bianchi e unti, nonostante gli coprissero il volto, non riuscivano a nascondere le numerose cicatrici presenti su esso; segni ancora freschi.
L'arrivo del biondo fu usato come diversivo dall'altro sconosciuto, un giovane moro e altrettanto magro.
Questo indicò l'angelo per poi spingere l'assalitore distratto, nella voragine poco distante. Il corpo cadde senza troppe difficoltà e colpì le macerie sottoterra con violenza; ossa rotte e carni lacerate dallo schianto riempirono la lacuna.
— Luke, stai bene?
Finalmente comparve Nathalie, correndo al seguito della sua squadriglia composta da cinque membri, tutti giovani, quasi coetanei.
Come la ragazza facevano parte dei cercatori di Airmed provvisti di divise e armi, simili a soldati.
— Ha ucciso un uomo! — Gridò Alexander, negando ad Abby, corsa in contro all'amica, di avvicinarsi ulteriormente. — Quando sarebbe bastato disarmarlo!
Rimarcò, spingendo indietro la ragazza con un braccio e standole di fronte per protezione.
Il gruppo di sconosciuti lo fissò con insistente sfida, optando alla fine per ritirarsi: non avevano voglia di discutere e si vedeva che le nuove prede non avessero alcun oggetto d'interesse nei loro zaini.
— Non facciamone una tragedia, ha provocato lui. — Parlò colui che doveva chiamarsi Luke, assottigliando gli occhi scuri e voltandosi. — Laurent, andiamo. — Disse con freddezza, mostrandosi il capo del gruppo, nonostante fosse poco più grande della richiamata. — Allora!
— Mi dispiace.
Sussurrò solamente la bionda, abbassando lo sguardo e tornando sul sentiero percorso poc'anzi.
Era la prima volta che Alex e Abby vedevano l'amica in compagnia di gente simile e si domandarono cosa stesse accadendo all'interno delle altre frazioni.
Dopo ciò il giorno trascorse rapido e privo di profitti; mangiarono in fretta all'interno dell'ospedale e raccolsero qualche antidolorifico, infine decisero di rientrare.
Da quando erano riusciti ad entrare nei cercatori di tesori non erano mai rientrati per primi.
L'orologio da polso della mora, anche se in ritardo a causa della fattura usurata, segnava a malapena le quattro del pomeriggio quando i giovani cercatori ripercorsero la strada di casa, immersi nella boscaglia.
Vi era un silenzio innaturale e le foglie morte rendevano il passo più scivolo del solito. All'improvviso un uccello volò frenetico nell'aria muta, risvegliando uno spirito assopito.
— Gli angeli ci guardano, ci amano, ma non ci mettono molto a strapparci ciò che è nostro.
Nell'udire quelle parole trascinate da note, Abegail sobbalzò per voltarsi e cercare la presenza che aveva intonato la melodia.
Tuttavia dovette arrestare i movimenti, riconoscendo di essere sola; oltre ad Alexander e il volatile appena fuggito, non vi erano nemmeno animali nei dintorni: una zona inabitata e cupa, dove la nebbia cominciava a levarsi.
— Sei stanca? Ci fermiamo qualche minuto se vuoi.
Il biondo seguì il cambio d'umore della ragazza, ma non venne ascoltato.
La voce gli fu ottenebrata da un brusio e una foschia che parve circondare il corpo della fanciulla. Abby si portò subito le mani sulle orecchie, saettando lo sguardo ricolmo di terrore ovunque potesse.
Aveva perduto la cognizione dell'ambiente: non vedeva.
Cadde immediatamente a terra, colta da un attacco di panico che le scosse l'intero corpo.
Com'era possibile fosse divenuta cieca?
— Chiamateli donatori di virtù e bellezza, per me saranno soltanto degli egoisti, traditori; dei ladri.
Ancora una volta la sconosciuta riempì la sua testa canticchiando; una scossa elettrica mosse i suoi muscoli mentre qualcuno le scuoteva il corpo per riportarla da sé, nel mondo concreto.
Sentiva nelle vene un costante calore; strinse i denti senza comprenderne il perché. Era rabbia ciò che provava?
— Avevano detto che sarebbe stato sicuro, ma ci hanno tolto tutto, ci hanno imprigionati in questa schifezza posseduta e a loro non importa!
Continuava imperterrita la donna, nella mente della vittima.
— A lui non importa...
Ella vociferava con tono drammatico come se stesse recitando in un'opera, liberando pensieri celati da secoli.
Fu nel momento in cui il canto si bloccò che Abegail, la riconobbe.
— Figlia mia, devi andartene.
Era la stessa che le aveva concesso di mostrare la verità a Nathalie mesi prima; colei che l'aveva avvicinata alla barriera mostrandole suo zio Samuel, la presenza delle sue piccole e strampalate visioni e la medesima figura che sembrava vivere in lei e governarla a suo piacimento negli attimi di debolezza.
— Esci di qua, io posso condurti in salvo.
L'atmosfera divenne gelida e l'oscurità scivolò lentamente verso l'alto.
Dove vigeva il buio adesso stava una radura, calda e accogliente.
Parve fosse tornata primavera in quel sogno ad occhi aperti.
— Devo... Devo proteggervi!
La donna misteriosa comparve dietro le nubi della bruma maledetta.
Una giovane gracile, vestita da un abito medievale, dalla chioma ribelle e nera come il carbone.
Attraverso le lenti sporche, l'osservatrice vide dei tratti conosciuti, ma non riuscì a ricordare dove li avesse già visti.
— Il mio Alexander, come si è fatto grande.
Abegail spalancò gli occhi colpita e confusa allo stesso tempo.
Ruotò la testa verso la sua destra, mirando con stupore la sagoma del biondo che la stringeva.
Era come una vaga memoria, ma sentiva il tocco disperato delle mani, così come assistette al vortice turbolento nella vista dell'angelo.
— Il tuo Alexander? — Si decise a parlare, tornando concentrata sulla presenza dominante. — Come ti chiami?
La donna la guardò con dolcezza, per quanto i suoi occhi vuoti potessero far sembrare e infine, sorrise.
Un sorriso maledettamente famigliare le incurvò le labbra sottili, colpite dal sole.
— Bambina mia, sono colei che ti ha dato vita, Aida.
Dopodiché Aida si rabbuiò e, come uno spirito, scomparve per riapparire a pochi centimetri dalla giovane. Allungò una mano, le cui dita fremevano malate e prese la collana che Abegail portava al collo, unico cimelio di famiglia unito al regalo fattole dal principe dell'oltretomba.
— Michael deve pagare per averci separati!
Aggrottò le sopracciglia, provando poi a toccare Alex.
— Cosa vuol dire?
Il sole di quell'allucinazione venne oscurato, donando morte all'intera scena.
— Lui sa, ma è peccato rivelare. — Sputò arrabbiata. — E i peccati non vanno commessi.
Abby venne trascinata nuovamente in un groviglio di buio e gelo; lo stomaco le si attorcigliò e perse il contatto che la teneva salda alla realtà.
Improvvisamente sentì odore di bruciato mescolato alla rugiada del mattino, aprì gli occhi e si ritrovò spettatrice di una scena incomprensibile.
In un bosco, puro e vergine, correva un'ombra. Questa avanzava confusa, lasciandosi alle spalle una scia di fumo intenso e delle grida strazianti; sembrava vagare alla cieca, inciampando e qualche volta cadendo.
La ragazza batté le palpebre avvertendo un bruciore disperdersi dai suoi occhi e poté udire solamente il pianto di un bambino, dei fulmini e dei tuoni.
Fu costretta a spalancare la vista nel momento in cui un lampo mostrò il contorno di un imponente figura.
Era un angelo, armato e in procinto di attaccare l'ombra inerme che stava proteggendo un neonato.
— Fermo!
Abegail protese una mano nel vuoto, poco prima che le immagini venissero risucchiate in un turbine e lei cadesse sotto lo sforzo subito dal suo fragile corpo.
Angolo autrice:
È stato un capitolo un po' sostanzioso....
Secondo voi ho esagerato a riassumere tutto in una sola parte?
Niente di buono sembra attendere i nostri ragazzi (ma questo già si sapeva): se da una parte Lilith li vuole far patire fino all'impossibile, dall'altra adesso abbiamo anche dei principi di guerriglia interna...
Tutto questo per poter mangiare e guarire dalle malattie...
Parlando del nuovo punto interrogativo!
So bene di avervi confusi maggiormente con la nuova arrivata, ma gli indizi ci sono tutti.
Se ricordate cosa disse Caliel riguardo Michael e Alex e poi aggiungete il paragone che fece Lilith tra il potere di Abby a quello del nostro "angioletto": in sostanza, chi potrà mai essere Aida? ^3^
Aspetto teorie❤️
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