Capitolo Extra: "Possibile che..."

Cork, 23 Novembre.

   L'agitazione aveva cominciato a scemare proprio in quei giorni; da quando le condizioni di Abegail erano migliorate e lei poteva considerarsi fuori da ogni pericolo. La sua ferita veniva medicata regolarmente, due volte al giorno e aveva fatto abbastanza in fretta e cicatrizzarsi. Tuttavia Talia e Samuel le impedivano di spostarsi e di agitarsi per le sciocchezze.

Erano tutti abbastanza scossi e impauriti e l'atteggiamento scontroso di Victor era peggiorato. Ogni mattina si dirigeva nel giardino sul retro osservando attorno e setacciando il perimetro del capanno in cerca di qualcosa. Purtroppo nemmeno lui era sicuro di sapere cosa stesse cercando.

Voleva accertarsi che fosse tutto finito; che i demoni non potessero più minacciare la sua famiglia e nel fare questo dava dei calci alle assi di legno accatastate e bruciate ragionando su come portarle davanti alla casa. Imprecava sottovoce consapevole che suo padre non avrebbe potuti proteggerli e che Alexander stava impiegando troppo tempo. Si chiese persino se fosse stato in grado di convincere gli angeli e se lui poteva concedersi di credere; avere la speranza che tutto sarebbe andato bene, che sarebbe tornata la normalità.

Per la prima volta aveva provato la paura sulla sua pelle. Il terrore che Samuel non aveva mai omesso nei suoi racconti. Fidnemid era lontana, ormai distrutta e non poteva toccarli.
Credeva che lui ed Elizabeth fossero cresciuti in un mondo che solo l'uomo poteva distruggere e che dunque avessero molte opportunità per salvarsi, almeno loro due.

Eppure aveva dovuto aprire gli occhi; dare ragione ai praticanti di ogni culto e ingoiare le sue parole. Non erano più delle presenze astratte; quegli spiriti non erano fantasie. Dovette capire presto che l'umano era solo un aiutante. Era un parassita in più che infettava la Terra. Dopotutto qualsiasi tipo di coscienza è dannosa. Il pensiero che crea meraviglie e passioni: ogni cosa è facilmente paragonabile a una lama a doppio taglio.

Quella mattina, nel mentre che si voltava per tornare in casa, intravide dei suoi vecchi compagni di scuola passare in strada. Rimase immobile fin quando le loro risate e i loro discorsi scemarono dalla sua testa per poi scomparire dietro l'angolo della casa. Allora alla paura si aggiunse la sua personale incompetenza. Erano passati pochi mesi da quando si erano separati. Qualcuno aveva trovato lavoro mentre altri stavano studiando al college. Ognuno di loro aveva una strada da percorrere, eccetto lui.

Victor inspirò profondamente sentendo il freddo riempire i suoi polmoni. Dopodiché scosse il capo e rientrò. Cancellò facilmente i suoi pensieri dato che in cucina ritrovò Nathalie seduta al tavolo. Il suo sguardo si era rattristato ed era pensoso. Davanti a lei aveva una tazza dentro la quale continuava a mescolare con il cucchiaio un liquido ormai raffreddatosi.

— Come stai?

   Chiuse meglio la porta dietro di sé e cominciò a togliersi il cappotto. Victor attese una risposta tenendo occhi e bocca spalancati per il comportamento della ragazza: Nathalie non lo aveva ascoltato. Lui allora si avvicinò al tavolo sbattendoci sopra le mani e costringendola a guardarlo.

— Allora, come ti senti?

— È Abby quella a cui andrebbe chiesto — lui contrasse la mascella poco prima di passare la lingua sul labbro inferiore. Dal tono con cui gli aveva parlato già sapeva cosa gli voleva dire. Incrociò quindi le braccia al petto aspettando. — Tua madre è troppo rigida! Perché non possiamo andare da lei?

   Victor sospirò e si voltò verso destra per vedere che ora fosse. Successivamente prese in mano il piccolo orologio e lo ripulì dalla polvere, riponendolo fra le fotografie di famiglia. Là dove se ne erano aggiunte altre: quelle di sua nonna, Helen e di suo zio, Alfred. Le osservò per qualche secondo per poi sospirare.

— Preferisce che si rimetta per evitare delle ricadute. — dichiarò infine, storcendo le labbra e decidendo di spiegarle i particolari di quella scelta. — Non possiamo andare all'ospedale, avete delle carte false e se lei non rimane tranquilla per un po' ne risentirà. — ripensò poi al giorno dell'attacco e a quanto poco fosse mancato perché venissero scoperti e Abby uccisa. — Ha perso molto sangue...

   Nathalie strinse i denti e chiuse gli occhi in una morsa di dolore. Ricordava bene ogni immagine, suono e sensazione. Le sirene dei vigili del fuoco, l'odore fumo e ancor prima la voce di Lilith e le suppliche di Abegail che erano riuscite ad attraversare le pareti. Il sangue aveva poi ricoperto le scale e lei si era precipitata sentendo il respiro mancarle.

— Ho bisogno di vederla...

   Victor le si sedette accanto indossando uno sguardo compassionevole. Le cinse le spalle con un braccio e la avvicinò a sé.

— Lei sta bene adesso, devi solo avere pazienza.

   Avvertì i singhiozzi di Nathalie scuoterle le spalle e allora trovò che lei fosse molto simile a lui. Entrambi nascondevano le loro preoccupazioni e le loro debolezze.
Improvvisamente sentì dei passi al piano superiore e la porta del bagno aprirsi. Sorrise pensando che fosse sua sorella e gli venne in mente un'idea.

— Hai sentito? — domandò puntando un dito verso il soffitto e alzandosi con un'espressione preoccupata. — Forse Abegail ha bisogno di una mano.

   Nathalie sbatté le palpebre per cacciare indietro le lacrime e si ridestò rapidamente. Si alzò altrettanto velocemente e fece stridere la sedia sul pavimento poco prima di correre sulle scale. La sua agitazione le aveva impedito di sospettare di Victor, che - intanto - aveva cominciato a ridacchiare e a sospirare.

Lei si aggrappò al corrimano per aiutarsi e saltò la metà dei gradini cosicché potesse arrivare il prima possibile. Non si permise di urlare perché sapeva che Talia e Samuel stavano ancora dormendo. La loro camera era lì vicino. Quindi si accostò alla porta del bagno, mordendosi le labbra e cominciando a bisbigliare. Sperava che Abegail la sentisse e le rispondesse, ma dei rumori la fecero voltare stranita. Andò dall'altra parte del corridoio, verso la porta dello studio. Corrugò le sopracciglia e poggiò l'orecchio per sentire meglio.

Nathalie avvertì Abby sospirare e rigirarsi sotto le coperte, di conseguenza assottigliò gli occhi comprendendo di essere caduta in uno stupido scherzo. Volle tornare in cucina per sgridare a modo suo Victor, ma quando lei si voltò Elizabeth uscì dal bagno, confusa. Indossava un pigiama con sopra cuciti dei motivi floreali. Il colore tenue dell'azzurro risaltava la sua pelle e i riccioli che le scendevano disordinati attorno al volto. Nathalie rimase un attimo senza parole e si sentì strana nel mentre che indugiava troppo sulla scollatura della maglia.

Elizabeth ricambiò il suo sguardo però si riprese prima, mettendosi sulle spalle un piccolo asciugamano e tornando in camera sua.

— A-Aspetta...

   Lei spalancò la porta adiacente a quella che si era appena richiusa alle spalle e non si fermò. Tuttavia non ignorò la ragazza, anzi, le fece cenno di seguirla. Nathalie però non osò entrare nella stanza. Rimase immobile, appena fuori, con la luce del lampadario in corridoio che traballava. Dovette aspettare e distrarsi guardando i suoi piedi per trovare un discorso che scusasse la sua precedente esclamazione.

Notò che l'altra la stava scrutando con occhi impercettibili e allora esordì con troppo trasporto.

— Non ti piacciamo, vero? — Elizabeth addolcì un poco lo sguardo, sorpresa. Le guance di Nathalie si erano dipinte di rosso e ciò la portò a scioccare la lingua, rimproverandosi mentalmente. — Con Victor è ovvio, ma con te... — si morse il labbro, imbarazzata per poi seguire la ragazza con gli occhi e vederla indossare i soliti occhiali tondi. — Sei sempre silenziosa e riservata. Abbiamo distrutto la vostra normalità e posso capire...

— Siediti.

   Sospirò rumorosamente Elizabeth per poi lasciarsi cadere sul letto, ruotando il busto e osservando l'altra immobile all'ingresso di camera sua. Poco dopo Nathalie deglutì e lentamente si fece spazio accanto a lei. Non sapeva cosa aspettarsi, ma il suo stomaco non le stava dando pace, portandola persino a dover torturare le dita. Era tutta colpa dell'attesa; un'estenuante attesa che le faceva pesare la testa.

—Il giorno che siete arrivati ci avete guardati come se avessimo qualcosa di sbagliato. — cominciò Elizabeth certa che lei la avrebbe compresa. — Questa sensazione io me la porto dietro da tutta la vita. — poi non parlarono per qualche minuto perché imbarazzo e tensione erano tangibili. — Non è colpa vostra, lo capisco. Samuel ci raccontava sempre delle stranezze del posto dove era nato, ma finché non vi ha portati a casa non ci ho mai creduto seriamente.

   Nathalie annuì lentamente. Non le era difficile mettersi nei panni di Elizabeth. Lei stessa aveva provato quelle sensazioni; il bisogno di sapere la aveva resa insaziabile e fuori di testa finché la realtà le si era balenata davanti agli occhi. Una realtà che aveva dovuto imparare presto ad accettare.

— Non è vero che non mi piacete... —confessò l'altra cominciando a muovere una gamba: era agitata. — Solo, ho lavorato tanto per non essere un peso per Samuel. Ho trovato un lavoro che mi permettesse di aiutare la mia famiglia, soprattutto dopo che mia madre non è riuscita a mantenere il suo, ma la situazione adesso si è aggravata.

   Nel mentre che parla e Nathalie sentì il bisogno di allungare una mano e toccare quella di lei, poggiata sopra al ginocchio.

— Non mi dispiace affatto la vostra presenza e neanche a Samuel, — Nathalie intravide nei suoi occhi delle lacrime. Avrebbe tanto voluto conoscere meglio il suo passato, ma poté solo consolarla stringendole maggiormente la mano. — ma lui adesso deve pensare alla sua famiglia e io sono di troppo.

— Cosa stai dicendo? — Nat rimase allibita, senza parole. Per lo stupore balzò in piedi ed Elizabeth si spaventò. — Abegail è sua nipote! Solo lei fa parte della vostra famiglia. Siamo noi ad essere superflui, eppure tuo padre non ce lo ha mai fatto notare. —non aveva mai pensato che lei potesse avere una relazione così complicata con suo padre, ma era certa che fosse solo un'opinione della ragazza. — E neanche l'ho visto fare nei tuoi confronti. Perché dovrebbe? È tuo padre.

— Esci.

   Elizabeth parlò con voce dura e apatica. Aveva distolto l'attenzione da Nathalie e in quel momento stava fissando di fronte a sé. Cercava di mantenere la calma, ma le fu impossibile. Aveva sperato che lei la comprendesse eppure si era ritrovata ad ascoltare gli stessi discorsi di sempre.

— Cosa?

— Fuori!

   Victor passò nel corridoio proprio in quell'istante. Vide sua sorella perdere la pazienza e studiò bene la situazione con un ghigno compiaciuto. Dopodiché assistette al comportamento brusco di Elizabeth, la quale buttò Nathalie fuori dalla stanza.

La spinse tenendola per un braccio finché non fu oltre la porta e poté così sbatterle questa in faccia. Lui sorrise provando a nascondere la sua gioia. Era felice perché lei non si era mai comportata in quel modo. L'aveva sempre vista ingoiare la sua rabbia e i suoi pensieri persino in famiglia. Proseguì quindi fiero verso la sua camera e prima di entrarvi si fermò sulla soglia.

Nathalie aveva appoggiato la schiena alla porta ed evitava di guardalo. Lei si morse il labbro, strinse gli occhi e fissando la luce della lampada, si lasciò cadere a terra sospirando. Dopodiché Victor abbassò la maniglia per entrare nella sua camera da letto e gettarsi sopra al letto. Con una mano portata sulla fronte, stette sdraiato pensando bene a cosa aveva appena visto. I suoi occhi scuri solcarono la penombra e la sua mente si domandò una sola cosa valevole sia per Nathalie che per Elizabeth.

   Possibile che... le piaccia?

Angolo autrice:

Ebbene anche questo volume si è concluso del tutto! è stato un anno impegnativo, ma ringrazio tutti voi lettori per aver avuto pazienza e aver aspettato gli aggiornamenti ^^

Devo ammettere che "Fighters" mi sta più a cuore di "The Original Sin", ma forse solo perché ho avuto modo di creare meglio i personaggi e renderli il più possibile "vivi".

Come la scorsa volta farò passare un bel po' di tempo prima di procedere con il prossimo volume. Devo organizzarlo bene e trovare il tempo tra tutti i nuovi impegni che mi aspettano oltre a dover revisionare i primi capitoli di questa storia.

Vi aspetterò là, oppure, verso Natale con "Warrior".

Un bacione a tutti ^3^

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