Capitolo II: Conseguenze Dell'Egoismo
Fidnemid, 16 Ottobre.
La quiete dell'ambiente regnò finché nei vicoli, tra macerie che ancora liberavano pulviscolo, si udì un sospiro di vento, richiamo dei perduti, scorrere assieme al tintinnare dei lumi fissati malamente a dei massi.
La luce di questi, poco visibile e scura, trascurata dal terrore, vibrò l'attimo prima che tutta la struttura prendesse a oscillare. Dei cani abbaiarono da lontano, seguiti dai gatti randagi che miagolarono insistenti.
Stava per scendere la sera e il debole rossore del crepuscolo lottava fra le fessure dei cumuli di mattoni e cemento.
Diverse chiamate partirono da punti distanti della città fantasma e, dopo queste, dei passi aumentarono la loro cadenza all'interno del labirinto polveroso.
Respiri affaticati e spaventati presero possesso delle vie, fin quando tre sirene partirono in simultanea; stridule, dal ritmo pacato, segnarono l'inizio del coprifuoco.
Da quel preciso istante, nessun abitante avrebbe dovuto abbandonare le abitazioni assegnategli, non prima delle sette del giorno dopo.
Successivamente le lanterne che costeggiavano i passaggi e aiutavano la visione delle strade, ancora parzialmente intatte, a poco a poco si spensero, lasciando via libera all'oblio.
Il grigio era padrone dello scenario; dal cielo plumbeo alle piante che avevano perduto colore, fino a giungere al cuore pulsante di quella desolazione, il quale collassava su se stesso, ora dopo ora, cadendo nella voragine di morte che la natura maledetta di Fidnemid aveva spalancato.
Ciò che rimaneva del centro perse le poche presenze guadagnate nella giornata e numerosi furono i focolari che si accesero nelle rimanenze delle frazioni. Brusii nacquero e si levarono nell'etere sempre più scuro, così come antichi canti, fautori di speranza e pianti di reminiscenza.
Ombre agili e meno capaci scivolarono, saltarono e corsero fra le tubature portate alla luce, sradicate da una potenza fuori dal volere della natura. Scappavano dalla notte, fuggivano alla morte, portando con loro cianfrusaglie e cibarie trovate nelle fosse della loro stessa città, pericolosa in ogni centimetro quadrato.
Si lasciarono alle spalle amici con cui non avrebbero più parlato; parenti che non avrebbero riabbracciato, ricordando di loro gli occhi vitrei e la pelle fredda tipica dei cadaveri.
Una dopo l'altra le sezioni di Fidnemid lanciarono segnali con le luci dello stadio che, prontamente le autorità avevano suddiviso per agevolare la comunicazione.
La prima a illuminare l'orizzonte ormai nero con tre bagliori di bianco fu Fad, a seguire Airmed e Sentana annunciarono anch'esse l'arrivo degli ultimi cercatori, accendendo i fari quasi nello stesso momento.
Armogen tardò di poco dalla sua solita puntualità, ma anche là tutte le persone che si erano allontanate per necessità, avevano fatto ritorno.
— Oh diamine, andiamo!
Gridò un omone anziano al confine della frazione più lontana: Annwn.
Egli era agitato e setacciava oltre il sottile confine, alla ricerca degli ultimi giovani. Batté poi la torcia che aveva in mano contro un palo di metallo, accendendola e scrutando meglio nel buio mentre un agente gli faceva cenno di azionare il comunicatore.
— Lo sapevo!
Quella ragazza non fa altro che creare dei casini, maledizione!
Imprecò, ignorando l'ordine e montando sopra a un masso a lui attiguo per mirare meglio i segnali delle altre sezioni. Avrebbe dovuto sperare che altri fossero in ritardo, proprio come nei giorni precedenti.
Verso ovest però una luce continua avvisò la presenza di dispersi e, due bagliori lenti, provenienti dal lato opposto, annunciarono feriti nelle rispettive Hibernia e Bernt.
Subito dopo anche Badb sfavillò, sollevata: erano tutti incolumi.
— Perché devono sempre essere gli ultimi a rientrate!
Era ormai pronto per premere il pulsante; si passò una mano sulla fronte per togliersi del sudore e schioccò la lingua facendo una smorfia addolorata sotto ai bianchi baffi.
— Papà aspetta ancora un po'.
Fecero la loro comparsa due figure; una donna assieme alla figlia, le quali spintonarono l'uomo in uniforme rassegnato di fronte alla solita scenata giornaliera.
— Cristal non possono essere sempre così incoscienti. — L'anziano scese dalla sua postazione, barcollando. — Non mi importa se si incontrano con amici, le regole parlano chiaro!
Dopo le sirene nessun cittadino deve stare al di là della zona gialla.
Ripeté, puntando l'indice sporco verso una cartina appesa ad un cartello della segnaletica stradale.
Questa era rovinata, ma i colori accesi evitavano fraintendimenti: ogni divisione di Fidnemid era zona di rifugio, sottoposta a minor pericolo per quanto riguardava le potenti scosse, dunque segnata con il colore giallo. Tutto il resto era invece un intensificarsi di tonalità fino ad arrivare a un rosso acceso proprio dove le scosse erano iniziate il 12 Giugno scorso, prendendo di mira il mercato del solstizio; distruggendo la normalità.
— Eccoli! Sono tornati!
Cassandra corse in avanti, bloccandosi pochi metri dopo per paura di sconfinare, tuttavia cominciò a sbracciare e richiamare le due figure che, correndo come dei forsennati, si avvicinavano alla salvezza. Cristal sospirò, portando una mano dalle unghie rovinate al petto; ogni sera la stessa preoccupazione la tartassava impetuosa. La donna sentì i muscoli sciogliersi un poco e poi, le braccia del marito la cullarono dolcemente.
— Clarissa si è addormentata, ma la febbre non scende. — Le sussurrò nell'orecchio, guardando il suocero dal giaccone logoro premere tre volte il bottone collegato al faro di Annwn. — Speriamo abbiano trovato degli antibiotici.
Cristal annuì seria lasciandosi cadere sul petto di Ronald mentre i ritardatari entravano sotto i raggi dei lampioni della frazione. La sciagura che aveva rinchiuso le loro vite nelle grinfie di Lilith, aveva reso i comportamenti di molti meno crudeli ed egoisti; aiutarsi era diventato indispensabile e i legami si erano intensificati pure con chi parevano corde di violino sul punto di rompersi.
Vedere ogni certezza frantumarsi in pochi minuti; assistere al terrore negli occhi delle proprie bambine, aveva cambiato ancora una volta la donna.
— Abegail cosa hai trovato?
Persino Cassandra si era addolcita.
Saltellò attorno alla ragazza, curiosando fra gli oggetti che questa aveva in mostra.
La mora sorrise timidamente, porgendo le scatole tenute nelle mani all'uomo che aveva aspettato il suo ritorno.
— Sono tutti i medicinali che abbiamo trovato, domani ci avvicineremo di più all'ospedale magari...
— Sì, sì, vanno bene.
La liquidò questo, adocchiando le etichette e lanciando due pacchetti a sua figlia. Dopodiché ondeggiò sulle gambe malferme in direzione dell'agente parlottando e salendo sull'unica autovettura funzionante a disposizione, in tutto il circondario. I due sfrecciarono infine in una nuvola di gas di scarico, pronti a distribuire le medicine prima di ogni altra cosa.
— Lascialo stare, nonno Frank non lo cambia nessuno.
Cassandra alzò le spalle momentaneamente distratta, ma Abby la riportò da sé togliendosi lo zaino dalla schiena. Si inginocchiò scontrando la pelle esposta delle sue ginocchia con l'umido dell'asfalto crepato; aveva gli scarponi pesanti, graffianti, così come il giacchetto imbottito, il quale perdeva piume, soprattutto dalle cuciture nelle maniche.
I pantaloni strappati, mostravano le scivolate nel fango compiute nella mattinata subito dopo la pioggia e i capelli raccolti le conferivano un aspetto più adulto, serio.
Cominciò a rovistare nella borsa, tirando fuori un pacchetto di biscotti allo yogurt per poi sistemarsi le solite lenti sul naso.
La bambina sorrise raggiante e batté le mani; gli occhi le brillarono come in passato, appena pochi mesi prima, accadeva in presenza di un nuovo abito di marca.
— Grazie!
Strillò contenta, prendendo la confezione ammaccata e correndo dietro la macchina appena partita.
Abegail guardò la figura, così diversa dalla Cassandra che urlava o litigava con le amiche, stentando a credere un simile cambiamento.
Scosse la testa sovrappensiero e chiuse la zip dello zaino cedendolo a Ronald e seguendo le azioni di Alexander.
Il rosso sorrise, prese per mano la moglie e tornò dalle figlie lento e zoppicante, vicino al fuoco per scaldarsi con qualcosa in più da mangiare.
— Oggi abbiamo fatto il pieno, ma dovremo cominciare a tener d'occhio il sole. — Proferì Abegail, picchiettando l'indice sul vetro opaco dell'orologio da polso, trafugato un mese prima. — Se non troviamo delle pile sarà del tutto inutile!
Dopo ciò se lo tolse, prendendo posto a sedere su una vecchia panchina in prossimità di quello che rimaneva della fermata dell'autobus.
Sbuffò sonoramente, avvertendo i muscoli più leggeri e non sotto lo sforzo della corsa; stiracchiò dunque la schiena, volgendo lo sguardo al cielo stellato.
Le costellazioni ben visibili grazie all'assenza di molte luci artificiali e superflue erano un qualcosa di magico; pareva di esser tornati indietro nei secoli, in un tempo in cui l'empireo era puro, calmo e osservava insegnando.
Un lieve sfrigolio attirò l'attenzione della ragazza, costringendola a voltarsi verso Alexander.
Osservò la figura di questo coperta da un pesante giaccone e dei larghi jeans slabbrati, gettare tra l'erba bagnata un fiammifero consumato e nascondere due pacchetti poco prima che una nuvola di fumo uscisse dalle sue labbra.
— Non dovresti fumare.
— Stai diventando uguale a Nat. — Rise il biondo per poi poggiare ancora una volta le labbra sulla cicca. — Ogni tanto posso concedermi un attimo di debolezza.
Buttò nuovamente fuori il fumo, socchiudendo lo sguardo.
In seguito pensò silenzioso e triste puntando i suoi occhi di un blu cupo, oltre la barriera maledetta dall'aspetto di un manto stellato.
— Sai, vorrei salvarli tutti. — Confessò infine. — Ho le capacità, ma non le conoscenze. — Compì cinque passi, abbandonando il peso del corpo accanto all'amica. — Sono inutile.
Si portò la sigaretta alla bocca, tirando quanto possibile e si accasciò poi sullo schienale della panchina, sputando la nube di nicotina, privo di energie.
Non sapeva che fare, attorniato dal male: senza scampo.
— Chissà quanto li vorrà far patire. — Sussurrò, perdendosi nel mirare la cicca consumarsi maggiormente contro il vento gelido. — Tra poco i caminetti, i fuochi controllati in mezzo alle strade non basteranno e non potranno andare avanti con gli avanzi della città.
— Credi che non ci abbia pensato?
D'altronde sono queste le conseguenze dell'egoismo.
Alexander tornò a fissare la mora.
I capelli gli caddero sul volto, scomposti e terribilmente ribelli; il loro colore era sciupato e i lapislazzuli non poterono far altro che aumentare la pressione della vista. Scosse la testa e con un gesto delle dita lanciò la sigaretta in una pozzanghera; frugò poi all'interno del suo cappotto estraendone un fagotto sottile.
— Mangia. — Ordinò. — Ho saputo che la razione di ieri l'hai data al bambino della mia vecchia vicina.
Abegail non disse niente; erano giorni che non toccava cibo, non solo per la scarsità di questo.
La sua mente veniva tormentata da immagini prive di senso; scene che si intrufolavano nel suo animo.
I suoi sogni, o meglio incubi, sembravano l'unico legame con la sua metà perduta nell'angoscia.
La giovane rifiutò il pezzo di pane raffermo appoggiandolo sulle gambe; gli ingranaggi del suo cervello rallentarono le movenze nel mentre una mano, scavata da graffi e incrostata di fango, prese nel palmo l'anello pendente dalla catenina a cui era legata anche la chiave angelica della sua famiglia.
Le labbra le tremarono finché la vista catturò l'intera sagoma custodita sul petto; il primo regalo fatto al demone, la speranza di costui rimasta ancorata alla Terra.
— Alex, pensi che Harry abbia ceduto al suo lato oscuro?
Lasciò parlare i pensieri con agli occhi le lacrime.
— Chi lo sa, non mi sono mai fidato. — Confessò l'altro, studiando ogni parola e sbattendo le ciglia. — Però deve aver sicuramente messo a dura prova Lilith.
In seguito Abby deglutì velocemente, serrando i pugni e colpendo le cosce nello stesso momento in cui la sua figura ruotò verso l'amico.
— Perché gli angeli non fanno qualcosa?
Era esausta e a stento le emozioni poterono restare sigillate nei suoi occhi.
In quel momento Alex dischiuse le labbra, portando la mano sinistra sul capo dell'altra in modo tale da riuscire a slegarle i capelli.
La guardò in maniera dolce e comprensiva, accompagnando la testa di questa sulla sua spalla; tra la morbida pelliccia del cappuccio.
— Sono silenziosi, Caliel deve averli spaventati. — Strinse i pugni, piegando il collo per mettere il mento sopra la cute della ragazza. — Si aspettavano una trattativa con Lucifero, come successo in passato, ma hanno trovato qualcuno che è riuscito a mettere in ginocchio il loro più antico nemico.
Dopodiché Abegail avvertì una vibrazione nelle orecchie. Accadde tutto improvvisamente: la visuale che aveva della strada, illuminata da tre deboli lampioni, vacillò per poco, il tempo di farla cadere in un abisso di incertezze.
Le sue pupille si restrinsero e, mentre il respiro divenne pesante, del fuoco sembrò gettarsi a capofitto sul suo intero corpo.
Udì la voce disperata di Harold e riconobbe, se pur a fatica, la sua sagoma oltre a una strana nebbia.
Da quanto la stava aspettando?
In quel momento si odiò, per quanto si sforzasse di lottare lei aveva perso: attendeva, come tutti gli altri una sola cosa.
Stiamo qua, ad aspettare la morte.
— Abby?
Alexander prese a scuoterla dopo il quinto richiamo; la vide pallida e con la mente altrove.
Sospirò non attendendo oltre e la prese in braccio, avviandosi in direzione delle tende per i rifugiati.
— Andiamo, devi riposare.
Angolo autrice:
Aggiornamento in anticipo!
Domenica non ci sarei riuscita... ^^'
Adesso andiamo al dunque:
Fidnemid non se la passa bene, se ricordate quando Lilith è risalita sulla superficie ha fatto tremare la terra in maniera impressionante e, proprio come avevano presupposto le paure delle ragazze, è stato il colpo di grazia per la loro città.
Chissà che goduria per i demoni...
In questo capitolo Abby ha tirato fuori la domanda che molti di voi si erano fatti anche nel libro precedente: "perché gli angeli non fanno qualcosa?"
Beh, se lo sapete siete dei geni ahahah
Detto questo vi aspetto nel capitolo III "Proprio Tu Fra I Tanti" .
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